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Autore: Gweiddi at Ecate    13/07/2011    4 recensioni
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"La vampira sorrise, osservando la gonna agitarsi tra le gambe snelle della donna, e i lunghi capelli neri accarezzarle la schiena. Era veramente stupenda.
Da quando aveva lasciato la Bulgaria, non ricordava di aver mai avuto un’amica. Le mancava quella sensazione. Voleva riappropiarsene.
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Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Anna, Katherine Pierce
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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scritta per The Vampire Geometry Festival al prompt Anna/Katherine/Pearl #"Salvala"

Insane saviour






La stanza era scura, odorava di umido e sudore. Gli occhi di Katherine faticarono per un attimo ad abituarsi all’oscurità, e il naso colse un odore pungente di verbena.
Improvvisamente si mise in allerta.
Digrignando i denti si voltò verso la donna, l’umile moglie di un guaritore, e le strinse la gola con una mano guantata di pelle nera.
«Perché c’è verbena nella stanza?» sibilò sospettosa.
La donna tremò, con le pupille dilatate Katherine riuscì a intuire il pallore delle sue guance.
«Avevo paura. Voi e il vostro compagno-» cercò di rispondere con tranquillità.
«Non è il mio compagno.» la corresse stizzita la vampira, senza mollare la presa.
La donna si morse un labbro e deglutì «So cosa siete, e so come vivete. All’inizio credevo che la malattia di mia figlia fosse dovuta a voi: pensavo vi steste nutrendo di lei.»
Katherine inarcò un sopracciglio e la lasciò andare.
La donna si massaggiò il collo con una mano e poi riassettò i capelli neri.
«Non avrei mai toccato vostra figlia, il sangue delle ragazzine come lei è acerbo. Inoltre mi siete simpatica.»
Fece qualche passo verso il letto incassato contro la parete in fondo alla stanza. Avvolta tra strati di coperte, una giovinetta con lunghi capelli castani gemeva in uno stato tra sonno e incoscienza. Le ciocche ondulate erano impregnate di sudore e le stavano attaccate alla fronte e alla gola, sotto gli occhi serrati poteva notare il movimento convulso delle orbite.
Katherine inclinò il volto e le passò una mano sulla guancia scolpita. Al contatto con la sua pelle fredda, la ragazzina parve trovare un lieve sollievo al calore infernale della febbre.
«Ti prego, salvala.»
Non c’era tempo per l’etichetta e le cortesie formali. La voce tirata e supplicante della donna le strinse un nodo in gola. Katherine si girò verso di lei e la guardò seriamente, prendendosi il tempo anche di osservarla.
Era più alta di lei, più vecchia, umanamente parlando. Gli occhi forti e vitali in quel momento trasmettevano un’angoscia profonda, ed erano velati da un sottilissimo strato di lacrime che la signora si sforzava di non far cadere.
C’era forza in lei.
Ormai abituata al buio, Katherine notò una lieve rigidità alla mascella della donna, e sforzò i suoi occhi da predatore per vedere un livido scuro profilarsi da sotto il nascondiglio dei capelli.
«Vostro marito è solito picchiarvi?» domandò con leggerezza, alzando il mento con pacato interesse.
La donna si irrigidì e drizzò la schiena, facendo valere tutta la sua altezza.
«Mia figlia ha bisogno di aiuto.» ribadì.
«Questo l’ho ben visto. Ma è un’altra cosa che mi interessa ora. Ripeto: vostro marito è solito picchiarvi?» chiese con più decisione.
«Come ogni uomo che io conosca, quando beve o è contrariato.» rispose la donna con freddezza.
I lineamenti di Katherine si rilassarono appena, e passò le punte di due dita sugli zigomi pronunciati di quella madre.
Pearl, si chiamava.
«Siete una bellissima donna, non dovreste farvi sottomettere da un uomo gretto che non sa distinguere l’aconito dalla belladonna.»
Pearl strabuzzò gli occhi, e Katherine sorrise «So perfettamente che siete voi la vera guaritrice di questo villaggio. Potreste avvelenarlo senza che lui lo sappia. Perché sopportate?»
«Una donna ha bisogno di un uomo in questi tempi. Non ho la forza di contrastare molestatori, non posso lavorare senza che la gente mi giudichi. Non so come fosse alla vostra epoca, né quando questa sia stata, ma io devo ritenermi fortunata di saper leggere, e questa è l’unica libertà che mi è concessa.»
Rispose con calma e metodicità tali da far intuire a Katherine quanto odiasse la sua condizione. Quella donna era sprecata nel luogo in cui stava.
La giovane sorrise maliziosamente.
«Se vostra figlia rimanesse sola, cosa accadrebbe?» continuò, ignorando la crescente ansia di Pearl.
La donna sbiancò e si irrigidì ulteriormente «Non oso immaginarlo. I suoi fratelli non si interessano a lei, sono già sposati da tempo, e mio marito… non voglio pensarci.»
Il sorriso di Katherine si allargò. Si morse il labbro, divertita, e volse di nuovo lo sguardo alla ragazzina sofferente nel suo letto.
Si sfilò il guanto dalla mano destra e sollevò la manica, scoprendo il polso.
«Bene. Salverò vostra figlia.» morse le vene esposte a sangue, e si inginocchiò di fianco alla piccola, sollevandole il capo mentre le poggiava il polso ferito sulle labbra.
«Con una madre del genere, potrebbe diventare una creatura formidabile.» spiegò genuinamente interessata.
Pearl trattenne il fiato, e Katherine si guardò bene dal girarsi verso di lei, per lasciarle l’intimità delle lacrime che stava versando.
«Grazie. Davvero non so come ringraziarvi. Io…» iniziò con voce rotta.
«Troverete il modo.» concluse lei con un sorrisetto e allontanando il polso dalle labbra arrossate della ragazzina.
Pearl guardò la figlia con un amore che sconvolse Katherine. Sentì una puntura fastidiosa all’altezza del cuore.
Si rialzò velocemente lasciando spazio alla madre, che cercò le mani della ragazza sotto le coperte e le strinse tra le sue.
«Vedrai, Annabel, starai bene. Andrà tutto bene, la mamma è qui.» le sussurrò commossa. Si girò verso Katherine, guardandola andare via.
«Grazie. Il vostro segreto è al sicuro con me, ve lo giuro.»
«Non ne dubito. Ma aspettate che sia salva per ringraziarmi.»



Era di fronte alla casa di Pearl, e passava il tempo giocherellando con il suo ciondolo, quando vide la donna uscire correndo, con il volto sfigurato dal dolore. Non sembrava nemmeno la stessa persona di due giorni prima.
Pearl cercò di avventarsi al collo di Katherine, ma la vampira la evitò con facilità.
«È morta!» gridò piangendo «Avevate detto che l’avreste salvata!»
Le si gettò contro con ira e disperazione, ma ancora una volta Katherine non si preoccupò e le prese i polsi tra le mani, abbracciandola.
«È quello che ho fatto.»
La guardò negli occhi, e Pearl si sentì inghiottire nel vortice nero delle sue pupille.
«Andate a casa, radunate i vostri averi, denaro, vestiti, tutto quello che può servire, e fate in fretta. Tra poco tornerò con il mio amico e un carro.»
Pearl annuì con le guance rigate dalle lacrime e gli occhi rabbiosi «Mia figlia…»
«Tra poco sarà in salvo anche lei. Ma dovremo sbrigarci.» le assicurò Katherine. «Va’ ora.»
Pearl annuì ancora e tornò dentro casa con passo svelto.
La vampira sorrise, osservando la gonna agitarsi tra le gambe snelle della donna, e i lunghi capelli neri accarezzarle la schiena. Era veramente stupenda.
Da quando aveva lasciato la Bulgaria, non ricordava di aver mai avuto un’amica. Le mancava quella sensazione. Voleva riappropiarsene.
«Sarete salve tutte e due.» sussurrò compiaciuta.

   
 
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