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Autore: Douglas    10/07/2011    1 recensioni
Per gli appassionati di storie cavalleresche ecco un mix fra Tristano e Isotta e Merlin, dove un inedito Tristano darà del filo da torcere ad Artù
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lancillotto, Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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salve a tutti, ecco un nuovo capitolo un po' più emozionante dell'altro che era riflessivo.

Buona lettura e mi raccomando, recensite!!!

Capitolo 7 – La marionetta

 

Quando le dita esperte del musicista si appoggiarono sui tasti color madreperla del clavicembalo, gli ospiti si poterono alzare dai loro rispettivi posti a tavola e si disposero liberamente all’interno dell’enorme sala del trono per ascoltare estasiati le complicate melodie che si diffondevano lentamente.

Tristano, invece, che non toccava cibo da quella mattina, si avvicinò distrattamente ad una delle tavolate dove erano state disposte diverse leccornie che i popolani potevano solamente sognare.

Gustò lentamente un pezzo di pane fresco e del formaggio caprino.

Nessuno fino a quel momento, aveva avuto il coraggio di rivolgergli la parola, forse per paura di fare un grave torto al sovrano che, in quel momento, sembrava aver gran voglia di rimangiarsi il suo invito.

Eppure sentiva tanti sguardi posati su di lui, come spilli acuminati che pungevano la sua pelle per constatare se da quelle ferite potesse uscire del sangue blu.

Tristano, come di solito accadeva, le ignorava apertamente ma lanciava occhiate fulminee a Isotta che, dall’altra parte della sala, parlava allegramente con il principe Artù.

La vide dimenarsi e gesticolare con ampie bracciate e spesse volte la sua voce sembrava sovrastare la musica raffinata che si diffondeva nella sala.

Tristano la guardò stupito di quel comportamento così bizzarro; Isotta era sempre stata una ragazza molto garbata ed elegante e non avrebbe mai osato parlare con un principe in quel modo.

Anche Artù aveva notato quell’ esuberanza, ma faceva buon viso a cattivo gioco e le sorrideva cortesemente.

Lei sembrava non voler mollare la presa e seguiva il principe di qua e di là nella sala, non lasciandogli un attimo di respiro.

Il menestrello immerso nella sua contemplazione, interrogava ancora il suo cuore ma questo sembrava non rispondere ai suoi segnali.

Isotta stava parlando con un altro uomo, un principe per di più, e questo continuava a essere più preoccupato per lo sguardo interrogativo che il vecchio medico di corte e il suo assistente continuavano a rivolgergli.

- Tantris…Tantris vi sentite bene?- chiese una voce esterna ai suoi pensieri che lo fece tornare alla realtà. Il volto di Ginevra apparve improvvisamente.

- Certamente, Ginevra… volevo dire Guen.- disse il menestrello ricorreggendosi – volevo farti personalmente i complimenti perché sembra che gli altri invitati abbiano dimenticato cosa sia la cortesia- disse schiettamente la ragazza.

Tristano ne fu sorpreso.

- Voi non avete paura dell’ira di Uther? L’ho appena umiliato davanti ad una sala piena di nobili…- disse improvvisamente divertito da quella conversazione, stranamente a Camelot ogni persona sembrava diversa da come appariva. Ospiti inclusi.

- Uther mi ha già portato via la persona più cara che mi rimaneva… che altro può farmi?- disse con fare deciso lanciando un occhiata piena di rancore al sovrano.

- mi dispiace molto – esclamò pentito per la sua spavalderia ma si accorse che improvvisamente, la serva, aveva chinato il capo in un inchino.

- Non c’è ne bisogno Guen – esclamò una voce dolce e voltandosi si accorse dei due ragazzi e della fanciulla che avevano interrotto la loro conversazione.

Il principe, la cui voce era diventata improvvisamente troppo gentile, osservò Tristano con un aria di sfida.

- abbiamo interrotto qualcosa di importante?- domandò il futuro re con voce acida ma il suo sguardo lo tradiva… non smetteva di osservare Ginevra con occhi curiosi e interrogativi, come se aspettasse che chiarisse tutto.

- nulla di importante, mi stava semplicemente facendo i complimenti- esclamò Tristano tentando di riparare il danno.

- bene, è proprio per questo che sono venuto qui da voi – esclamò il principe distogliendo lo sguardo dalla ragazza – per farvi i complimenti.- ma la sua frase non proseguì oltre…

Quelle tre semplici parole erano già stato uno sforzo sovraumano per lui.

- si siete stato eccezionale, la vostra voce è così sublime e passionale e deliziosa…- esclamò Isotta con una voce che a Tristano parve quasi famelica.

- Invece a me è piaciuta più la parte finale, ma non riesco a capirne il motivo- esclamò Merlino ridendo sotto i baffi e beccandosi un’occhiataccia dal padrone.

Anche Tristano trattene a stento una risata.

 

Accadde tutto così velocemente che Tristano fece fatica, anche qualche ora dopo, nel suo letto caldo e non molto comodo, a ricordare.

Si era sentito solamente un grande frastuono di bicchieri andati in frantumi e piatti e vassoi che si scontravano violentemente contro il terreno duro della sala.

Tutti gli ospiti erano accorseri a osservare la donna distesa e ricoperta dalla lunga tovaglia bianca che aveva trascinato con se durante il suo svenimento.

Il medico di corte e Merlino si attivarono immediatamente e, mentre le guardie spostavano dalla donna tutto ciò che l’aveva colpita come il candelabro e alcuni piatti d’oro, la gente le si stringeva tutt’ intorno.

- Quella è la mia serva… avrà dimenticato di assumere la pozione che gli aveva consigliato il medico per prevenire i suoi malori- esclamò Isotta rivolgendosi ad Artù, Tristano e Ginevra, gli unici che non erano accorsi a soccorrere la damigella.

- Artù mi potete accompagnare fino alla carrozza a prendere la medicina. Per una fanciulla come me non è saggio uscire di notte da sola- esclamò rivolgendo uno sguardo implorante al biondo che non si fece scongiurare  e la seguì fuori di lì.

Tristano, incuriosito dalla velocità con cui Isotta sembrava aver riconosciuto la sua serva che, ancora avvolta nella tovaglia e distesa per terra circondata da mille persone, sembrava non voler rinvenire.

Decise così di seguire silenziosamente quella strana ragazza che ora più che mai si convinse non essere Isotta.

Non c’era un vero e proprio motivo per cui non si fidasse di lei, forse perché sembrava troppo affezionata ad Artù o forse soltanto perché aveva preso le sembianze della donna che più amava.

Lì seguì veloce cercando di farsi che i suoi passi non rimbombassero per il castello vuoto e silenzioso e, mantenendo una certa distanza dalle due sagome veloci, li pedinò fino ad arrivare alla famigerata carrozza.

Vide la fanciulla invitare Artù ad entrare lì dentro, forse perché quattro mani avrebbero trovato più velocemente quella strana pozione apposta di due e quando il principe chiuse dietro di sé la porta della grande carrozza fatta in legno, Tristano si posizionò dietro ad una grande colonna di marmo, in attesa.

Da quella posizione riuscì a scorgere lo stemma reale impresso sulla carrozza e attestò che quell’emblema, che rappresentava un giglio divorato da un aquila, non era lo stemma reale né di re Marco né dei principi d’Irlanda.

Il ragazzo attese diversi minuti con l’orecchio proteso per sentire ogni minimo rumore, ma i due sembravano ancora cercare il rimedio per gli attacchi di quella serva.

Dieci minuti dopo, il silenzio regnava ancora per quella piazzetta avvolta dalle tenebre ed esso era interrotto soltanto dal respiro affannato del giovane.

E dopo che l’orologio del campanile suonò le dieci rintocchi, si decise ad avvicinarsi e ad aprire lo sportellino.

La scena che gli si presentò davanti fu a dir poco raccapricciante, gli splendenti capelli biondi di Isotta e l’intero sedile della carrozza erano totalmente inondati da un liquido purpureo simile a sangue.

Le mani della ragazza erano strette intorno alle spalle di Artù mentre i denti acuminati erano posati nella carne rosea del giovane.

A fianco, un’ ampolla di vetro trasparente si riempiva di un liquido latteo che roteava vivacemente e tentava in vano di disporsi nella zona del tappo, come se stesse cercando di farlo scoppiare.

Tristano, grazie ai suoi riflessi pronti, estrasse la spada dal fodero per attaccare quell’immonda creatura ma quella mostrandogli i denti e una lunga lingua violacea lo costrinse ad allontanarsi.

Improvvisamente il liquido latteo nell’ampolla diventò splendente per qualche istante e poi ritornò a essere senza vita come ogni liquido che si rispetti.

Quel cambiamento non fu ignorato dalla creatura che sussurrò all’orecchio del giovane ragazzo svenuto delle parole strane e sibilanti.

L’unica parola che riuscì a capire fu UCCIDI…

Artù si alzò in piedi come una marionetta legata da fili invisibili e, brandendo anch’ esso la spada, cominciò a infierire colpi mortali sul povero Tristano.

Il ragazzo non poteva fare altro che schivare e parare poiché, se avrebbe attaccato, sarebbe stato il principe stesso a rimetterci e non la creatura che proteggeva.

Il combattimento proseguì per diversi minuti, poi, troppo esausto per continuare solamente a parare i suoi attacchi, rientrò nel castello e si mise a correre in cerca di aiuto… forse se fosse stato supportato da qualche guardia avrebbe potuto avrebbe potuto avere la meglio.

Con il fiato mozzato per quella corsa sfrenata, spalancò le porte della sala del trono e gridò a gran voce rivolgendosi al re – Il principe… il principe Artù è stato attaccato da un mostro- urlò attirando l’attenzione di ogni dama o cavaliere che si stringevano ancora attorno alla donna svenuta.

Forse anche lei era un’altra di quelle bestie selvagge.

- Dove? Quando?- domandò il re lasciando la ragazza alle cure di Gaius – poco fa… è stato attaccato dalla principessa Isotta- disse tentando di formulare un discorso convincente ma con scarsi risultati.

- Mi state forse prendendo in giro?- domandò il re avvicinandosi pericolosamente al menestrello e osservando i suoi occhi oscuri e fieri.

- Non lo farei mai in queste circostanze!- esclamò mentre la sua voce manteneva la sua serietà e sicurezza.

- Ecco la medicina!- esclamò improvvisamente la voce del principe Artù che entrò trafelato ma sano nella Sala scatenando brusii ovunque.

Tristano lo osservò stupito mentre sentiva l’ira del re accrescere.

- Fuori! Vattene prima che io ti condanni a morte!- sibilò con rabbia il re.

Tristano, anche se apparentemente in torto, raccolse la sua arpa e, inchinandosi appena, uscì dalla sala a testa alta.

  
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