Ciao a tutti, mi rendo conto di essere in un immenso - quanto imperdonabile - ritardo.
Lavoro sempre, il mio obiettivo di diventare geometra sta
assorbendo gran parte del mio tempo e mi sto preparando all'esame. Ma,
nel frattempo, sono riuscita a ritrovare l'ispirazione perduta. =)
Spero davvero possiate apprezzare questo capitolo. Buona lettura a tutti =)
Capitolo 2
Solitudine
"Io
stesso ero diventato per me un grosso problema."
(S.
Agostino, Confesioni, IV, 4)
Harry
si svegliò la mattina del giorno dopo, quando il sole era ormai alto nel cielo
e il vociare del mercato nella strada principale era accompagnato dal ritmico
rintocco del campanile. Erano le undici in punto.
Si
fece una doccia, indossò abiti puliti e scese al piano di sotto per fare
colazione.
Davanti
a un Cappuccino bollente e brioche alla crema calde di forno, Harry si sentì
rincuorato dalle lunghe giornate trascorse lontano da casa.
Il
nome falso che aveva adottato gli sarebbe servito a garantire un margine di
sicurezza nel caso qualcuno, nel mondo dei maghi, avesse avuto la brillante
intuizione di cercarlo.
Non
aveva intenzione di tornare a casa. Non quando, dopo cinque anni di servizio al
Ministero della Magia come Capo degli Auror, aveva finito del perdere ogni
motivazione che lo tenesse attaccato a quel lavoro.
Vivere
senza una dimora fissa, spostandosi continuamente da un luogo all'altro fino
agli angoli più remoti del mondo, era stato come rinascere una seconda volta.
Perso
nei suoi pensieri, Harry fu attirato da una copia del quotidiano locale
abbandonata sul tavolino accanto. Sulla prima pagina, al di sotto del titolo a
caratteri cubitali, troneggiava la fotografia di una palazzina in fiamme.
Afferrò
il giornale e controllò furtivamente che nessuno lo stesse osservando.
I
due proprietari della pensione stavano parlottando allegramente in italiano
nella cucina sul retro. Poco più in là, in fondo alla piccola saletta da pranzo
nel quale si trovava, un pappagallo dal piumaggio esotico dormicchiava
placidamente sul suo trespolo.
Harry
puntò la bacchetta sulle pagine del quotidiano. << Translatium Soleniam.>>
I
caratteri di inchiostro stampati sulla carta iniziarono a danzare
vorticosamente scambiandosi gli uni con gli altri, cambiando la loro forma in
altre lettere, finché l’articolo non divenne perfettamente leggibile in
inglese.
Incendio
alla “Taverna del Palio”
Il
celebre ristorante senese dato alle fiamme. Muore turista ungherese.
SIENA
– Un turista ungherese di 45 anni giunto a Siena con la moglie per una vacanza
è morto soffocato nell’incendio divampato nel ristorante “La Taverna del Palio” in Piazza del Campo. Si chiamava Abél
Szilveszter. Sette persone sono rimaste lievemente ferite.
Quando
i vigli del fuoco sono giunti sul posto, dieci minuti dopo la chiamata, le
fiamme si erano già propagate e alcuni clienti del ristorante erano
nell’impossibilità di lasciare l’edificio a causa del fumo. “Alcune persone di
sono gettate dalle finestre” ha detto un responsabile dei vigili.
Con
la coordinazione dei Carabinieri, degli agenti della Polizia di Siena e della
squadra del 118 giunti sul posto, è stata attivata una rapida evacuazione che
ha permesso il salvataggio di tutte le persone rimaste intrappolate nell’incendio.
La
vittima, sofferente di asma, è stata colta dal panico al sopraggiungere delle
fiamme e ha trovato riparo sotto un tavolo, rimanendo all’interno del
ristorante durante l’evacuazione.
E’
stata la moglie Irina, 38 anni, a chiedere aiuto ad alcuni passanti e alle
forze dell’ordine appena scampata alle fiamme.
L’intervento
coraggioso di due pompieri ha consentito il salvataggio dell’uomo, che è stato
portato fuori dal locale e immediatamente soccorso dai medici del 118. La
rianimazione è stata inutile ed i medici ne hanno accertato il decesso pochi
minuti dopo, avvenuto per soffocamento per l’inalazione di fumo.
Le
fiamme sono state domate nel pomeriggio dai vigili del fuoco, che hanno messo
in sicurezza gli appartamenti sovrastanti il ristorante non coinvolti dai
danni.
Le
cause dell’incendio sono ancora in fase di accertamento. Escluso un possibile
cortocircuito dell’impianto elettrico.
“L’incendio
potrebbe essere stato causato da una stufa, forse troppo vicina a un divano” ha
dichiarato il Capo dei Vigili del Fuoco, Carlo Clementi. “Ma non abbiamo ancora
nessuna certezza. Ci stiamo lavorando.”
Il
ristorante era stato ristrutturato da poche settimane.
Sull’accaduto
è stata aperta un’inchiesta. Ora sulle dinamiche dell’incendio dovrà fare luce
la polizia di Siena.
Harry
richiuse il giornale.
Un
falso allarme. Un altro. Ne era convinto.
In
fondo era colpa sua: stava avvenendo tutto nella sua testa. Non c’era nessuna
remota possibilità che ci fosse la mano di un mago dietro quell’incendio.
Babbani. Solo Babbani.
Voldemort
era morto cinque anni prima e non c’era stato alcun attentato da parte dei
pochi Mangiamorte sfuggiti al Ministero. Probabilmente si erano rintanati in
qualche remoto angolo del mondo senza preoccuparsi del Ragazzo Sopravvissuto.
C’era
un lato oscuro in Harry che gli suggeriva di cercarli. Lui voleva mettersi nei
guai, non ne poteva fare a meno. Quei lunghi mesi di inattività al Quartier
Generale degli Auror lo avevano demotivato completamente.
Stava
forse impazzendo? Avvertire il pericolo dove non c’era poteva essere
classificato come un atto spontaneo di schizofrenia acuta.
Harry
sospirò. Aveva bisogno di rivolgere la parola a qualcuno, forse. Sconsolato,
tuffò l’ultimo morso di brioche nel cappuccino senza più badare al ristorante
in fiamme stampato sulla pagina del giornale.
*°*°*°*
<<
Tutto ciò è inaudito!>> Hermione entrò in casa sbattendo la porta, mentre
l’anziano gufo del Ministero che le aveva consegnato la missiva la seguì
svolazzando in cerca di un riparo dall’acquazzone.
<<
Permesso di ferie rifiutato? Il fatto che io stia lavorando venticinque ore al
giorno non sembra essere sufficiente, forse?>>
Hermione
abbandonò il mantello, il cappotto e la borsa da lavoro nell’ingresso e s’avviò
a grandi passi lungo il corridoio. Fuori dalle finestre, dove l’acqua
picchiettava insistentemente sui vetri, le prime luci del giorno facevano
capolino dalle colline.
Giunse
in cucina come una belva feroce. Il gufo compì una mezza piroetta per evitare
di essere inavvertitamente colpito da un suo gesto brusco della mano.
Hermione
additò rabbiosa il vecchio pendolo. La lancetta “Ron”, alle nove del mattino,
era ancora ferma su “Casa”.
<<
Sei in ritardo, dannazione.>> sbuffò.
<<
Buongiorno a te, tesoro.>>
Ron
spostò lo sguardo dal Profeta, che stava leggendo seduto al tavolo con una
tazza di tè caldo stretto fra le mani. Indossava una vestaglia a quadri con la
sua iniziale ricamata sul taschino ed il suo aspetto disordinato le fece
intuire che si fosse appena svegliato.
<<
Dovresti essere al lavoro da un pezzo!>>
Ron
bevve con calma un altro sorso di sé. << E’ domenica.>> E trattenne
una smorfia, simile all’espressione di un bambino al quale era appena stato
negato un nuovo giocattolo. << Lavorerai anche oggi, Herm?>>
Hermione
fece il giro del tavolo, lo baciò sulla fronte, poi sedette al suo solito posto
alle spalle della credenza. Si portò il volto fra le mani. Osservò i merletti
ricamati della tovaglia e si rese conto di aver perso ogni nozione del tempo.
Stava peggiorando.
<<
Se fossi in te, tornerei ad essere un normalissimo
Auror.>> incalzò Ron. << Da quando ti hanno affidato il nuovo
incarico sei stata completamente assorbita dal lavoro. Non sei mai a casa. Non
ceniamo più assieme da un mese.>>
<<
Sono stanca.>> sbuffò Hermione.
<<
Lo sei sempre, ultimamente>>
<<
Possiamo parlarne più tardi? Ho bisogno di dormire.>>
<<
Speravo facessi colazione con me. E magari mi chiedessi come sta andando ai
Tiri Vispi, o che strane idee hanno avuto Fred e George ultimamente.>>
Hermione
si alzò in piedi, massaggiandosi pigramente la schiena. Non dormiva da quasi
due giorni. << Vado a letto.>>
<<
Ti aspetto per pranzo? Mia madre ci ha spedito un gufo stamattina. Ha chiesto
se abbiamo piacere di pranzare con loro alla Tana.>>
<<
Ron...>>
<<
Va bene.>> Lui sospirò. Si versò dell’altro tè nella tazza. << Ti
preparo qualcosa da mangiare. Forse hai ragione, hai bisogno di dormire. Sei
uno straccio.>>
Hermione
lo salutò con un sorriso esausto.
Trascinò
i piedi nella camera da letto e richiuse accuratamente la porta alle sue
spalle. Poter finalmente trascorrere qualche ora nel caldo tepore del suo letto
le parve un miraggio.
Non
riusciva a capire come Ron riuscisse a mantenere un perfetto autocontrollo in
una situazione del genere: anche se le costò una fitta allo stomaco ricordarlo,
da quando Harry se n’era andato la loro vita di coppia era inevitabilmente peggiorata.
Parlavano
a stento, trascorrevano poche ore insieme ed i loro dialoghi non distanziavano
molto da quelli di una vecchia coppia di sessantenni in procinto di divorziare.
Hermione
si affacciò alla finestra e osservò i tetti londinesi che si estendevano a
perdita d’occhio fino all’orizzonte. La pioggia stava cadendo con più
insistenza. Premette la fronte contro il vetro freddo mentre l’immagine di
Harry le si stagliò vivida nella mente.
Perché
aveva fatto una cosa del genere? Perché se n’era andato, lasciandoli soli?
Hermione
aveva cercato di sostituirlo al meglio, impiegando tutte le sue forze per
dirigere l’Ufficio Auror senza che tutti quanti risentissero l’assenza di una
persona così importante. Harry era diventato un simbolo, una figura su cui ogni
Auror dell’ufficio poteva contare. Svolgeva quel lavoro con un’insolita
naturalezza. Nessuno sarebbe mai riuscito a rimpiazzarlo degnamente; nemmeno
lei, che lo conosceva meglio di chiunque altro.
<<
Dove sei, Harry?>> mormorò a mezza voce. Sperò che Harry, perso da
qualche parte nel mondo, l’avesse ascoltata.
*°*°*°*°*
Lisan
Rowles accelerò il passo. Aveva fame, le sue gambe la reggevano a stento e i
due balordi che la stavano seguendo non avevano certo buone intenzioni.
Si
costrinse a mantenere la calma. Mantenne un’andatura costante e non si voltò
mai indietro, fino a quando la voce roca di uno dei due non strepitò nel
vicolo.
<<
Ehi, piccola, cosa ci fai qui tutta sola?>>
<<
Avrai bisogno di compagnia.>> mormorò l’altro, con una vocina acida e
squillante.
Lisan
si volse. Li osservò come un leone avrebbe osservato una povera preda finita
inavvertitamente lungo il suo cammino. Non era il momento per fare del male a
qualcuno: la legge della strada era crudele, sopravvivevano solo i più forti e
quei due poveracci non si distanziavano molto dalle sue precarie condizioni.
<<
Andatevene.>> sbottò. << Cercatevi qualcun altro da importunare.>>
In
risposta, come aveva ampiamente previsto, i due scoppiarono a ridere.
<<
Che caratterino!>> esclamò l’omuncolo con la voce squillante.
<<
Mi piacciono le ragazze coraggiose.>> disse l’altro di rimando.
Lisan
ne ebbe abbastanza. Prima che potessero avvicinarsi, fece un passo indietro e
piantò saldamente le All Star logore nel terreno. La sua posizione poteva
assomigliare vagamente a quella di un felino rabbioso. << Ve lo dirò
un’ultima volta.>> Sentì la rabbia percorrerle le vene. Un immenso potere
scorreva come oro colato dentro di lei, trasmettendole una scarica di brividi
lungo la schiena. << Lasciatemi in pace.>>
Per
quanto fosse inusuale che una diciassettenne minacciasse due balordi senza la
minima esitazione, i due uomini si limitarono a ridere sguaiatamente.
<<
Vi avevo avvisato.>> E le bastò sollevare un braccio nella loro direzione
per sollevarli da terra come due bambole di pezza, fino ad una decina di metri
di altezza. I due urlarono. Intrappolati a mezz’aria, e Lisan provò un’irrefrenabile
soddisfazione.
In
quel vicolo abbandonato, a quell’ora di notte, nessuno si sarebbe mai accorto
della loro presenza. E se anche fosse successo, nel clima criminale che si
respirava nell’aria, di certo non avrebbero osato affacciarsi alla finestra per
vedere cosa stava succedendo.
<<
Mettici giù.>> la supplicarono.
Lisan
rise.
Con
un altro gesto verso il basso li vide atterrare violentemente al suolo,
schiantandosi con un fragore di un pesante sacco di farina precipitato da un
terrazzo. Avevano smesso di urlare. Probabilmente per sempre.
Proseguì
il cammino come se nulla fosse accaduto, lasciandosi alle spalle i due corpi
inerti.
All’inizio
le era sembrata una maledizione. Poi, con il passare del tempo, scoprire di
essere diversa dagli altri non era poi tanto male.
Prima
o poi sarebbe riuscita a stabilirsi da qualche parte, a condurre una vita
decente. Ai margini della società nessuno aveva pietà per nessuno. Se
sopravvivere significava eliminare i pericoli, lei lo stava facendo alla
perfezione.
Trascinò
i piedi fino in fondo al vicolo. Percorse un paio di miglia nelle periferie di
Firenze attraverso una zona industriale buia e decadente. Poi, dopo più di
un’ora di cammino, le fabbriche e i capannoni divennero alti condomini e una
striscia di rotaie comparve alla sua destra, oltre un parcheggio deserto.
Seguire
le rotaie significava giungere prima o poi ad una stazione, dove avrebbe potuto
spostarsi in fretta senza dare nell’occhio. Teletrasportarsi richiedeva
un’energia elevata che ancora non riusciva a padroneggiare al meglio; sarebbe
stato meglio mantenere un basso profilo e non rischiare di imbattersi in altri
guai.
La
fortuna, per uno strano caso, fu dalla sua parte: la stazione distava poco più
di un quarto d’ora di cammino. Intravide i primi treni in sosta e le luci delle
banchine.
Giunta
ai binari deserti, Lisan s’incamminò verso i grandi tabelloni nell’atrio d’ingresso
dov’erano indicati i treni in partenza.
L’Italia
le piaceva, sarebbe rimasta volentieri un paio di giorni nella zona, prima di
ripartire per chissà dove. Fece scorrere il dito lungo l’elenco dei treni fino
a quando non ne individuò uno di suo gradimento, che sarebbe partito due ore
più tardi al binario due.
Le
sarebbe piaciuto visitare San Giminiano. Era un posto tranquillo.
Acquistò
un biglietto dai distributori automatici, poi si sdraiò su due seggioline
scomode della sala passeggeri, sforzandosi di rimanere sveglia. Ma non ci
riuscì. Quando l’orologio della stazione segnava le cinque e venti del mattino,
Lisan precipitò in un sonno profondo.
*°*°*°*
Ricevere recensioni e critiche significa continuare a migliorarsi. Io mi auguro davvero di riceverne, sopratutto critiche, sperando di raggiungere un livello migliore di scrittura capitolo dopo capitolo.Vi ringrazio tutti. Un bacione enorme ai lettori.
PS: non vedo l'ora che sia il 13 luglio!
PPS: Argentlam, a te un bacione ancora più grande =)