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Autore: Shadowolf    08/07/2011    3 recensioni
Fine anni '60, Jersey Shore.
Cronaca di un'estate passata ad ammazzare il tempo cercando di non pensare al futuro, tra motori, musica, erba e spiaggia. On The Road meets American Graffiti, con la colonna di Bruce Springsteen.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Rimasi lì immobile per una manciata di secondi, come colpito da un fulmine o da un raggio paralizzante o dio solo sa cosa. Non sapevo perché, ma era come se mi fosse impossibile distrarre lo sguardo da quell’immagine. Sapeva di iconico, di poetico, di liberatorio. Sapeva di strada. E non era solamente il suo corpo, o il suo viso, o un qualsiasi tratto fisico che la sua presenza poteva suggerire – buio com’era riuscivo a malapena a definire la sua ombra dal resto delle cose circostanti, e solo grazie ad un lampione poco distante che toccava con la sua luce arancione opaco il copertone di una delle ruote posteriori. No, era l’intero quadro armonico che si dipanava proprio lì davanti ai miei occhi. L’intero mio concetto di arte di fronte a me.
E lui se ne stava lì, quasi immobile, a bere birra. Sotto la pioggia incessante.
Un’idiota.
Il mio subconscio mi svegliò all’improvviso, e rinsavendo da quella specie di sogno ad occhi aperti che stavo facendo riuscii a cogliere di sfuggita il leggero ghigno di Jamie rivolto nella mia direzione. Sospirai piano e rinunciai perfino a dire qualcosa, non già perché non sarebbe servito a nulla, ma più che altro perché avrebbe avuto ragione comunque. Mi ero completamente incantato a guardare quel ragazzo, e avevo dimenticato qualsiasi cosa riguardante tutto il resto. E quel ragazzo, mi stava ora suggerendo una vocina sottile sogghignante nel mio cervello, era proprio il tipo il cui arrivo Jamie andava ventilando ormai da più di un mese. Il tipo che io avevo cominciato a prendere per il culo a prescindere, ancora prima di conoscerlo. Così, per partito preso. Perché il mio migliore amico ne parlava così tanto e così bene da mettermi in allarme. Codice rosso, lo stiamo perdendo. O qualcosa del genere.
Spazzai via quei pensieri e seguii reclutante Jamie, che nel frattempo aveva coperto i pochi metri che ci separavano dal mio quadro vivente e già abbracciava uno dei suoi componenti. Sospirai piano, distogliendo lo sguardo per tentare di farmi passare quella orribile sensazione di stretta al fegato e cominciai a concentrarmi sulle gocce di pioggia che più che altro somigliavano a stanghette, tentando allo stesso tempo di assorbire qualsiasi suono esterno mi permettesse di non udire la conversazione che quei due stavano avendo vicino a me.
Ma lo sforzo durò poco, e una stretta al braccio mi anticipò che stavo sul punto di essere introdotto al nuovo arrivato. E infatti.
‹‹ Oh Jude, amico, questo è il mio milkshake preferito, Robbie. Robbie, questo è Jude. ››
Tornai in questo mondo e feci in tempo ad incontrare il nuovo paio di occhi che avevo davanti prima che il loro proprietario mi rivolgesse la parola per la prima volta.
‹‹ Che razza di nome è Robbie? ››
Rimasi a guardarlo per qualche secondo, cercando di interpretare ciò che mi aveva appena detto. Come temevo dal momento in cui Jamie mi aveva rivelato che era inglese, non avevo capito molto, le parole perfette e strette che erano state pronunciate suonavano estranee al mio orecchio, come appartenessero ad un’altra lingua.
‹‹ Non... lo è, infatti. È un... soprannome. Sa...i, quelle cose che... Voi lo dite, vero? Soprannome, dico... ››
Cominciai a spostare lo sguardo intorno al suo viso, come faccio di solito quando mi accorgo di starmi impappinando con le parole, e dentro di me presi a maledire Jamie, che pur sapeva di questa mia peculiare... caratteristica. Peraltro la stessa vocina di prima mi suggerii velatamente che il tipo aveva usato un tono fortemente ironico.
‹‹ Sì, è logico. È un tuo soprannome. Lo capisco. ››
Sentii l’ombra di un sorriso questa volta, e i miei occhi tornarono a fermarsi sui suoi. Non riuscivo a distinguere di che colore fossero, il buio aveva la meglio sulla mia vista. Ma ne ebbi una strana sensazione, come di scossa, e rimasi interdetto per un pugno di secondi, prima di rispondere.‹‹ Ecco. Io... err, sono Robert. ›› tentennai, passandomi il pollice sulle altre dita, nervosamente, chiedendomi se avessi dovuto stringergli la mano. Ché di abbracciarlo non se ne parlava nemmeno.
‹‹ È un piacere, Robert. Jamie mi ha parlato... diciamo abbondantemente di te. ››
Spostai lo sguardo sul mio compagno e lo trovai a sghignazzare.
‹‹ Logico, sei il mio migliore amico, non dovevo? ››
No, non dovevi, Jamie.
‹‹ Be’, che ne so, io... ››
Io odio trovarmi in queste situazioni, odio fare nuove ami- conoscenze così di punto in bianco, soprattutto odio gli in-
‹‹ Non ti preoccupare, Robert, se ti può consolare, sappi che ha detto solo cose buone su di te... ››
Perché mi dovrebbe consolare?
‹‹ Ha dimenticato di dirti tutto il resto allora. ››
‹‹ Cosa--? ››
‹‹ Non dargli retta, Jude, sta sempre sulla difensiva quando-- ››
‹‹ Non sto sulla difensiva, è che tu monti castelli in aria che poi io devo buttar giù! ››
Avevo appena finito di parlare quando una mano – bianca – si appoggiò piano sul mio braccio. Mi voltai a guardarla e rimasi in quella posizione per un paio di secondi, prima di proseguire con lo sguardo ed incontrare di nuovo gli occhi dell’inglese, sulla cui faccia si dipinse un mezzo sorriso, storto e di indefinibile espressione. Mi chiesi cosa diavolo volesse, o volesse dire, ma tutto ciò che ricevetti in cambio fu una semplice scrollata di spalle e un leggero cenno di... intesa?
‹‹ Tranquillo, Robert... ›› attaccò poi ‹‹ Non sono il tipo che si lascia condizionare da quel che sente in giro... ›› fece una pausa, e mi sembrò di cogliere l’accenno di un sospiro. ‹‹ Voglio dire, sono informazioni filtrate, giusto? Chi può dire se sono vere o no? E crederci... la maggior parte delle volte mette nei guai, se sai cosa voglio dire. Perciò ecco come la vedo io: starò da queste parti per un po’, uscirò con Jamie qualche volta, magari vuoi venire insieme a noi, mi ha detto che state molto insieme, non voglio rubartelo mica, tranquillo. Insomma, fai un po’ come ti pare. ››
Lo guardai, indeciso se scoppiargli a ridere in faccia od ignorarlo semplicemente. Quel tipo sbucato fuori da chissà dove arrivava e cominciava a dire lui cosa potevo o non potevo fare. Sembrava avesse già programmato tutta la nostra estate, e per qualche secondo mi vidi distintamente trascorrere lunghi ed interminabili pomeriggi da solo in camera mia, con mia madre che ogni tanto faceva capolino per dirmi di uscire di casa e mio padre che puntualmente, come tornava a casa, si metteva ad inveire contro di me, dandomi al solito dello scriteriato e del buono a nulla. No, il Signorino Inglese non aveva capito un cazzo di come andavano le cose qui.
Feci per aprir bocca ma Jamie sfortunatamente mi precedette, mollandomi una sotterranea gomitata nel costato, che mi privò dell’aria necessaria ad emettere qualsivoglia suono.
‹‹ Sai Robbie, secondo me vi troverete d’accordissimo, così usciremo tutti e tre insieme e passeremo una grandissima estate, sono sicuro! Insomma guardaci, rimorchieremo anche un sacco! ››
Mi voltai a guardarlo, più scettico che mai dopo l’ultima affermazione. A parte il fatto che eravamo di tre etnie completamente diverse, nessuno ci avrebbe dato un soldo all’apparenza. Un nero, un inglese e un miscuglio bastardo di dubbio charme. Al massimo saremmo passati alla storia come I Tre Freaks.
‹‹ Rimorchieremo. ›› mi limitai a sottolineare a voce alta ‹‹ Certo, come no. L’ultima volta che l’hai detto sono rimasto con i pantaloni slacciati sotto il boardwalk. E sei stato tu a trovarmi. ››
‹‹ Cos’è questa storia? ››
‹‹ Err- Lascia perdere, Jude, un semplice errore di calcolo... ››
‹‹ Pensava di convincerle a darcela perché avevamo una band. Altro che errore di calcolo. ››
‹‹ Avete una band? ››
‹‹ No, ovviamente. Siamo a corto di grana, per dire il minimo. E comunque era solo una scusa, e loro lo scoprirono, e pensarono bene di farci uno scherzetto niente male. ››
‹‹ Uno scherzetto? ›› ridacchiò, e per la prima volta lo guardai sul serio, senza pensare che fosse Inglese o cosa. Era un ragazzo come me, in fondo, forse anche mio coetaneo. Poteva essere un altro sbandato senza meta, un’altra pietra rotolante senza indicazione su come andare a casa, come cantava quel singolo di Bob Dylan uscito qualche anno prima. Poteva essere un altro come me, come Jamie.
Scambiai un’occhiata divertita con il mio amico e mi strinsi nelle spalle, stropicciandomi gli occhi per liberarli dalle gocce di pioggia che ancora continuavano a cadere, ininterrotte. Jude parve notare il nostro sguardo complice, e si fece nuovamente sotto.
‹‹ Oh, andiamo, ditemi! Ora sono curioso! ››
‹‹ Nah, magari un’altra volta. Sappi solo che... be’, eravamo bendati. ››
‹‹ Bendati!? ››
‹‹ Ah-ha. Non chiedere. ››
E questa volta fu lui che mi guardò, credo vedendomi per la prima volta. Mi rivolse un mezzo ghigno che poteva essere complice e annuì.
‹‹ Prima o poi me lo direte. ››
‹‹ Forse. Se te lo meriterai. ››
‹‹ E cosa dovrei fare per meritarmelo? Sentiamo... ››
‹‹ Dai tempo al tempo, Inglese. ››
Restò per qualche secondo immobile, come se qualcuno gli avesse lanciato un incantesimo di sorta, ed io mi accorsi solo allora di non essermi controllato, di aver lasciato libero il mio subconscio di parlare. L’avevo chiamato “Inglese”. Tutto il mio odio represso misto ad un disgusto ormai più forte di me erano venuti fuori in quel momento, e la mia parte razionale si era presa una pausa caffè nel frattempo.
‹‹ Quindi è questo il tuo... problema. È che sono Inglese. ››
‹‹ Chi ha detto che ho un problema? ››
‹‹ Oh, andiamo. Mi stai squadrando da capo a piedi da quando mi hai visto, praticamente. ››
‹‹ È una tua impressione. ››
‹‹ Sì, certo, come no... ››
Vagabondo, per favore, dove sei? Ho bisogno di te, su, vieni qui...
‹‹ Pensala come ti pare. ››
‹‹ Che ti hanno fatto gli Inglesi? ››
Se non la pianti ti ammazzo.
‹‹ Niente. ››
‹‹ Dài, su, sono solo curioso, dimmi. ››
No, sul serio, piantala.
‹‹ T’ho detto niente. È niente. ››
‹‹ Oppure non vuoi dirmelo. ››
Giusta deduzione. Degna di un perfetto inglese.
‹‹ Già, può essere. ››
‹‹ Così mi lasci ad immaginare le cose peggiori però! ›› ridacchiò ancora, e il suo suono riecheggiò troppo alto nel mio cervello. Guardai Jamie che capì al volo, e si intromise nel discorso, probabilmente salvandomi da una rissa nel cuore della notte.
‹‹ Oh, fossi in te non ci spenderei nemmeno un altro pensiero su, Jude. Non è niente di lontanamente patriottico, o politico, o idealista. Robb- ››
‹‹ Quindi dev’essere affettivo. ››
‹‹ ... Robbie non è quel tipo di persona là. ›› si affrettò a concludere il mio amico, ma ormai era troppo tardi, e le sue parole si persero nel suono massiccio del mio pugno che cercava di colpire una parte qualsiasi del corpo della persona che mi stava davanti. E che, inevitabilmente, non c’entrò minimamente il bersaglio, ma si limitò ad infrangersi contro il paraurti della Dodge, provocandomi un dolore lancinante in tutto il braccio e facendomi diventare gli occhi pulsanti per le lacrime che cercavo di trattenere. Checché ne dicessi a voce alta, la mia ferita non si era ancora chiusa.
‹‹ La macchina! Pezzo di idiota, fa’ attenzione! Mio padre mi fa gonfio se scopre che l’ho presa! ››
L’insulto giunse ovattato alle mie orecchie, e il mio cervello ormai totalmente dominato da Robert non lo colse neanche, talmente era perso nei meandri dell’autocommiserazione e della rabbia non contro quel tipo, ma contro me stesso. La mia illusione di esserne fuori si stava velocemente disgregando davanti ai miei occhi, e portava con sé un dolore sordo che poteva solamente essere gridato. Mi nascosi ai loro sguardi e deglutii un paio di volte, cercando di tenere lontano dalla mia testa quella cazzo di vocina che mi diceva che sì, era tornata finalmente. Che non l’avevo mai neanche lontanamente sconfitta, solo mascherata, una volta di più. E quel pugno che aveva colpito una delle cose che più amavo al mondo ne era solo la plateale dimostrazione. La dimostrazione di quanto fos-
Fermati qui, Robert. Non è il momento. Vai a casa prima.
‹‹ Robbie? ›› la sua voce mi sussurrò all’orecchio, accompagnata dalla sua mano che mi strinse la spalla, facendomi rabbrividire e realizzare solo in quel momento che eravamo ancora sotto la pioggia. Da quando avevo cominciato a parlare non ci avevo più fatto minimamente caso. ‹‹ Cosa c’è, di nuovo...? ››
Scossi la testa e sospirai, girandomi di nuovo verso di loro.
‹‹ No, tranquillo, sto bene. ›› forzai un sorriso verso di lui e guardai l’Inglese, per un attimo dimenticandomi il suo nome. ‹‹ Scusami... Jude, io... non volevo colpire la tua macchina... né te, se è per questo. ›› sospirai, cercando di calmarmi quel poco che bastava a non impappinarmi sulle parole. ‹‹ È stato solo un momento di idiozia, non è mia abitudine cominciare risse... ››
‹‹ Anche perché come tiratore fa schifo, nel caso tu non l’abbia notato... ›› mi fece eco Jamie, sghignazzando e strappandomi un mezzo sorriso.
‹‹ ... Già. Infatti le prendo sempre. ››
Jude lasciò che il silenzio riempisse qualche secondo, fissando di nuovo i suoi occhi nei miei, prima di annuire piano e aprirsi a sua volta in un ghigno leggero.
‹‹ Non ti preoccupare, è stata anche colpa mia. ›› rispose, e per la seconda volta riconobbi un guizzo strano e incomprensibile nel suo sguardo. ‹‹ Non è mia abitudine provocare la gente in questo modo. È stato un momento di pazzia da parte di entrambi mi sa. ››
Pazzia...
‹‹ Eh, mi sa che hai ragione, sì. ›› gli consentii, sospirando e guardando Jamie, che mi sorrise di nuovo, soddisfatto ora, e cinse le spalle di entrambi in un abbraccio bagnato.
‹‹ Oh ragazzi, bravi, così vi voglio! ››
‹‹ Ehi, avevi promesso, Jamie: niente abbracci. ›› lo ammonì Jude, scostando il suo braccio da sé.
Pensai che la cosa avrebbe infastidito Jamie, ma lui si limitò ad un’espressione sarcastica prima di sciogliere l’adunata.
‹‹ Sei un rompipalle, Jude. Su questo il mio Robbie ha ragione: Inglesi, tsk. ››
‹‹ Si chiama spazio personale. Cosa che voi sembrate proprio non conoscere, da questa parte dell’Oceano. ››
‹‹ Scusaci se siamo espansivi. ››
‹‹ Non mi piacciono queste dimostrazioni d’affetto così plateali e gratuite, tutto qui. ››
‹‹ Non era gratuita! Era un bel momento, andava festeggiato. ››
‹‹ Hollywood... ›› replicò Jude, mettendo di fatto fine alla discussione sull’argomento, perché dopo un paio di secondi di scambio di sguardi, tutti e tre scoppiammo a ridere, e non fummo capaci di dire altro.
Mentre camminavo da solo verso casa, qualche minuto dopo essermi congedato da Jamie, mi sorpresi  a ripensare a quanto era appena accaduto. C’era qualcosa, nell’intero incontro, che continuava inevitabilmente a sfuggirmi, ed era una sensazione che sopportavo male e poco volentieri. Ripercorsi mentalmente tutto quello che era successo, ogni parola detta a proposito di qualsiasi argomento, ma non servì a molto, perché sembravo non approdare a nulla. Provai con la macchina, magari c’era un adesivo appiccicato in un punto particolare sul quale mi ero soffermato solo per caso. Provai con il mio misero e fallito tentativo di mollare un pugno decente, forse c’era una ragione per quel gesto che mi era sfuggita. Inevitabilmente provai con me stesso, alle cose che avevo detto e perché le avevo dette, alla mia stupidità e alla mia totale incapacità di essere come tutti gli altri esseri viventi, che non finivano con un tentativo di rissa alle due di notte sotto la pioggia solo per esser stati punti un po’ sul vivo. Provai con Jamie e con la sua relazione con Jude, provai a vedere se avevo perso qualche dettaglio della loro conversazione, provai con le insegne che c’erano in quello spiazzo dove ci eravamo fermati, provai tutto quello che mi venne in mente ma fu inutile, non riuscivo a venirne a capo.
Quando arrivai finalmente a casa presi un bel respiro prima di tentare ogni manovra di ingresso. Come al solito trovai la porta davanti chiusa, mio padre la bloccava inevitabilmente dopo le undici, deciso a far rispettare l’ordine e la disciplina, e ovviamente non si sognava neanche lontanamente di darmi le chiavi, perché ero il solo e unico a cui ordine e disciplina dovessero essere impartiti. Mia sorella, più piccola di me di qualche anno, già le aveva da tempo. Ché di lei ci si poteva fidare.
Feci il giro e provai con la porta sul retro, tirando un sospiro di sollievo constatando che mia madre si era ricordata di lasciarmela aperta; dentro era tutto buio e silenzioso, ma l’esperienza mi insegnava a non dare niente per scontato, e soprattutto a non cantare vittoria troppo presto. Per salire di sopra dovevo passare davanti al salotto, ed era lì che si annidavano sovente i pericoli maggiori, nascosi nell’oscurità.
Ma quella notte fui fortunato, perché tutto filò liscio e riuscii a raggiungere la mia camera senza problemi, chiudendomi la porta alle spalle e non perdendo neanche un attimo prima di togliermi i vestiti di dosso e infilarmi nel letto, indossando i miei pantaloncini vecchi e rattoppati e la mia maglietta slabbrata. Rimasi in attento ascolto per qualche minuto ancora, pronto a captare qualsiasi suono, anche minimo, prima di lasciare andare un sospiro e voltarmi piano verso la finestra vicino al letto, evitando di farne scricchiolare le molle. Quand’ero piccolo mia madre mi aveva imparato a pregare Gesù guardando il cielo, e per questo, d’estate, lasciava sempre aperti i vetri di questa stessa finestra, perché io imparassi a farlo da solo, ogni volta che calava la sera. E anche se a quel punto della mia vita avevo già smesso da un po’ di riporre le mie speranze in un’entità superiore, a prescindere da come gli uomini la chiamassero nel mondo, mi era rimasta quell’abitudine del guardare verso il cielo nero e macchiato di stelle prima di addormentarmi, lasciando libera la mia mente di vagare, ora che non poteva far del male a nessuno tranne me.
E fu dopo solo qualche secondo di naufragio che la risposta che stavo cercando da quando avevo salutato Jamie si presentò finalmente al mio cospetto.
Quel particolare che avevo inutilmente cercato fino ad allora mi balenò davanti agli occhi, letteralmente.
Perché era stato proprio lo sguardo di Jude a lasciarmi interdetto.
Sempre controllato, tranne in due occasioni.
Quando avevo inconsciamente colto quel cambiamento, repentino e brevissimo.
Quella luce incontrollata che aveva fatto brillare i suoi occhi per un paio di secondi appena.
La luce dell’irrequietezza.
 

AUTHOR'S CORNER: Per la serie "Chi non muore si rivede" vi presentiamo oggi il secondo capitolo di questa immane stronzata. Dio, i problemi di questo capitolo, voi non avete idea (o forse sì, visto che vi sarete resi conto che fa schifo). Anyway! Stamattina ho deciso di approfittare del fatto che both mio padre e mio fratello sono fuori tutto il giorno per mettermi sotto e finire di scriverlo, una buona volta. Stranamente ce l'ho fatta, ancor più stranamente anche in una porzione di tempo relativamente ridotta (ciò non toglie che faccia schifo uguale, ma vabbè).
Vediamo un po', ci sono precisazioni da fare? *riflette* Ah sì, una mooooolto importante (non vi dico). Vi sarete forse chiesti chi sia Vagabondo, la seconda personalità di Rob che gli fa da controvoce ogni tanto. Bene, trattasi dell'omonimo personaggio del film Disney Lilly E Il Vagabondo, che attenzione, non è un caso. A parte che se lo (ri)vedete vi accorgerete che da come ne parlano gli altri cani un po' Rob lo è. Ma tralasciando questa scemenza, il film uscì nelle sale Americane nel giugno del 1955, e non so se vi siete fatti due calcoli (probabilmente no), ma questo Rob è classe 1949 (IL CASO! lol), vale a dire che Rob l'ha visto che aveva sei anni, che è più o meno l'età intorno alla quale i bambini si trovano il loro amichetto immaginario (che in teoria dovrebbe sparire con la crescita, ma qualcuno *cough cough* come si può notare ce l'ha ancora). Insomma, ho fatto un paio di conti basati sulla mia esperienza ed è uscita fuori 'sta cosa scema.
Devo dirvi altro? Sì. Questo è l'ultimo capitolo che posto qui. In generale, non mi vedrete più da queste parti. Troppo infantilismo, troppe bambine che pretendono di saper scrivere quando invece non sanno neanche mettere la punteggiatura (per non dire di peggio). Dato che per me non è un semplice hobby, è qualcosa di più serio, ho deciso di levare le tende. Vorrei dire che è stato un piacere, ma è una mezza stronzata, per cui mi limiterò a segnalarvi il mio lj per ogni aggiornamento.
See you there, if you want.

   
 
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