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Capitolo I -
Everwood, Colorado. Ogni cosa è iniziata lì ed ogni cosa finirà lì.
Perchè Everwood non è solo una cittadina di qualche migliaio di abitanti...
Everwood è l'eterna partenza, Everwood è terra di arrivi, Everwood è una storia che si intreccia e si scioglie infinite volte. Everwood è mille vite, una dentro l'altra.
Ephram Brown gettò uno sguardo
annoiato al di là del vetro. La finestra grondava d'acqua. Quel maledetto
temporale era riuscito a schiacciare con la sua sorda violenza perfino la leggera
delicatezza dei ricami che le gocce di pioggia avevano tessuto sulla superficie
trasparente. Un foglio bianco piegato in quattro occhieggiava pericolosamente
dal bordo del cassetto in cui era stato malamente infilato. Sbuffò sonoramente,
afferrandolo e gettandolo sulla scrivania con un gesto svogliato. Lui si
sentiva esattamente così: schiacciato, annientato, distrutto dall'insensata
cattiveria della vita. Eh sì, perchè qualcuno o qualcosa doveva pur esserci.
Qualcuno che ce l'aveva a morte con lui o qualcosa che aveva fatto sì che il
suo sogno gli crollasse davanti agli occhi. La Juilliard... che ora poteva
essere solo un'utopia. Otto settimane passate a New York per prepararsi ad
un'audizione che come unico risultato aveva avuto quello di riportarlo con i
piedi per terra; per Everwood poteva essere un genio, ma per la dura e
sprezzante realtà della Grande Mela rimaneva solo un mediocre. Bell'affare,
davvero. L'unica cosa che gli era rimasta di quella scuola era un foglio
intestato con su scritto che i suoi risultati non erano sufficienti per essere
ammesso. E come se non bastasse dover sopportare il peso di quella umiliazione,
appena tornato Andy gli aveva manifestato, con tutto il trasporto che un padre
può avere per suo figlio, la sua gioia per questo suo primo progetto di un
futuro tutto 'in musica'... Un pianoforte nuovo, scuro e lucido come piaceva a
lui, un computer portatile ed uno spazio tutto suo. Uno studio fantastico,
attrezzato nel garage ormai vuoto. Vuoto perchè il grosso fuoristrada nero
della famiglia Brown era stato venduto, per permettere che potesse godere di
tutto quello di cui chiunque studiasse alla Juilliard avesse bisogno. Con che
coraggio avrebbe potuto confessare che era stato rifiutato? No, meglio un
comodo sorriso di circostanza e un entusiasmo forzato. Così, almeno in
apparenza, sarebbero stati tutti felici.
Il boato di un tuono
particolarmente potente lo riscosse dai suoi pensieri appena in tempo, perchè
potesse sentire il suono insistente del campanello. Il dottor Brown era ancora
in studio e Delia era a casa di qualcuna delle sue amichette di cui lui nemmeno
ricordava il nome. Scese le scale e attraversò di corsa il salotto della casa
deserta per andare ad aprire la porta.
- Va bene, eccomi. Eccomi! -
Rimase bloccato, con le dita ancora strette intorno alla maniglia e lo sguardo
fisso sulla figura che gli stava davanti. Una ragazza completamente fradicia lo
fissò di rimando con gli occhi verdissimi seminascosti da lunghe ciocche
ramate.
- Non ho intenzione di restare
qua fuori un minuto di più, Brown! - Il suo viso accigliato venne illuminato
per un attimo dal bagliore di un lampo e lui avrebbe potuto giurare che sotto
quella smorfia si nascondeva un sorriso.
- Maria? - La voce gli uscì
leggermente strozzata per l'emozione. Se quella che aveva davanti non era
un'allucinazione, voleva dire che forse c'era ancora un raggio di sole, oltre
la tempesta che l'aveva investito.
- Ciao, Ephram. - Si sciolse in
un sorriso radioso, intenerita dalla sua reazione. Si scostò un ricciolo ribelle
dal viso, mentre lui le si avvicinava. Fece per abbracciarla, ma lei si tirò
indietro. - Aspetta, così ti bagnerai tutto! - Fu il suo turno di sorridere. Le
circondò le spalle e la strinse a sè, incurante dell'acqua che gocciolava tutto
intorno a loro. Lei ricambiò il suo gesto, passandogli una mano fra i capelli.
- Ehi... se vogliamo prenderci una polmonite, siamo sulla strada buona! - Dopo
qualche secondo, la sensazione dei vestiti freddi e bagnati sulla pelle
cominciava ad essere un po' fastidiosa. Ephram la lasciò andare un po' a
malincuore e dopo aver sollevato una valigia enorme, la invitò ad entrare.
- Che cosa ci fai in
quest'angolo di mondo? Insomma, Everwood è un posto dimenticato da tutti,
fuorchè da coloro che ci abitano! - La borsa e il cappotto zuppo di Maria erano
stati abbandonati nell'ingresso. La ragazza si stava asciugando i capelli,
frizionandoli energicamente con un asciugamano di spugna rosa.
- E' una storia lunga.
Piuttosto, sono due anni che non mi vedi e questo è tutto quello che ti viene
in mente di dirmi? - New York. Maria faceva parte di quella che era la 'vecchia
vita' di Ephram e dei Brown. Si erano visti per l'ultima volta al funerale di
Julia, ma lui era troppo scosso e troppo preso dal suo dolore per accorgersi
che lei gli stava soltanto chiedendo di potergli stare vicino. Da quando si
erano trasferiti in Colorado, si sentivano ogni tanto via e-mail, ma non era
certo come essere ancora insieme. Diede un ultima scossa e poi appoggiò
l'asciugamano umido sul bracciolo del divano. Si accomodò e allungò la mano per
prendere la tazza che Ephram le stava porgendo.
- In certi casi, nulla è meglio
di un buon caffè! - Le si sedette accanto e lei si appoggiò alla sua spalla.
- Questo non è caffè! Questa è
acqua scura riscaldata... solo in America si ha il coraggio di chiamarlo caffè!
- Dimenticavo la tua venerazione
per l'espresso italiano! Da quando hai fatto quel viaggio di studio a Firenze,
non sei più la stessa. - Ridacchiò, sorseggiando il suo caffè.
- Se l'avessi provato, mi daresti
ragione! - Appoggiò la tazza sul tavolino e sfilò anche quella di lui dalla sua
mano, ancora prima che avesse finito di bere. - La prossima volta te ne preparo
uno io, come si deve.
- Adesso mi dici che ci fai qui?
- Riprese, accarezzandole il braccio per poi affondare la mano nell'intreccio
dei suoi riccioli rossi.
- Non demordi mai, eh? - Lui
alzò le spalle, sorridendo divertito. - E va bene. Mio padre è partito per
l'ennesimo meeting internazionale; Spagna, Francia... la solita storia. E la
nonna, che di solito mi prendeva in custodia, è decisamente troppo vecchia e
troppo stanca per avere ancora a che fare con me. Perciò eccomi qua!
- E tua madre? - Maria sospirò
profondamente e prese a torturarsi le mani, mentre cominciava la parte più
dolorosa del suo racconto. Le faceva male tornare su certi argomenti, ma non si
sentiva di nascondergli qualcosa di così importante.
- Mia madre... beh, mia madre al
momento sta in una clinica, a Denver. Neanche troppo lontano, tutto sommato. -
Sorrise amaramente, cercando di rivalutare i lati meno tristi della faccenda.
Ephram si fece improvvisamente più attento... sembrava esserci dietro qualcosa
di più serio del previsto.
- Una clinica? E' malata? - Come
domanda suonava straordinariamente stupida, ma non era riuscito a trattenersi
dal fargliela.
- In un certo senso... Si può
forse definire sana una persona che, nonostante sappia di essere predisposta a
sviluppare linfomi al fegato, ritiene divertente imbottirsi di superalcolici? -
Ci vollero un paio di minuti, prima che lui si rendesse conto dell'effettiva
entità di quella rivelazione. - Mia madre è un'alcolizzata, questa è la verità.
- Riprese, prima che potesse venire interrotta.
- Accidenti, mi dispiace... - La
strinse leggermente, cercando di farle capire che le era vicino, sempre.
- Oh, non serve, credimi! Questa
storia va avanti da troppo tempo... è quasi un anno e mezzo, ormai. L'ho
sentita promettermi che avrebbe smesso almeno un milione di volte, prima che
papà si decidesse a farla ritirare dove avrebbero potuto aiutarla. O almeno
così crede lui. L'ultima volta che sono andata a trovarla, nascondeva una
bottiglia di scotch nell'armadietto del bagno... è sempre così. Ci ricade
puntualmente, è più forte di lei! Ma adesso basta. Io non ne voglio più sapere
di lei, ho chiuso. - Agitò le mani davanti a sè per rafforzare il concetto.
- Non dire cose di cui potresti
pentirti. - Lei si alzò in piedi, scuotendo energicamente la testa.
- Sono stufa di soffrire a causa
sua! Mi sono illusa troppe volte che tutto potesse tornare come prima. Quello
che mi sembra chiaro è che non avrò mai più una vera famiglia e devo
rassegnarmi. - Ephram la seguì e si fermò esattamente difronte a lei.
- Tu almeno hai ancora una
madre. - Concluse tristemente, non potendo impedire che il sorriso di Julia
Brown si affacciasse in mezzo al caos dei suoi pensieri.
- Oh Dio! Ephram... scusami,
scusami... - Gli prese le mani e le strinse appena.
- Non parliamone più. - Sorrise
lui, abituato ormai al sopportare accenni più o meno velati alla madre morta. -
Piuttosto ancora non mi hai detto perchè sei venuta proprio qui.
- Avevo voglia di vederti... e
anche di vedere questa famosissima Everwood di persona. Ho colto l'occasione al
volo! L'unico problema sarà convincere il dottor Brown ad avermi fra i piedi
per un po'! - Un guizzo divertito attraversò i suoi occhi color smeraldo.
- Considerala già cosa fatta! -
La sollevò di peso e la prese in braccio, mentre lei scoppiava a ridere. -
Benvenuta ad Everwood, Maria.