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Autore: VaniaMajor    13/07/2011    1 recensioni
Ultimo capitolo della trilogia dello Scettro dei Tre. Le rinascenti forze di Takhisis continuano a minare la vita dei fratelli Majere. I Cavalieri di Solamnia premono per avere Steel in custodia, mentre Katlin cerca di recuperare la sua magia e Crysania viene messa alla gogna a causa della sua relazione con Raistlin. Sul futuro grava la minaccia di una totale distruzione...
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
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Author’s note: In questo momento detesto vivacemente tutto il genere maschile, quindi…mi sfogherò su Dalamar! Katlin mi darebbe ragione. Raistlin reagisce alle interferenze nei suoi piani con la consueta decisione. Sarà sufficiente? Read and enjoy!

CAPITOLO 11

PIANO DI RISERVA

Pochi minuti dopo, Dalamar era davanti alla porta dello studio, da cui provenivano sporadici colpi di tosse, cercando di decidersi a bussare. Era ancora stranito per il brusco risveglio in piena notte ma dentro di lui avevano iniziato a montare rabbia e ansia. Rabbia, perché era stanco di essere coinvolto negli affari di una donna che stava cercando soltanto di rimuovere dalla sua vita in maniera radicale. Ansia, perché sapeva che avrebbe obbedito a qualsiasi ordine di Raistlin indipendentemente dalla propria volontà. Conosceva il freddo fuoco che aveva visto nelle pupille a clessidra del proprio Shalafi ed esso costituiva probabilmente il suo più grande terrore.
Avrebbe obbedito. Volente o nolente.
Trattenendo un sospiro più simile a un singulto, Dalamar bussò.
«Vieni, Dalamar.»
L’elfo oscuro aprì la porta. Ebbe la percezione di una tenebra totale prima che il fuoco si accendesse nel camino, illuminando lo studio, piuttosto freddo. Il suo Shalafi non si era curato di illuminare la stanza prima del suo arrivo, pessimo segno. Si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò al tavolo presso cui era seduto Raistlin. Le fiamme creavano un gioco di ombre sul suo viso, al momento dominato dalle sopracciglia aggrondate e dalle labbra strette in una linea quasi invisibile. Teneva un fazzoletto accanto alla bocca, con cui aveva evidentemente soffocato la tosse. La malattia tendeva ad aggredirlo con maggiore violenza quando era preda dell’ira.
«Shalafi…posso sapere cosa vi ha tanto contrariato, stanotte? Non dovevate incontrare Dama Crysania?» osò chiedere. Raistlin gli lanciò uno sguardo inquietante, poi chiuse le palpebre e sembrò costringersi a calmarsi.
«Siediti.- disse, con voce rauca- Le cose per noi si stanno complicando, in parte in maniera inaspettata.»
Dalamar prese posto, perplesso.
«Katlin? Vi sono state date notizie preoccupanti?» chiese, di malavoglia.
«Non proprio. I fatti sono più complessi.- rispose Raistlin, tagliente- Stanotte non ho visto Crysania, in quanto la Reverenda Figlia è infine stata scoperta.»
«Scoperta?- mormorò Dalamar, corrugando la fronte, poi capì- I chierici hanno notato i suoi…ehm…movimenti notturni?»
Raistlin annuì, sollevando appena un sopracciglio.
«Esattamente. Ci aspettavamo che accadesse, prima o poi, ma da quello che ho potuto intuire dall’interrogatorio cui Crysania è stata fatta oggetto, il suo segretario sospettava che io e lei ci incontrassimo clandestinamente da molto tempo. Stava solo aspettando l’occasione giusta per coglierla in flagrante.» rispose.
«Avete assistito alla scena tramite la Camera della Visione, immagino.» intuì l’elfo oscuro. Non era sorpreso che lo Shalafi fosse così furibondo. Non era un buon momento perché Crysania lasciasse la Chiesa di Paladine, soprattutto nel disonore. Raistlin annuì di nuovo.
«Crysania verrà sottoposta al giudizio della sua…gente.- sputò la parola con palese disprezzo- Con tutta probabilità verrà cacciata. Quel suo segretario mira in alto e cercherà di candidarsi per prendere il suo posto. Più probabilmente, passeranno settimane, se non mesi, in cui l’instabilità e gli intrighi la faranno da padroni.»
«Un brutto momento perché questo accada.» mormorò Dalamar.
«Pessimo. Volevo che Crysania fosse libera, ma non così. La sua immagine deve restare, se non intatta, quantomeno abbastanza pulita da garantirle una forte influenza sui potenti del mondo anche quando si sarà ritirata a vita privata. Un processo la distruggerà.»
«Senza contare che i sicari della Regina Oscura andranno a nozze con la mancanza di protezione in cui si troverà a breve Dama Crysania.» rifletté l’elfo oscuro ad alta voce. Raistlin lo fulminò con un’occhiata, poi tossì forte nel fazzoletto e dovette trascorrere qualche minuto prima che fosse in grado di parlare ancora.
«Lei non ha bisogno di altra protezione che la mia e quella non le manca.- disse, aspro, con voce rotta- Ho necessità che il suo potere rimanga intatto. Lasciare il proprio posto le costerà qualche lacrima e un po’ di rimpianti, ma li supererà.» Tagliò l’aria con un gesto secco, severo con la donna che amava come sarebbe stato con se stesso. «Crysania mi serve potente. Mi serve integra agli occhi del mondo, se non per la sua relazione con me. Anzi, ancora più grande per questo. La vedranno come l’estrema prova del suo buon cuore.- sogghignò, amaro, pieno di disprezzo per la stupidità del mondo- Devono continuare ad amarla. Il vecchio Fizban l’ha benedetta, ma non si metterà a fare bei discorsi in prima persona a quelle pecore dei suoi fedeli. Bisogna pilotare il giudizio dei chierici.»
«Avete già un piano in mente?» chiese Dalamar, suo malgrado ammirato dall’analisi tagliente del suo Shalafi. Non si poteva dire che gli mancasse una visione chiara della situazione!
«Qualche idea ancora informe. Presto saprò come muovermi.- disse Raistlin, poi lo guardò dritto in faccia con i suoi occhi inquietanti- Nel frattempo, tu mi libererai dalla seconda seccatura della serata.»
«Varrebbe a dire?»
«Varrebbe a dire che stai diventando un esperto in sogni premonitori, mio caro apprendista, a meno che non sia la Regina Oscura a mandarti queste visioni.- disse Raistlin, con voce improvvisamente insinuante, appoggiando la testa alla mano sinistra in una posa di divertito sarcasmo- Anche se, a dirla tutta, credo che la novità farebbe piacere alla nostra Signora, in quanto indebolirebbe Katlin in maniera sensibile.»
Dalamar ricambiò lo sguardo, smarrito per quel cambio di atteggiamento.
«Sogni premonitori? Cosa…» D’improvviso, ricordò. Non ne aveva forse parlato al suo Shalafi la sera prima, seppure romanzando le circostanze? L’uomo in armatura che lo minacciava con la sua spada lucente mentre portava Katlin lontano da lui…Dal contorto sorriso che comparve sulle labbra di Raistlin, Dalamar seppe di aver centrato il punto.
«Prima di lasciare la Camera della Visione, ho voluto sincerarmi che i tuoi dubbi fossero solo il prodotto di un errato istinto. A quanto pare, non è così.- disse Raistlin- Paladine ci sta giocando un bello scherzo e io non ho intenzione di lasciargli fare i suoi comodi.»
L’arcimago osservò con studiata indifferenza il volto del proprio apprendista, che passava dal pallido al paonazzo in rapida successione. L’elfo oscuro era geloso marcio e questo andava a suo vantaggio. Non si sarebbe fatto pregare troppo per andare a prendere sua sorella. Magari le avrebbe fatto anche una scenata. Raistlin ormai sapeva che i litigi esplosivi potevano essere origine delle più inaspettate unioni e a questo punto era nei suoi interessi fare sì che Dalamar e Katlin tornassero insieme.
«Quel Cavaliere, Sharphalberd, si sta avvicinando a Katlin. Molto. Troppo. E lei non lo sta fermando.» aggiunse, piantando un altro seme nero nel cuore del suo apprendista.
«Come sarebbe a dire?» mormorò Dalamar, con voce che non riconobbe come sua. Decine di immagini sgradevoli gli riempirono la mente, la sua gelosia galoppante lo mise di fronte a tutto ciò che poteva essere già avvenuto fra la maga e il Cavaliere. L’elfo oscuro sentì una marea rossa salirgli dallo stomaco fino agli occhi, riempiendolo di un istinto omicida che lo spaventò. Lo sconvolse ancor di più rendersi conto di non essere in grado di contenersi davanti al proprio Shalafi, che beveva le sue reazioni con quegli occhi maledetti.
«Dopotutto, anche se è di una razza che le sta sullo stomaco, si tratta di un bell’uomo. Un giovane aitante, protettivo. Gentile con lei, molto. In grado di concederle quelle debolezze che si è sempre negata. Una tentazione su due gambe, se vogliamo metterla in celia.- analizzò Raistlin, crudele- Chissà, forse Katlin non ha ancora rinunciato all’idea di avere una vita normale, felice, e il Dio Paladine gliene vuole concedere l’occasione per sdebitarsi degli sforzi che la mia sfortunata sorella ha dovuto sostenere fino a questo momento. Ora è sola, priva della sua magia, confusa. Un uomo con quel Cavaliere la proteggerebbe per tutta la vita. Lui è disposto a farlo, si è già pronunciato in merito.»
Dalamar, impietrito, lo ascoltò, odiandolo per quello che gli stava dicendo. Non riusciva a capire quanto di vero c’era nelle parole del suo Shalafi, ma riteneva che la percentuale fosse dannatamente alta. In caso contrario, non sarebbe andato a svegliarlo in piena notte in un impeto di ira terribile. Il pericolo c’era, era evidente.
«Stanotte sono andati molto vicini a…» mormorò Raistlin, lanciando il suo ultimo affondo. Andò a segno. Dalamar si alzò in piedi di scatto, i pugni stretti per l’ira, le labbra aperte in un ringhio assassino. C’era ben poco di elfico in lui, in quel momento. Raistlin smise di giocare.
«Voglio che tu vada a prenderla subito. Caramon, con tutta evidenza, non è in grado di badare a lei e non ho intenzione di lasciare che il viaggio unisca quei due ancora di più. Il giovane Brightblade può arrangiarsi.- gli ordinò, secco- Bisogna estirpare questi sentimenti dal cuore di Katlin prima che attecchiscano. Portala qui, ci metteremo d’impegno per ridarle la magia e riprenderemo i nostri piani da dove si erano interrotti, che lei lo voglia o no. Non si gioca più. Non ne abbiamo il tempo.»
«Dove…la trovo, Shalafi?» quasi balbettò Dalamar. Non vedeva l’ora di fare conoscenza con quello Steven Sharphalberd. E di dirgli addio.
«Al momento è sulla strada per il nord, ma hanno deviato nel villaggio di Atony a causa di una tempesta improvvisa. Seguiranno comunque la strada. Arrivaci per via magica, farai prima.»
«Parto immediatamente, Shalafi.- disse Dalamar, cercando di riprendere il controllo di sé- Se Katlin scegliesse una vita senza magia, ci ritroveremmo tutti nei guai. Takhisis canterebbe vittoria. Avete ragione, non c’è tempo da perdere.»
Si voltò, dirigendosi verso la porta. La voce di Raistlin lo fermò.
«Non uccidere il Cavaliere.- lo gelò- Qualunque cosa accada, non ammazzarlo. Abbiamo già abbastanza problemi senza che ti si accusi di aver ucciso un Cavaliere di Solamnia. Teniamo con loro rapporti molto delicati.»
«Shalafi…»
«Senza contare che mia sorella ti odierebbe per tutto il resto della sua vita.» aggiunse Raistlin, facendogli cadere in cuore la tenebra del Boschetto di Shoikan. Dalamar fissò il proprio maestro, cercando disperatamente qualcosa da dire, poi annuì, sconfitto.
«Come desiderate, Shalafi.- disse, amaro- Ma se…se Sharphalberd non si arrendesse? O, peggio…» Deglutì a vuoto. «…se Katlin fosse veramente innamorata di lui e volesse vivere la sua vita di donna?»
Negli occhi di Raistlin balenò di nuovo quel fuoco che lo riempiva di terrore. L’arcimago fece un sorrisetto.
«In quel caso, Dalamar, a Steven Sharphalberd penserò io.»

***

«Lord. Lord, svegliatevi.»
La voce fece aprire gli occhi di Ariakan. Il giovane fece una smorfia nel vedere che era ancora notte, poi una candela venne accesa accanto a lui. Si alzò a sedere, seccato con l’intruso che aveva interrotto il suo sonno.
«Dovevi proprio venirmi a svegliare in piena notte?! Spero tu abbia un buon motivo.» ringhiò, passandosi una mano tra i folti capelli e lanciando un’occhiata fulminante all’uomo in abiti dimessi. Questi chinò il capo in segno di scuse. Ad un’occhiata distratta, lo smilzo e curvo soggetto in abiti dimessi che ora stava armeggiando con la candela poteva sembrare un qualsiasi servo della fortezza solamnica in cui il figlio del tanto temuto Ariakas era tenuto prigioniero, ma la maligna intelligenza nei suoi occhi scuri faceva presupporre che occupasse un gradino gerarchico piuttosto diverso.
Latan Ponkert era, in effetti, il capo delle Vesti Grigie che stavano architettando la sua fuga dalla prigione dei Cavalieri di Solamnia. Quegli sciocchi non sapevano che il servo addetto ai pasti era in realtà un mago rinnegato sotto mentite spoglie!
Per lungo tempo, Ariakas era stato tenuto all’oscuro dei grandi avvenimenti che avevano insanguinato Krynn. Conosceva l’identità di suo padre, sapeva che era stato ucciso da Tanis Mezzelfo in quanto nemmeno la rigida educazione dei Cavalieri poteva far tacere l’entusiasmo nel momento della vittoria. Era stato imprigionato a vita, convinti com’erano che, se libero, avrebbe seguito le orme di suo padre. Beh, non avevano tutti i torti.
Le forze al comando della Regina Oscura avevano preso contatto con lui da tempo, ormai, aspettando l’occasione giusta per farlo fuggire. Questa si sarebbe presentata presto, il momento dell’evasione si avvicinava, sollecitato anche dall’intenzione dei maghi della Torre di Wayreth di aggiungere alla sorveglianza armata anche quella magica.
Ariakas era ben informato. Di quando in quando, Latan usava la magia per raggiungere le sue stanze nelle ore notturne e metterlo a parte degli ultimi avvenimenti. I Cavalieri erano ignari del fatto che la loro stretta sorveglianza veniva beffata con tanta facilità dalle arti magiche che odiavano.
«Vi assicuro che le notizie saranno di vostro interesse, Lord.- disse Latan, con voce appena percettibile, ricordandogli di tenere la voce bassa- Si avvicina il momento in cui sarete libero.»
«Sarebbe anche ora.- borbottò il giovane- È cambiato qualcosa? Ci sono novità?»
«Ricordate che vi ho parlato del giovane Brightblade?» chiese il mago, sollevando un sopracciglio. Ad Ariakan non piacque la lieve ironia. Presto avrebbe fatto capire a quegli stupidi maghi che esigeva maggiore rispetto.
«Il figlio di Sturm Brightblade.» disse, laconico.
«E di Kitiara Ut Mathar.- aggiunse Latan, sollevando un dito con una certa pedanteria- Una pedina importante per i futuri piani della nostra Regina. Un valente guerriero che potrà esservi utile, Lord, se tornerà nelle nostre mani.»
«Sì, ricordo che ve lo siete lasciati sfuggire. Ve l’hanno rapito Tanis Mezzelfo e i fratelli Majere, o sbaglio?- fece Ariakan con sarcasmo, apprezzando la smorfia di dispetto che solcò per un attimo il volto del mago- Mi stai dicendo che l’avete riacciuffato? O devo credere che sia alla nostra porta a pregarci di intraprendere la Via Oscura?»
«Non è necessario fare del sarcasmo, Lord. Stiamo lavorando anche per voi.- disse il mago, aspro- La novità è che i Cavalieri lo hanno mandato a prendere. Presto ci cadrà tra le braccia.»
«Verrà qui?» chiese Ariakan, corrugando la fronte. Il mago annuì.
«Quando sarà tanto vicino a voi, attueremo la sua cattura…e la vostra fuga, finalmente. I nostri piani stanno tornando alla forma originaria.» sussurrò.
Il giovane uomo si alzò e andò alla finestra, cercando di contenere l’ansia e la gioia al pensiero della propria libertà. Guardò i Cavalieri di guardia, nel cortile sotto di lui, e riservò a tutti un pensiero di puro odio. Avrebbe voluto ucciderli uno per uno. Al contempo aveva imparato molto da loro, più di quanto sospettassero. Un giorno li avrebbe ripagati con la stessa moneta.
«Manca poco, dunque.- mormorò- E i Majere?»
«Nessuna nuova, purtroppo.» fu costretto ad ammettere il mago.
«Vanno uccisi.»
«Ne siamo consci, ma al momento Raistlin Majere è al sicuro nella sua Torre. Sua sorella è inerme, senza magia. Non può più farci danno, dopo la terribile esperienza cui la nostra Regina l’ha sottoposta.» riassunse Latan, non senza astio. A causa dei Majere, quasi tutti i maghi Grigi erano morti e la matrice del medaglione che Latan e pochi altri ancora indossavano era andata perduta, costringendoli a lambiccarsi il cervello per permettere al proprio ordine di sopravvivere.
«Un buon motivo per farla fuori con poco sforzo. Costringiamo Raistlin Majere a infuriarsi con noi. Di solito gli uomini commettono errori quando vengono loro toccati gli affetti.» disse Ariakan, tornando a voltarsi verso il mago. Il suo volto avvenente era gelido, terribile.
«Raistlin Majere non è un uomo come tutti gli altri, dovreste saperlo.» gli ricordò Latan.
«Se anche ci sbagliassero, avremmo pur sempre tolto di mezzo uno di quei dannati Majere.- tagliò corto il giovane, poi fece un sorriso tagliente- Dov’è lei ora?»
«A quanto ne sappiamo, scorta il giovane Brightblade.» borbottò il mago.
«E allora mandate dei sicari a farla fuori e rapite il ragazzino. Devo dirvi tutto?! Voi e la vostra flemma! Dopotutto non siete voi a subire la prigionia, logico che non abbiate problemi ad aspettare che arrivino a Palanthas.- sbottò Ariakan, e nei suoi occhi brillò un’eredità della terribile ira paterna- Date un colpo deciso a quei maledetti ficcanaso, Latan. Sono stufo di aspettare!»
Latan corrugò la fronte, con una smorfia, poi annuì.
«Come volete. Tenteremo un attacco discreto ma efficace.» disse, poco convinto. Fino a quel momento, tutti i loro attacchi si erano risolti in un’ulteriore perdita delle loro già scarse forze. Decise all’istante che non avrebbe mandato maghi: solo draconici. Quella vipera di Katlin Majere doveva essere protetta dagli attacchi magici grazie all’arte del fratello, altrimenti sarebbe stata pazza a mettersi in viaggio; era più sicuro usare le semplici e mortali armi dei sicari al loro servizio.
Ariakan annuì con approvazione, comprendendo che il mago stava già formulando un piano.
«Conto su di te, Latan.- disse- E la prossima volta che verrai a trovarmi, voglio che sia per farmi uscire da qui.»

   
 
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