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Autore: Lucy_lionheart    15/07/2011    0 recensioni
"Non capisco." iniziasti, "a che serva questo unire."
Eppure sapevi tutte le cause, seguivi i conflitti e se vedevi il nome di quell'uomo su un giornale finivi per comprarlo due minuti dopo. Ma il voler far guerra... " Vediamo... " Rispose lei, con un'enfasi che solo in quella parola ti travolse. "Come ti sentiresti ad avere un corpo spezzettato?[...]

Storia classificatasi tra le premiate del concorso letterale "Mariella Gennai", indetto annualmente dal comune di Massa Marittima, che quest'anno come tema proponeva "L'Unità D'Italia", in onore del 150° anniversario.
Si racconta di un futuro garibaldino massetano, Ettore Comparini, ben poco convinto dei fatti che stanno avvenendo e di una misteriosa ragazza senza nome che riuscirà a smuoverlo, il tutto sullo sfondo del mare di Cala Martina, in Toscana.
Spero che gradiate!
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Il Nome Del Mare.  ~






Pini;
pini e sabbia, nient'altro attorno a te.
Iniziavi veramente a pentirti di aver seguito quei tre grandi uomini, infilandoti nel loro mezzo di trasporto e arrivando lì come un fuggitivo di guerra; ma non eri l'unico, nel gruppetto, a meritare tale appellativo!
E proprio per tale motivo ti stavi bucando i piedi sugli aghi dei pini di Cala Martina.
Camminasti ancora e ancora, seguendo nel buio della foresta la piccola fiammella della lampada a gas che Riccardo, Giulio o Annibale Lapini stavano tenendo in mano.
Ad un certo punto ti accorgesti che gli aghi sotto i tuoi piedi iniziavano a comparire, sostituiti da qualcosa di duro e appuntito.
"Maremma, qui andiamo di male in peggio!"
pensasti, prima che un rumore dolce ti carezzasse le orecchie; curioso, aumentasti il passo, finendo con il percorre a corsa una distanza bastante a farti venire il fiatone, seguendo la luce che ben presto venne sostituita da una molto più grande e luminosa: quella della luna.
Il mare, era la prima volta che lo vedevi!
Dopo un primo attimo di stupore ricordasti il perchè eri lì e gli occhi volarono dall'acqua alla terra: c'era una barca, davanti a te. Dentro questa due uomini e fuori altri tre, in cui riconoscesti i Lapini e, soprattutto, tre paia di occhi che ti guardavano tra rabbia e stupore.
"Giusto, dovevo rimanere nascosto.".

<< Ettore! Cosa diavolo ci fai qui!? >>
Annibale si avvicino a grandi passi, afferrandoti per il collo della maglia.
<< Volevo vedere, solo vedere! >>
Urlasti, cercando di schiaffeggiare la mano del tuo aguzzino, che fu ancor più innervosito da tale gesto.
<< Bene, ora che hai visto stattene buono! >>
Annibale girò gli occhi sull'uomo che stava seduto sulla cima della barca, impegnato a caricare pipa e fucile con polveri ben diverse.
<< Ci scusi, signor Garibaldi. >>
"Oh, allora è lui!"
Pensasti, con una nota di delusione.
Era quello il famoso "Eroe"? Ai tuoi occhi da bambino di otto anni sembrava solo un vecchio che, se non avesse fatto attenzione, sarebbe esploso come una miccia fumando la sua pipa.
Quello ti sorrise e fece un segno di non curanza al Lapini che, in uno sbuffo, ti mollò in malo modo.
Ti allontanasti, incespicando tra quei maledetti sassi.
Dopo poco il vecchio, che vecchio proprio non era,  strinse la mano ai compagni e la barca partì. Tu osservasti, rannicchiato su uno degli scogli.
Quel Garibaldi ti restava decisamente antipatico.








<< Ettore! Svegliati, Ettore, è mattina! >>
Apristi gli occhi, mormorando un'imprecazione; volevi dormire ancora, ma la voce di tua madre era peggio di una tromba di leva. Tromba di leva che, l'anno a seguire, ti sarebbe toccato sentire per davvero.
Ma chi te lo faceva fare di andare in guerra? Ogni giorno in cui aprivi gli occhi nella confusione del Granducato non era che un altro giorno in meno all'arruolamento.
Ancora una volta ti alzasti, ancora una volta ti preparasti e ancora una volta scendensti giù in paese.
Avevi deciso di goderti quegli ultimi giorni di vita (perchè, sì, eri convinto che in campo di battagli ci avresti lasciato le penne al primo sparo) giocando e... vivendo, semplicemente.
Che avresti potuto fare quel giorno? La memoria della notte precedente ti aveva dato un'idea, però; così ti eri messo un cappello sui capelli neri, avevi preso un telo e qualcosa da mangiare e il primo mezzo diretto verso la tua pensata.











Cala Martina.
Era da quella notte che non ci andavi!
La spiaggia era rimasta la stessa, con quegli odiosi sassi che, a distanza d'anni continuavi ad odiare come la prima volta.
Era marzo e su di essa non vi era anima viva; o almeno, a te così sembrava.
Buttasti a terra borsa e scarpe, iniziando a toglierti i vestiti con l'idea di farti un bagno; non era esattamente caldo, però...
<< Ehilà! >>
La voce ti prese in contropiede, facendoti quasi strozzare con la maglia che ti stavi togliendo e con la reazione di far scoppiare in una cascata di risatine cristalline la voce misteriosa.
Ti voltasti verso la fonte: una ragazza, avente forse sedici anni come te, vestita di una sottoveste candida come la sua pelle e i suoi denti, incorniciati da un sorriso roseo.
<< 'Giorno...! >>
Mormorasti, abbastanza sorpreso; di trovarti solo con una bella ragazza su quella spiaggia proprio non l'avevi programmato! Quella si sedette sul tuo telo e, senza chiederti minimamente il permesso, prese e addentò una delle pagnotte che ti eri portato da casa.
Al tuo sguardo confuso sorrise, ma con una punta d'amarezza.
<< Tranquillo, in futuro ti porterò via qualcosa di ben più grande di un pezzo di pane. >>
<< Sarà, ma intanto mi hai mangiato il pranzo. >>
Rispondesti, sorridendo e sedendoti accanto a lei. Buffo, quella strana figura ti attraeva come mai nessuna ragazza, anche molto più bella, aveva mai fatto.
<< Come ti chiami? >>
<< Ettore Comparini. >>
<< Bene, Ettore. Domani tornerai? >>
La risposta quasi urlò nella tua testa.
<< Certo che sì. >>


Tornasti in quell spiaggia il giorno dopo, il giorno dopo ancora e così via; la solare ragazza dai capelli rossi aveva iniziato a far diventare rosso anche il tuo viso; ogni volta che le chiedevi il nome, però, lei diceva che te l'avrebbe detto il giorno a seguire. Ci cascavi sempre.
<< Sai che c'era, lì? >>
Ti disse, in un mercoledì soleggiato, indicando un punto. Oh, eccome se lo sapevi.
<< La barca con cui è fuggito Garibaldi. >>
<< Bravo! >>
Sbuffasti, grattandoti la testa.
<< Non capisco. >> iniziasti, << a che serva questo unire. >>
Eppure sapevi tutte le cause, seguivi i conflitti e se vedevi il nome di quell'uomo su un giornale finivi per comprarlo due minuti dopo. Ma il voler far guerra...
<< Vediamo... >> Rispose lei, con un'enfasi che solo in quella parola ti travolse. << Come ti sentiresti ad avere un corpo spezzettato? Un corpo tuo... ma che in realtà non lo è! Una marionetta divisa in tante parti e mossa da tanti marionettisti. Un corpo che potrebbe avere una sua volontà, eccome se potrebbe! Dimmi, che sensazione ti dà quest'immagine? Bella, per caso? >>
Il discorso ti spiazzò, non avevi mai pensato in quei termini; facesti segno di diniego.
<< Ecco. >> Continuò, con voce tremante. << Fai come se fosse il mio corpo. Il desiderio più ovvio che potrei avere è il tenerlo tutto insieme e controllarlo. >>
Si voltò verso di te e notasti i suoi occhi bagnati.
<< Ettore, tu non realizzeresti questo mio sogno? >>
Il cuore ti battè ad una velocità inumana, le parole di lei echeggiarono nella tua testa.
E, come la prima volta, la risposta ti parve ovvia.
<< Sì. >>
Lei sorrise. Mai come in quel momento i suoi occhi verdi ti erano sembrati evanescenti.






Il giorno dopo sparì, non la trovasti più sulla spiaggia di Cala Martina.
Diciasettenne, ti arruolasti volontariamente, con le parole udite quel giorno che erano diventate un'ossessione, una convinzione, un credo, e, poco dopo,  venisti a sapere che tanti tuoi compagni avevano incontrato la stessa figura di cui ti eri innamorato, ma solo lo stesso Garibaldi ne conosceva il nome.
Il giorno in cui vi trovaste nello stesso reggimento (chissà se aveva riconosciuto il piccolo intruso del 1849) gli chiedesti con il cuore in gola quel nome.
Lui sorrise.
<< Il suo nome? Quella donna è quella che amiamo tutti noi. Si chiama... >>





Ai tuoi funerali, più affollati di quello che avevi immaginato, tutti piangevano.
Tra la folla lacrimosa si distingueva in prima fila una donna: aveva gli occhi verdi, la pelle bianca e i capelli rossi; sulla pelle aveva delle strane cuciture, a differenza di tutti era vestita di candido e, tra le lacrime, mostrava un sorriso timido e riconoscente.
Era la donna che più di qualunque altra avevi amato, per cui avevi combattuto ed eri morto.
Il suo nome, adesso, lo conoscevi.


Era, ed è, Italia.





















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Umh, sì... per l'ennesima volta non so che dire nelle note finali!
Questa storia si è classificata tra le premiate del concorso letterale "Mariella Gennai", indetto annualmente dal comune di Massa Marittima, che quest'anno come tema proponeva "L'Unità D'Italia", in onore del 150° anniversario.
Protagonista di questa mia storia è un personaggio storico di Massa Marittima, tale Ettore Comparini, così come lo sono anche i fratelli Lapini.
Una cosa che mi ha stupito è stato il discorso di Benigni fatto al festival di San Remo, avvenuto poco dopo la scadenza del concorso ( programmata per il 14 febbraio... le coppie si regalavano i fiori e io cercavo come un'ossessa  un cd per inviare tutto! ) ; anche lui ha usato la similitudine del corpo! Bello, aver avuto un pensiero simile a quello espresso a una delle persone che più ammiro!
Spero che gradiate! 
Critiche sia favorevoli che costruttive sono ben accette! ( più che ben accette, a essere sinceri! )


_ Lancelot.


   
 
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