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Autore: Trick    13/07/2011    3 recensioni
"«Sei il Prefetto di Hogwarts, Remus» le spiegò Lily con un sorriso, camminando verso di lui e stringendogli con salda gentilezza la mano. «Di nuovo».
«No, Lily» ribadì con decisione lui. «Io non posso morire».
«Lo so. Lo abbiamo creduto tutti».
"
(Remus Lupin/Lily Evans).
Un'antologia di fan fiction che copre ogni ship fanon o canon della Vecchia Generazione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Remus Lupin
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Di Frank e Alice Paciock non si sa davvero nulla, se non che sono entrambi Auror e Purosangue. A riguardo, mi sono presa un sacco un paio di licenze artistiche – chiedo venia, ma tant'è.
La famiglia Blishwick non è proprio Canon. In realtà, non lo è per niente, dal momento che compare nell'albero genealogico del film – il che è un'eresia, lo so, ma tant'è Blishwick suonava bene. Tutte le altre famiglie Purosangue citate nella fan fiction sono Canon (MacDougal, Gamp, Brown, eccettera...), ma i loro membri sono di mia invenzione.
Sto rileggendo per l'ennesima volta tutte le opere di Jane Austen e... beh, temo ve ne accorgerete. Metto le mani avanti, comunque, nel caso qualcuno volesse sottolineare il fatto che la mia versione di Frank, Alice e tutti gli altri giovani Purosangue sono troppo... uhm, diciamo antiquati. Sì, forse lo sono, ma mi piace pensare che lo fossero tutte le famiglie Purosangue di un certo livello. E poi, ripeto, sono in modalità Austen a go-go.


Racconti di sabbia
 
Fan fiction perdute nel tempo

*

Una cosa da pazzi
Frank Paciock/Alice Paciock



Ora che aveva compiuto sedici anni, Alice non aveva più scuse per annoiarsi tanto durante i ricevimenti. Eppure, mentre sedeva accanto alla madre e fingeva di ascoltare i barbosi e logorroici discorsi di Mafalda MacMillan, non riusciva a non pregare che il cielo la colpisse con un fulmine e ponesse fine alle sue sofferenze.
«...così ho osservato a mia volta il tessuto che Madama McClan mi porgeva e ho immediatamente esclamato: “Mia carissima amica” - proprio così, le ho detto - questa veste damascata calzerebbe alla signora Flint con la stessa grazia di un Troll con un abito di chiffon!”».
Le signore scoppiarono in una lieve risata e Alice, cercando disperatamente una distrazione con lo sguardo, arricciò le labbra in un perfetto sorriso divertito. Stava quasi per arrendersi all'inevitabile fastidio che quel pomeriggio le avrebbe recato, quando il giovane Frank Paciock si fermò a pochi passi da loro.
Era un giovane dal portamento indiscutibilmente da Grifondoro. Nonostante i folti capelli scuri fossero rigorosamente pettinati e le basette rigidamente definite, e nonostante tenesse entrambe le braccia dietro la schiena, come si conviene a qualunque educato damerino di classe, c'era qualcosa di troppo “Grifondoro” che balzava subito all'attenzione. Alice non avrebbe saputo dire se fossero i suoi occhi azzurri, così allegri e curiosi, o, piuttosto, la mascella definita da una lieve barba trascurata, ma Frank Paciock, nel complesso, sembrava gridare: “sono un Grifondoro”.
«Frank!» esclamò d'un tratto Augusta Paciock, scorgendo la figura del figlio accanto a lei. «Proprio non ti avevo visto arrivare».
Frank le rivolse un lesto sorriso, prima di inchinarsi con estremo garbo verso le altre streghe: Alice aveva l'impressione che fosse stato cresciuto a burro e bon ton.
«Buonasera, care signore» scandì. «Mi chiedevo, e spero vivamente non sia troppo disturbo, se fosse possibile approfittare della cortesia della signorina Blishwick e chiederle di unirsi a noi: temo che la nostra discussione sui M.A.G.O. stia degenerando e sono certo che l'intervento di una più delicata mente femminile saprà risolvere ogni questione».
Alice inarcò pesantemente un sopracciglio. Nonostante Frank avesse quattro anni in più di lei e fosse un Grifondoro, era stato Caposcuola; Alice aveva già avuto modo di sentirlo parlare, ma mai – mai – lo aveva sentito esprimersi in modo tanto studiato. Guardò di sottecchi tutte le streghe che la circondavano e si stupì nel vedere quanto compiacimento Frank fosse riuscito a destare in loro.
«Oh, Frank, naturalmente!» esclamò deliziata sua madre, Teodora, posando una mano sulla spalla della figlia e rivolgendole un'occhiata radiosa. «Alice sarà lietissima di seguirti. Non è vero, Alice, mia cara?».
«Ne sarei lietissima, signor Paciock».
Frank le tese la mano destra con un mezzo sogghigno e la aiutò ad alzarsi.
«Temo di non potervi promettere di essere in grado di riportarvela fra breve» ammiccò verso di loro, generando una serie di divertite risatine.
Mentre si allontanavano, Alice sollevò il capo verso di lui, trattenendo a sua volte un'importuna risata.
«Dove hai imparato a incantare così le povere streghe di mezz'età?».
«Mi riesce naturale: ho un'imbarazzante attrazione per le rughe».
Alice rise e Frank, che appariva compiaciuto del suo divertimento, non aggiunse altro. La condusse oltre un corridoio dalle pareti tappezzate di splendidi arazzi che la famiglia MacMillan doveva custodire da generazioni intere, e poi giù, lungo le scale, fino ad arrivare ad una piccola balconata che si affacciava sul giardino. Qualcuno doveva aver gettato un Incantesimo Riscaldante tutto attorno, perché sebbene fosse pieno inverno e il grande parco dei MacMillan fosse ricoperto di neve, Alice avvertiva ancora un tiepido tepore.
Seduti attorno ad un bel tavolo di legno dalle gambe finemente intagliate, riconobbe subito diversi compagni di scuola.
Randolph Brown, un Prefetto di Corvonero al suo ultimo anno ad Hogwarts; Godwin Gamp, un paffuto ragazzino che divideva con lei la sala comune di Tassorosso e a cui rivolse immediatamente un aperto sorriso; i fratelli MacDougal, veterani battitori di Corvonero, Abraham e Arnold; infine, Gaspard MacMillan, padrone di casa, che si alzò rapidamente per stringerle la mano.
«Alice» esordì in tono pomposo. «Perdonaci se non ti abbiamo chiamato prima, ma temevamo fosse inappropriato per una giovane strega unirsi ad un gruppo di giovani maghi. Spero che la situazione non crei troppi disagi a nessuno dei presenti».
Alice evitò accuratamente di sottolineare che Gaspard, con i suoi modi pomposi e i suoi discorsi pieni di nulla, riusciva sempre a metterla a disagio. Si limitò ad annuire con un sorriso educato e sedette su una seggiola che Frank le aveva appena offerto. Quando si fu seduta, lo sentì avvicinarsi cautamente al suo orecchio.
«Posso uccidere Garpard in qualunque momento tu preferisca».
Lei si morse il labbro inferiore per evitare di ridere.
«Stavamo giusto dicendo, un momento prima che tu arrivassi» le spiegò Randolph Brown, aggiustandosi gli occhiali con un movimento meccanico, «che non riteniamo affatto saggia la decisione del Preside Silente di conferire a James Potter la spilla di Caposcuola».
Abraham MacDougal emise un verso di scherno.
«Andiamo, Randolph. Sappiamo tutti che il solo motivo per cui nutri così tanto rancore per Potter è che volevi essere tu, il nuovo Caposcuola».
«Non nutro affatto rancore, ma sfido chiunque a dire che James Potter abbia meritato quest'onore. Nei suoi sette anni a Hogwarts non ha combinato che danni».
«Sciocchezze» ribadì Abraham. «È il miglior Cacciatore che la casa di Grifondoro abbia mai avuto – e un notevole Capitano, mi duole dirlo».
«Siete troppo di parte. Pare quasi che siate due Grifondoro, voi due».
«Non posso che darti ragione» esclamò divertito Frank, aprendo le braccia con aria drammaticamente rassegnata. «I Grifondoro sono incorreggibili, intrattabili e rumorosi».
«Frank!» rise Gaspard. «Tu sei stato Caposcuola di Grifondoro solo fino a tre anni fa!».
«Per l'appunto. Non vedo miglior intenditore dell'animo di un Grifondoro del sottoscritto. Ho dovuto rincorrere James e la sua banda di scapestrati per tutti gli anfratti del castello».
«E immagino tu sia d'accordo con la scelta di Silente».
«Lo sono. James Potter era un ragazzino insolente e arrogante – e devo ammettere che quando ero Prefetto era solito combinarne di tutti i colori – ma credo che gli scherzi siano un capitolo chiuso della sua vita. L'ho incontrato pochi mesi fa a Diagon Alley e l'ho trovato estremamente cresciuto... suppongo che Lily Evans sia il motivo principale del suo cambiamento» aggiunse con un mezzo sogghigno. «Cosa ne pensa, signorina Blishwick?».
Alice trasalì nel sentirsi interpellata. Non immaginava che qualcuno volesse sentire la sua opinione in merito, eppure tutti gli sguardi sembravano ora puntati su di lei. Conosceva James Potter solo di fama, e non aveva idea del genere di persona che potesse essere. Sapeva, tuttavia, che James Potter e i suoi Malandrini erano sempre pronti a spalleggiare i più indifesi in qualunque rissa da corridoio – e in quei tempi, a Hogwarts, di risse se ne vedevano parecchi. Ricordava che Sarah Thruston, al suo quarto anno, si ritrovò da sola in compagnia di Rosier e della sua banda di Serpeverde e, a sentir lei, sarebbe finita decisamente male se loro non fossero intervenuti a difenderla.
«Ha un buon cuore» sentenziò dopo qualche secondo di riflessione.
Mentre tutti la fissavano con aria stupita, Frank Paciock scoppiò in una fragorosa risata.
«Una tipica, educata e perfetta risposta da Tassorosso!» rise. «Nessuno potrebbe mai dubitarne!».
Anche Alice si lasciò andare ad un timida risata. Si sentì improvvisamente più a suo agio e iniziò a discorrere amabilmente con tutti i presenti di faccende di mediocre importanza, come chi si sarebbe aggiudicato la coppa del Quidditch per quell'anno e come proseguivano gli addestramenti di Frank all'Accademia Magica per Auror.
«È vero che vi fanno affrontare dei draghi?» domandò a voce bassa il piccolo Godwin, stringendosi nelle spalle. «Ho sentito che lo fanno».
«Non ho mai visto un solo drago all'interno dell'Accademia. La cosa più temibile rimane il cibo della mensa» rispose lui con un sorriso ilare, facendo nuovamente ridere tutti.
«Quando pensi di diventare un Auror a tutti gli effetti?» lo interrogò Gaspard. «Credo che tua madre abbia parlato di marzo, non è vero?».
«Aprile, al massimo».
«Non credo che al tuo posto avrei scelto di fare l'Auror» disse improvvisamente Randolph, scrutando intensamente il compagno. «Capisco che tu discenda da generazioni di Auror, Frank, ma... i tempi stanno cambiando. Si sentono cose davvero raccapriccianti e pare che questa storia di Lord Voldemort non sia... ecco, una storia».
Un alone di impenetrabile serietà calò d'un tratto attorno al tavolo. Alice strinse istintivamente le mani al grembo, socchiudendo gli occhi. L'ipotesi di una guerra – tutte quelle maledette ipotesi che tutti avanzano – la faceva rabbrividire. Non riusciva a credere che qualcuno potesse realmente immaginare di distruggere l'intera comunità magica.
«Mio padre combatté nella guerra contro Grindelwald al fianco di Alastor Moody, ed è Alastor Moody in persona che ora sta addestrano me a combattere questa guerra, se mai dovesse esserci» replicò con estrema forza Frank. «Se ciò che si dice su questo fantomatico Lord è vero, se davvero ha intenzione di uccidere ogni Nato Babbano e ogni Mezzosangue, allora è nostro preciso dovere fare tutto quanto è in nostro potere per fermarlo. Siamo gli ultimi discendenti rimasti delle più grandi famiglie di Purosangue che abbiano mai vissuto in Gran Bretagna e – Merlino! - non sarò di certo io a rinnegare il nome che porto».
Per Alice, sentirlo parlare con quel tono così deciso e prorompente fu come inghiottire un macigno. Si morse appena il labbro inferiore e inclinò piano il capo verso di lui, torturandosi un ricciolo biondo sfuggito alla stretta acconciatura che sua madre le aveva sistemato quella mattina.
«Credi ci sarà realmente una guerra?».
Frank si voltò verso di lei e la guardò intensamente qualche istante. Le sue labbra si arricciarono in un affettuoso sorriso.
«Credo di sì, signorina Blishwick».
Gaspard attirò l'attenzione con un soffocato colpetto di tosse.
«Mio padre è convinto che si stia esagerando, e lo sono anche io. Non esiste alcuna prova degli effettivi obiettivi di Lord Voldemort. Nessuno può dirsi certo che ci sarà una guerra».
«Oh, per Godric, Gaspard!» esclamò Frank, stupefatto. «Non puoi fingere che non stia accadendo nulla! Intere famiglie di Babbani continuano a sparire nel nulla da mesi, ormai! L'aria del Ministero è tesa come non lo era dal 1939 – e tu sai cosa questo significhi. Si sta arrivando alla rottura definitiva... perfino Hogwarts non è più un luogo sicuro».
«Hogwarts!» ripeté sconcertato Randolph, scuotendo incredulo il capo. «Frank, ho come l'impressione che Alastor Moody stia avendo una pessima influenza su di te. Nessun posto è sicuro quanto Hogwarts!».
«Tu credi, amico mio? E sia, ma non tentare di convincermi che non sia cambiato nulla. I Lestrange, i Malfoy, i Rosier, i Black... come puoi non essertene accorto? Eppure, quando eravamo bambini giocavamo tutti insieme durante occasioni come questa» mosse la mano a mezz'aria, indicandosi vagamente attorno. «Le nostre famiglie si stanno dividendo, i Purosangue si stanno dividendo. Presto, a noi tutti verrà chiesto di decidere da quale parte stare, ed io spero vivamente che ognuno di voi sarà in grado di fare la scelta giusta, perché quella sbagliata, Merlino, potrebbe distruggere per sempre il mondo che conosciamo».
Randolph fece un sospiro stanco, si sfilò gli occhiali e alzò una mano con espressione rassegnata.
«Non lo so, Frank. Mi sembra una pazzia».
Alice ispirò ed espirò profondamente un paio di volte, torturandosi febbrilmente le mani.
«Io combatterò» dichiarò infine, stringendo fra loro le labbra e alzando con fierezza il mento. «Quando arriverà il momento, i Blishwick sapranno da quale parte stare. Siamo gli ultimi Purosangue: difendere la comunità magica è un nostro dovere».
Frank le rivolse un'occhiata raggiante e Alice ebbe l'impressione di aver notevolmente alimentato la sua stima per lei. Una parte di sé, da qualche parte, fu immensamente lieta di quella consapevolezza.
Il loro dibattito non ebbe il tempo di proseguire, poiché l'orologio dei MacMillan suonò le sei in punto e i giovani iniziarono a prepararsi per ritornare alle rispettive dimore. Frank Paciock si dimostrò estremamente lesto nell'aiutare Alice a sistemare lo scialle sulle spalle. Lei ruotò appena la testa verso di lui e lo ringraziò con un aperto sorriso.
«Grazie a lei, signorina Blishwick. Mi sarei sentito tremendamente scoraggiato senza il suo appoggio».
«Non credo che lei sappia scoraggiarsi, signor Paciock».
«Eccome. Le assicuro che saperla incapace di accettare l'inevitabilità della guerra mi avrebbe alquanto rattristato».
Alice chinò tristemente il capo.
«Io sono molto riluttante a questa guerra. Ne sono terrorizzata, a dirgliela tutta, e prego ogni notte che un miracolo ci salvi da questa disumane eventualità. Non sono una guerriera – non lo sono mai stata – e l'ipotesi di dover combattere non potrebbe mai non spaventarmi» mormorò. Alzò lo sguardo su di lui e fece un improvviso sorriso mesto. «Non sono una Grifondoro, io».
«Signorina Blishwick, mi creda, lei è già molto più coraggiosa di molti Grifondoro di mia conoscenza».
«No, non credo. Vorrei solo fuggire... vorrei poter essere in qualunque altro posto, quando scoppierà tutto. Il solo motivo per cui mi costringerò a restare sarà perché non posso, non posso, non difendere i principi nei quali mi è stato insegnato a credere. Non posso scappare, signor Paciock, ma non esiterei a farlo, se potessi».
Frank la osservò in silenzio per qualche istante. Poi si inchinò, le prese una mano e la portò educatamente alle labbra.
«Questo le fa onore, ed io sarò onorato di restare al suo fianco quando verrà il momento. Randolph Brown potrà anche ritenerci due pazzi, ma la guerra è ormai troppo vera per poter essere scambiata per un'assurdità da visionari».
«E se non fosse così? Se in realtà non stesse accadendo nulla?» sussurrò con tono lamentoso Alice, chiudendo gli occhi. «Se stessimo soltanto immaginando che il mondo stia per crollare? Se fossimo davvero pazzi, signor Paciock?».
Lui scosse il capo con aria immensamente desolata.
«Noi non siamo pazzi, signorina Blishwick. È questo il problema».








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