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Autore: fflover89    16/07/2011    1 recensioni
«La famosa pietra Gulgu… non mi è mai capitato di operare con una gemma simile. La applicherò sulla lama in modo che possa essere degna di essere adoperata da te. Ma a cosa ti servirebbe?» chiese.
«Voglio vedere se riuscirò a raccogliere le mie scintille di memoria.» rispose lui.
 
“Dieci anni sono passati dallo scontro contro Trivia, otto dall’abbraccio di Gidan e Daga, e Gaya è cambiata: un abisso di cristalli alti quanto alberi nel luogo dov’era l’albero di Lifa, una nuova città tecnologica di jenoma e maghi neri, nuove razze che risorgono dalla terra. Una diciassettenne Eiko Carol Fabool che sente ancor di più la mancanza del suo amato Vivi. Un personaggio misterioso che fa ritornare alla memoria frammenti perduti di ricordi. Che cosa succederà?”
 
(Non è il seguito di “The Ultimate Weapon” ma chi già l’ha letto troverà più semplici da capire certi dettagli)  
 
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Amarant Coral, Eiko Carol, Freya Crescent, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I colpi di scimitarra e di daga si susseguivano velocemente e senza posa, e gli occhi dei contendenti trasudavano sensazioni diverse: Gidan sembrava quasi incuriosito dal fatto di aver trovato un jenoma così stranamente simile a un umano nonostante la coda, mentre invece l’uomo mascherato era seriamente irritato. La sua scimitarra incantata non funziona come doveva: doveva essere in grado di convogliare il suo potere e di sferrare colpi magici, cosa che non riusciva a fare contro un avversario veloce come era l’ex Tantarus. Le lame cozzarono per l’ennesima volta, e stavolta Kuja tentò di usare la forza. Gidan non sembrava per nulla preoccupato, nonostante le braccia gli tremavano per lo sforzo.
       
 «Allora non sei un granchè… chissà per quale motivo ho pensato che fossi più potente.» provocò il giovane re.
 L’altro non rispose.
       «La spada è carina, ma sembra un’opera d’arte più che un’arma. La gemma però mi ricorda qualcosa… vediamo un po’.»
Gidan diede uno scossone all’arma avversaria che vibrò talmente forte che rischiò di andare in faccia a Kuja. Poi con un colpo caricato, spezzò in due la scimitarra e parte della maschera di Antoleon, che cadde a terrà squarciata.
       «No!No!No!» urlò ripetutamente l’avversario addossandosi alla parete cercando istericamente di coprirsi il volto.
Improvvisamente Gidan provò pena per lui. Raccolse la pietra blu al cui interno risplendeva una goccia di liquido rosso e la esaminò: non c’era dubbio, aveva visto bene, era la Pietra Gulgu. Gli si avvicinò e chiese:
       «Chi sei? Perché hai tentato di uccidermi?»
       «I-io… non avrei m-mai tentato di ucciderti… volevo solo…c-capire.» rispose cambiando totalmente tono di voce: dall’uomo arrogante si trasformò in un bambino insicuro.
       «Capire? Cosa?»
L’uomo si aggrappò con forza al colletto della camicia di Gidan.
       «Capire il p-perché! Perché un m-momento sento in me una paura folle di m-morire e l’altro mi s-sento appagato come se lo fossi? Perché sogno di a-aver rapito una ragazzina e poi dopo v-vedo che giochiamo insieme? Spiegami Gidan!»
L’ex tantarus era del tutto basito: davanti a lui c’era una copia quasi esatta del fratello Kuja, solo che aveva i capelli neri e più setosi, la carnagione più scura, quasi nera, e la corporatura più mascolina. I lineamenti del volto erano leggermente più tondeggianti, ma furono gli occhi, a cui prima non aveva dato particolarmente attenzione, a colpirlo di più: avevano la stessa tonalità di quella dei maghi neri. Anzi, per essere precisi erano identici a quelli di…
       «P-perché penso che tu sia mio fratello, e poi mi r-ricordo di quando mi cantasti una f-filastrocca sull’eterna amicizia? Chi sono io?»
       «…Vivi?» uscì dalla bocca di Gidan: più che averlo pensato fu un riflesso condizionato «Kuja?» ridisse. Era come se avesse di fronte a se due persone in una.
       «Ho parlato troppo.» si rialzò recuperando in maniera impressionante la compostezza. In quel momento ricordava di più il jenoma. «Aveva ragione Goldenteeth, avrei fatto meglio a non venire. Tanto Garnet non ci serve.»
       «Goldenteeth? E cosa intendi per “Garnet non ci serve”? Allora perché Eiko sì? Perché avete trafugato quel meteorite? Cosa volete farci?»
L’uomo presentatosi come Kuja, si diresse verso la finestra aperta, girò lo sguardo e disse atono:
       «Se davvero tenevate a Kuja e a Vivi, non tentate di fermarci. I frammenti di memoria sono già stati raccolti.»
E prima di lanciarsi su uno strano disco volante con delle zampe di ragno che lo portò via, riportò telepaticamente alla sua mano la pietra Gulgu.
Gidan rimase più confuso che persuaso.
 
 
 
 
 
Il continente esterno. Fuori dal bosco delle civette. Ora.
 
 
 
 
 
 
 
Il mezzo di trasporto di Mene arrivò poco dopo la battaglia che Amarant e Eiko avevano sostenuto. Era ad esclusivo uso dei moguri e dei loro amici più vicini: era composto da uno scafo di una nave di piccola stazza, che aveva quattro posti a sedere, escluso quello del conducente; dal centro di essa partiva una colonna di legno alta quattro metri, collegata a dei tiranti di legno che partivano dal bordo della nave, e dalla cui cima partivano dei raggi che terminavano in una ruota grande il doppio della barca. Ad ogni raggio, otto in tutto, era collegato un chocobo che volando in avanti seguendo una radice di erba Ghisal riusciva a far sollevare l’imbarcazione, che era regolata da una barra posta alla prua dello scafo. In parole povere, era una sorta di elicottero… anzi, un’ eli-chocobo.
       «Ma non gli gira la testa?» chiese sarcastico Amarant osservando i pennuti.
       «Che te ne importa, kupò? Allora, dove vogliamo andare Eiko?»
Eiko montò sulla nave e letteralmente crollò sul sedile, facendo preoccupare non poco Amarant che ancora cercava di trovare spiegazioni razionali all’inaudita ferocia e alla misteriosa trasformazione accaduta alla giovane sciamana.
       «Madain Sairi. Devo controllare l’osservatorio e consultare i troll sciamani.»
I troll sciamani erano una razza diversa dai troll classici che si trovavano nel continente esterno: erano discendenti della stessa razza di Gilgamesh, l’essere con quattro mani, e per molto tempo erano vissuti nei boschi e nelle foreste intorno Madain Sairi, perfino sottoterra, fin quando la “nebbia”, nociva per la loro salute, li aveva quasi del tutto decimati. Erano più piccoli e magri, ed avevano il viso leggermente diverso, più simile a quello di un umano, con le e il naso orecchie che i troll normali non avevano. Insieme a tantissime persone venute da ogni dove, Madain Sairi stava rinascendo, ed erano riusciti a ricostruire persino il vecchissimo telescopio spaziale.
Nonostante l’enorme peso apparente, i chocobo dorati cominciarono a volare in circolo sempre più velocemente, facendo librare lo scafo da terra.
       «Pensi che Rokhan possa sapere qualcosa di questo meteorite?»
       «I troll sono fra i pochi rimasti su Gaya a conoscere le arti del clan degli sciamani, e consultano le stelle da diversi anni ormai. Difficile che non abbia visto questo meteorite misterioso.»
       «Allora hai intenzione di lasciar perdere quel tizio mascherato?»
       «Se mi vuole cercare che venga. Stavolta sarò pronta.» rispose Eiko dopo aver assunto una strana espressione, come se sperasse che accadesse.
Il mezzo, nonostante la sua bizzarra forma, si sollevò rapidissimamente e cominciò a dirigersi verso l’isola. Improvvisamente dabbasso si sentì un violento fragore, ed un globo fiammeggiante esplose contro uno dei chocobo, che lanciando uno stridio raccapricciante, si carbonizzò insieme a parte del marchingegno che costituiva “l’elica” del veicolo. I restanti pennuti terrorizzati, non volavano più nella direzione che dovevano seguire, e si liberano dalle cinghie che le tenevano bloccati, fuggendo in ogni direzione. Il veicolo era ormai in balìa della sola forza di gravità. Il povero Mene urlava frasi di pericolo terrorizzato, ma Eiko lo invitò alla calma.
       «Mene, mantieni dritta l’imbarcazione!»
       «Che hai intenzione di fare?» chiese Amarant nel vano tentativo di aggrapparsi a qualcosa di saldo in quel proiettile in caduta libera che era divenuta l’eli-chocobo.
       «Farò in modo che questa bagnarola non cada!»
E si alzò in piedi, nonostante lo scafo avesse assunto un orientamento verticale e allungò le braccia: lo scafo venne permeato da una luce dorata e alcune aluccie d’angelo tentarono di risollevare lo scafo che iniziò a rallentare.
       «Stiamo per morire, kupò! Noi moguri non sappiamo volare in caduta libera! Ci schianteremo, kupò! E non mi sono neanche dichiarato a Moliscia, che disgrazia kupòòòòò!» urlò il moguri.
       «Vuoi star zitto?! Non moriremo! Se riesco a mantenere il “levita” ci poggeremo su quell’albero!»
Non fece in tempo a finire la frase che la luce scomparve con uno strano effetto sonoro simile a quello di un trombone che fa una stecca. Eiko aveva finito la potenza magica. Lo scafo riprese la caduta con velocità.
       «Ok. Ci schianteremo.» concluse algida Eiko.
       «AAAAAAAAAHHH!!!» urlarono i tre.
Quando ormai la fine sembrava essere giunta, lo scafo di legno venne circondato da degli spiriti a forma di drago serpentino, di un colore grigio chiaro che li faceva sembrare di una delicatezza e di una potenza allo stesso tempo incredibile. Gli spiriti fatui frenarono la caduta libera di ciò che rimaneva dell’eli-chocobo e lo depositarono lentamente a terra, vicino ad un masso, dove era seduta una figura familiare vestita con un abito rosso e una lancia con la punta simile al muso di un drago in mano.
       «Ma quand’è che voi ragazzi imparerete a volare? O almeno ad atterrare!» dichiarò con la mano fra gli occhi verdi, nel classico gesto di perplessità.
        «Freija! Ci hai salvato la vita!» urlò Eiko con gli occhi ancora sgranati dalla paura.
       «A dopo i ringraziamenti! Ora dobbiamo occuparci di questo qui!»
Poco più avanti, arrivò dinanzi a loro il responsabile della scampata morte di Eiko Amarant e Mene –che giaceva svenuto con gli occhi a girandola poco più in là–. Era uno zombie-dragon ricoperto di scaglie metalliche, con delle ali più simili a quelle di un pipistrello, fatte di un liquido nero simile a catrame, ma che puzzava semplicemente di…morte. Infatti da esse uscirono due cadaveri putrefatti che ricordavano degli umani, ma avevano entrambi delle braccia e delle gambe che probabilmente erano frutto del pasto che il drago aveva fatto poco prima. I tre non-morti caricano ognuno un avversario: intanto il drago meccanico stava preparando un altro incantesimo.
Gli zombie sputarono un liquame nero sicuramente velenoso, ma che era come acqua fresca per i tre eroi che avevano affrontato ben altro nel tempo in cui salvarono Gaya: infatti le tre creature, stupite, caddero facilmente sotto i colpi di artigli, lancia, e attacchi sacri di Amarant, Freija e Eiko. Restava il drago: colpirlo sembrava facile, quel tipo di fiera non riusciva a muoversi mentre caricava la magia, ma i tre guerrieri rimasero sbigottiti da quello che videro: la testa del drago si stava aprendo in due e così stava facendo anche il collo e parte del busto; dall’interno del corpo fuoriuscì un’enorme cannone con migliaia di applicazioni metalliche, un gioiello tecnologico mai visto su Gaya. L’energia che stava caricando all’interno della bocca di fuoco era avvertibile nell’aria, che quasi tremava anch’essa per la paura. Per fortuna era anche molto lento, e il colpo di laser venne evitato per un pelo dai tre, andando a colpire una montagna vicina che venne forata da parte a parte.
       «Incredibile!» esclamò Freija.
       «Se non ci fossimo tolti, saremmo stati disintegrati! Ma che razza di incantesimo è?» chiese Amarant.
       «Voi intrattenetelo. Adesso gliene faccio uno io!» urlò Eiko allontanandosi con un salto. Intanto il muso del drago stava ritornando com’era e Freija ed Amarant decisero di approfittarne.
       «Ehi lucertolone, da quand’è che non facciamo più uno “strike di potenza”?» chiese la draghiera.
       «Da troppo, muso di topo.»
E Amarant mise entrambe la grandi mani a coppa, e Freija ci saltò sopra rannicchiata. Poi con un’enorme slancio la tirò letteralmente  contro il drago. La burmeciana venne circondata dagli spiriti dei draghetti che prima avevano controllato la caduta della nave, e colpì l’ala sinistra della chimera meccanica, che venne troncata di netto. Imprecò, aveva sbagliato mira: la bestia urlò di dolore e di rabbia, e benché ferita sferrò un colpo con le zampe artigliate che ricordavano quelle di un grifone. Arrivati a qualche centimetro dal corpo della draghiera l’arto della fiera esplose, cortesia del Rising Sun che Amarant le aveva lanciato.
       «Ifrit, dio delle fiamme e del fuoco infernali, dammi la forza per distruggere questi immortali!»
L’invocazione di Eiko sembrava anticipare l’arrivo di Ifrit, lo spirito del fuoco. Il terreno vicino a lei si disintegrò e da esso uscirono le altissime fiamme del cane infernale, che invece di andare ad investire il nemico, confluirono in un globo infuocato, che Eiko scagliò contro il drago-zombie che venne distrutto dalla tempesta di fuoco che l’esplosione generò.
Freija ed Amarant rimasero di stucco: avevano già visto per esperienza diretta la potenza di Ifrit, ma questo incantesimo più simile ad un Firaga era tutt’altra cosa. La sciamana camminò claudicante verso i due, sembrava spossata.
       «Non pensavamo fossi in grado di evocare Ifrit.» riuscì a dire Freija.
       «Infatti: per richiedere l’aiuto degli spiriti bisogna avere un legame molto stretto con loro, che con Ifrit io non ho. Gli ho solo chiesto di “imprestarmi” il suo potere: non ho bisogno di forza magica per farlo. Basta solo un po’ di forza di volontà.»
       «Ma perché non hai invocato uno dei tuoi?»
       «Troppo lenti, e non efficaci.» rispose sbrigativa Eiko che dopo aver aiutato i due a rialzarsi disse:
       «E poi volete mettere l’effetto scenico spettacolare?»
Mentre lo diceva, anche se visibilmente spossata, i suoi occhi rilucevano di un bagliore che alle sue guardie del corpo non piacque per nulla.
 
                                                       
 
 
 
 
 
Niente male, eh? Eiko quando ci si mette da calci in culo meglio di uno stregone! E l’uomo misterioso? È davvero Kuja? E allora perché ricorda Vivi? Rispondete a questi interrogativi!
p.s: il ritardo è dovuto per via di altri impegni. Cercherò di caricare a scadenze di trenta giorno più o meno. Domando scusa, e comprensione.  

 

   
 
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