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Autore: DarkPenn    17/03/2006    0 recensioni
Due one shot incentrate sul rapporto tra Shinji e Misato, scritte dalla parte "Penn" del nostro comune nick. - Quando si è lontani, in un posto straniero, vi è un solo luogo dove si voglia tornare... a casa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Misato Katsuragi, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sono tornato

“Sono tornato.”

“Sì sì, ben tornato.”

Era sempre la solita storia. Asuka non si sforzava mai di trattarlo meglio di quello che era: una seccatura. Dall’alto della sua perfezione, lei non considerava che anche altre persone trovassero faticosi i test di sincronizzazione.

Certo, anche per lei non erano una passeggiata, ma faceva di tutto per farli sembrare tali. Ed ora come al solito si rilassava davanti alla tv, facendo finta di non essere affaticata. Mentre lui invece, Stupi-Shinji, lui non mascherava la sua fatica, passando per il pappamolle di casa.

Come al solito, si chiuse in camera sua, estrasse dallo zaino di scuola il suo walkman e si mise ad ascoltare la traccia 25, la sua preferita. Asuka, indifferente, lo degnò appena di uno sguardo prima di concentrarsi sulla trama ingarbugliata della soap trasmessa in tv.

Se solo sua madre fosse stata lì con lui, non si sarebbe sentito così a terra. Ed invece se n’era andata. L’aveva lasciato solo. Una nullità.

Come da programma, quella sera Asuka uscì con la capoclasse, limitandosi ad un freddo saluto verso Shinji, che nemmeno se ne accorse. La casa rimase fredda e vuota. E silenziosa. Estranea.

Shinji si sentiva andare in pezzi, solo com’era in un luogo così grande e desolato ed estraneo. Si raggomitolò sul letto e alzò al massimo il volume della traccia 26, annebbiando la sua mente e la consapevolezza di essere solo.

Se solo sua madre fosse stata lì con lui, non avrebbe avuto bisogno di danneggiarsi i timpani, di artigliare le coperte, di soffocare il pianto. Se sua madre fosse stata lì quella casa sarebbe stata calda, accogliente, piena di vita. Sarebbe stata casa sua.

Non si accorse della porta che veniva aperta e della luce che veniva accesa, e nemmeno di Pen-Pen che usciva pigolando dal suo frigorifero a fare le feste alla sua padrona. Non si rese conto di nulla finché la luce accesa della sua stanza non lo abbagliò e non vide la figura di Misato sulla soglia.

“Ciao, Shinji. Stai bene?”

“Sì.”

“Se vuoi ti preparo qualcosa, così ti ricarichi.

“No, grazie, sto bene così.”

“Shinji…”

Qualcosa nel tono di voce di Misato lo costrinse a voltarsi e a spegnere il walkman. Lei era sempre lei, eppure sembrava diversa. Guardò la sveglia sul comodino. Erano le due di notte. Misato era appena rientrata dal lavoro. Doveva essere molto stanca.

“Vada pure a riposarsi, signorina Misato,” riprese il ragazzo, cercando di sorridere e mostrarsi sereno. “Non si preoccupi per me, sto bene.”

“Shinji, non sei capace di mentire.”

Il tono delle parole di Misato era il solito, ma alle orecchie di Shinji suonava immensamente comprensivo. Sentì delle calde lacrime salirgli agli occhi, e cercò di reprimerle. Invano.

Misato si avvicinò, esitante. Di solito Shinji non permetteva a nessuno di avvicinarlo quando era in quello stato, ma ora il ragazzo non fece nessun gesto per allontanarla. Rimase seduto, curvo, le spalle che sobbalzavano lievemente per i suoi singhiozzi, gli auricolari del walkman abbandonati sulle gambe.

La donna si fece coraggio e si sedette accanto a lui. Shinji sollevò gli occhi su di lei. Il velo di lacrime gliela mostrava confusa, circondata di luce. L’espressione sul suo volto era gentile e sorridente, ma i suoi occhi erano infinitamente tristi. D’improvviso, il ragazzo seppe chi gli ricordava, e la casa vuota e silenziosa parve rifiorire di vita. Era come se il suo cuore battesse per la prima volta.

Misato allungò esitante una mano verso le sue spalle, e lui si abbandonò completamente al suo abbraccio, stringendola a sua volta come se non volesse più lasciarla andare. Sorrise nel sentire il battito sommesso del suo cuore accanto all’orecchio e il freddo della sua croce sulla guancia. La donna esitò qualche istante, poi depositò una dolce carezza sulla testa del ragazzino, chinandosi ad abbracciarlo.

“Signorina Misato…” riprese lui dopo lunghi minuti.

“Sì…”

“Posso chiamarla mamma…?”

“…Sì. Sì, Shinji.”

Shinji sorrise, accoccolandosi nell’abbraccio di Misato, sollevando le gambe fino a raggomitolarsi accanto a lei. La donna, sorridendo a sua volta, gli depositò un lieve bacio sulla testa e lo strinse maggiormente a sé. Era come se, per la prima volta, avesse trovato qualcuno per cui valesse la pena di vivere.

  
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