Note: Sono secoli che non scrivo SasuNaru-NaruSasu o come preferite. E questo già dovrebbe farsi scappare via, ma veloceveloce. Il fatto è che sto rileggendo il manga, è estate, il cervello non funziona tanto bene con il caldo e loro due mi mancano sempre. La perfezione che si può raggiungere con Sasuke e Naruto mi lascia sempre stupita, anche dopo tutto questo tempo. E magari io queste perfezione l'ho macchiata con questa cosa qui. Ma faccio l'azzardo e la pubblico. Ah, ultima cosa. L'ambientazione è un po'... vaga. Nel senso, non ci sono spoiler degli ultimi avvenimenti, solo accenni molto vaghi e inventati, soprattutto XD Prendetela per quello che è: una one shot what if...? tanto what if...?. Bene. Vi auguro buona lettura. E buona fortuna, soprattutto.
Kiss,
Alexiel.
Blind eyes in the sun
Le bende bianche intorno agli occhi sono pesanti quando le toglie.
Forse è il sangue che le impregna, quelle lacrime rosse che sgorgano
ancora dagli angoli degli occhi e scivolano lungo le guance quando
cerca di sforzarli, aprirli, oppure chiuderli con forza,
fino a farsi dolere le tempie, perché il buio dietro le palpebre è
diventato insopportabile. Ma può chiuderli anche fino a farli
rimanere incollati per sempre, quel buio non cambia. C'è solo
qualche lampo bianco, che preannuncia l'arrivo di una fitta dolorosa.
Sasuke trattiene il gemito, come è abituato a fare, e cerca di non
stringere troppo i pugni. In quel dolore non c'è niente che meriti
attenzione, azione e pensiero. Perché un'azione ne richiede
un'altra, e poi un'altra ancora, fino al punto in cui è difficile
riemergere da quel caos di ricordi. Se si ferma in tempo può
bloccare quella catena e sanguinare di meno. Deve solo seguire le sue
regole.
Le dita tremano appena, un istinto odioso le fa piegare, facendole
somigliare a cinque artigli, ma riprende il controllo e le lascia
rilassare sulla superficie liscia del tavolo.
Poi respira, perché quell'azione può ancora permettersela, e
aspetta che il dolore sparisca.
Prima che l'ultima fitta si dilegui, creando una scia grigia dietro
gli occhi, sente dei passi pesanti e affrettati davanti a lui. E'
cieco, ma sa orientarsi perfettamente – almeno così dice a chi
cerca di portarselo a passeggio nella sua stessa casa – e il suo
udito non lo tradisce neanche quando vorrebbe lo facesse. E quei
passi non tradirebbero neanche uno stupido.
Sente anche il suo respiro da lontano, o magari c'è così abituato
che gli sembra di sentirlo continuamente, e poi lo vede.
Lo sa che sta guardando lui e non le bende insanguinate sul tavolo,
che non arriccia le labbra di fronte a quel rituale quotidiano; sa
anche che non ha l'espressione triste e depressa di chi si arrende.
Ma questo poteva dirlo anche prima che perdesse la vista.
Non ci vuole un genio per intuire la personalità caparbia e testarda
di Naruto Uzumaki. Persino lui, a un certo punto, deve arrendersi a
quell'ovvietà. Solo che ci sono momenti in cui ricorda quanto fosse
semplice farlo anni prima.
Un altro scatto incontrollato delle dita e il silenzio della sua
mente macerata dai pensieri continui, fitti e affannosamente
ordinati. Deve pensare tanto e mantenere ordine se vuole anche
controllarsi. Il vuoto non è contemplato, perché è lì che giace
il suo istinto, il suo nemico.
“Ehilà, Sasuke, hai già mangiato?”
Naruto entra e gli si para davanti, sedendosi su un cuscino a gambe
incrociate. E' come si siede sempre, Sasuke non ha bisogno di
vederlo. Ha odore di ramen addosso, segno che la prima colazione è
già andata, e c'è anche qualcos'altro... Profumo di verde.
Deve aver fatto una corsa prima di andare a casa sua.
“No.” risponde. Non gli piace mangiare né prima né dopo quel
“rituale”, preferisce aspettare. E' quello che dice sempre, ma
Naruto glielo chiede comunque. Dopo aver ricevuto quella risposta, di
solito, tira fuori la sua colazione e comincia a mangiarla mentre gli
parla.
Sasuke non ci fa caso, non più, e la prende come un'azione normale,
quotidiana. Deve inserirla in quel flusso continuo e ordinato,
altrimenti è la fine. Eppure quel flusso, il più delle volte, si
mescola a qualcosa di diverso. Una sensazione del passato? Anche
prima era così? Al di là del buio c'è quella risposta.
Il buio è quello che riusciva a vedere anche a occhi aperti, è la
voce di Tsunade che gli ordina quella cura, è Sakura che lo afferra
prima che cada, è Naruto disteso accanto a lui mentre il rumore
della guerra diventa un ruggito fioco, è Konoha al suo ritorno e
l'odio tutto intorno. Il buio è il caos e lui impazzirà se non
riuscirà a controllarlo.
Mentre aspetta che Naruto cominci a mangiare e parlare, riprende a
sciogliere l'ultima benda. Alza le braccia e raggiunge il nodo con le
dita. Alcuni capelli si sono incastrati e...
“Faccio io.”
Naruto si è avvicinato velocemente, mettendosi in ginocchio dietro
di lui. Il vecchio istinto gli direbbe di sgranare gli occhi, ma non
può farlo, perciò stringe le mani praticamente senza rendersene
conto. Si odia per aver perso il controllo, tuttavia, mentre le loro
dita si sfiorano e Sasuke non sa se ritrarre le mani o rimanere così.
Naruto finge di non averlo notato, ma a Sasuke sembra che le sue mani
siano diventate più calde all'improvviso. Forse anche le sue lo
sono.
La presa di Naruto è troppo ampia e non afferra solo la garza
bianca, ma gran parte della mano destra di Sasuke. E' una macchia di
luce che si allarga a sproposito, senza dargli il tempo di scansarsi
per tornare nell'ombra. Si accorge troppo tardi di quel particolare,
perché il calore della luce si è già prepotentemente imposto. E'
una carezza sulla testa, sulle dita stanche di controllarsi, su quei
nodi che sembrano intrecciarsi nella noia e nel tedio.
Naruto ci ha provato a scioglierli tutti prima che fosse troppo
tardi, ha provato ad annodarli nel modo più giusto per tenerlo in
trappola. Anche se erano legati indissolubilmente già da prima,
senza aver bisogno di nastri, bende e nodi impossibili da sciogliere.
Per quanto voglia negarlo, Sasuke sa che è così, perché quelle
mani non possono mentire. E Naruto ha imparato ad accontentarsi di
quei tremiti involontari, senza chiedergli l'impossibile.
Dell'impossibile si occupa lui, come in quel momento. Gli ha preso le
mani, coprendole con le proprie, e l'ha stretto in un abbraccio di
carne e respiri, di buio e luce, mentre con i denti scioglie il nodo
già allentato dietro la testa. Gli tira un po' i capelli, ma non è
su quella sensazione che Sasuke si sta concentrando.
Le bende scivolano giù insieme al respiro caldo di Naruto sul suo
collo, alle sue labbra sulla spalla.
Non ci sono lacrime di sangue, adesso. Gli occhi di Sasuke restano
immobili, chiusi, e una luce che non ha niente a che fare con i lampi
bianchi di dolore spazza via il nero. Sembra l'arancione del sole,
solo più grande.
“Mangiamo?” la voce di Naruto non è bassa come dovrebbe essere
un sussurro – non pensa che sappia sussurrare – e lo
scuote in un modo che, normalmente, odierebbe e cercherebbe di
scacciare, perché gli fa vibrare i nervi.
Ma poi, nota, le sue mani sono già strette a pugno nella presa
ferrea di Naruto ed è troppo tardi per fermare quel processo. E'
troppo tardi per tornare indietro al grigio di sempre, chiazzato di
buio dietro le palpebre. L'intoppo ha fermato gli ingranaggi.
Perciò infrange le regole, Sasuke, e mormora un sì, un suono dimenticato che
riemerge come un ricordo prezioso. Può quasi
vederlo – vederlo davvero – il sorriso di Naruto marchiargli la
pelle della spalla.
Il peso delle bende non lo sente più, quello di Naruto, invece, lo
sta riempiendo.