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Autore: camy robsten HP    11/07/2011    2 recensioni
Robert e Kristen. Queste due persone mi hanno cambiato la vita. Grazie a loro ho scoperto nuovi valori e ho iniziato a credere che il vero amore ancora esite. Quel giorno, quel maledetto giorno... sconvolse totalmente la vita di Robert.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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ROBERT POV

In tutto quel tempo non avevo mai fatto caso a ciò che ero diventato, a ciò che era diventata lei. Passarono, non so, circa quattro mesi. La gravidanza era a un buon punto. Nel giro di un mese le avrebbero sicuramente detto il sesso del feto. Il viaggio da New York a Los Angeles non mi era mai sembrato così faticoso e lontano. Con me solo una borsa comprata al mercato dell'usato. I pochi risparmi erano lì. L'aereo atterrò e tutto fu pacifico. Non avevo più nessuno che mi ronzava accanto. Niente fan, niente paparazzi... tutto il dolore era cessato. Quell'aeroporto. Quante ne combinammo in quell'aeroporto. La prima volta nel 2010. Si, lo ammetto, fummo stati pizzicati parecchie volte, ma all’epoca ci stavamo ancora abituando. In quel periodo dimenticai tutto. Non mi presentai neanche alla premiere di Breaking Dawn parte 2. Cercai di dimenticare tutto, ma ciò che non riuscivo ad isolare da me era proprio lei. Presi un taxi, facendomi portare a casa sua, a casa di Kristen. La villetta solitaria era situata quasi al centro della città. Il giardinetto non era mai stato curato e ogni volta che entravo il disordine mi inghiottiva. Era piccolina, ma molto confortevole. La cucina non era mai stata utilizzata, e proprio lì regnava la polvere. La camera da letto era decorata con poster di chitarristi o attori mai sentiti in vita mia. Il letto era al centro della camera; matrimoniale, ricco di cuscino. Ricordavo ogni particolare di quella casetta. La casetta dove, molto spesso, avevamo coronato il nostro sogno d'amore. L'autista si blocco a venti metri dall'abitazione. Lo salutai cordialmente e lo pagai. Il prurito della mia barba incolta mi costrinse a girarmi in prossimità del semaforo. Una foto era attaccata con dello scotch alla sua estremità. Spalancai la bocca e i miei occhi rotearono come quando si fa uso di droghe. Osservai meglio la foto e strizzai gli occhi non appena lessi il nome "Stewart". Al centro del foglio stropicciato la foto di una persona che conoscevo benissimo: Cameron. In alto la scritta "cercasi". Il mio battito cardiaco aumentò improvvisamente e mi ritrovai piantato nel giardino della casa di Kristen, con il foglio in mano.  Le finestre erano particolarmente sporche. Alzai la tendina verde per "spiare". Era vuota. La casa era vuota. L'indirizzo era quello e io ricordavo praticamente tutto: non era stato un mio errore. Armato di pazienza e tanto coraggio, mi diressi a West Hollywood, dove risiedeva la famiglia Stewart. Non era molto distante da lì. La casa era di tre piani, lussuosa, con molte camere per gli ospiti e bagni. Al terzo piano c'era anche una camera con il video proiettore per vedere film; accanto, il bowling. Il giardino non era per niente curato. La tavola di surf di Diana era per terra, ancora bagnata. Jella si avvicinò ai miei piedi e cominciò a fare le fusa. Mi abbassai per accarezzarla e trovai di fronte ai miei occhi lo sguardo vigile di Jules, la mamma di Kristen. Mi fissò per un po’, nel frattempo che mi alzai, poi mi sorrise compiaciuta. Mi abbracciò e mi stritolò per parecchio tempo.
"Che piacere averti qui, tesoro!" - io la guardai sbalordito. Mi prese per mano e mi condusse dentro. La televisione era accesa in salotto. In cucina c'erano Diana e Taylor. Diana giocava con il laccetto del costume bagnato, Taylor aveva le mani posate sugli occhi gonfi, con delle occhiaie chilometriche. Salutai con un cenno i ragazzi e mi voltai verso Jules. Lei capì immediatamente.
"John e Kristen sono usciti a comprare qualcosina per il pranzo" - rabbrividii all’ascolto di quel nome -
"Vuoi restare con noi, ragazzo caro? Ci farebbe davvero piacere" -
"C....certo, signora Stewart" - mi sedetti sul divano della cucina, al fianco di Taylor. L'imbarazzo si faceva sentire spesso in quelle situazioni.
"Come va? E' da tanto che non ci si vede, eh?"- fu Diana a parlare -
"Si, io e ....Kristen"- pronunciai quel nome a stento ."...abbiamo avuto dei... dei problemi" - Diana abbozzò un sorriso e tornò a fissare il vuoto.
Delle lacrime uscirono dal viso di Taylor, e mi inondarono il cuore. Capii che c'era qualcosa che non sapevo. Qualcosa di terribile che era accaduto a Cameron.
"Tay, ho...io, ho trovato questo, in giro" - gli porsi il foglio strappato e macchiato. Taylor lo prese e scoppiò a piangere.
"Avete trovato qualcosa? Taylor, dimmelo." - Taylor negò e tornò a posare sul suo viso le dita lunghe.
"E' scappato. Una sera, all'improvviso"- intervenne Diana -
"Sono passati giorni ormai" -
"La polizia ha trovato la sua maglietta, e tutti i nostri presentimenti si sono avverati" - la sua espressione era rammaricata, ma non piangeva.
"Posso fare qualcosa per aiutarvi?" -
"Niente, abbiamo fatto il possibile. Mamma sta impazzendo. Se è accaduto, rivuole solo il corpo" - un'altra voragine si aprì. Cameron, quel fratello che c'era sempre stato per lei, che l'aveva consigliata, rassicurata nei momenti più difficili, era sparito. Era stato d'aiuto anche per me, quando non sapevo cosa regalarle, o cosa dire nei momenti difficili. E' stato anche uno dei nostri compagni di sbronza, qualche volta. Una lacrima rigò il mio viso e non feci niente per fermarla o bloccarla: avrebbe dovuto seguire il suo percorso, consapevole che, prima o poi, tutto finisce. In cinque secondi la lacrima aveva già percorso tutto il viso ed era caduta sul jeans sporco.
"Vado in bagno" - è ciò che riuscì a dire.
Mi alzai goffamente e mi diressi verso le scale. Mi sciacquai la faccia e mi asciugai con un asciugamano che conoscevo benissimo. Verde, profumato. Il suo odore era inconfondibile. Uscii dal bagno chiudendo la porta e entrai nella camera di fronte: la camera di Kristen. Viveva in quella casa da bambina, e poche erano state le volte che c'ero entrato. La scrivania era piena di disegni e il muro era tappezzato da quadri. Erano tutti di lei da piccola, fino all'età di quattordici anni circa. Il letto era situato sulla destra. Presi alcuni dei tanti disegni sulla scrivania e li esaminai. Erano stati fatti quando lei era alle elementari. Un sole grande quasi quanto la metà del foglio occupava il primo piano, mentre sotto, con una matita colorata c’era disegnata la sua famiglia. La faccia un grande quadrato, il corpo un rettangolo. Sorrisi, pensando che lei aveva davvero disegnato quello qualche tempo fa. Nel cassetto, sotto la scrivania, c’erano delle foto. Alcune di noi due, insieme ai tempi di Twilight, altre di lei e Micheal. Ciò mi fece dubitare, nonostante sapevo perfettamente che ormai lei non provava più niente nei suoi confronti, ma anche nei miei. Aveva occupato un posto importante nella sua vita, non potevo non ammetterlo. Scesi giù. Jules stava preparando la cena. Appena ritornai in cucina mi diede un colpetto nervoso sulle spalle.
“Tutto bene con Kristen?” – la guadai stizzito. Kristen non le aveva detto niente. Annuii e guardai altrove, giocando il suo “gioco”. La porta si spalancò e una forte ondata di freddo invernale aleggiò in casa. John, più grasso di quanto ricordassi, aveva in mano delle buste, alle sue spalle Kristen faceva lo stesso.
“Che piacere rivederti, Rob” –
“Piacere mio” – sussurrai, con lo sguardo fisso su di lei. Kristen mi guardò alzando un sopracciglio. Di nuovo quei occhi mi avevano incantato.
“Posso… aiutarti?” – mi offrii. Lei si limitò ad annuire e mi diede una busta, quella più pesante. Indossava dei jeans larghi e le solite Vans, la maglietta era la mia, molto più stretta di quanto dovesse essere. Sorrisi debolmente e non feci a meno di notare le occhiaie che la incorniciavano. Non che lei non ne avesse di solito, ma quel giorno particolarmente. Gli occhi gonfi e il verde della pupilla era spento, debole. Forse stanco. Il pancione risaltava in un modo orribile. La sua faccia era un po’ più “piena”. Dentro di lei viveva una persona. Un bambino che non era mio. Avrei voluto che da un momento all’altro mi dicesse “Stavo scherzando, certo che è tuo!”, ma questo non è mai accaduto. Mangiammo in silenzio il delizioso polpettone di mamma Stew e salimmo entrambi di sopra.
“Ti devo parlare” – le sussurrai in un orecchio. Andammo in camera sua. Lei si sistemò su una sedia, io sul letto.
“PRETENDO di sapere di chi è il padre di quell’essere nel tuo grembo” –
“Rob, non incominciare” –
“NON INCOMINCIARE?” –
“Non incominciare. Ti prego, non oggi” – il suo viso era rammaricato e lo sguardo spento mi faceva capire che non mentiva.
“Mio fratello è sparito, i miei stanno impazzendo, Taylor è in lacrime da giorni, e così io, Diana non se ne sta fregando niente e… sono stanca. Credi che sia stato facile per me? Io. Sono. Stata. Male. Davvero. Male. Dopo la tua fuga, ma anche prima. Ricordare quei momenti mi fa star male…” – gesticolava in modo irregolare
“Credi che sia stato facile per me, eh? Mesi DA SOLO senza cibo, né amici, né casa. In cerca del nulla. A spasso senza sapere dove andare e cosa fare. Con te in testa. Solo te. La tua voce, quelle terribili parole, quel terribile senso di sconforto che ho provato” –
“So che non è stato facile per te, ma so che tu mi ami ancora. Ne sono certa. Questo discorso sarà rimandato a dopo, quando tutti staranno bene.” –
“Si, hai ragione. Ma non posso; pensare di stare ancora con te dopo…. Non posso farcela.” – sorrise debolmente e annuì.
“Ti capisco” –
“Ma dimmi solo chi è. Chi è questo tipo.” –
“Rob. Non posso.” – il viso pieno di lacrime. La sua mano sul mio viso, anch’esso illuminato da tanta tristezza.
“Hai ancora la mia maglietta” – la mano di Rob si posò su quel pancione così surreale da non apparire vero. Sentii qualcosa muoversi.
“E’ un maschio?” –
“Il mese prossimo lo scoprirò.” –
“Perché non hai detto niente ai tuoi, del nostro litigio?”-
“Avevo… paura di ferirli. Secondo loro, per me, sei tu il marito ideale.” Altre lacrime, nonostante le mani di lei che tentavano di nasconderle, passeggiarono sul viso.
“Perché piangi? Ti aiuterò a cercare Cameron. Starà bene; sappiamo com’è lui.” –
“Non è per Cameron, io so che se la sta cavando.” –
“E allora? Perché piangi?” – uscì dalla stanza con impeto, le lacrime esplose irrimediabilmente; quella non poteva esser altro che una delle tante conseguenze del segreto che non poteva svelare a nessuno
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