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Autore: Apple90    11/07/2011    4 recensioni
"Avada Kedavra!"
Un fiotto di luce verde scaturì dalla bacchetta di Draco, con una simile potenza da generare un immenso bagliore accecante. Il sottile ramoscello di legno che stringeva fra le dita iniziò a vibrare finché l’incantesimo non ebbe terminato il suo effetto.
Poco distante, il corpo minuto di Lisan Rowles ricadde a terra inerme come una bambola di pezza.
Hermione era salva.
"Scappa"
Fu l’unica cosa che Draco riuscì a pensare prima di accorgersi che era finita.
La cerchia di mantelli neri che lo circondava si fece più stretta, le bacchette sguainate e gli occhi iniettati di sangue.
Le sue labbra si mossero senza emettere alcun suono. Il cuore gli parve aver cessato di battere. Socchiuse gli occhi in attesa che la sua vita giungesse al termine.
Hermione era salva. Non sarebbe morto in vano.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 3_l'Ultimo Malfoy
Ciao a tutti, posto subito un altro capitolo e ringrazio di cuore LadyNick per il commento (unico, sigh!) del capitolo precedente. 
Un saluto a tutti i lettori, sperando ce ne siano e possano apprezzare la storia. =) 
       
Capitolo 3
L’ultimo Malfoy
 
“Sii come il mare, che infrangendosi contro gli scogli trova sempre la forza per riprovarci”
(Jim Morrison)
 
 
Il sonno di Hermione fu interrotto dal beccare frenetico di un gufo contro i vetri della camera da letto. Frastornata, andò ad aprire la finestra e lo osservò svolazzare per la stanza ed atterrare malamente sulla scrivania. Era Anacleto, gufo reale dell’Ufficio Auror, che solitamente le spedivano per avvertirla di qualche straordinario inatteso.
Slegò la lettera dalla zampetta del gufo. La lesse velocemente mentre accarezzava la testa dell’animale, che emise un suono stridulo di apprezzamento.
Brividi lungo la schiena. Hermione rilesse un’altra volta la lettera per accertarsi di non aver sbagliato qualche passaggio. I suoi occhi castani si dilatarono, lo stomaco si contrasse in una morsa.
<< Dove stai andando?>> borbottò Ron, dieci minuti più tardi, mentre la osservava sfrecciare attraverso il soggiorno insieme al vecchio gufo.
Hermione corse ad infilarsi il cappotto. Agguantò la borsa dal lavoro che aveva lasciato poco prima nell’ingresso. << Mi aspettano ad Azkaban.>> disse in un mormorio. << Lucius Malfoy è morto.>>
 
*°*°*°*
 
L’autobus si fermò e le portiere si aprirono con uno sbuffo.
Dopo quasi tre ore di viaggio ed un treno perso, Lisan era riuscita a raggiungere San Giminiano. Bastò un primo sguardo agli antichi edifici che costeggiavano la via per innamorarsene. Capì il motivo per cui definivano l’Italia come il Bel Paese: in ogni angolo sbucavano meraviglie che in nessun altro luogo avrebbe mai potuto vedere.
Strinse a sé la borsa consunta nella quale erano radunati i suoi pochi averi e s’incamminò verso il centro. Il sole era ormai alto e le nubi temporalesche si erano allontanate, lasciando dietro di loro un cielo straordinariamente limpido ed azzurro.
Faceva caldo. Lisan si sfilò la felpa e la legò alla propria vita, cercando con lo sguardo un cartello che potesse indicarle una meta.
Le venne in mente il giorno in cui suo padre l’aveva portata allo zoo di Denver, in Colorado, dove aveva vissuto fino all’età di dieci anni. Era stato uno dei rari momenti felici prima del divorzio.
A undici anni era andata a stare a San Diego con la madre e con il suo nuovo compagno, un certo Bill, camionista con problemi di alcool e con la fissa per le corse automobilistiche. La comoda villetta di Denver era stata rimpiazzata da una specie di roulotte in periferia.
Bill, quando era sobrio e non lavorava, le aveva insegnato a guidare la sua Mustang del ’77 e a sparare alle bottiglie di birra nel cortile del retro. Quando alzava il gomito, invece, era solito rincasare alle prime ore del mattino e picchiare la madre e Lisan finché le forze non lo abbandonavano, per poi lasciarsi cadere mezzo morto sul divano.
Era successo tutto una notte di agosto. Lisan aveva scoperto di essere una ragazza speciale.
Bill aveva agguantato sua madre per un braccio e l’aveva sbattuta con violenza contro una parete della roulotte. Lei aveva picchiato la testa ed era caduta a terra. Prima che Bill si chinasse su di lei, urlandole ogni sorta di insulti, la rabbia di Lisan era sfociata in qualcosa di ben più potente. E Malvagio.
Aveva desiderato con tutta se stessa che quel bastardo provasse dolore. Un dolore cieco, intenso, come se mille lame gli trafiggessero ogni porzione di pelle del suo corpo flaccido.
All’improvviso Bill aveva urlato. Era barcollato indietro ed aveva iniziato a dimenarsi come in preda a convulsioni. Poi era scivolato a terra ed aveva iniziato a perdere schiuma bianca dalla bocca.
Lo sceriffo della Polizia locale, qualche ora più tardi, aveva attribuito la morte di Bill ad un malore causato dall’abuso di alcool.
Lisan e la madre, in stato di shock, erano state accompagnate alla stazione di polizia di San Diego ed erano state offerte loro una coperta ed una tazza di caffè caldo.
Sei mesi dopo si erano trasferite a Long Beach. Lisan aveva iniziato il liceo sperando di potersi cacciare il passato alle spalle, sua madre aveva trovato lavoro come donna delle pulizie in una grossa industria di calzature.
Eppure quella pseudo normalità era durata ben poco. Dalla morte di Bill i suoi strani poteri non l’avevano più abbandonata.  
La sorte di quell’idiota alcolizzato toccò anche al bulletto Steven Gordon e alla sua fidanzata cheerleader Chintya, pochi giorni dopo aver deriso i vestiti di seconda mano di Lisan davanti a tutta la classe.
I due ragazzi erano stati ritrovati in fin di vita nello spogliatoio della palestra del liceo, in chiaro stato confusionale. Non si erano mai ripresi del tutto dall’accaduto. La  cheerleader, appena uscita dall’ospedale, aveva incolpato Lisan dell’aggressione, definendola senza mezze parole come una “strega”. Nessuno ovviamente le aveva creduto, ma tutti quanti avevano iniziato ad osservare Lisan con un velo di diffidenza.
Gli incidenti, a suo malgrado, non cessarono.
Andarsene di casa era stata una delle decisioni più difficili della sua vita. Ed ora, a diciassette anni suonati, senza un lavoro né un tetto sopra la testa, Lisan si trovava sola a fronteggiare chissà quale destino. In cuor suo sperava di incontrare qualcuno come lei, che fosse in grado di rispondere alle sue domande, e colmare i vuoti provocati da quegli incidenti.
Chi avrebbe potuto aiutarla?
Ipotizzando che quel qualcuno esistesse, dove avrebbe dovuto cercarlo?
 
°*°*°*°
 
I piedi di Hermione atterrarono sulla fredda pietra dell’atrio principale della prigione di Azkaban. La sua ultima visita risaliva ai tempi del processo contro i Mangiamorte, eppure nessun elemento di quell’inferno sembrava essere mutato.
Il Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt aveva ordinato che i Dissennatori abbandonassero il ruolo di guardie carcerarie. Al loro posto, una fidata e ristretta cerchia di Auror ben addestrati controllava le prigioni giorno e notte. Al Ministero quei poveretti erano stati soprannominati “I Temerari”, secondo Hermione nessun nome rispecchiava meglio la loro professione.
L’atrio principale di Azkaban era un ambiente enorme, umido e poco illuminato che pareva essere stato scavato nella pietra viva. Era circondato da due file di colonne in pietra che s’innalzavano fino al soffitto a cupola. Su ognuna di esse era stato scolpito il busto di un Auror che reggeva fieramente una torcia fiammeggiante. La maggior parte dei loro volti richiamava alla sua memoria le coraggiose anime cadute nella Guerra contro Voldemort.
Al centro dell’atrio era radunata una discreta folla di persone.
A notare per primo il suo arrivo fu Elphias Doge, vecchio membro dell’Ordine della Fenice e consigliere onorario del Winzegamot. L’anziano dalla corta chioma argentea avanzò di qualche passo verso Hermione, abbozzando ad un sorriso cortese.
<< La tua presenza mi rassicura, Granger.>> proferì con voce affannosa, stringendole forte una mano fra le sue, lunghe ed avvizzite. Indossava un discutibile cappello color verde bottiglia ed una tunica scura. In altre circostanze Hermione l’avrebbe scambiata per una tenuta da notte.
<< Dawlish e Savage saranno qui a momenti.>> disse Hermione, risoluta.
Seguì l’anziano e si unirono al gruppo di tuniche del Ministero.
Tra essi svettava per altezza la figura di un giovane dai capelli lunghi color paglia raccolti da un nastro di seta. Stava dialogando animatamente con il vecchio Percy Trewlis del Quartier Generale degli Obliviatori.
Hermione si schiarì la voce per far notare la sua presenza.
<<… perché sta succedendo tutto oggi?>> stava borbottando il giovane. Il suo aspetto sembrava uscito da un libro di cavalleria medioevale. << Chiama Rudolf McShave, il mio assistente. L’ho inviato a Londra in mie veci per avvisare il Ministro di quanto accaduto stanotte. Dovremo organizzare presto una conferenza stampa o quegli avvoltoi inizieranno a screditare il Ministero.>>
Si volse infine verso Hermione. Alle sue spalle Trewlis prese appunti su un taccuino, si sistemò gli occhiali di corno sul naso, poi s’avviò di gran carriera verso i cancelli d’ingresso dell’atrio e sparì nel nulla con un piccolo pop.
<< Comandante Granger.>> esordì il giovane. La sua stretta di mano era ferrea. << Non ho ancora avuto l’occasione di incontrarvi. Mi chiamo Benjamin Fenwick, sono il nuovo Direttore di Azkaban. Ho sentito parecchio parlare di voi.>>
Fenwick. Aveva letto la storia di suo padre, da cui aveva ereditato il nome. Ben Fenwick era stato uno dei membri di spicco del primo Ordine della Fenice, morto orribilmente per mano dei Mangiamorte.
<< In fondo.>> proseguì Fenwick, con tono cerimonioso. << Non è certo facile prendere le veci del ragazzo sopravvissuto.>>
<< Non lo è per nessuno.>> tagliò corto Hermione. << Dov’è la sua cella?>>
Quel Fenwick non sembrava uno sprovveduto, ma aveva la brutta abitudine di parlare troppo. Capì senza troppe pretese la fretta professionale degli Auror, perciò si fece da parte e lasciò che la fila di Auror di Azkaban e i dipendenti del Ministero s’avviasse verso le carceri. Le celle di Azkaban erano situate su molti livelli collegati fra loro mediante rampe di scale in continuo movimento. Il meccanismo, seppur adornato da pareti umide e nere come la pece, le ricordò la Torre Nord di Hogwarts.
Lungo l’intero tragitto, mentre Fenwick intratteneva cerimoniosamente i dipendenti del Ministero, Elphias Doge camminò accanto a Hermione senza mai distogliere lo sguardo dalle celle. I lamenti e le urla stridenti provocavano un forte eco di sottofondo che le provocò forti brividi lungo la schiena.
Era un luogo sconcertante, e si giurò di non metterci mai più piede in vita sua.
<< Qui era rinchiuso Lucius Malfoy.>>
La folla si fermò al terzo piano. Tutt’intorno i prigionieri guaivano ed emettevano forti grida disperate; alcuni di essi presero a sbattere furiosamente la testa e le braccia contro le sbarre per attirare l’attenzione. Fra loro, molte facce note a Hermione che avevano commesso i più gravi crimini durante la Guerra. Erano completamente impazziti.
La prigione di Lucius Malfoy era un piccolo anfratto scavato nella roccia di forma poco regolare, delimitata da tre pareti di pietra massiccia e da una grata di ferro che si affacciava sul corridoio. Dall’unica finestrella si poteva intravedere il mare del Nord in tempesta. Il vento gelido penetrava sibilante all’interno della stanzetta con la forza brutale di una bufera.
Il corpo di Lucius Malfoy era ammonticchiato in un angolo. All’apparenza addormentato, versava su un lato con un braccio pendente lungo il fianco e l’altro poggiato sul petto. I lunghi capelli bianchi e la barba incolta avevano completamente modificato i suoi lineamenti, rendendoli più duri e sciupati. Gli occhi erano aperti, spalancati, ricolmi di terrore.
La scena paralizzò tutti i presenti.
<< Comandante Granger.>> Fenwick le fece cenno di entrare nella cella. << Non abbiamo toccato nulla.>>
Hermione avanzò cauta facendo attenzione a non compromettere la scena del delitto. Era chiaro che Lucius Malfoy non si era mosso da quella cella. Qualcuno si era addentrato all’interno del carcere e l’aveva freddato con una maledizione senza perdono. Ma come?
<< Quando l’hanno avvisata dell’accaduto?>>
Fenwick trasse un profondo sospiro. Si volse verso Elphias Doge, che stava parlando fittamente con Savage e Dawlish appena sopraggiunti ad Azkaban.
<< Igor, Rufus.>> li richiamò Hermione. << Per favore, vorrei un elenco di tutti i maghi e streghe che lavorano ad Azkaban nel corpo di Guardia. E vorrei ispezionare la cella in silenzio, per cortesia.>> Mostrò un sorriso forzato. Quei politicanti da strapazzo stavano cercando una scusa plausibile per evitare figuracce con i cittadini ancor prima che gli Auror avessero esaminato il cadavere.
In breve la folla fece ritorno nell’atrio principale. Elphias Doge, in coda alla fila, prima di andarsene gettò un’ultima occhiata sprezzante al corpo di Malfoy. << Meglio così.>> lo sentì farfugliare, mentre s’incamminava giù per le scale.
Rimasero solo lei e Fenwick, che sembrava tutt’altro che sereno. Privarlo della sua cerchia di fedeli sostenitori l’aveva reso incredibilmente silenzioso.
<< Mi diceva.>> proseguì Hermione, che estrasse un taccuino da una tasca interna del mantello. La penna a sfera guizzò da sola sulle pagine, pronta a prendere appunti. << Quando è stato avvisato dell’accaduto?>>
<< Sono stato avvisato dagli Auror di Guardia. Hanno sentito un gran trambusto provenire da quassù. Sono corsi verso la cella ma era ormai troppo tardi.>> Fenwick fece una pausa. << Lucius era già morto.>>
<< Non avrebbe dovuto essere sorvegliato costantemente giorno e notte?>>
<< Credetemi, comandante, le guardie sono vostri stessi colleghi. Ma sono esseri umani, ed in numero inferiore rispetto ai dissennatori…>>
<< Mi sta dicendo che gli Auror non sono in grado di svolgere la mansione come i Dissennatori?>>
<< Esattamente.>> Fenwick la guardò, per un istante nei suoi occhi Hermione poté intravedere un bagliore di diffidenza. << i Dissennatori non sono esseri umani. Sono creature che si cibano della paura e dell’odio. Non c’era posto migliore di Azkaban per loro, ma sono stati cacciati. Decisione saggia, senza ombra di dubbio, ma di certo gli Auror non possono coprire la guardia come i Dissennatori. Gli Auror sono costretti ad alternarsi periodicamente, hanno necessità fisiologiche che un mostro non può avere. Comprendete il mio discorso, comandante?>>
Hermione annuì. << Avete trovato delle tracce di un possibile intruso?>>
<< Nessuna traccia.>>
<< Non può essere apparso e basta.>>
<< E’ ciò che mi sto chiedendo anch’io. Le condizioni di smaterializzazione ad Azkaban sono le più restrittive e riservate del Protocollo Trasporti Magici del Ministero. Nessuno può materializzarsi entro i confini del carcere senza un’autorizzazione, altrimenti sarebbe immediatamente intercettato e schiantato dalle Guardie.>>
<< E’ sicuro, signor Fenwick, che non ci sia alcun modo per entrare?>>
Fenwick, a quel punto, era visibilmente stizzito. << Questo è un carcere di massima sicurezza. Vi pare possibile che chiunque possa apparire ed uccidere un prigioniero sotto gli occhi di tutti?>>
<< E’ ciò che è accaduto.>> tagliò corto Hermione. La penna a sfera continuava a scorrere sul taccuino, annotando ogni dettaglio. Si chinò per esaminare il corpo, ma non trovò ad una prima analisi nessuna ferita o segno di colluttazione.
<< Potrebbe trattarsi di una maledizione senza Perdono.>> disse Fenwick. << E’ successo tutto nell’arco di pochi minuti, comandante. Se volete posso fare richiamare le due Guardie che sono intervenute per prime sul luogo del…>>
<< Rufus.>> Hermione si rivolse a Dawlish, che la stava raggiungendo con alcuni incartamenti di pergamene. << Manda un gufo a Kingsley. Digli che appena ho finito qui ad Azkaban lo raggiungerò al più presto. Ho bisogno della sua collaborazione.>>
<< Agli ordini.>> proferì l’Auror. << Cosa dobbiamo fare con il corpo?>>
<< Copritelo e trasportatelo al laboratorio analisi magiche del Quartier Generale.>>
Dawlish annuì. Savage lo raggiunse ed entrarono all’interno della minuscola cella; scattarono alcune fotografie poi, con l’aiuto di un terzo Auror, coprirono il cadavere con un lenzuolo.
Fenwick osservò gli Auror in silenzio. I suoi occhi grigi erano fissi ed inespressivi; stava riflettendo freddamente sul da farsi, o semplicemente nascondeva qualcosa?
<< Bello.>> disse Hermione.
<< Prego?>>
<< Il suo anello. E’ il simbolo della sua casata, non è forse così?>>
<< Oh, l’anello.>> Fenwick accarezzò istintivamente l’anello all’anulare sinistro, che recava il grosso emblema di un corvo con una “F” incisa in oro.  Era stato scosso da un  brivido. << Apparteneva a mio padre. E’ uno dei pochi ricordi che conservo di lui.>>
Hermione gli tese la mano. << I miei collaboratori le rivolgeranno alcune domande, signor Fenwick. Mi occuperò personalmente dei giornalisti, parlerò in persona con il Ministro della Magia per indire una conferenza stampa. Per il resto, mi auguro conceda la massima disponibilità ai miei uomini per poter svolgere le indagini.>>
Fenwick abbozzò ad un inchino cerimonioso. Le strinse forte la mano. << Nessuno può entrare ad Azkaban senza permesso, comandante.>> precisò. << Non scartate nessuna pista.>>
<< Lo terrò presente.>> Hermione si volse e fece un cenno a Dawlish con il capo. << Avvisa Marcus Flint. Voglio che mandi una squadra dell’Ufficio Misteri per controllare ogni angolo più remoto della prigione.>>
<< Ma Hermione…>> obiettò l’Auror, perplesso.
<< Non m’importa. Voglio che ispezionino ovunque. Deve saltar fuori una falla, per forza. L’assassino non può essere saltato fuori dal nulla. Preferisco credere a quest’evenienza prima di indagare sul personale di guardia,  sono nostri colleghi!>> Fece un sospiro profondo. In qualità di comandante, sarebbe toccato a lei il difficile compito di avvisare i familiari della vittima. << Voglio il rapporto sulla mia scrivania entro stasera.>> soggiunse. << Se avete bisogno di me, io sono al Ministero.>>
<< Abbiamo sempre bisogno di te.>> sospirò Dawlish, con una scrollata di spalle.
Hermione, prima di congedarsi, gli posò una mano sulla spalla. << Anch’io di voi. Non mi deludete.>> E si incamminò verso il grande atrio per smaterializzarsi.
 
 
*°*°*°*
 
 Come aveva ampiamente previsto, quella notte il Ministro della Magia non era il solo ad attenderla nel suo maestoso ufficio nel cuore del Ministero.
Al fianco di Kinglesy, in piedi con le braccia incrociate e lo sguardo cupo, Draco Malfoy osservava freddamente la porta d’ingresso, come se stesse attendendo il suo arrivo.
La comparsa di Hermione non lo sconvolse. Un sorrisetto ironico si aprì sul suo volto immerso nella penombra. << Che puntualità.>> sghignazzò.
Kingsley non ebbe il tempo di alzarsi dalla sedia; Hermione aveva già estratto la bacchetta da una tasca interna del mantello e l’aveva puntata in mezzo agli occhi di Malfoy.
<< Sei un pazzo.>> ringhiò Hermione.
Nemmeno quel gesto parve sorprenderlo. Draco si limitò a sollevare le braccia.
<< Perché l’hai fatto, maledizione?>> urlò lei.
Kingsley si frappose fra i due, agguantando il polso di Hermione per deviarle il tiro della bacchetta. << Non c’è bisogno di ricorrere alla violenza.>> sentenziò, con tono pacato. E indicò Malfoy, alle sue spalle, con un cenno del capo. << Si è presentato volontariamente al Quartier Generale degli Auror. Voleva parlare con te.>>
<< Kinglsey, è uno sporco assassino!>> tuonò Hermione. << Mi ha mentito! Tutto ciò che ha detto a me e Flint era ammasso di stupidaggini!>>
<< Hermione, calmati. Risolveremo la questione diplomaticamente.>>
Hermione rise. Si liberò dalla stretta del Ministro ed indietreggiò di qualche passo.
Draco Malfoy non si era minimamente scomposto, stava attendendo la sua sorte con la stessa calma con la quale li aveva accolti a casa sua il giorno prima.
<< Non so cosa ti passi per la testa, ma il tuo gioco non mi piace, Malfoy.>> Gli occhi color nocciola di Hermione divennero due tizzoni ardenti. << Non ho la minima idea di come tu ci sia riuscito, ma sei stato tu. Tu hai hai ucciso di Lucius Malfoy!>>
 
*°*°*°*°*
 
 
 

 

   
 
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