è ciò che ho da quand'ero in culla,
e né fiumi, né coltelli, né trine
han mai reciso la tragica bolla
che m'opprime alla fuga,
che mi spinge nel vuoto
e la fronte mi ruga
di un nonsenso ormai noto.
Perché un groviglio parte dalla mente,
viaggia nello stomaco e negli occhi;
e non c'è capo, non c'è coda, non c'è niente:
è solo il paradiso degli sciocchi,
dei sentimenti fugaci nel ventre,
divorati dalla fame, ignari
di un cullare abissale e putrescente.
Note dell'autrice:
So che le ultime poesie che sto scrivendo sono più scadenti delle altre: questo è decisamente un periodo-prosa e in realtà non so perché io mi ostini a scrivere poesie. In ogni caso, questa qui mi è troppo simpatica (!) perché io mi astenga dal pubblicarla.
Inoltre, ho deciso di cancellare il capitolo precedente: non era realmente una poesia, e spero di restaurare qualche spunto interessante che conteneva quando mi sentirò pronta.
Grazie a coloro che leggono, grazie a coloro che commentano, che seguono la mia decadenza: quest'anno volevo cercare i colori, ma li sto perdendo inesorabilmente.
Mi riprenderò, statene certi, i fiumi scorreranno ancora. Ma, ecco, per ora vi racconto questa.
l_s