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Autore: Vespa    20/03/2006    1 recensioni
Se Hitomi tornasse su Gaea?
E se all'orizzonte si prospettasse una nuova guerra?
Bhe', se volete trovare risposta a questi interrogativi, basta leggere.
Buon divertimento.
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Mi scuso con tutti i fan di Hitomi e Van O_O, non linciatemi...ve ne prego!
Hitomi, dopo aver letto l' ultimo capitolo, mi voleva denunciare, snif ç_ç !!!
(Denunciare???? Ma io ti uccido con le mie stesse mani!ndH; calma siamo in un paese civile...nda; ma che civile e civileeeee... hai fatto baciare il mio uomo con una sconosciuta, te ne rendi contooooooo? Il primo bacio, Van lo doveva dare a meeee!!!ndH *Hitomi impugna un coltello da macellaio e con gli occhi inniettati di sangue si avvicina all'autrice*; Hitomi, hai un' aria che non mi convince...Aiu....nda)
Non so bene se questo bacio a Van è dovuto al fatto che non adori particolarmente Hitomi (certe volte è davvero pallosa, poi sviene sempre...e che palle, se soffri di pressione bassa mangiati più cioccolatini!).
Aiuto, qui le cose si stanno facendo incandescenti; meglio fuggire da Fanelia e andare da delle nostre vecchie conoscenze...
E con le malinconiche note di Sally e di un Blasfemo (di De Andre' ) che mi fanno da sottofondo, comincio a scrivere il 4° capitolo!
Mi raccomando, commentate...ç_ç




CAP 4

Asturia - Palais.
Millerna si attorcigliava, nervosa, una ciocca di capelli biondo oro all' indice.
Guardò la sua immagine riflessa allo specchio e pensò che era diventata una donna a tutti gli effetti.
La realtà non poteva essere più lontana; non era una donna, era una ragazzina nel corpo di un' adulta.
Non era cresciuta, come si era ripromessa di fare.
Quel pomeriggio sarebbe giunto al palazzo il cavaliere celeste di Asturia Allen Schezar.
Si stupì di aver pensato all' uomo in modo così formale; infondo, per lei, lui era sempre stato, semplicemente, Allen.
Quante cose erano cambiate da quando si era sposata. Non poteva contarle, erano troppe.
Forse, non erano poi così tante; in realtà, il vero cambiamento era stato solo uno: aveva rinunciato al suo unico grande amore, ad Allen.
Adesso, era una donna sposata, non poteva più comportarsi come un' adolescente in balia dell'emozioni.
Aveva un regno da guidare, non poteva metterlo a repentaglio per una relazione incestuosa.
Eppure lo desiderava.
Voleva molto bene a Dryden, sapeva che l' uomo l'amava profondamente, ma per lui provava un affetto paragonabile a quello fraterno.
Lanciò un' ultima occhiata verso la sua immagine riflessa, sistemandosi i lunghi capelli biondi.
"Che civetta che sono!" sospirò, quasi rassegnata.
Sapeva di voler apparire nel massimo del suo splendore agli occhi dello spadaccino; voleva che lui cadesse ai suoi piedi, quando, era conscia, che non ci sarebbe stato un futuro per loro due, insieme.
Chissà se Allen l'aveva mai amata, forse aveva solo proiettato l'immagine di Marlene su di lei.

Quando giunse nella sala reale, Allen era già lì.
Dryden in quei giorni era impegnato con alcuni scambi commerciali nel regno di Egzardia, quindi, sarebbe stata sola a riceverlo.
Millerna cercò di assumere un' aria austera e dignitosa, nascondendo l' emozione che la vista dell'uomo le provocava.
Finita la guerra erano rari i momenti in cui si potevano vedere.
Lui si era trasferito nelle campagne che circondavano Palais con sua sorella Celena e lei ora, dopo la morte di suo padre avvenuta quattro anni prima, era la regina.
Avrebbe rinunciato al suo titolo se questo avesse significato poter vivere con Allen.
Smise di sognare ad occhi aperti, i suoi desideri non si erano mai avverati.
"Allora, regina Millerna, la situazione ad Asturia mi sembra florida; qual'è, dunque, il motivo di questa convocazione?"
"Stupido, non c'è un motivo! Non ce la facevo più a non vederti!" pensò, triste la regina.
"Non vi è un motivo preciso, ma, mio malgrado, ho notato che le sue presenze alle manifestazioni di Asturia sono sempre più sporadiche e, adesso, è quasi un anno che non mette piede a Palais. Avevo premura di constatare, personalmente, il motivo di tale comportamento. Lei, benchè sia un periodo di pace nel mondo di Gaea, è sempre un cavaliere celeste ed è suo dovere partecipare, almeno in parte, alla vita del castello e della città." disse calma, cercando, disperatamente, di mantenere la voce ferma.
Era tutto fuori che calma, aveva voglia di abbracciarlo; quanto gli faceva male trattarlo come un perfetto sconosciuto!
Perchè era tutto così difficile?
" Come ben sa, mia sorella Celena ha ancora bisogno delle mie cure e per lei è uno sforzo eccessivo giungere fino Palais e non è opportuno lasciarla sola. Preferisco, quindi, assentarmi il meno possibile da casa." rispose Allen, guardandola fissa negli occhi.
"Non mi guardare così, come faccio a non perdere il controllo?" pensò la regina, perdendosi nell'azzurro di quegli occhi e, simultaneamente, cercando di aggrapparsi, con tutte la forze, alla poca razionalità che le restava.
"Comprendo. Fa bene a prendersi cura di sua sorella.
Volevo solo essere sicura che questa sua assenza alla vita sociale del regno non fosse causata da motivi ben più gravi. Mi rincuora che non sia così."
"Allora, con il suo permesso, se non ha altro da aggiungere, io farei ritorno alla mia dimora..." si congedò il cavaliere celeste, facendo segno di alzarsi.
"Aspet... volevo dire, ormai, il sole sta calando, mi permetta di offrirle una camera per la notte." osò, con occhi imploranti.
Allen la guardò con dolcezza.
"Non posso rifiutare un' offerta della regina; accetto la sua ospitalità, ma domani, all'alba, partirò" concluse, passandosi una mano tra i capelli d'oro.
Millerna si girò tempestivamente, per nascondere il sorriso radioso che le illuminava il viso.

"Millerna, Millerna..." disse Allen in un sussurro, con il tono di voce di un padre che sgrida, amorevolmente, la figlia disubbidiente.
Chissà se era una coincidenza il fatto che la regina lo avesse accomodato nella camera che un tempo gli appartaneva, quando abitava ancora al palazzo.
Osservò la stanza, minuzioso.
Era stata conservata esattamente come l'aveva lasciata.
Era perfettamente pulita, come se qualcuno la spolverasse ogni giorno.
Prese un libro dalla copertina scura e lo sfogliò, distratto.
In quegli ultimi cinque anni aveva cercato di aiutare al meglio sua sorella Celena, però, era più difficile di quanto si aspettasse.
La dolce fanciulla, gradualmente, stava riuscendo a ricucire la sua personalità con quella di Dilandau; ora, erano rari i momenti in cui si traformasse nel diabolico comandante.
Però non riusciva a controllare completamente la sua duplice personalità e davanti un forte shock non avrebbe sicuramente resistito.
Man mano che questa fusione avvevina la fanciulla acquistava tutti i ricordi di Zaibach.
Non glielo aveva mai detto direttamente, ma lui sapeva che Celena si sentiva in colpa per tutte le efferrate uccisioni che aveva compiuto sotto le spoglie di ragazzo, tanto che per lei era diventato insostenibile vivere ancora al palazzo di Palais, quando era venuta a conoscenza di aver, quasi, causato la distruzione della ridente cittadina portuale.
Celena, nonostante la sua estrema dolcezza, non riusciva più ad essere la goiale persona di un tempo.
Passava la maggior parte dei giorni seduta sul prato davanti casa a riflettere, rapita da pensieri sporchi di guerra, macchiati di rosso.
Per starle accanto in ogni momento aveva rinunziato alla sua vita, non aveva una donna ormai da tempo e non partecipava più agli eventi mondani del regno, aveva anche smesso di allenarsi con la spada.
La vista della lama causava terribili crisi alla sorella.
Ma che poteva fare più di questo, oltre che offrirle una spalla su cui sfogarsi e non stancarsi mai di ripeterle che non era colpa sua ?
Zaibach, bastardi, avevano sporcato irrimediabilmente la sua candida anima.
L'avevano macchiata di crimini nefandi, il cui ricordo la tormentava giorno e notte consumandole, lentamente, la vita.
Stava calando il sole e dalla finestra poteva vedere il mare calmo, imporporarsi.
A volte, gli mancava quel mare tranquillo; dalla sua nuova dimora non si scorgevano altro che boschi.

Allen uscì dall' interno del palazzo.
Osservò le alte mura fortificate che si stagliavano imponenti nel cielo rosso.
Si fermò nei cortiletti del castello, quei cortiletti dove si era esercitato mille e mille volte, che l'avevano visto crescere forte e coraggioso.
Ma ora non era più forte, Zaibach, con quella di sua sorella, aveva annientato anche la sua di vita.
Tirò un pugno, frustrato, alle robuste mura di pietra scura.
Dov'era finito l' Allen Schezar che conosceva?
L' Allen Schezar che combatteva e non si perdeva mai d' animo?
Si era perso, era seppellito sotto la tristezza, era morto. Il sangue cominciò a scendere copioso dalla mano.
Sentì un tocco leggero, sulla spalla.
Si voltò di scatto e ritrovò il suo viso vicinissimo a quello di una ragazza.
Era Millerna.
"Allen..." mormorò, togliendosi tempestivamente il velo che teneva in vita per tamponare la ferita dell'uomo.
Allen la lasciò fare.
Millerna, premurosa, gli avvolse il pezzo di stoffa rosa, tinto ora di rosso, attorno alle nocche martorizzate.
"Cosa stai facendo?" aggiunse lei, abbandonando l'aria formale che l'aveva accompagnata nel dialogo di poche ore prima.
"Principessa, mi scusi regina, non si dia pena per me..."
"Ma Allen, come faccio a non preoccuparmi per te ???" esclamò, con le guance porpora per tanta sfrontatezza.
"Dolce Millerna, non si scordi che io sono il cavaliere celeste Allen Schezar, nulla mi può scalfire, è solo un momento di debolezza passeggero..." mentì, distogliendo lo sguardo dagli occhi violetti della donna.
Non sarebbe riuscito a dire una falsità guardandola in viso.
"NON E' VERO!" urlò lei.
Allen spalancò la bocca, basito.
"Allen, non sono una sciocca né una bambina, ti conosco, stai soffrendo. Lo vedo dai tuoi occhi. Perchè ti chiudi in te stesso? Perchè non mi dici cos' hai? Almeno a me... Sei uno stupido se credi che io non riesca a comprenderti. Smettila, quando sei con me, di mettere questo tuo dannato titolo di cavaliere celeste davanti all'uomo che sei; io non sono la regina, sono solo Millerna, smettila di proteggermi e di trattarmi con i guanti, sono stufa. Lo capisci che sono cresciuta?" disse, tutto d'un fiato.
Allen addolcì lo sguardo; sì, la dolce e capricciosa principessa era cresciuta.
"Davvero, Millerna non si dia pena..." ripetè lui.
Lei stava per ribattere, nuovamente, ma lui mise un dito sulle labbra di lei.
"Allen..." disse con voce tremante.
Allen, Allen, Allen, Allen.
Avrebbe ripetuto quel nome all' infinito, il cui suono la faceva impazzire .
La diga che aveva costruito, faticosamente, attorno al suo cuore si stava abbattendo e tutto l' amore che provava per lui stava per travolgerla, come un fiume in piena.
A volte, si era illusa di provare amore per Dryden, ma quando era vicino al ragazzo dai capelli d'oro non poteva continuare quella farsa con sé stessa.
Sì, non era stupida, sapeva riconoscere la differenza dei sentimenti che provava.
Per uno la dolcezza dell' affetto, per l'altro l' amore travolgente.
"Allen..." ripetè, la testa era completamente sballata. "Shhh" sussurrò lui.
Le prese la testa tra le mani e la baciò, dolcemente, sulla fronte, lasciandola lì, confusa e languida d'amore.

Forse si era sbagliato, Millerna era ancora la ragazza insicura di un tempo.
Sorrise recandosi alla sua stanza.
Si gettò sul letto a pensare.
"Dolce Millerna..." sussurrò, per un momento era riuscita a fargli dimenticare il pungolo che aveva all' altezza del cuore.
Il dolore che lo lacerava ogni giorno e ogni notte. Era riuscita a non fargli pensare, anche se solo per un attimo, a sua sorella Celena.
"E' così donna, ma ancora così innocente..."
Sapeva che la regina l' amava ancora.
Forse anche lui l'amava.
Forse era solo il ricordo di Marlene, che riviveva in lei, a mostrargliela sotto quella luce.
Forse no.
Se l'era chiesto tante volte, non aveva mai trovato risposta, eppure era lì nel suo cuore.
Anche se sarebbe riuscito a rispondere a quell' interrogativo, poco avrebbe importato.
Lei era sposata con Dryden e Allen aveva il massimo rispetto per il giovane mercante di Asturia.
Si girò su un fianco.
Spesso, sentiva il bisogno di una donna che lo accudisse, da Hitomi non era mai più stato con alcuna fanciulla.
Hitomi, chissà come stava?
Hitomi, il suo pensiero lo fece sorridere.
Che stupido, si era illuso, un tempo, di amare Hitomi, ma stava solo rivivendo in lei la sorella scomparsa.
Non l'aveva mai amata, anche se, nutriva un profondo affetto nei suoi confronti.
Appunto, l'affetto di una sorella.
Quanto erano fragili i sentimenti degli esseri umani.
Probabilmente, la sua vita sentimentale non era destinata a decollare.

Allen si assopì, ancora vestito, sul suo vecchio letto.
Degli urli agitati lo fecero sobbalzare.
Il palazzo era in movimento. Sentiva donne, uomini e bambini gridare di paura.
Oddio, quegli urli laceranti.
Gli urli della guerra.
Non era possibile!
Si affacciò alla finestra.
I due astri si erano oscurati.
La notte tenebrosa era popolata da tonfi e scoppi.
Non riusciva a veder nulla, escluso il profilo, appenna accennato, delle case che crollavano una dietro l'altra.
"Maledizione !!!" esclamò.
La sua porta si spalancò ed entro Millerna, affannata per la corsa con la sorella Eries.
"ALLEN..." riuscì a malapena a dire, con le lacrime che le rigavano il volto e i singhiozzi spasmodici che la facevano sobbalzare.
"Millerna, calmati, che succede?" cercò di tranquillizzarla lo spadaccino, nascondendo il suo turbamento interiore.
La ragazza si aggrappò alla veste del ragazzo.
"Allen, ti prego non lo so, stanno attaccando Palais, non si sono identificati! Stanno distruggendo il porto e presto giungeranno al castello...." gridò Millerna.
Anche Eries Aria Aston, che generalmente non si alterava mai, aveva il viso contratto in una smorfia di dolore e non proferiva parola.
"Calma, hanno detto qual' è il motivo del loro attacco?"
"Si, cioè, non lo so!" disse confusa Millerna.
"Stanno cercando una pietra antica, hanno detto uno strano nome; nessuno sa che cosa sia!".
"Cerca di ricordarti!" la esortò Allen.
"No, no non ricordo..." e le lacrime ricominciarono a uscire, copiose, dagli occhi viola.
"Seguitemi, presto!" urlò Allen, prendendo Millerna per un polso.
"Ma cosa?". "Lo Scherazade è la nostra unica salvezza!" spiegò velocemente, uscendo di corsa dalla porta.
Se si ricordava bene, lo Scherazade doveva giacere ancora nel deposito di Guymelef del castello.
Passarono, correndo a più non posso, dai sotterranei del palazzo.

Giunsero in un' immensa sala.
Allen tradì un sospiro di sollievo quando notò che il suo fedele Gadeth e tutta la sua ciurma erano già lì.
"Comandante..." esclamò l'uomo, commosso e sorpreso di vederlo in quel luogo.
"Gadeth, non c'è tempo da perdere in convenevoli! Prepara la Crusade e porta la regina Millerna Sara Aston e sua sorella a Fanelia, muoviti!"
"Ma, comandante...e lei?" esclamò indeciso l'uomo, facendo, contemporaneamente, segno al resto della ciurma di preparare l'imbarcazione.
"No, Allen io non ti lascerò a combattere, qui da solo!" intervenne Millerna che era rimasta a singhiozzare in silenzio, nell'angolo del grande deposito.
"Millerna, non dica sciocchezze! E' la regina, è mio dovere salvaguardare la sua incolumità" la bloccò lo spadaccino.
"Ma..." tentò di replicare lei.
"Ninete ma, questo è un ordine." la zittì.
"Forza Gadeth. Non c'è tempo!!! Io cercherò di salvare il resto del popolo, ma tu porta la regina in salvo!" disse, serio.
I dubbi di Gadeth si dissolsero davanti la determinazione del suo comandante Allen Schezar e giudò le due donne all' interno della Crusade, pronto a salpare alle volte di Fanelia.
Allen salì, con un agile movimento sullo Scherazade; accidenti, aveva sperato di non doverlo più utilizzare!
Era anche fuori allenamento, sentiva che il Guymelef si muoveva rigidamente.
Rivolse un ultimo sguardo alla regina Millerna che stava salendo a malincuore sulla Crusade.
"Sempre la solita testarda" pensò.
"Coprirò io la vostra partenza" disse Allen, da dentro lo Scherazade.
Gadeth annuì, fiducioso nel cavaliere celeste.

Dopo essersi assicurato del buon esito del salvataggio, Allen si recò verso il porto.
"Chi ha osato turbare questa notte tranquilla?" si chiese cupo.
Pian piano i movimenti dello Scherazade divennero più fluidi e coordinati.
Gadeth gli aveva riferito che i Guymelef nemici erano soltanto due, non sarebbe stato difficile sconfiggerli, dopotutto era sempre un ottimo spadaccino.
Si chiedeva, però, come mai le forze di Asturia si fossero piegate agli avversari, benchè quest'ultimi fossero in netta inferiorità numerica.
Man mano che si avvicinava cominciava a percepire l'odore della battaglia, quello del sangue.
Arricciò il naso infastidito.
Quell'odore gli aveva sempre causato nausea.
Allen guardò con rabbia lo splendido ponte di Meifia, di cui ora rimanevano solo le reliquie.
Ecco, addesso i rumori di spade che cozzavano tra di loro si faceva più forte.
Grazie alla poca luce che emanava la città scorse le ombre di tre Guymelef.
Uno di Asturia e gli altri due nemici.
Lo scontro finì presto e il Guymelef di Asturia fu trapassato da parte e parte dalla spada nemica e il fragoroso botto che ne conseguì alla sua caduta coprì tutti gli altri rumori.
"Ignobili!!!" urlò Allen, scagliandosi all'attacco.
"Ignobili!" ripetè, schivando con abilità un colpo di spada diretto allo Scherazade.
"Cosa volete?" chiese, sempre sulla difensiva.
"Bene, vedo che cominciamo a ragionare..." disse una voce, quasi sovrannaturale, proveniente da uno dei due Guymelef.
"Non tiriamola per le lunghe, cosa volete!" continuò Allen, attento ad ogni minimo movimento dei nemici.
"Bene, neanche noi abbiamo tempo da perdere!" esclamò l'altro, avvicinandosi pericolosamente al cavaliere celeste.
Allen impugnò la spada saldamente, pronto a respingere l'attacco avversario.
Il nemico si fermò a pochi metri da lui.
"Vogliamo il Power Spot!"
Gli occhi di Allen si spalancarono dalla sorpresa.
Alla mente gli tornarono i ricordi infantili.

INIZIO FLASHBACK

"Padre cos'è quella pietra che tenete tra le mani?" chiese un bambino biondo chiarissimo, con aria indifferente, ma, in realtà, cuoriosissimo.
"Figliolo, questa è una pietra magica..." disse l'uomo, facendo accomodare il bimbo sulle sue gambe.
Ora, gli occhi azzurri del fanciullo guardarono l'oggetto con maggior interesse.
"Magica?"
"Si, figlio mio, in questa pietra risiede un grande potere sopito, non so come fare a risvegliarlo ma sono certo che ci sia!"
"Davvero????" esclamò meravigliato, non capendo bene a cosa alludesse il genitore.
"Sì figlio mio, se prometti che la costudirai gelosamente te la lascio in affidamento, ormai sei un signorino" disse l'uomo, amorevole.
Gli occhi del bambino si illuminarono di contentezza. "Leon, vieni!" chiamò l' uomo una voce melodica di donna, proveniente dal giardino.
Leon mise la pietra in uno scrigno ed affidò la chiave al bambino, nascondendo la copia nella tasca, prima di recarsi fuori dalla stanza.
Il fanciullo strinse tra le mani, orgoglioso, la chiave.
In quel momento, dalla finestra aperta entrò una farfalla.
Il bimbo appoggiò la chiave sul tavolo per rincorrere l'insetto variopinto.
La pietra non aveva più interesse per lui.

FINE FLASHBACK
  
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