Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene. Decisi
che per sarebbe diventata un'abitudine quella di alzarmi ogni giorno
qualche ora prima della sveglia per andare a leggere il diario. In
fin dei conti non avrei potuto fare altrimenti a meno che non volessi
leggere solo una volta alla settimana, così, cercando di
volta in
volta di ricordare la pagina cui ero giunto, sarei riuscito a
leggerlo in maniera abbastanza regolare. Lo
ammetto, non riesco a ricordare con grande lucidità
ciò che seguì,
tale era la mia confusione. Tra
le poche cose che ricordo c'è il fatto che lei
arrossì, mi disse
qualcosa e io mi sentii in paradiso. Aveva
accettato. Any
aveva accettato di stare con me. Tirai
quasi un sospiro di sollievo. Mi ero davvero affezionato a B, quasi
come se lo avessi conosciuto di persona. Nei
giorni successivi cominciai a passare sempre più tempo con
lei:
stavamo spesso da soli senza L, anche se cercavo di ricordarmi anche
di lui ma ero fin troppo preso da quella nuova storia che stavo
vivendo.
E
infatti non mi resi conto che L si rattristava sempre di più
e che
passava fin troppo tempo da solo e potei lo seppi solo tramite voci
degli altri ragazzini che parlavano di quello che oramai era quasi
una leggenda vivente per la sua genialità e che adesso era
solo e
triste. Che aveva? Era forse perché ora stavo di
più con A che con
lui? Ma che pretendeva? Era stato lui a spingermi a dichiararmi, no? Ne
discussi con Any, ma lei mi consigliò di provare a parlargli
perché
non potevamo essere sicuri che fosse quello il vero motivo del suo
comportamento. Giusto,
forse c'era dell'altro. Lo
andai a trovare, da solo. Era seduto nella sua assurda posizione con
un piattino dove aveva riposto una fetta di torta alla panna. Non mi
guardò nemmeno quando entrai, ma mi salutò con la
sua voce spenta.
“L, mi sembra che in questo periodo tu ti stia chiudendo di
nuovo,
sembri sempre più triste...” cominciai. Ero
imbarazzato, non si
poteva mai sapere come avrebbe potuto reagire quel ragazzino tanto
strano. “Ehm...
ecco, vorrei solo sapere se c'è qualcosa che posso fare per
te.”
feci una pausa aspettandomi una risposta qualsiasi da lui, ma stette
in silenzio. “L? Mi hai sentito?”. Ancora nessuna
risposta. “L!
Piantala di mangiare quella torta e ascoltami! Che diavolo ti
prende?” adesso ero davvero nervoso. L'avrei aggredito se non
avessi avuto il buonsenso di trattenermi. Il
ragazzino strabuzzò gli occhi e poi mi chiese: “Ne
vuoi anche tu
una fetta? Aiuta la concentrazione...”. Ero perplesso. Da
quando L
era così distaccato? Strano lo era sempre stato, certo, ma
non così
tanto. Era come assente dalla realtà, come se per lui
esistesse solo
quella fetta di torta. “Non
mi serve la torta. Ti sto chiedendo perché diavolo ti
comporti così!
Se è per il fatto che adesso passo più tempo con
Any che con te...”
“Non si tratta di quello. Anzi, sono contento per
te.”. E allora
perché faceva così? Capivo sempre meno e avevo le
idee sempre più
confuse. “Allora
perché...” “Oramai la decisione
è stata presa, non posso
nemmeno dire di essere stato io a farlo. Non so bene cosa abbia
programmato Watari per il mio futuro, ma so che da domani non
sarò
più in questo paese.”. Cosa? L
stava per partire? “Cosa?”
chiesi debolmente. “Mi spiace, Beyond. Credo che non potremo
più
incontrarci. Da ora in poi nessuno potrà vedermi.
Sarò nascosto da
un computer, è per la mia sicurezza.”. Nascosto?
Possibile una cosa simile? “Però
non è il momento di rattristarsi. Vorrei che tu ignorassi
ciò che
ti ho appena detto, rimandiamo gli addii a domani mattina.”
aggiunse
guardando malinconico fuori dalla finestra. Era
ovvio che non era contento di lasciare la casa. Forse aveva
addirittura paura del mondo esterno, ma una persona col suo genio non
poteva vivere come tutte le altre. Da quel ragazzino malinconico
sarebbe dovuto nascere il più grande detective di tutti i
tempi, i
suoi sentimenti contavano ben poco rispetto ai suoi doveri. Finalmente
avevo capito cosa non andava e adesso non potevo biasimarlo. Cosa
avrei fatto io al posto suo? Di certo mi sarei comportato in maniera
simile, chi sarebbe riuscito a fingere talmente bene di essere felice
da agire come al solito? Non io e nemmeno L. Gli
tenetti compagnia per tutto il resto della serata e, pur di
sollevargli il morale, accettai di cenare con lui, ma fu la cena
più
strana mai fatta: in pratica era tutto costituito da dolci, nemmeno
un granello di sale. All'inizio
ero sul punto di tirarmi indietro, dato che non mi sono mai piaciuto
le cose troppo zuccherose, ma non potei fare a meno di notare che i
dolci erano una delle pochissime cose davvero capaci di far sorridere
L. Se
ne stava lì, dietro quella torta gigantesca con
un'espressione che
solo chi lo conosceva veramente bene poteva interpretare come un
sorriso. E condividere tutte quelle cose non poteva che farlo stare
meglio. In
fretta si riprese, riuscii a fargli dimenticare del futuro imminente
per farlo concentrare sul presente, così chiacchierammo come
al
solito, passammo una serata come le altre. Fui
decisamente soddisfatto del risultato. Quando
si fece più tardi, mi congedai, ma non mi diressi
immediatamente
verso la mia stanza cominciando a camminare verso quella di Any. La
raggiunsi e bussai alla porta. Lei
era alquanto sorpresa della mia visita. “Beyond? Che ci fai
qui?
Non dovresti andare a letto?”. Senza dare troppe spiegazioni
le
dissi che le dovevo parlarle. Una
volta nella stanza mi sedetti sulla sedia vicino alla scrivania e
cominciai: “Ho scoperto cos'ha L. Avevi ragione tu, non
c'entrava
niente il fatto che noi due ci vediamo più spesso da soli
che con
lui.” “E allora che diavolo ha?”
“Credo che potremmo non
rivederlo più.”. Any
era confusa, così con calma le spiegai la situazione. Lei
protestò:
diceva che era ancora troppo giovane per mettersi seriamente a
lavorare e girovagare. Una
cosa meravigliosa delle donne è che si lasciano prendere
dalla
situazione, non riescono a far finta di nulla e così anche
Any si
era lasciata infervorare protestando senza preoccuparsi nemmeno di
abbassare la voce. In
fin dei conti anche lei voleva bene ad L. Che
strano. L ci era sempre stato presentato come una persona senza
amici, solitaria, e invece pareva proprio che almeno durante
l'infanzia ne avesse avuti ben due. Non solo stavo scoprendo cosa
passava per la testa di B, ma stavo anche capendo molte cose del mio
idolo. Peccato
che Mello non potesse leggerle. Il
giorno seguente sia io che Any ci svegliammo molto presto per andare
a salutare, forse per l'ultima volta, quello che era destinato a
diventare il più grande detective di tutti i tempi. Watari
era con lui. Lo esortava con lo sguardo a non lasciarsi prendere dai
sentimentalismi e ad andare. L si sentiva intimorito sotto la sua
autorità e lo dimostrava tramite le occhiate fugaci che
rivolgeva
ogni tanto all'uomo. Per
la prima volta in vita mia lo abbracciai. Addio,
L. Lo
vidi partire e seguii quell'auto nera con lo sguardo finché
non
sparì dietro la curva in fondo alla strada. Nei
giorni successivi non cambiò molto della mia vita,
semplicemente mi
sentivo più triste e gli altri miei compagni non capivano
nulla
chiacchierando di quell'asociale che era partito, uno di quelli
insopportabili perché freddo e irraggiungibile, ma che
comunque era
il migliore. Presto
però il mio piccolo lutto terminò e ricominciai a
comportarmi come
al solito, tenendo con me solo i ricordi più belli, ma sia
la mia
situazione che quella di Any cambiò dopo poco grazie ad una
lettera. Una
mattina illuminata dal tiepido tepore delle giornate d'estate trovai
sia lei che Roger alla mia porta. L'anziano teneva tra le mani un
foglio di carta, probabilmente speditogli da Watari, e ci disse che
noi due, in quanto successori di L, da quel giorno in poi avremmo
dovuto essere esattamente come lui. Inizialmente
non capii, ma Any mi spiegò che intendevano dovevamo
assolutamente
essere come lui. Avremmo dovuto raggiungere i suoi stessi risultati,
impegnarci per essere esattamente come lui. Protestai,
dissi che era assurdo perché se L era stato scelto era
perché era
migliore, ma l'anziano disse che era stato stabilito così e
non ci
poteva fare nulla. La
sera mi diressi nella stanza dove potevo prendermi da mangiare, ma
fui fermato da una voce nella mia testa. Stavo per prendere una bella
e grande coscia di pollo arrosto, ma quasi come per beffa mi ricordai
di quando L disse che mangiare dolci favoriva la concentrazione. Mi
spostai giusto per dare un'occhiata a un tavolo dove erano serviti
solo ed unicamente dolci. L
mangiava solo dolci. Ciò significava che anche io avrei
dovuto fare
lo stesso? Ma i dolci non mi piacevano, come avrei potuto fare sempre
uno sforzo simile? Mi
avvicinai con molta riluttanza a quel tavolo e passai in rassegna
tutte le cose servite. C'era davvero di tutto: torte ai gusti
più
svariati, i pasticcini più ricercati, anche delle cose un
po' più
semplici di quelle che si fanno in casa, poi c'erano anche bevande
dolci, salse dolci e persino della marmellata. Presi
quest'ultima, dato che non c'era nient'altro che mi piaceva: le cose
troppo zuccherose mi davano solo fastidio. Così
quel giorno iniziò l'alimentazione più
squilibrata che potessi mai
avere: a base di un solo elemento che mi obbligavano a prendere e
tutto per assomigliare a qualcuno. Si
dice “genio e sregolatezza” quindi forse la
genialità di L
risiedeva proprio nelle sue stranezze. Dannazione, se quel ragazzo
fosse stato più normale non avrei dovuto fare una cosa
simile e
forse è proprio per via di questo pensiero che cominciai a
provare
una certa avversione verso le sue stranezze, che avrei acquisito pian
piano. Avrei
dovuto uccidere me stesso per diventare un altro L. Un
altro L che però sarebbe stato sempre e solo una copia fino
al
giorno della morte del primo. E
mi scoprii a fare ragionamenti così cruenti persino su un
amico cui
avevo dato l'affetto che nessun altro aveva avuto il coraggio di
offrirgli eccetto Watari. Mi
spaventai di me e proprio per questo sentii il bisogno di reprimere
questo mio aspetto della personalità: quello vendicativo,
quello
iroso, cercando di nasconderlo in un angolino buio della mia mente,
chiudendolo da qualche parte per non trovarlo mai più. Però
forse è stata la cosa più sbagliata che abbia mai
fatto, mio caro
lettore, perché in fin dei conti nascondere sé
stessi non può che
portare guai. Non
si può cercare di annientare ciò che si
è troppo a lungo, e se lo
si fa si può star certi che ben presto questo si
ribellerà e le
conseguenze saranno irrimediabili per tutti, sia chi si
troverà sul
tuo cammino, sia te stesso. ____________________________________ Authoress'
words Sì,
lo so, tecnicamente è già lunedì, ma
non si sa come sono finita di nuovo in quel paesino di montagna
chiamato Alfedena... Comunque già è tanto che
aggiorno ora piuttosto che domani. u.u E
così mentre sto qui ad ascoltare With or Without You degli
U2 vi posso solo regalare qualche perla di immaturità e
augurarvi buonanotte!