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Autore: Beatrix Bonnie    15/07/2011    2 recensioni
Extraiures, fuorilegge... o meglio, fuori dagli schemi. Questo è il racconto della vita e dell'amicizia di Reammon e Septimius, due maghi irlandesi che hanno imparato ad andare oltre i pregiudizi del loro tempo e a vivere fuori dagli schemi.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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Vecchi ricordi

Settembre 1991, Trinity college

Erano ormai dodici anni che Septimius si sentiva chiamare professor Saiminiu dai giovani apprendisti maghi che erano passati sotto le sue grinfie. Inizialmente aveva tenuto solo la cattedra di Latino e Irlandese, ma alcuni anni dopo aveva convinto il professor Captatio a inserire tra le materie a scelta del terzo anno anche Magicologia Irlandese, insegnamento di cui lui stesso aveva provveduto a stendere il programma.
La lezione più divertente dell'anno era senza dubbio quella con i nuovi studenti: i ragazzini che venivano al Trinity erano sempre facilmente impressionabili e Septimius si divertiva a terrorizzarli almeno un poco.
Quell'anno Septimius non era riuscito ad essere presente allo Smistamento con il cerchio magico, perché aveva avuto delle faccende burocratiche da sbrigare e si era presentato al banchetto solo quando i nuovi studenti erano già seduti ognuno al tavolo della propria casa. In questo modo non aveva potuto sentire i loro nomi né vedere le loro facce, ma si sarebbe rifatto l'indomani mattina, alla loro prima lezione.
Arrivò in aula leggermente in ritardo, quando i ragazzini erano già tutti seduti al loro posto. Riservò loro uno sguardo torvo e crucciato, facendo trasalire un paio di ragazzette dei Llapac in prima fila. Dopodiché si posizionò dietro la cattedra e li squadrò con serietà.
Era arrivata l'ora di fare il suo discorsetto introduttivo.
«Questo non è un corso per fannulloni» decretò con la sua voce roca e profonda, che strideva con la carnagione smunta e la fisionomia longilinea. Gli piaceva parlare con lentezza e scandire bene le parole, come per assicurarsi che tutti potessero seguire il suo discorso.
«Non ci sarà un inutile svolazzare di bacchette durante le mie lezioni. Quello che vi dovrò insegnare va ben oltre ciò che imparerete con gli altri professori. Io vi posso aprire la mente ad infinite prospettive, perché se saprete padroneggiare bene il latino e l'irlandese, le porte del mondo della magia vi saranno aperte dinnanzi e potrete creare nuovi incantesimi, capire il significato e il senso profondo di quelli già esistenti. La PAROLA vi darà il potere di piegare la magia al vostro volere».
Conclusa la sua presentazione ad effetto, Septimius osservò le reazioni degli studenti; lo colpì in particolar modo un ragazzino seduto in prima fila, con la divisa verde dei Raloi: i suoi occhi azzurri e penetranti scintillavano per la brama.
Septimius gli rivolse un sorriso incoraggiante, poi continuò: «Ma per ottenere tutto ciò, avrete davanti anni di impegno e studio intenso. Altrimenti accontentatevi di raggiungere la sufficienza per essere promossi. A voi la scelta».
Dopodiché prese il registro e cominciò a fare l'appello: quando Septimius li chiamava, i ragazzini si alzavano in piedi per presentarsi. «Alabacor Henry» chiamò il professore e un ragazzetto paffutello dei Llapac si alzò maldestramente in piedi.
Septimius continuò l'appello, chiamando due ragazzi dei Nagard.
Ma fu quando il suo occhio si soffermò sul nome successivo che il cuore gli saltò un battito.
Non era possibile... quel cognome! Eppure...
«Boenisolius Mairead» sussurrò titubante.
Una ragazzina con la divisa dei Raloi si alzò da uno dei banchi in fondo all'aula. Sebbene fossero distanti, Septimius riuscì ad intravedere il verde luminoso di quegli occhi che lo fissavano. Non avrebbe mai potuto dimenticare quegli occhi: erano dello stesso taglio e dello stesso brillante colore di quelli di Reammon.
Quella doveva essere sua figlia.
Per di più, seduto al suo fianco, stava un ragazzino biondo con la divisa rossa dei Nagard. Di due case diverse, per di più rivali... era un'amicizia strana la loro.
Case rivali, Inglesofilo e Sanguinista, contro le regole... come gli Extraiures.
La ragazzina si stava rivelando una degna figlia di suo padre.
Erano passati diciotto anni dall'ultima volta che lui e Reammon si erano visti e Septimius era ormai convinto che quella vita appartenesse al suo passato. Invece una marea di ricordi gli invase la mente, momenti che credeva di aver dimenticato, ferite che non erano ancora state sanate.
Quando finì l'ora, Septimius schizzò fuori dall'aula come se avesse paura di restare chiuso lì dentro un secondo di più.
Era confuso, principalmente, ma anche spaventato da quella marea di immagini che ora popolavano la sua mente. Quegli ultimi anni passati al Trinity lo avevano aiutato ad uscire dal tunnel di oscurità in cui era piombato dopo la morte di Priscilla: dedicarsi al latino e ai suoi studenti gli aveva ridato la vita e lentamente aveva imparato a convivere con il suo dolore e a superare la perdita della sorella e del migliore amico.
Ma era convinto che la sua adolescenza fosse ormai qualcosa di lontano, come delle vecchie fotografie rinchiuse in uno scatolone. Non era più entrato nel covo degli Extraiures, convinto com'era che sarebbe stato meglio lasciare nel passato ciò che al passato apparteneva.
Certo, non era improvvisamente diventato un simpatico burlone, visto il suo carattere introverso. Adorava ancora andarsene in giro vestito di nero, con quell'aria un po' decadente e dannata di chi ha in odio tutto il mondo tranne se stesso, e non aveva stretto nessun legame particolare con i colleghi, se non con la professoressa Sidera O'Elan, che insegnava Artimanzia ed era di qualche anno più grande di lui.
Non avrebbe mai immaginato che i ricordi sopiti nella sua memoria potessero ricomparire nuovamente alla sola vista della figlia di Reammon. Forse era stata l'incredibile somiglianza tra i due, gli stessi occhi verdi, lo stesso colore di capelli, perfino le stesse piccole rughe intorno alla bocca quando sorridevano; o forse era stato il fatto che la ragazzina era seduta a fianco di un Nagard, ma quella semplice vista gli aveva sbloccato una valanga di immagini, scene ed emozioni che credeva di aver dimenticato.
Gli venne in mente improvvisamente quella volta in cui si erano buttati giù dalle scogliere con le scarpe di Hermes, suggellando con una folle risata la loro amicizia. Oppure si ricordò di quando Reammon aveva duellato con Augustus MacDivus al quinto anno, facendo ingoiare al suo avversario il manico di scopa su cui si pavoneggiava continuamente e meritandosi una punizione di un mese e cinquanta punti in meno alla sua casa.
E si ricordò anche di quando avevano scoperto il passaggio segreto nell'aula degli scacchi: si erano fermati fino a mezzanotte a giocare, perché Reammon non riusciva ad accettare di venir sconfitto ogni volta. Era successo che Reammon si era intestardito a voler usare la scacchiera nell'angolo, quella con i pezzi che non rispondevano ai comandi dei giocatori e con il re e la regina neri invertiti di posto. Frustrato dalle continue perdite e dai pezzi che si beffavano dei suoi comandi, Reammon aveva cominciato a dare ordini a casaccio, finché non aveva indovinato per caso quello giusto: regina nera in E-7.
Allora, sotto i loro occhi, si era aperta un'arcata nella parete che dava su un lungo e buio corridoio. Un'altra stanza segreta, come quella dove avevano fondato il covo.
Fu da quel momento che avevano deciso di indagare in tutto il castello alla ricerca di altri passaggi segreti; scoprirono alcune stanze nascoste, l'ingresso delle cucine, ma soprattutto il cunicolo che partiva da sotto il ponte che collegava l'isola alla terraferma e portava fuori dal Trinity. Si trattava di una risorsa inestimabile: la possibilità di uscire dal territorio della scuola senza essere visti.
«Septimius!» esclamò qualcuno alle sue spalle, strappandolo dal fiume di vecchi ricordi che lo aveva travolto. Ma anche la voce di quell'uomo pareva appartenere al suo passato. Gli ricordava tantissimo...
«Rafael?» mormorò voltandosi verso chi aveva appena parlato. Erano passati anni, ma quel taglio a spazzola e gli espressivi occhi azzurri un po' infossati, incorniciati dagli occhiali rettangolari, erano inconfondibili.
«Sono padre Rafael, ormai. Concluso il Trinity sono entrato in Seminario e sono stato ordinato sacerdote» rispose Rafael, indicando il colletto bianco e la croce appuntata sulla giacca. Aveva ancora un volto giovanile, che lo faceva apparire più giovane dei suoi trentatré anni. Il suo sorriso era sincero, generoso e a prima vista non c'era più traccia del ragazzino esagitato che faceva a pugni con chiunque. Era cambiato, era cresciuto, ma sembrava sempre lo stesso.
Ma che ci faceva al Trinity?
«Sei tu che hai sostituito Padre Joseph» arguì Septimius, ricordandosi improvvisamente che il precedente cappellano della scuola era andato in pensione proprio l'anno scorso.
Rafael sorrise e accennò un sì con il capo. «Esatto. Ho appena concluso il dottorato in Teologia a Roma e quando mi è stato offerto questo incarico, ho accettato di buon grado. Fa uno strano effetto tornare al Trinity, con tutti i vecchi ricordi che aleggiano qui intorno» disse guardandosi in giro, come se si aspettasse di veder spuntare dai muri i fantasmi della sua adolescenza.
«Già» mormorò Septimius sommessamente.
«Tu che hai fatto in tutti questi anni?» chiese allora Rafael, felice di aver ritrovato il suo amico dopo tutto quel tempo.
«Mah, niente di che... insegno Latino e Irlandese dal lontano 1978» rispose Septimius vago. In realtà non gli andava molto di parlare con Rafael: non che non gli stesse simpatico, ma rappresentava un altro doloroso collegamento con la sua adolescenza al Trinity.
Rafael, però, non parve cogliere i segnali impliciti e anzi rincarò la dose. «Ehi, hai saputo? C'è la figlia di Reammon quest'anno al Trinity. Una Raloi, tutta suo padre» esclamò gioviale. Per lui era impossibile non collegare le due coincidenze, l'incontro con il vecchio amico Septimius e la presenza della figlia di Reammon a scuola.
«Sì, ho saputo» mormorò Septimius, desideroso come non mai di darsela a gambe. Ma prima che il suo cervello potesse impedirglielo, la sua bocca aveva già formulato un'altra domanda: «Vi vedete ancora? Con Reammon, intendo?»
Si pentì subito di quella richiesta, ma ormai era fatta.
Rafael fece un sorrisetto amaro. «Non di recente: l'ultima volta che l'ho incontrato è stato un paio di anni fa. Ma ci teniamo in contatto via gufo» spiegò. «Sai, si è un po' chiuso in se stesso, ultimamente. Temo che non veda più molta gente da quando gli è morta la moglie».
«Mary Weasley è morta?» domandò scioccamente Septimius.
«Da sette anni, ormai. Uccisa dall'EIF» rispose Rafael, chinando il capo.
La notizia colpì improvvisa, lasciando Septimius di stucco. Sotto sotto, l'aveva sempre odiata, per avergli portato via Priscilla e poi per averla tradita e abbandonata, ma non si sarebbe mai sognato di augurarle una cosa del genere. Il suo pensiero corse immediatamente a Reammon: doveva esserne rimasto distrutto. E, forse, così come lui avrebbe affrontato meglio la morte di Priscilla se avesse avuto il suo amico a fianco, allo stesso modo Reammon avrebbe potuto trovare un appoggio in lui... se solo fossero stati ancora amici.
«Senti, Septimius» cominciò a dire Rafael. «Io non so cosa successe tra di voi e, sinceramente, non voglio nemmeno saperlo. Ma, benedetto san Patrizio, eravate come fratelli! Due compagni di avventure! Un legame come quello non si può mai spezzare del tutto. Pensaci».
Seprimius distolse lo sguardo dal suo interlocutore. Credeva di aver superato la cosa, invece era bastato un niente per far riemergere tutti i vecchi ricordi.
Forse Rafael aveva ragione, ma come avrebbe fatto a ricucire un rapporto ormai lacero?
Rafael gli mise una mano sulla spalla e gli rivolse un sorriso incoraggiante. «Se hai bisogno di parlare con un amico, la porta della mia chiesa sarà sempre aperta».
Finalmente Septimius alzò gli occhi sul suo volto.
Rafael aveva un sorriso sereno, ma allo stesso tempo sottilmente scaltro. «Ricordati che non è mai troppo tardi per fare la scelta giusta».





Eccoci qui con l'ultimo capitolo! Abbiamo fatto un bel salto in avanti, questa volta: di ben 13 anni, ovvero nel 1991 quando Mairead & co arrivano al Trinity per il loro primo anno. Questa lezione è la stessa descritta al capitolo 4 de “La lancia di Lugh”; il ragazzino in prima fila con gli occhi azzurri è ovviamente Edmund, quello con la divisa dei Nagard vicino a Mairead è Laughlin! ;-)
Ed è ricomparso anche Rafael, ormai padre Rafael come fa notare anche lui! Giovane prete pieno di entusiasmo, avrà un ruolo importante nella vita di Septimius da questo momento in poi (si veda per esempio, il capitolo 17 de “La setta degli Eletti”), fino a... be', fino a cosa lo saprete nell'epilogo di martedì!
Grazie a tutti, alla prossima!
Beatrix


EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi!

   
 
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