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Autore: Maylea    11/07/2011    1 recensioni
“Non lo so…” - mi dice senza neanche voltarsi, gli occhi fissi su una scura macchia di sangue poco distante da noi. Le strisce pedonali ospitano un cadavere e schegge di vetro tendenti al rosso, uno spettacolo quanto mai raccapricciante, ma non per me, non quando si tratta di una seconda visione. Incredibile, un maledetto déjà-vu, talmente assurdo che non riesco a capacitarmene .
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

Sono seduta sulla stessa panchina di ieri, in un certo modo questo mi rassicura, mi fa sentire ancora viva. Il parco oggi è più deserto del solito, vedo in lontananza un signore di età avanzata che legge un giornale approfittando di un timido sole che fa capolino dietro una nuvola. Il silenzio surreale che si è creato mi permette di ascoltare il dolce rumore dell’acqua del fiume che divide la città, si trova alle mie spalle, oltre una fitta siepe di lauroceraso.

Le mie gambe tremano ancora, il battito del mio cuore è nuovamente accelerato, mi fa sentire il sangue in testa. Cerco di pensare, di trovare le forze per alzarmi e andare in caserma o ritornare da Gemma o andare da suoi genitori e raccontare tutto dal principio.  Le forze mi vengono meno, non credo di riuscire ad alzarmi, resto immobile ancora per qualche minuto.

Chiudo gli occhi assaporando l’aria fresca del mattino, la brezza mi smuove i capelli, stupidamente penso che dovrei tagliare la frangetta, oramai è troppo lunga. Dovrei anche tingerli già che vado dal parrucchiere, odio il rossiccio che li caratterizza di natura, voglio cambiare, tutto. Ben presto mi rendo conto che per quanto mi sforzi la mia mente torna da Gemma, a tutto quello che mi è potuto accadere in due miseri giorni.

Finalmente trovo la forza, faccio per alzarmi ma una mano non troppo delicatamente mi rimette seduta. Apro gli occhi che ancora tenevo serrati e metto a fuoco il ragazzo dell’auto blu. La mia vita è finita probabilmente. Mi scruta dall’alto per poi sedersi al mio fianco, più distante di quanto pensassi. Lo fisso di sottecchi, ha il viso pallido, due occhi neri piccoli, sopracciglia folte e un naso all’insù. Concludo che mi ero sbagliata sull’età, è molto giovane. Sembra non interessarsi a me, punta il suo sguardo in avanti.

A quel punto mi giro anche io e vedo la signora del mio palazzo con un piccolo cane al guinzaglio, quel cane. Spalanco gli occhi e la bocca.

“Buonasera signorina” – mi fa lei con un tono volutamente zuccheroso.”La sua fuga termina qui dunque, al parco del nostro bellissimo quartiere.”

La guardo cattiva, non è mai troppo tardi per realizzare che siedo di fronte agli assassini di Gemma.

“E’ inutile quello sguardo” – continua lei. “Ora ti racconto quello che vuoi sapere”

“Alfredo Greco non esiste, ora non più, ci siamo noi, io e mio figlio e questo basta.” – dice guardano il ragazzo.

“Tu non devi capire, sei stata solo abbastanza sfortunata da capitarci in mezzo. A me non interessano i soldi, non interessa la mia famiglia, voglio solo creare delle casualità” – continua con un lampo di pura follia negli occhi.”E’ estremamente singolare che due uomini con lo stesso nome vengano investiti con la stessa auto, dalla stessa persona, nello stesso posto, nello stesso giorno”

“Io voglio che la gente creda siano coincidenze volute dal destino, ho passato la mia vita a vigilare il traffico di un paesino del nord Europa, il semaforo cambiava colore ogni 135 secondi, l’arancione durava solo 15 secondi, i pedoni avevano 100 secondi esatti per attraversare la strada.” – dice pacata “Bisogna fare qualcosa in cui si crede” – conclude come se non avesse ucciso tre persone, come se tutto fosse un gioco e il fine giustificasse i mezzi.

Se non fosse che vedo riflessa nei suoi occhi la mia stessa solitudine la delfinerei una pazza, ciò non toglie che lo sia. Regolare i semafori per anni non nobilita l’animo, di che se ne dica del lavoro. E’ troppo tardi anche per riflettere sulla vita però, mi alzo e cammino verso l’uscita del parco. Ignoro la signora che esalta le sue doti manipolatrici del destino altrui e proseguo lungo il vialetto. All’altezza della fontanella del parco, vicino l’ingresso principale, il ragazzo che avevo quasi dimenticato durante il folle discorso della donna mi afferra un braccio.

“Mia madre non è stata mai tanto lucida, poco importa io volevo solo l’eredità di mio nonno, i miei zii, i fratellastri di mia madre con lo sesso nome, Alfredo Greco sono morti. Io ho ottenuto ciò che volevo e lei ha il suo quadro perfetto” - dice sornione. ” La consegnerò ai carabinieri, le ridurranno la pena per infermità mentale e io vivrò di lusso, peccato forse una ragazza carina come te avrebbe potuto rientrare nel mio futuro splendente, peccato davvero.”

Vuole la mia morte, anche se la considera a suo modo un peccato, fatico a trovare un filo logico in tutto quello che è accaduto. Sua madre con quel discorso sulle casualità, c’è solo pazzia e arrivismo di un nipote già annoiato dalla vita dietro questi delitti. Due uomini che alla fine non erano nemmeno lo stessa persona , ma solo omonimi, fratellastri che probabilmente nemmeno si conoscevano. Il cane del primo incidente e la brugola del secondo, strano come questi due elementi mi hanno condotto fino a qui, alle strisce pedonali.

“Io devo attraversare la strada” – dico incolore.

E lo faccio ad occhi chiusi.

THE END

Ringrazzio tutti i lettori ed in particolare Lethe che ha seguito e recensito questo umile racconto.
Grazie^^ e alla prossima.
  
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