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Autore: Beatrix Bonnie    08/07/2011    2 recensioni
Extraiures, fuorilegge... o meglio, fuori dagli schemi. Questo è il racconto della vita e dell'amicizia di Reammon e Septimius, due maghi irlandesi che hanno imparato ad andare oltre i pregiudizi del loro tempo e a vivere fuori dagli schemi.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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Il nuovo professore

Maggio 1978, villa Saiminiu

Lo specchio era leggermente opaco e piuttosto sporco, per cui l'immagine che rifletteva era imperfetta. Tanto, non c'era un gran che da ammirare. La sua carnagione era sempre stata piuttosto pallida, ma in quell'ultimo periodo aveva raggiunto la soglia del cadaverico, forse a causa del fatto che non vedeva la luce del sole praticamente da mesi. Non miglioravano la situazione gli occhiali con uno spesso bordo blu e il naso adunco dalle dimensioni enormi. Il tutto era incorniciato da un caschetto lungo fin sotto le orecchie di capelli neri, flosci e depressi almeno quanto il loro padrone.
Come se non bastasse, il ragazzo a cui apparteneva l'immagine riflessa indossava un abito da mago completamente nero. Come nero era ogni altro capo che si trovava nel suo armadio, in realtà.
Proprio in quel momento, qualcuno bussò debolmente alla porta della sua stanza e la testa spelacchiata di un elfo domestico fece capolino sull'uscio. «Signorino, c'è pronta la colazione» sussurrò l'elfo.
Septimius smise di contemplare la sua immagine allo specchio e si trascinò al piano di sotto, in sala da pranzo dove i suoi genitori avevano già preso posto ai due capi del lungo tavolo.
«Septimius caro, hai l'aria di uno che si è appena alzato dal letto» gli disse sua madre, quando lo vide entrare nella stanza.
Septimius si lasciò cadere sulla sedia con uno sbuffo.
Non si era appena alzato dal letto: la sua faccia assonnata era dovuta al fatto che non aveva proprio dormito, perché aveva passato la notte in bianco a tradurre il De artibus magicis di Alpiano, uno dei più difficili autori latini del III secolo d.C.
Non c'era un motivo preciso: semplicemente, concentrare tutta la sua attenzione in titaniche imprese di traduzione era l'unica cosa che riusciva a regalargli un attimo di piacevole oblio, che avrebbe quasi potuto definire “pace”.
L'unico scopo della sua vita, ora come ora, era il latino.
Non aveva rapporti con il resto del mondo (ad esclusione dei suoi genitori, dello zio Antilius e del suo elfo domestico) praticamente da anni. O meglio, dal preciso momento in cui aveva completato il suo ciclo di studi al Trinity, con il voto ME (mirandum est, il più alto che si potesse raggiungere) alla D.I.M.I.S.S.I.O.
Tutti i professori avevano predicato un futuro brillante per quel giovane così talentoso, ma Septimius aveva mollato ogni cosa e si era barricato in casa. Usciva solo per lo stretto necessario e, a volte, nemmeno per quello. Tanto, che cosa avrebbe dovuto fare fuori?
«Onoria cara, passami la teiera» borbottò proprio in quel momento suo padre.
La signora Saiminiu fece levitare la teiera verso il marito con un molle gesto della bacchetta.
Septimius osservò la scena con apatia. Come potevano i suoi genitori ignorare quello che era successo? Come potevano ignorare il fatto che era morta loro una figlia?
E lui, come avrebbe potuto ignorare che era stato il suo migliore amico ad uccidere sua sorella Priscilla?
Quei pochi che conoscevano il segreto della famiglia Saiminiu, sembravano convinti che lei fosse scappata o, peggio, ignoravano completamente l'accaduto, come i suoi genitori. Lui, invece, non riusciva a smettere di pensarci e ciò che lo faceva soffrire maggiormente era il fatto di non poter più contare sull'unica persona che avesse mai considerato suo amico: Reammon.
Se fosse successo qualcosa a sua sorella ma almeno ci fosse stato Reammon al suo fianco... invece era proprio lui il responsabile di tutto. Ora, che senso aveva la sua vita?
«Ah, il professor Ferrus andrà in pensione alla fine di quest'anno» commentò proprio in quel momento Sextans Saiminiu, accennando ad un trafiletto del Corriere del Mago di quella mattina.
La notizia destò immediatamente l'interesse di Septimius, che alzò gli occhi dal piatto e cercò di spiare l'articolo.
«Sarebbe anche ora!» ridacchiò la signora Saiminiu. «Era già vecchio quando insegnava a noi. C'è scritto quanti anni ha?» Sextans scorse velocemente il trafiletto poi sospirò: «Ne compirà ottanta il mese prossimo».
Gli occhi di Septimius si puntarono avidi sulla pagina di giornale, nella speranza di carpire qualche altra informazione, ma suo padre gli facilitò il compito, spiegando quanto aveva letto. «Questa mattina, al Palazzo del Governo, si tiene il concorso per assegnare la cattedra di Latino ed Irlandese al nuovo insegnante».
«A che ora?» si informò Septimius.
Una bizzarra idea gli era balenata in mente... ma forse non era poi così bizzarra. In fondo, il latino era la sua unica ragione di vita, ormai.
«Alle dieci» rispose il signor Saiminiu E proprio in quel momento la pendola del salotto batté dieci colpi.
Per fortuna, Septimius sapeva che il padre aveva la mania di portare aventi tutti gli orologi della casa di cinque minuti.
Septimius si alzò di scatto dal tavolo, senza nemmeno aver toccato la colazione.
«Dove vai?» gli chiese sua madre, con una leggera preoccupazione nella voce.
«In camera» ripose Septimius, in tono sbrigativo.
La signora Saiminiu sgranò gli occhi. «Ma... oggi c'è il matrimonio di Eoin Maleficium. Avevi promesso che saresti venuto» gli disse in tono supplichevole.
Quando Septimius aveva acconsentito a venire, Onoria era rimasta piacevolmente sorpresa, ma aveva davvero sperato che l'occasione del matrimonio potesse trascinare il figlio fuori di casa. Invece, il ragazzo stava di nuovo trovando una scusa per rintanarsi in camera sua.
«Lo so, ma... non posso» rispose Septimius, dirigendosi verso la porta.
Sua madre si alzò da tavola, nel disperato tentativo di fermarlo. «Credevo che Maleficium fosse tuo amico. Lui e la futura moglie non si sono conosciuti grazie a te?» provò a dire.
«Sì, è mio amico. Ma che centra questo adesso?» sbottò Septimius, scuotendo la testa.
Gli dispiaceva mancare al matrimonio di Maleficium, ma gli era venuto in mente qualcos'altro da fare ed era già in ritardo.
«Mi spiace. Devo andare, ora» bofonchiò come ultima cosa per chiudere la conversazione, prima di sparire dalla sala da pranzo. Nel chiudersi la porta alle spalle, sentì che sua madre era scoppiata a piangere. Gli dispiaceva darle quel dolore, ma il suo progetto era improvvisamente cambiato e certo non poteva metterne al corrente i genitori.
Finse di salire le scale per recarsi in camera sua, poi si catapultò fuori di casa e si diresse verso il metrombino proprio dietro la villa. Per fortuna, il sole era coperto dalle nubi e i suoi occhi abituati alla penombra della sua stanza in cui era rinchiuso da mesi non subirono troppi danni. Per una frazione di secondo si bloccò a fissare il metrombino, chiedendosi cosa diavolo gli fosse venuto in mente, ma poi pensò che era tardi per i ripensamenti e si gettò nel varco magico gridando: «Cearnog na Stiuradh!»
Sbucò in Piazza del Controllo, cuore pulsante di Dubh Cliathan, la parte magica di Dublino. Il sole non era altrettanto clemente nella parte orientale dell'isola irlandese e Septimius fu costretto a portarsi il braccio davanti agli occhi per non rimanere accecato dalla luce. «Sant'Iddio, giovanotto, quanto tempo è che non esci di casa?» domandò qualcuno alle sue spalle.
Septimius sbatté le palpebre un paio di volte, ma il sole era talmente luminoso che ancora non gli permetteva di vedere bene chi aveva parlato. In effetti, doveva avere un aspetto a dir poco cadaverico.
«Ho visto Inferi più in forma di te» commentò ancora l'uomo; dopodiché si buttò nel metrombino, lasciando Septimius lì impalato come un idiota.
Nel giro di una frazione di secondi, il ragazzo si riscosse e si precipitò verso il Palazzo del Governo.
«Dove si tiene il concorso per i nuovi insegnanti di Latino e Irlandese?» domandò frettoloso alla annoiata strega allo sportello.
«Terzo piano, ala ovest. Ma cominciano fra un minuto e comunque dubito che accetteranno un vampiro tra i candidati» rispose la signorina, sghignazzando da sola per la propria battuta sui vampiri.
Septimius non le diede nemmeno retta e si lanciò verso le scale per raggiungere l'aula. Arrivò trafelato, con il fiatone e il cuore che batteva a mille.
Proprio oltre l'uscio, si ritrovò di fronte il professor Ferrus in persona.
«Oh, Septimius!» esclamò l'anziano mago, con aria soddisfatta.
«Signore... io... non ho compilato il modulo d'iscrizione» farfugliò il ragazzo, con le parole mozzate dal fiatone.
L'uomo gli diede una calorosa pacca sulle spalle. «Non importa, figliolo. Lo compilerai dopo: non voglio certo impedire al mio migliore alunno di partecipare al concorso!» disse con aria soddisfatta, facendo apparire dal nulla un nuovo banco dove si potesse accomodare Septimius.
Il ragazzo si sedette e prese ad osservare gli altri candidati: c'erano una decina di maghi piuttosto vecchiotti, una strega dall'aria acida e un giovanotto poco più grande di lui. Tutti erano forniti di vocabolari megalitici, fogli di brutta, calamai e penne.
Improvvisamente Septimius realizzò che lui non aveva nemmeno una matita per scrivere.
Nel frattempo, il professor Ferrus stregò i compiti affinché volassero ognuno sul tavolo di un candidato. «Vi ricordo che è vietato l'uso di penne autocorreggenti e di tutte quelle diavolerie inutili, perché me ne accorgerò se copierete. Qui conta solo lo studio, la conoscenza e il cervello. Avete un'ora di tempo. Buon lavoro» sentenziò il professore, toccando con la bacchetta una grossa clessidra che stava sulla cattedra.
La mano di Septimius scattò in alto proprio mentre tutti giravano il foglio e cominciavano a lavorare.
«Sì, figliolo?» domandò il professore con gentilezza.
«Ehm, avrei bisogno di una penna con calamaio, signore» rispose titubante Septimius.
Alcuni maghi si voltarono a guardarlo e ridacchiarono.
La strega acida gli rivolse una smorfia e borbottò: «Questo nemmeno penna e vocabolario si è preso dietro».
Il professor Ferrus però non cessò di dimostrarsi affabile con il suo pupillo. Evocò quanto gli serviva per scrivere e glielo depositò sul banco con un sorriso di incoraggiamento.
Finalmente Septimius girò il suo foglio di pergamena e lesse l'autore da cui era stato tratto il brano. Alpiano, De artibus magicis.
Ah, però... cattivello il professor Ferrus. pensò Septimius con un ghigno.
L'autore più difficile della latinità, ma per lui sarebbe stato come bere un bicchier d'acqua.

«La cerimonia è stata molto bella. Semplice ed essenziale ma significava; e la sposa era un gioiellino. L'abito se l'era disegnato lei, sai?» stava raccontando la signora Saiminiu al figlio.
Septimius, tuttavia, non le dava molta retta perché sapeva che diceva quelle cose solo per farlo sentire in colpa di non essere andato al matrimonio. Un po' gli dispiaceva di aver disdetto all'ultimo, tanto più perché Eoin Maleficium era un suo amico, ma la possibilità di partecipare al concorso per la cattedra di Latino e Irlandese era essenziale per il suo progetto.
Ora doveva solo aspettare i risultati.
Esattamente due giorni dopo aver sostenuto l'esame, all'ora di colazione, arrivò a villa Saiminiu una lettera con il timbro del Dipartimento dell'Istruzione Magica e quello del Trinity college.
«E questa?» domandò il signor Saiminiu, prendendo la busta dalla zampa del gufo.
«Roba mia» esclamò prontamente Septimius, strappandogli la lettera dalle mani e ritirandosi in camera sua a leggerla.

La S.V. è pregata di recarsi al Trinity college il giorno 27 maggio alle ore 11 a.m. per sostenere il colloquio preliminare con il professor L. Ferrus, il professor C. I. E. Captatio e l'Onorevole Saurus Gelitus, capo del Dipartimento dell'Istruzione Magica, per l'assegnazione della cattedra di Latino e Irlandese. Distinti saluti

E seguivano le firme dei tre esaminatori. Septimius si lasciò sfuggire un sorriso di vittoria: se aveva ricevuto l'invito per il colloquio, significava che aveva superato l'esame scritto del concorso. Lanciò un'occhiata distratta all'orologio d'oro appeso alla parete della sua stanza, che fungeva anche da calendario e segnava le fasi lunari: esattamente fra due giorni avrebbe sostenuto il colloquio.

Tornare al Trinity causò in Septimius un vortice di emozioni tanto diverse e confuse, che si tramutarono presto in una tempesta. C'era nostalgia, tanta nostalgia, ma anche un po' di paura per ciò che lo attendeva, rabbia per ciò che vi era accaduto e un accenno di sorriso sulle labbra per la marea di ricordi che lo assaliva.
Era stato il burbero custode Armandus a venire ad aprirgli il cancello d'ingresso e ad accompagnarlo attraverso il parco, lungo il ponte che collegava l'isola alla terraferma e fino al portone di ingresso. «Sono in presidenza, i colloqui» bofonchiò con aria scortese, indicandogli vagamente la sinistra.
Septimius lo ringraziò con un cenno del capo, poi prese un profondo respiro e attraversò l'uscio.
Erano passati esattamente cinque anni da quando aveva messo piede per l'ultima volta sul pavimento rossiccio di terracotta del Trinity College. Eppure, Septimius si sentì come se non fosse passato neanche un giorno.
Alla sua destra, stava l'immenso portone che conduceva alla Sala Mor: Septimius decise che poteva cogliere l'occasione per dare una sbirciatina. Era esattamente come se la ricordava, immensa, con il suo soffitto a cassettoni le grandi bifore che facevano entrare fiotti di luce, i tre tavoli delle rispettive case e quello degli insegnanti sul fondo.
Proprio sopra il portone d'ingresso, stava il quadro che segnava i punti delle case: un aquila, un unicorno e un drago (rispettivamente simboli dei Raloi, Llapac e Nagard) difendevano con sollecitudine ognuno il proprio tabellone che riportava i punti delle casa.
Septimius constatò con orgoglio che i Nagard erano in testa e si ricordò improvvisamente di quella volta in cui Reammon aveva cercato di corrompere l'aquila a ridargli i cinquanta punti che la professoressa O'Connel gli aveva tolto per aver accidentalmente allagato i bagni dell'infermeria.
Quel pensiero gli strappò un sorriso involontario.
Proprio in quel momento, finì la penultima ora della mattinata e una valanga di studenti si riversò nei corridoi. Septimius, che si trovava ancora sull'uscio della Sala Mor, sentiva i passi e il vociferare dei ragazzi che provenivano dai piani più alti del corpo centrale del castello. Controllando il suo orologio, vide che erano già le undici, quindi si diresse verso la portineria, dove si trovava la scaletta a chiocciola che portava alla presidenza.
Dopo un paio di minuti di attesa, vide scendere dall'ufficio del preside la donna acida, che gli rivolse una smorfia seccata. Spero davvero che non scelgano quella lì. pensò Septimius. Altrimenti, poveri studenti!
«Saiminiu Septimius» chiamò la voce di un uomo, dal piano di sopra.
Il ragazzo si affrettò a salire le scale a chiocciola e a raggiungere i tre esaminatori. Non appena entrò in presidenza, il suo sguardo fu subito rapito dal professor Captatio, che indossava un improbabile completo da mago color verde acido, con tanto di cappello a punta correlato. Forse per l'abbigliamento eccentrico di Captatio, forse per la sua faccia anonima, ma Septimius non degnò nemmeno di uno sguardo l'Onorevole Gelitus. Il professor Ferrus, invece, continuava a rivolgergli sorrisi incoraggianti.
«Buongiorno, Septimius» lo salutò gentilmente il preside, stringendogli la mano.
Non appena il ragazzo si fu seduto, il professor Ferrus passò a Captatio lo scritto del candidato: non vi era nemmeno un segno fatto con l'inchiostro rosso.
«Sarai contento di sapere che sei stato l'unico a consegnare una prova praticamente perfetta» commentò il preside, mostrandogli la pergamena. «Ma su questo non avevamo dubbi, vero Lucretio?»
Il professor Ferrus annuì con aria soddisfatta. «Nessun dubbio» precisò.
Septimius si torse le mani in grembo: aveva come l'impressione che presto sarebbe arrivato un “ma”.
Il professor Captatio si soffermò pensieroso ad osservare la sua bacchetta, come se stesse meditando su una questione filosofica irrisolta. «Tuttavia, vedi, Septimius...» cominciò a dire, tornando finalmente a guardarlo negli occhi. «Il mestiere dell'insegnante è molto complicato. Non si tratta solo di conoscere bene la materia, ma bisogna anche sapersi rapportare con i ragazzi, capire le loro esigenze, andare loro incontro, sapere quando vanno sgridati e quando vanno lodati. E soprattutto, devi riuscire nel compito più difficile di tutti: appassionarli alle cose che stai loro insegnando, motivarli, far loro capire che studiare è l'unica cosa che li renderà liberi. Ti assicuro che insegnare è il lavoro più difficile e insieme più affascinante che si possa scegliere. Sei certo di potercela fare?»
A quel discorso, Septimius distolse i suoi occhi da quelli azzurri e penetranti di Captatio.
No, non era affatto certo di potercela fare. Lui non era mai stato capace di rapportarsi con gli altri, ad esclusione di Reammon e di sua sorella, a causa della sua introversione cronica. Sicuramente, mettersi a dialogare con esuberanti adolescenti in preda ad una tempesta di ormoni, non era un mestiere adatto a lui.
Ma lui aveva bisogno di quel posto!
Voleva tornare al Trinity, l'unico luogo dove conservava tanti ricordi felice, anche se questa volta si sarebbe trovato dalla parte opposta della cattedra. Era il solo modo per sfuggire al tunnel di oscurità dentro cui era piombato ormai da anni. Forse, una volta tornato tra le rassicuranti mura megalitiche del castello, avrebbe finalmente ricominciato a vivere.
«Signore, io...» tentò a dire, con un tono di voce titubante. «Ci posso provare».
«Provare non basta. Non c'è in gioco solo il tuo futuro, Septimius, ma anche quello dei tuoi alunni» gli rispose Captatio con serietà.
Il ragazzo lo fissò dritto negli occhi. Avrebbe voluto gridare che ce l'avrebbe fatta, che non poteva assicurare un successo immediato, ma comunque ci avrebbe investito ogni sua energia... invece non disse nulla. Non disse nulla perché temeva di poter fallire. Aveva paura.
In fondo, il tunnel di oscurità non era poi così male, a pensarci. Almeno lì sapeva cosa aspettarsi.
«Mi dispiace, Septimius» mormorò in fine il professor Captatio.
Septimius strinse le mani ai tre esaminatori, osservò lo sguardo avvilito del professor Ferrus e quello dolente di Captatio, poi, dopo un breve inchino, lasciò la presidenza.
Non provava nessuna emozione, non si sentiva né deluso né dispiaciuto: semplicemente, aveva la testa vuota come una Pluffa.
In ingresso incontrò un gruppo di ragazzotti che stavano schiamazzando come dei disperati. Uno di loro, un Raloi piuttosto massiccio, aveva in mano un'inconfondibile Caccabomba e stava per tirarla addosso ai suoi compagni.
Septimius agì d'impulso. Si avvicinò al giovanotto e gli agguantò il braccio prima che lui scagliasse il disgustoso proiettile.
«Ma che cos...?» esclamò questo, stupefatto, ma si bloccò subito quando vide chi lo aveva fermato: un ragazzo pallido, con l'aria smunta e sciupata, un paio di spessi occhiali e un naso spropositato.
Il Raloi gli rivolse un'occhiata perplessa, ma l'altro non lasciò la presa sul suo braccio. Dietro le lenti dei suoi occhiali blu, aveva uno sguardo grave e penetrante, che incuteva rispetto e insieme terrore.
«Tu sai dove ti trovi?» gli chiese, con una voce roca e profonda che stonava con la sua figurina smilza.
Il ragazzo deglutì. «A scuola?» si azzardò a rispondere.
«A scuola?» gli fece eco l'altro.
E poi Septimius gli riversò addosso tutto l'amore che provava per quel posto. «Tu non sei a scuola. Tu sei al Trinity college, l'unico luogo dove potrai imparare ad aprire la mente a infinite prospettive, se solo deciderai di impegnarti e studiare a fondo. Se ora tiri quella Caccabomba, butti via con essa la tua intelligenza. E tu non vuoi restare stupido come un troll, giusto?»
«No, signore» borbottò mogio il Raloi, abbassando il braccio a terra. «Ma lei chi è?»
«Il nuovo professore di Latino e Irlandese» rispose la voce limpida di Captatio alle loro spalle. Evidentemente, aveva assistito a tutta la scena. Septimius si voltò verso il preside con un sorriso di gratitudine.
L'uomo aveva uno sguardo luminoso e bonario.
«Il posto è tuo, Septimius».





Ecco qui come il caro Septimius ottiene la cattedra di Latino e Irlandese! Nel descrivere queste scene, mi è venuto in mente l'episodio di Voldemort che chiede il posto di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure a Silente, ma spero che la situazione vi sia parsa del tutto diversa! XD
Ovviamente c'è l'accenno al matrimonio dei signori Maleficium... poteva mancare? A quest'altezza, Eoin è un giovane giornalista in erba, ma sappiamo tutti che farà una veloce carriera, fino a diventare direttore del
Corriere del Mago.
Prossimo capitolo: martedì 12 luglio (ora che sono in ferie, aggiornerò più spesso!).
Alla prossima!
Beatrix


EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi!

   
 
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