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Autore: sasasame    11/07/2011    0 recensioni
Ecco la mia seconda storia. Per chi ha letto l'altra, non si aspetti di trovare una cosa simile :) Forse questa è esageratamente descrittiva, è nata di getto. I primi capitoli possono risultare noiosi, ma poi la storia "aumenta" un po' di intensità, quindi vi chiedo di avere un po' di pazienza e aspettare ;)Diciamo che la storia in sé è un percoso di autodistruzione, di amore tra due ragazzi, con un velo di fantasy. Buona lettura, s.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finalmente, dopo tantissimo tempo, torno a pubblicare! Non ho più avuto tempo per scrivere qualcosa di decende! Spero che chi seguiva la storia in passato, abbia ancora voglia di farlo con questo nuovo capitolo, che ha stranamente virato verso il realismo magico. In questo periodo mi sento di scrivere in questo modo quindi spero che il cambiamento non sia troppo evidente :) spero vi possa piacere! Buona lettura :) ditemi pure se ci sono errori, cose incomprensibili o simili ;)


 

Capitolo 5

Arrivato a casa, trovò sua zia sul divano a leggere. Era molto tardi. Salutò Näelia che non gli chiede niente della festa. Non avrebbe comunque detto molto. Salì taciturno le scale per andare in camera e si distese sul letto, pensieroso. Non aveva voglia di svestirsi così rimase lì, aspettando il sonno. Sentì uno strano formicolio propagarsi sul petto e un altrettanto strano calore diffondersi. Si faceva più intenso, quasi scottava. Non capiva quale fosse l’origine, poi il suo sguardo si posò da un alone che stava prendendo forma sopra il suo petto e sembrava essere la fonte di quel calore. La sagoma era più nera del buio che circondava la camera e sembrava un buco nell’oscurità. Avrebbe voluto toccarlo ma non ci riuscì.

La mattina dopo si svegliò, più assonnato del solito. La luce del sole rischiarava la camera e portava un tepore accogliente. Sentì un rumore provenire dalla porta che precedette l’entrata della zia. “Non sapevo se non svegliarti quindi ti ho svegliato perché è tardi, credo”. Si guardò intorno, per poi uscire dalla camera. Lentamente Rehuä si alzò, prese dei vestiti puliti e andò in bagno. Lentamente prese coscienza dei fatti avvenuti la sera precedente: le caldi labbra di Nohra sulle sue e poi quelle di Tuomas, ancora inviolate da lui. Le desiderava sempre di più e solo ora se ne accorse. Amava quel ragazzo, anche se non ne sapeva il motivo e la causa scatenante. Aveva qualcosa di particolare che destava in lui quel malato desiderio di possedere le sue labbra e il suo corpo. Avrebbe fatto di tutto per averlo. Quel primo assaggio della notte precedente aveva aumentato la sua voglia di lui. Doveva averlo in tutto, due labbra calde non gli bastavano. L’incontro con la ragazza era ormai passato in secondo piano. Voleva solo lui. Quella consapevolezza lo rianimò e gli fece acquisire un nuovo vigore. Quando scese in cucina per mangiare, la zia lo accolse stupita, come se fosse consapevole di quello che pensava. Esitò sulla collana che Rehuä indossava, poi si sfregò le mani, servendo il pranzo. Rehuä mangiò con gusto, poi tornò di nuovo nella sua stanza e accese il cellulare. Si stupì di aver ricevuto tanti messaggi e quando venne a conoscenza del destinatario rimase dapprima un po’ impietrito, per poi sorridere beffardo. Era Tuomas che chiedeva scusa in mille modi diversi. Non poté che sorridere e chiamarlo. “Ti prego! Non volevo farti passare una brutta nottata”, disse l’altro subito, senza salutare. Rehuä si scopriva non essere arrabbiato con lui così rispose semplicemente che l’aveva perdonato e al momento era confuso. Gli propose di uscire un’altra volta, quella stesa sera, e lui accettò di buon grado.

Questa volta si trovarono da soli, Tuomas dannatamente bello e raggiante. Si salutarono con un abbraccio amichevole, un po’ imbarazzati, e poi si incamminarono in cerca di un locale. Ne trovarono uno in un posto tranquillo, dove non c’era molta gente. Ordinarono da bere, tutto procedeva tranquillamente tra una chiacchiera e l’altra, tra un drink e l’altro. Uscirono un po’ barcollanti, soprattutto Rehuä, tenendosi a braccetto. Di colpo la testa di Rehuä fece un giro su se stessa e lui cadde bocconi, vomitando. Tuomas lo aiutò a rialzarsi e gli disse che sarebbe stato meglio se fosse rimasto a dormire da lui, in quanto il suo appartamento era il più vicino da raggiungere. Senza troppe storie, accettò.

L’appartamento di Tuomas era più vicino del previsto e, se non avesse avuto tutto quell’alcol in corpo, avrebbe pensato che forse il locale non era stato scelto a caso. Presero l’ascensore e salirono fino all’ultimo piano. Era tutto ben curato, così come l’ingresso dell’appartamento. Due grandi finestre permettevano di godere di una vista ampia sulla città illuminata. Rehuä venne portato in bagno e si sciacquò un po’ il viso e la bocca. La testa gli girava ancora, ma non stava poi così male. Tuomas lo abbracciò da dietro e lo strinse a sé, dandogli un bacio sul collo. “Non volevo farti star male, di nuovo, scusami” gli sussurrò. Ancora scuse. La testa gli girò più velocemente, non a causa dell’alcol, chiuse gli occhi, piegando il capo verso l’altro ragazzo. Le loro labbra si toccarono, ma la posizione era scomoda per entrambi. Tuomas allentò la presa sul corpo di Rehuä e lui si girò tra le sue braccia: ora erano l’uno di fronte all’altro e potevano continuare da dove si erano lasciati un attimo prima. La mente precedentemente confusa dall’alcol di Rehuä ritornò in sé, per poter accogliere meglio le sensazioni scaturite dal bacio. Finalmente le loro labbra si schiusero e un lieve sospiro precedette il lungo bacio che sembrò durare un’eternità. Le loro lingue, all’inizio timide, diventarono sempre più ingorde, si sfidavano per decidere chi fosse la più veloce delle due. Rehuä voleva di più, sebbene quello fosse già piacere puro. Riuscirono a staccarsi, controvoglia, ma rimasero comunque abbracciati, stringendosi forte, affaticati. Tuomas lo prese per mano per accompagnarlo in camera. Si separarono solo per mettersi sotto le coperte, dove rimasero stretti per tutta la notte. Per la seconda volta, Rehuä sentì uno strano calore diffondersi. Successe tutto come la notte precedente, questa volta però non era solo. Si strinse a Tuomas, il suo respiro tranquillo lo fece rilassare. Gli accarezzò il petto perfetto ancora coperto dalla maglietta. Voleva avere un contatto diretto con la sua pelle, così entrò con le mani nella maglietta. Emise un sospiro di piacere per quel contatto e diede un leggero bacio all’amico che dormiva, immobile. Dio, quanto gli piaceva! Quanto provava per quella persona che conosceva da così poco tempo. Avrebbe voluto possederlo per sempre, non poteva (e tanto meno voleva) rinunciare a lui, nonostante conoscesse ben poco di lui, della sua vita. E se si fosse rivelato un fallimento? E se fossero risultati incompatibili? Non c’era spazio per quei “se”. Ora voleva averlo. Quello che sarebbe potuto succedere dopo non era affar suo, non gli importava. Rehuä sorrise e nel sonno lo fece anche Tuomas. Forse stava sognando di poter stare con Rehuä per il resto della sua vita.

Quella mattina si svegliarono ancora abbracciati. Tuomas era già sveglio e guardava l’altro teneramente. “Ben svegliato” e si scambiarono un bacio, lentamente, ancora intorpiditi dal sonno. Non volevano staccarsi l’uno dall’altro, stavano perfettamente bene insieme e in quella posizione. Con estrema fatica si alzarono e Tuomas andò a preparare la colazione, mentre Rehuä si lavava. Mangiarono senza parlare, i loro sguardi dicevano tanto, forse troppo.

Rehuä si dimenticò di avere una zia che probabilmente lo aspettava ansiosa a casa. Lui e Tuomas si scambiarono un altro lungo e intenso bacio, poi insieme tornarono a casa di Rehuä. Si salutarono davanti alla porta con uno sguardo colmo di passione. Rehuä osservava la figura dell’altro allontanarsi e via via svanire nell’aria mattutina. Rimase a guardare vero l’altro anche quando ormai non si vedeva più, successivamente decise di entrare in casa. Sua zia era sveglia e lo accolse sorridente. Rehuä si aspettava una lunga predica, che però non arrivò. Arrivò invece un tenero abbraccio dalla zia che gli chiese se aveva già mangiato. Annuì e andò in camera sua. sembrava passata un’eternità dall’ultima volta che ci era entrato, ma già gli mancava il letto caldo di Tuomas. Si accorse di aver ricevuto un messaggio: era lui. Lo ringraziava per la serata e la nottata stupende, sottolineando il fatto che già gli mancava. Rehuä sorrise, più contento di prima. Poi sentì il campanello suonare, corse giù, ma sua zia aveva già aperto. Stava parlando proprio con Tuomas, che stringeva in mano la maglietta di Rehuä che aveva dimenticato da lui. Si accorse solo ora di indossare una felpa dell’altro. La zia accolse l’ospite sorridendo e gli propose di fermarsi per un po’. Rehuä non sperava in una risposta affermativa, ma Vee invece accettò, ben contento di rivedere quello che ormai si può definire essere diventato il suo amore numero uno. Näelia preparò una colazione semplice per i due, la servì a tavola e poi disse che doveva andare a lavoro, lasciando così i due ragazzi soli con il gatto che osservava il nuovo arrivato di sbieco. Mangiarono la seconda volta, sempre con molta calma. Fecero un giro veloce per la casa, poi mano nella mano salirono le scale; entrarono in camera di Rehuä e si distesero sul letto. Iniziò tutto con un bacio dal quale nacque la passione che li fece sentire un tutt’uno. I loro corpi combaciavano perfetti, un’unione naturale. Fremevano insieme sotto l’impeto della passione, avvolti da quel fuoco che li privò poi di ogni energia. Esausti ma soddisfatti, si riaddormentarono abbracciati, questa volta ancora più vicini.

Si risvegliarono dopo poche ore con estrema tranquillità e gioia. Purtroppo Tuomas se ne doveva andare e, a fatica ci riuscì. Fortunatamente si sarebbero visti la sera stessa, questa era l’ultima cosa che si dissero prima di salutarsi con un altro bacio colmo d’amore.

Quella sera si trovarono anche con gli amici di Tuomas, mancava però Nohra, che si era data per malata. Per tutta la serata i loro sguardi si incrociavano e non potevano nascondere i sentimenti che diventavano palesi ormai in ogni loro atteggiamento. Fu una serata rilassante, senza intoppi. Con loro grande rammarico non trovarono l’occasione per scambiarsi un altro bacio, riuscirono solo a sfiorarsi le mani sotto al tavolo del locale. Una volta a casa, Rehuä si sdraiò sul letto, il cuore colmo di una gioia immensa. Non riusciva a non pensare agli occhi di Tuomas, ai suoi capelli, alla sua pelle, al suo profumo, ai suoi respiri, al suo orgasmo, ai suoi baci. Avrebbe voluto stringerlo a sé, sul suo letto, di nuovo. Non aveva mai provato una felicità così luminosa e potete. Continuava a pensare a lui, quando, per la terza volta, riemerse dal suo petto quella sagoma nera più buia del buio della camera, tanto da apparire un buco nelle tenebre. Non ne era più di tanto spaventato e non ci aveva riflettuto sopra finora. Non aveva trovato spazio per quel fenomeno insolito, era accecato dall’amore per l’altro. Tese la mano verso quella forma e poté toccarla, era densa e viscosa, le mani venivano avvolte da quella specie di fumo. Non era né fredda, né calda, non trasmetteva nessuna sensazione. Poteva plasmarla a suo piacimento. La portò vicino al suo viso, per analizzarla meglio, spinto più che altro da un’insana curiosità. Poi la forma si allargò di fronte ai suoi occhi, sembrò scoppiare e così invase tutta la stanza. Penetrò nella carne del ragazzo che per un breve lasso di tempo smise di respirare. L’aria che successivamente respirò sapeva di marcio, un odore mai percepito prima dal ragazzo. Sembrava che ci fosse qualcosa in decomposizione. Si rese conto di trovarsi in piedi su un terreno duro, grigio e a tratti nero che non permetteva lo sviluppo di un qualsiasi essere vivente. Non c’erano nemmeno arbusti, cespugli o alberi rinsecchiti, solo quella landa desolata che si apriva di fronte a lui. La luce non era propriamente luce, era fredda e non aveva una fonte. Iniziò ad avere paura e molto freddo, l’aria che respirava usciva condensata in vapore. Vide poi qualcosa di più luminoso, bianchiccio: sembrava riflettere la poca luce. Vi si avvicinò e quella cosa si moltiplicò, diventando una serie di oggetti indistinguibili. Mentre si avvicinava queste cose presero dei lineamenti precisi: Rehuä si portò una mano davanti alla bocca mentre osservava una fossa di corpi diafani in decomposizione. I volti delle persone erano inespressivi, ad alcuni mancavano pezzi di pelle e si potevano intravedere il cranio e le altre ossa. Numerose larve scavavano i corpi putridi. Poi una luce si espanse alla sue spalle, si voltò verso di essa, fuggendo da quella macabra visione e ritrovandosi poi disteso sul pavimento della sua camera con il respiro affannato.

  
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