Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
Segui la storia  |       
Autore: _Pan_    17/07/2011    5 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 20 – Organizzazione AntiAlice
(Natsume)


«Lo sai?» mi disse quella ragazza, che mi stava ancora trascinando senza troppi problemi verso l'auto. «Sembri un tipo strano.»
Mi domandai se gli Alice potessero sembrare persone normali, soprattutto uno come me che, anche se a causa di alcuni eventi inevitabili, viveva in casa con tre squilibrati che aprivano un canotto nel bel mezzo della sala allagata, alle tre di notte. Aggrottai la fronte: forse ero davvero un tipo strano e aveva ragione lei. Decisi di non rispondere per non darle la soddisfazione di sapere che stavo quasi per convincermi della sua teoria. Cambiare argomento della conversazione su uno di maggiore interesse e importanza mi sembrò la cosa migliore. «Per quale motivo il tuo capo vuole vedermi?»
«In effetti è una buona domanda.» chissà perché non mi sembrava che lo pensasse seriamente. Mi guardò come se si aspettasse la risposta da me. Io le restituii lo sguardo. «Davvero non lo sai, o mi prendi in giro?»
Anche questa volta evitai di rispondere alla domanda. «Vuoi dirmelo oppure devo tirare a indovinare?» «Delle cose che vi insegnano oggi in Accademia, scommetto quello che ti pare che l'educazione non è tra queste.» però sorrise, inspiegabilmente. Mi chiesi se fosse lei quella fuori di testa e non il contrario. Conclusi che probabilmente era così. «Comunque suppongo che lo capirai quando la vedrai, e in ogni caso te lo dirà lei.»
Quindi il suo capo era una donna. Fui quasi sollevato all'idea che non mi sarei dovuto trovare davanti una specie di copia troppo cresciuta – nei modi, perlomeno e nel tipo di situazione – del Preside delle Elementari. Non sarebbe stato esattamente il mio prototipo di mattinata perfetta. «Di solito chiede un colloquio per gli assunti?» era poco probabile che mi avessero già scoperto, anche perché non avevo ancora contattato in nessun modo l'Accademia, quindi se fosse stato qualcosa fuori dall'ordinario c'era davvero da aspettarsi che avesse ragione il poppante. Sarei stato curioso di sapere come mai e da quando il mio nome fosse stato così importante.
«No, in realtà.» rispose lei, confermando qualche mia ipotesi. «Solitamente mi dice di chiamare e basta sia quelli a cui troviamo una collocazione diversa che per gli assunti nella nostra azienda.»
«Significa che io sono particolare?» forse non poteva direttamente dirmi il motivo, ma ci sarei arrivato, giusto per trovarmi preparato all'incontro, per farmi un'idea di quello che voleva sapere da me.
Lei fece un sorriso sottile. «Particolare, dici?» assottigliò gli occhi, senza smettere di sorridere. «Probabile.»
Sorrisi anche io: la ragazza non si lasciava sfuggire informazioni facilmente. «D'accordo.» concessi, momentaneamente. «Ma vorrei comunque saperne di più»
«Sono certa che il capo vorrà rispondere a tutte le tue domande, Natsume.» fece lei, aprendo la portiera della macchina. «Un'altra cosa,» alzai la testa e la guardai, curioso. Lei accennò con la testa alla direzione da cui eravamo venuti. «quei tizi sono davvero, davvero strani.»
«Ma non mi dire...» borbottai, tra i denti, poco prima di salire in auto. Non mi sembrava una buona cosa, dopotutto, che avesse usato lo stesso aggettivo per descrivere me e loro. Sperai che non mi credesse capace di gonfiare un palloncino con dell'acqua e fare finta che sia mio figlio, o chissà che grado di parentela. In effetti, strano non era sufficiente per descrivere una cosa del genere.

«Siamo arrivati.» annunciò, circa dieci minuti dopo. Avevo memorizzato la strada, in modo da essere in grado di tornare indietro e di farla a piedi i giorni seguenti. Era piuttosto vicino; dopo tutte le strade che avevo girato in cerca di casa, neanche me ne ero accorto. Se non altro, era qualcosa di positivo. «Ansioso?»
Inarcai un sopracciglio, chiedendo silenziosamente per quale motivo avrei dovuto sentirmi preoccupato. La sentii dire qualcosa a proposito dei ragazzi di ghiaccio, ma non le prestai molta attenzione. La seguii fino all'ascensore, ma lei non entrò, si sporse per premere un tasto e si allontanò prima che le porte potessero chiudersi e mi salutò con un gesto della mano e un sorriso a trentadue denti.
Probabilmente al “capo” non piaceva avere troppe persone intorno quando aveva qualcosa da dire. Mi appoggiai alla parete, aspettando di salire a quel piano maledettamente alto, e pensai a che tipo di persona avrei potuto trovarmi davanti.
Quando l'ascensore si fermò, arrivai ad un piano che sembrava quello di un ospedale. Forse era così per tutto l'edificio. Entrai nel corridoio e le porte si chiusero dietro di me, senza fare rumore. Non c'era nessuno a cui potessi chiedere, e immaginai che ci si annunciasse da soli. Non credevo che quella donna aspettasse qualcun altro a parte me e sapevo, in qualche modo, che mi avrebbe riconosciuto senza che io dicessi una parola.
Bussai alla porta e prima di sentire «Avanti.» riuscii a percepire il rumore di un cassetto che si chiudeva. Entrai senza aspettare troppo, e mi chiusi la porta alle spalle. Quello che trovai dentro, effettivamente, non era proprio ciò che mi aspettavo. Io avevo già visto quella donna, da qualche parte, solo che in quel momento, non mi ricordavo esattamente dove, ma ero praticamente certo che fosse successo in Accademia.
Mi fece un sorriso caloroso e mi indicò una sedia. La stanza era ben illuminata e l'atmosfera era decisamente diversa da quella cui ero abituato. Mi sedetti e aspettai che dicesse qualcosa. Lei fece lo stesso e appoggiò le mani alla scrivania, su cui erano sparsi dei fogli, dei quali, però, non riuscivo a vedere le parole.
«Scommetto che ti stai chiedendo il motivo per cui ho chiesto di parlarti.» iniziò lei, io mi limitai a guardarla. Sorrise di nuovo. «Mi chiamo Azumi Yuka, e non ci girerò intorno a lungo, vorrei che tu lavorassi per me.» non riuscivo a credere alle mie orecchie: i dirigenti del posto dove avrei lavorato si erano appena fatti mettere nel sacco dal Preside delle Elementari come degli idioti. Ora cominciavo a capire perché aveva quel perenne sorriso irritante stampato in faccia.
«Perché io?» quasi mi aspettavo che mi rispondesse che era merito del mio nome. Naturalmente – e fortunatamente –, non lo fece.
«Conoscevo tua madre.» rispose lei, abbassando lo sguardo. Immediatamente, compresi il piano. Non ci volle molto perché capissi il tranello in cui il Preside aveva messo loro e, contemporaneamente, anche me. Sapeva che loro mi avrebbero voluto a causa di mia madre, e traeva un piacere perverso dalla certezza che li avrei traditi per non permettergli di fare del male a Mikan. Era veramente un gran bastardo, molto più di quanto potessi immaginare. «Non ti voglio con noi per farti rischiare la vita, ovviamente, ma per aiutarci. Sono certa che tua madre vorrebbe vederti al sicuro, anzi, sono molto più che certa che lo volesse. Perciò ho intenzione di non metterti in pericolo. So che hai lavorato per la classe di Abilità Pericolose, a scuola... so cosa significa.»
Assottigliai gli occhi per un momento, mentre mi passavano davanti agli occhi tutte le foto che avevo guardato nella stanza di Narumi. Lei era tra quelle, ora ne ero sicuro. Ma non sapevo perché quell'idiota le tenesse chiuse in un cassetto, se lei aveva fatto parte di quella classe, probabilmente allora valeva per tutti gli altri, e forse valeva anche per quei bambini. «Che cosa devo fare?» chiesi, una domanda che mi pareva di riferire non solo al mio ruolo nell'azienda ma anche a tutto il resto.
«Come sai, la nostra organizzazione contrasta l'Accademia. Abbiamo un paio di infiltrati che riescono a passarci informazioni sulle missioni, e molte volte riusciamo a evitare che raggiungano i loro scopi. A quanto pare, le missioni più importanti erano quelle che ti coinvolgevano, e di queste non abbiamo mai saputo niente. La cosa che volevo chiederti, a questo proposito, è perché ha voluto che tu ti diplomassi prima del tempo, se sei così utile per lui.»
Tentai di reprimere un sorriso: evidentemente, non era così stupida. Solo che non sapevo cosa rispondere. Per quanto ne sapevo, lei poteva anche essere un infiltrato dell'Accademia in quell'organizzazione, e in quel caso, il Preside mi stava solo mettendo alla prova. Prima di spifferare tutto il piano, avevo intenzione di aspettare per capire le sue reali intenzioni. Come si dice, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. «Non mi ha lasciato molta scelta, in effetti.» e non era del tutto falso. «Comunque non è il tipo che dà spiegazioni e immagino di essere diventato una specie di spina nel fianco per lui. Credo che abbia trovato il rimpiazzo che cercava.» e dopo averlo detto, risultava davvero credibile. Non ci avevo mai pensato a lungo, e questa poteva essere una possibile spiegazione.
«C'è un'altra cosa che voglio chiederti.» mi sistemai meglio contro la sedia: a quanto pareva, la conversazione sarebbe durata parecchio. Deglutì prima di iniziare a parlare, ed ero curioso di sentire il motivo per cui sembrava così nervosa. «Quando eri a scuola, hai mai sentito delle voci su uno strano Alice? Un Alice di cui molti avevano paura?»
Inarcai un sopracciglio. C'erano decine di Alice che corrispondevano a quella descrizione, il mio era uno di quelli, ma di solito le voci si perdevano una volta passata la novità. «Non uno in particolare, ma se fosse più chiara, forse potrei aiutarla.»
«C'è stato qualcuno che ha perso inspiegabilmente il proprio Alice?» questa domanda mi lasciò alquanto sorpreso: non riuscivo a capire il motivo per cui avrebbe dovuto succedere. Ci pensai, a lungo, per non tralasciare nessun dettaglio. Io passavo molto tempo in ospedale, perché le mie condizioni fisiche non erano del tutto rosee, specialmente nei periodi in cui il Preside decideva che farmi usare più del solito il mio Alice era divertente. Mikan non ne aveva mai saputo niente, avevo sempre detto a Ruka di dirle che ero in missione, e lei non aveva mai fatto domande, preferivo che non si preoccupasse continuamente. Nessuno era mai stato lì per manifestare il problema della scomparsa dell'Alice, comunque.
«No.» risposi, poi. Lei tirò un sospiro di sollievo e tornò ad appoggiarsi allo schienale della sua sedia, borbottando qualche ringraziamento al cielo. «Perché?»
Rimase molto sul vago, e la cosa non mi piaceva per niente. «Abbiamo alcune informazioni al riguardo, tutto qui... cercavo di verificare.» fece un sorriso tirato e il mio istinto mi diceva che non stava dicendo la verità.
Un'altra cosa non era ancora chiara. Pensai che domandarlo di nuovo fosse utile. «Quindi, quale sarebbe il mio ruolo?»
«Giusto.» sorrise di nuovo, questa volta più sinceramente. «Oltre a contrastare l'Accademia sulle missioni, le nascondiamo Alice potenzialmente pericolosi, nell'accezione che intende il Preside: utili a conquistare qualsiasi cosa lui voglia. Ci sono sfuggiti in molti nell'ultimo periodo.» questo spiegava la singolare affluenza di bambini a metà anno scolastico. «Voglio che tu ci aiuti a trovare delle sistemazioni sicure e a impedire all'Accademia di raggiungerli.» questo era potenzialmente difficoltoso, visto che per l'Accademia avrei dovuto fare esattamente il contrario. C'era bisogno che trovassi una soluzione, e abbastanza in fretta.
«Siamo organizzati in squadre. Ogni membro risponde ad un caposquadra, ognuno dei quali si occupa di massimo cinque persone, cosa che ci permette di mettere d'accordo molte più teste. Tu subentrerai ad un membro, che al momento non sappiamo dove si trovi. So che le teste calde con cui lavorerai si stanno organizzando per recuperarla, ti prego di convincerli a desistere, prima che debba intervenire io. Non sarebbe piacevole, credimi.» mi chiesi se fosse il momento di alzarmi. Lei rimase in silenzio per un po', e la presi come una specie di autorizzazione. «Aspetta un attimo.» mi bloccai. «C'è un'ultima domanda che voglio farti.» avevo la brutta sensazione che non mi sarebbe piaciuta per niente. «L'anno scorso abbiamo perso uno dei nostri dirigenti, in una missione di cui non sapevamo niente. Vorrei sapere se tu... hai idea di chi abbia partecipato.»
Feci schioccare la lingua, facendo una smorfia. «Io.» non era piacevole da ricordare.
Yuka annuì, premendo le labbra le une contro le altre, non sapevo bene se come segno di comprensione della cosa o di scusa. «Meglio che non sappia altro, allora.»
«Non l'ho ucciso.» mi sentii in dovere di puntualizzare. Lei alzò lo sguardo, quasi speranzosa. «Mi hanno costretto a torturarlo, ma non l'ho ucciso.» non c'era bisogno che sapesse com'era morto, anche perché non avrei saputo descriverglielo in un modo che non risultasse orribile.
«Ed è...» cominciò, fissando il bordo della scrivania. «morto?» io annuii. «D'accordo, prendi questa e vai pure.» mi diede una busta al cui interno c'erano il mio cartellino, una chiave magnetica e dei fogli piegati a metà. «Il piano è il sesto, oggi non è necessario che cominci a lavorare, ma preferirei che rimanessi per prendere confidenza con i tuoi compagni e con il loro modo di lavorare, e per ambientarti prima di cominciare.»
Per me non aveva molto senso, ma decisi di accettare, forse anche loro avevano bisogno di un po' per accettare l'idea che avrei rimpiazzato il tizio che non sapevano dove fosse.

Ripresi l'ascensore e scesi fino al sesto piano. Quando entrai mi colpii la luce che entrava dalle grandi finestre sull'altro lato della stanza. Non c'erano corridoi, il piano era costellato di scrivanie, riunite a gruppi divisi da separatori alti poco più di un uomo seduto. Tirai fuori dalla busta il mio cartellino, su cui c'era scritto anche il numero di scomparto in cui doveva esserci la mia squadra. Quando la raggiunsi, tre di loro erano seduti a un tavolo e confabulavano, mentre una donna, che mi dava le spalle, era in piedi a parlare con quello che ero sicuro che fosse il dottore dell'ospedale Alice, il fratello di Imai Hotaru. A quanto pareva, avevo trovato il primo infiltrato all'Accademia, per cui Yuka doveva già sapere se in ospedale c'erano stati ragazzi a cui era misteriosamente scomparso l'Alice. Strano.
Mi appoggiai a uno dei separatori con la schiena, e feci quello che mi era stato detto: osservai, e ascoltai. «E dai, Subaru, ti prego!» disse la ragazza di spalle. Lo vidi scuotere la testa, con evidente disapprovazione. «Lo sai anche tu che è un piano geniale!»
«Piano geniale? Tu hai intenzione di farti...» si guardò indietro, mordendosi un labbro, forse perché aveva parlato troppo forte, e infatti non riuscii a sentire la fine della risposta. «E poi Yuka ci ammazzerà di sicuro.» concluse, tornando a parlare con tono di voce piuttosto adirato.
«Oh, andiamo!» ribatté lei, allargando le braccia. «Cosa potrebbe mai farci?»
Uno dei ragazzi seduti al tavolo, quello che sedeva più vicino a dove si trovava Mitsuki, alzò la testa, contraendo la mascella. I suoi occhi chiari, insoliti per un giapponese, sembravano minacciosi. «Ti ricordi cos'è successo l'ultima volta che l'hai detto?» l'espressione che fecero sia lui che il collega mi disse che non era un ricordo piacevole.
«Già.» concordò l'altro ragazzo, passandosi una mano tra i capelli con un taglio assurdo, con una smorfia disgustata sul volto. «Non toccherò mai più uno di quei cosi in tutta la mia vita, Mitsuki!» solo allora lei si girò e potei riconoscerla come quella che era venuta a prendermi a casa per portarmi lì. Il mondo era davvero piccolo.
«I giorni in cui erano quasi tutti malati di dissenteria, poi!» aggiunse l'altro, guardando Mitsuki con un po' di risentimento. Non ero certo, però, di voler sapere altri dettagli.
«Non stiamo parlando dei vasi da notte della nostra infermeria, Jou.» gli fece notare lei, mettendosi le mani sui fianchi. «Stiamo parlando di...»
«Sì, sono settimane che ci lavoriamo sopra, sperando che nessuno se ne accorga!» ribatté l'altro ragazzo, alzandosi per l'impeto.
«Se la finiste di urlare, sono certa che passeremmo più inosservati...» cercò di calmarli l'altro membro del gruppo, di quelli seduti al tavolo, una ragazza.
«Non cercare di calmarci, sei arrivata solo stamattina, non hai idea di cosa abbiamo dovuto fare per non farci scoprire!»
«Sì, bravi.» intervenne Mitsuki, arricciando le labbra. «Buttate al vento i nostri sforzi. L'idea, Ryu è stata tua, posso ricordartelo? E, Yuuko, non perdere tempo a cercare di calmarli, non ci riuscirai.»
Ryu sbuffò, scuotendo le spalle, e tornò a sedersi. «Appunto per questo ci tengo. Il tuo piano ci farà finire direttamente nelle prigioni di quegli aguzzini, Mit.» rispose, più pacatamente. «E c'è anche la piccola da portare via, perché sappiamo bene che non verrà mai con noi senza sua figlia.»
«Questo problema lo affronteremo quando l'avremo trovata.» ribatté Mitsuki. «Sapete tutti bene che se portiamo via la bambina, la prima cosa che faranno è avere interesse per lei. Mi duole ammetterlo, ma lì dentro è il posto più sicuro che riesco a immaginare, finché il suo Alice non si manifesta del tutto, continueranno a cercare il suo possessore, e di sicuro non lo faranno tra le loro mura.»
«Prova a spiegarlo a lei che vuoi portarla via ma senza sua figlia. Vedremo se vorrà tornare o preferirà restare lì. La conosci.» ribatté Ryu.
Mitsuki sbuffò, e roteò gli occhi. Solo dopo si accorse di me e aprì la bocca, sorpresa. «Oh, Natsume... hai bisogno di aiuto? Non sai dove trovare la tua squadra?»
«Veramente... tutto a posto.» risposi, non cambiando posizione. Lei aggrottò la fronte, apparentemente confusa.
«Allora... che stai facendo lì?»
«Quello che mi ha detto di fare Yuka.» spiegai, con tono piatto. «Osservo la mia squadra e il modo in cui lavorano.»
«La... la tua... squadra?» domandò lei, gettando un'occhiata ai compagni. Jou rise, ma non era divertito.
«Lo vedi, Mit? Non puoi nascondere niente a Yuka! Ci ha mandato anche i rimpiazzi!» vidi la ragazza seduta vicino a lui incrociare le braccia, come offesa. Beh, non c'era molto da offendersi, era abbastanza evidente.
Mitsuki sospirò, massaggiandosi una tempia. «D'accordo.» sorrise brevemente e mi indicò anche lei una sedia. «Benvenuto nuovo membro numero due.»
Mi sedetti vicino a Jou che mi fece un cenno della testa come saluto. Ryu sollevò una mano con espressione stanca e Yuuko mi sorrise. «Mi chiamo Natsume Hyuuga e credo di essere qui per...» ci pensai un attimo, prima di ricordarmi le parole di Yuka. «tenere i bambini lontani dall'Accademia.»
«Bene,» commentò Ryu, stiracchiandosi. «perché abbiamo perso per strada Yui, che si occupava di trovare posti sicuri a loro e alle loro famiglie.» cercai di passare sopra al fatto che era la seconda volta che lo diceva. Mi chiesi se volesse farmi pesare il fatto di essere il rimpiazzo.
Comunque, la conversazione mi aveva dato un'idea su cosa poteva essere successo a quella donna, ma volevo vederci molto più chiaro. «Allora, che le è successo esattamente?»
Ci fu un silenzio raggelante per un po', ma alla fine fu Mitsuki a decidersi a rispondere. «Sua figlia è stata portata in Accademia qualche tempo fa. Non abbiamo avuto il permesso di andarla a prendere come squadra, così ci ha pensato da sola, ma... purtroppo è stata intercettata dagli uomini del Preside delle Elementari. Non sappiamo con esattezza dove sia e stiamo cercando un modo per scoprirlo e per andare a riprendercela.»
Sorrisi, ironicamente. Yuka mi aveva detto “fai in modo che desistano”, solo che era impossibile riuscirci. «Io so dov'è.» dissi, infatti. Quattro teste si girarono verso di me, ansiose. Credevo proprio che Yuka sapesse perfettamente quello che avrei fatto, ma non poteva, evidentemente, darmi un'approvazione ufficiale. «Ero nelle Abilità Pericolose, prima di diplomarmi. Ci sono solo un paio di posti dove tengono i prigionieri, ma quelli più... ingestibili...» ci pensai un po'. «c'è un unico posto dove potrebbe essere la vostra amica.»
Mitsuki sorrise. «Questo è fantastico.» commentò, guardando i suoi compagni con soddisfazione. «E io ho un piano geniale!» i suoi colleghi rotearono gli occhi, esasperati.
«Per riuscire a entrare passando inosservati, salvarla, uscire e tornare a casa senza che nessuno se ne accorga, dobbiamo elaborare un piano che vada ben oltre il semplice “geniale”» feci notare loro. Quei tizi non si ingannavano facilmente, specialmente Persona.
Ryu sollevò entrambe le sopracciglia, improvvisamente interessato. «Hai qualche idea, novellino?»
«Quando intendi oltre il “geniale”...» intervenne Jou, il tizio con gli occhi inquietanti, ghignando. «intendi anche pericoloso?»
«Dopo il genio c'è il pazzo, amico.» risposi, semplicemente. «E il nostro piano dovrà essere decisamente folle perché funzioni.» c'erano anche un paio di cose che desideravo scoprire lì dentro, a cominciare dall'Alice dei bambini che erano stati portati in Accademia e dell'utilizzo che se ne poteva fare. Avevo bisogno di tornare di nuovo nella stanza di Narumi, e se andavamo a salvare quella tizia, sarebbe bastato creare l'occasione per farlo. Dovevo saperne assolutamente di più, anche perché c'era una scheda che riguardava Yuka, e non potevo negare di voler qualche altra informazione anche su di lei, e sul perché conoscesse mia madre.
Mitsuki fece schioccare la lingua. «Ora ho capito perché Yuka ha deciso per questa squadra.» si sedette sulla sedia libera, mentre Subaru Imai scuoteva la testa e disse che se ne andava, prima di sentire qualcosa di troppo, aggiungendo che aveva un paziente in Accademia. «Avanti, come entriamo?»
Sollevai entrambe le sopracciglia: lei stava correndo decisamente troppo. «Il mio possibile piano non arriva così lontano.» mi guardarono tutti come se avessi deluso gran parte delle loro aspettative. «Non possiamo organizzare un salvataggio in due minuti e sperare che io sappia già come oltrepassare il cancello. Prima bisogna arrivarci, e non in un giorno qualunque, perché non sarebbe possibile.» mi sorpresi di quanto facile fosse dirlo. Di loro avevo incontrato solo Mitsuki e già stavo organizzando per loro un piano decisamente diabolico. Mi guardavano tutti come se avessero dovuto strapparmi le informazioni dagli occhi, tranne Yuuko che sembrava un tantino turbata all'idea di tornare in Accademia.
«Spiegati.» mi incitò, quindi, Jou, appoggiando i gomiti sul tavolo.
«Se sperate di entrare come se niente fosse siete fuori strada.» cominciai, accorgendomi che giocare un bel tiro all'Accademia poteva essere anche una grossa soddisfazione personale, oltre che utile per avere delle informazioni. «C'è solo un mezzo, uno solo che entra da quel cancello senza controlli.» sapevamo tutti quale fosse, ma visto lo sguardo confuso di Ryu pensai che fosse meglio dirlo. «Le auto che usano per le missioni. Quindi la prima cosa da fare è sapere la data della prossima missione, intercettarli, rubare una delle loro auto ed entrare dal cancello passando inosservati.» continuai. «Non solo. Dobbiamo evitare assolutamente che Persona sia avvisato della cosa, quindi dobbiamo rendere del tutto inoffensivi gli uomini a cui ruberemo l'auto, facendo attenzione che non sia proprio quella di Persona, o siamo fregati.»
«Come facciamo?» chiese Yuuko, muovendosi ansiosa sulla sedia. Avevo riconosciuto la sua voce solo perché l'avevo sentita il giorno prima e perché mi aveva quasi stordito da quanto aveva parlato.
«Sarà fondamentale la tua abilità.» lei sobbalzò e mi guardò sorpresa. Non ci era voluto un genio per capirlo, già la prima volta che l'avevo incontrata avevo avuto un sospetto, adesso ne ero certo, anche perché aveva un aspetto orribilmente diverso da quello che aveva il giorno prima. «Se puoi cambiare il tuo aspetto in qualunque cosa, puoi anche fingerti uno di loro.»
Mitsuki mi guardò con un misto tra il sorpreso e l'orgoglioso. «Folle.» ghignò. «Esattamente come piace a me.»
«C'è un'altra cosa a cui dobbiamo fare attenzione. Di solito escono tre macchine dall'Accademia per ogni missione, in caso ci sia un'emergenza e ci sia bisogno di personale.» forse era difficile, ma era la via d'accesso più immediata. «Chiunque di voi abbia la patente, o comunque sappia guidare, dovrà fare attenzione a far passare davanti le altre due auto, a missione conclusa. Ogni garage dell'Accademia ne contiene massimo due e se siamo con un'altra macchina, possiamo dire addio al nostro piano, perciò le altre due occuperanno il garage vuoto e noi l'altro.» gli altri annuirono. «Quando saremo al sicuro dentro, usciremo dalla macchina, ma c'è un problema: non so come poter evitare di incontrare gli altri, una volta salite le scale interne.»
«Parlaci delle auto.» insistette Mitsuki, pensierosa. «La parte folle sarà anche la tua, a me spetta quella geniale.» mi fece l'occhiolino.
«Come ho detto, sono tre auto. La prima è, generalmente, quella di Persona, insieme a lui ci sono gli studenti che si porta dietro e l'autista. La seconda macchina di solito serve a contenere i prigionieri fino a destinazione, mentre la terza è di supporto. In questa, oltre all'autista ci sono altri quattro uomini.» quattro più uno, cinque, mi dissi. Noi eravamo cinque e avevamo già stabilito che avremmo preso la terza macchina. In che modo poteva migliorare?
«Le prime due macchine, quindi, oltre all'autista, restano vuote?» indagò, ancora. Io annuii, e lei sorrise soddisfatta. «Ho bisogno di un po' di tempo per elaborare la parte geniale.» sorrise misteriosamente, e si alzò. «Dato che, in teoria, oggi era il nostro giorno libero, ed eravamo qui per organizzare un piano geniale, con la scusa di conoscere un nuovo membro che poi si è rivelato in doppio, possiamo anche andare. Buona giornata, ragazzi!» se ne andò via quasi saltellando.

La mattina dopo avevo le scarpe piene d'acqua a causa di quei pazzi, che avevano provato a fare surf nel salotto, riempendo la sala d'acqua per metà con sotto il ventilatore a pile, che non avevo idea di come potesse funzionare sommerso com'era, ma l'effetto non era stato quello desiderato, e stamattina, oltre ad aver trovato il pianerottolo allagato, avevo trovato quei tre idioti tossicchiare acqua stesi su un divano fradicio quanto loro. Dovevano considerarsi fortunati per non essere morti fulminati. Mi ero limitato a scuotere la testa al loro buongiorno ed ero uscito di casa per non essere coinvolto in qualche strana operazione di pulizia o asciugamento.
«Buongiorno!» mi salutò Mitsuki, allegra, per poi gettare uno sguardo interrogativo alle mie scarpe e alle pozze che si trascinavano dietro.
«Pioveva quando sono uscito di casa.» mi limitai a dire, anche se non era vero. Lei sorrise in modo malizioso.
«Naturalmente.» commentò, tornando a qualunque cosa stesse facendo, ridacchiando.
Ryu arrivò qualche minuto dopo con una cosa che aveva tutta l'aria di essere una planimetria arrotolata. «Guardate un po' che mi ha dato un mio amico?» ci sventolò il tubo di carta sotto il naso.
«Che cos'è?» domandò Mitsuki, inarcando un sopracciglio, dubbiosa. «La mappa di un tesoro?»
Lui ghignò. «Magari.» disse. «Ma non lo è.» lei scosse le spalle, come se la cosa avesse perso d'importanza. «Ma se non vuoi vedere la planimetria della Alice, la terrò tutta per me.»
«La planimetria di... di cosa?» balzò in piedi, poi si guardò intorno, furtiva, per assicurarsi che nessuno stesse facendo caso a loro. Io ipotizzai che se anche l'avessero fatto, dovevano aver smesso da tempo, a giudicare dal comportamento che avevano: immaginai che si sarebbero girati a guardarli solo quando avessero smesso di farlo.
«Vuoi che lo divida in sillabe?» domandò lui, sornione. Mitsuki fece un sorriso sottile e lo guardò con aspettativa. «Dunque, Natsume, avvicinati.» fui veramente sorpreso quando mi chiamò col nome giusto, semplicemente perché in quei giorni, ero stato chiamato sempre con nomi diversi e alquanto fantasiosi, perché i miei coinquilini non riuscivano a ricordarselo. Fui in qualche modo stupito che lui se lo ricordasse dopo avermi visto solo una volta. Quei tre dovevano essere degli esemplari davvero rari. Comunque feci come mi aveva chiesto, dopo che aveva steso la carta sulla scrivania di Mitsuki.
«E perché l'hai portata, poi? Ti avevo detto che quando siamo a lavoro non dobbiamo elaborare il piano.» fu Mitsuki a parlare, Ryu le dedicò un'occhiataccia.
«Se vuoi gliela riporto!» lei, per tutta risposta, arpionò la cartina come se da quella dipendesse la sua vita. «Appunto. Smetti di lamentarti.»
«Non hai i fogli in cui sono riportati gli edifici sotterranei?» domandai sollevando dei fogli.
Mitsuki mi guardò col tipico sguardo di chi ti sta dicendo che deve insegnarti tutto. Io le rivolsi un'occhiata che avrebbe dovuto dirle di spiegarsi. «Magari anche con un freccione luminoso che indichi dove tengono Yui?»
«Cosa ce ne facciamo della planimetria del piano terra?» volli sapere, mollando tutti i fogli. Non aveva nessun senso.
Mitsuki corrugò la fronte. «Già, perché abbiamo le planimetrie del piano terra?»
Ryu alzò le spalle. «Non lo so.» ammise. «Non ci servono?»
Non so con che espressione reagii a quella situazione, fatto sta che Mitsuki mi mise una mano sulla spalla. «Non ti preoccupare, a volte può sembrare che non sappiamo che pesci prendere, ma posso tranquillamente affermare che siamo la squadra migliore di tutte.» io rimasi impassibile, chiedendomi come fosse la peggiore, se la migliore era composta da soggetti simili.
«Adesso cominciamo a lavorare. Penseremo alle planimetrie o a qualunque altra cosa, durante la pausa pranzo.» fece Mitsuki, appoggiando le mani al bordo della scrivania. «Yuuko, vieni qui.» lei si alzò, e fece come le era stato detto. «Bene, tu e Natsume condividerete lo stesso compito, dato che sostituite un membro solo. Tu risponderai alle telefonate perché sono certa che lui sarebbe scortese, e tu, Natsume, esaudirai le richieste.»
«Come Babbo Natale?» domandai, sarcastico.
«Non c'è molto su cui scherzare. Chi chiama da noi cerca un posto dove nascondersi dal tuo amico Persona e proteggere i suoi figli.» mi rimproverò, guardandomi storto. Io scrollai le spalle, sedendomi sull'altro lato della scrivania, rispetto a quello a cui sedeva Yuuko. Non mi andava molto a genio, a dire la verità, non sapevo come ci si potesse fidare di qualcuno che cambiava aspetto continuamente, tuttavia la sua abilità sarebbe stata fondamentale per il nostro piano.
«Che ti prende?» chiese lei, probabilmente sentendosi osservata.
«Niente.» risposi appoggiandomi allo schienale e guardando il soffitto. «Pensavo che avrei fatto altro una volta entrato qui.»
«Faremo altro quando saremo più... beh, più efficienti.» ipotizzò lei, sistemando delle carte. Io sbuffai: efficienti?
«Come facciamo a diventarlo mentre siamo dietro a una scrivania?» non era l'ideale di lavoro per me, che avevo sempre avuto una parte attiva nelle missioni dell'Accademia e stare chiuso in una stanza, intrappolato dietro a un tavolo non era nel mio stile.
«Io penso che sia un lavoro importante quello che ci hanno assegnato.» ribatté lei, un po' troppo irritata, per i miei gusti. «Pensa se a te fosse stata data questa possibilità. Nessuno di noi sarebbe finito in Accademia se ci fossero state persone come me e te dietro una scrivania come questa.»
«Io non credo che sia così semplice.» dissi soltanto. Se l'Accademia vuole trovarti, lo fa, indipendentemente dai mezzi che usi per nasconderti. L'esperienza di Imai Hotaru era piuttosto chiara su questo: i suoi genitori avevano passato la vita a nascondersi da loro e alla fine gli avevano portato via entrambi i figli. Serviva solo a prolungare i tempi, e finiva che studenti come me rapivano i loro figli mentre tornano da scuola, com'era successo per Miyako. Ripensarci mi fece uno strano effetto: chissà se era Mikan a leggerle le favole la sera.
«Scommetto che lo dici solo perché non hai voglia di rispondere al telefono.» evitai di dirle che quello era il suo lavoro e non il mio.

«Bene,» mi diede una botta sulla spalla Mitsuki, verso l'ora di pranzo. Mi ero ridotto a fare dei cruciverba mentre aspettavamo una telefonata, sembrava che fossimo l'unica scrivania a cui non ne era arrivata nemmeno una. «hai avuto tempo per pensare alla seconda parte del piano, giusto?»
«Tempo a sufficienza.» concordai, cercando l'ennesima definizione. «Ma... non ho trovato la soluzione.»
Lei sospirò sconsolata. «Porca miseria.» imprecò, buttandosi su una sedia.
«La parte geniale?» domandò, invece, Yuuko. Mitsuki si limitò a scuotere la testa.
«Io non ho avuto il tempo per pensare, con quel disgraziato di mio nonno e del suo amico. Se solo sapeste che si sono messi a fare...»
«Hanno perso la dentiera?» chiesi, sogghignando. Lei mi gettò un'occhiataccia e pensai che potesse essere così.
«Magari!» disse, invece, lasciandomi alquanto perplesso. Credevo che alle persone non piacesse raccogliere le dentiere altrui, evidentemente mi sbagliavo. «Voi non sapete di cosa sono capaci.»
«La solita scusa del nonno, Harada?» la prese in giro Jou, posando sul tavolo del cibo.
Lei assunse un'espressione indignata. «Scusa del nonno? Vorrei vedere te a passare un solo giorno con lui.» scosse la testa, incredula, e si sistemò di nuovo contro lo schienale.
«Che cosa gli hai fatto fare stavolta, nella tua perversa immaginazione?» volle sapere Ryu che stava posando da bere.
Stavolta Mitsuki lo fissò con sguardo assassino. Chissà perché non le credevano. «Vuoi saperlo davvero? Ha quasi dato fuoco alla casa, quel maledetto vecchio! Lui, sua moglie e il suo amico! Sono uscita per fare la spesa e lui mi ha detto “Vai tranquilla, tesoro, a pulire il forno ci penso io” e quando sono tornata il forno era sul pavimento e l'estintore del negozio giù al villaggio aperto in due. E non so come dal forno è uscito un gatto.» ora capivo perché sembrava difficile crederle: insomma, un anziano che sradica un forno da un muro... non sembrava proprio credibile.
«Credevo che si fosse messo a volare su un pony!» replicò Ryu, in tono deluso. «Dai, puoi fare di meglio.»
«Non ci guardare così.» disse l'altro, puntandole contro le bacchette con il sushi. «Ho passato un po' di tempo col tuo povero nonno, ed è un normalissimo vecchietto. Perciò non propinarci queste storielle sperando di rendere la giornata interessante.»
La sentii borbottare qualcosa su un viaggio sulla luna, ma non riuscii bene a capire. Improvvisamente, il telefono squillò, Yuuko si immobilizzò, e guardò Mitsuki terrorizzata.
«Beh?» la incitò lei, indicandole il telefono. «Rispondi!»
«Ma... ma io...» tentò lei, con le mani che tremavano. Era il nostro primo cliente, ed era comprensibile essere nervosi, ma stava un po' esagerando. C'era bisogno di fare qualcosa: presi il telefono e risposi.
«Buongiorno, Watanabe Corporation, come posso aiutarla?» chiesi, nel tono più gentile che riuscissi a fare. «Come? Kou Hijiro? No... ha sbagliato numero, non è un'abitazione privata.» sbuffai silenziosamente. «Non si preoccupi. Arrivederci.» riattaccai.
«La nostra prima telefonata e hanno sbagliato numero?» rise Mitsuki, incredula. «Hai iniziato bene, ragazzo, ma hai cambiato totalmente tono verso “Arrivederci” sembrava che tu volessi mangiarlo più che “non si preoccupi”.»
«Ehi, era la prima telefonata.» mi difesi, appoggiandomi alla sottospecie di muro di plastica che ci separava dalle altre squadre.
«La pratica rende perfetti, no?» Ryu si stiracchiò, per poi mettere una mano sulla spalla di Yuuko. «Calmati novellina, se non rispondi al telefono c'è qualcuno che potrebbe non ricevere aiuto. E, cosa peggiore, potrebbe prendere la chiamata qualcuno degli altri e potremmo perdere la sfida mensile. Non farlo mai più.»
s Mitsuki si allungò e lo pizzicò sul braccio. «Smettila! Tranquilla, cara. Non c'è nessuna sfida mensile, è solo per metterti sotto pressione!» dopodiché gli tirò un orecchio e cominciò a parlargli sottovoce, sperando che noi non sentissimo. In realtà, non era così. «La nostra credibilità rasenta lo zero, non mettere loro in testa scemenze come la sfida mensile! Come ti è venuta?»
«Scusa, capo.» rispose lui, dolorante.
Mitsuki tornò a fissarci con un sorriso smagliante, esattamente come se credesse che noi non avessimo davvero sentito. «Dato che io non ho potuto elaborare la parte geniale... nessuno ha qualche idea?»
«Fare come dice Natsume è maledettamente rischioso.» rifletté Ryu, e non aveva tutti i torti, ma non si poteva entrare in Accademia senza essere visti diversamente, saremmo stati catturati come la loro collega. «Mi rendo conto che se l'hai proposto è l'unica soluzione possibile, ma dobbiamo non solo rendere inoffensivi i tizi a cui ruberemo il posto, ma anche gli altri. Se ci riconoscono siamo fritti, e non abbiamo tutti l'Alice di Yuuko.»
«Immagino che tu abbia ragione.» riflettei, in effetti avevo dato per scontato che non ci sarebbero state nessun tipo di relazioni tra le macchine prima di arrivare in Accademia.
«Di sicuro, poi, ci sarà bisogno del personale della terza macchina. La missione dell'Accademia verrà boicottata da Yuka.» aggiunse Yuuko. «Se una delle macchine viene distrutta durante gli scontri che facciamo?»
«Allora dovremo agire più velocemente.» suggerii, mentre una scappatoia al problema si formava lentamente nella mia testa. «Le opzioni sono due: o li cogliamo di sorpresa mentre tornano alla macchina, sperando che non sia distrutta, oppure, nel caso in cui una venga distrutta, dobbiamo organizzarci nei bagagliai, e neanche nelle restanti due auto potremo entrarci tutti. Nel caso peggiore in cui ne rimanga una sola, possiamo entrare massimo in due. E rimane comunque il problema di andarsene.»
«Quello non è un problema, se ci sbrighiamo a liberare Yui.» sorrise Mitsuki. «Tu sei fondamentale per la missione, ti muovi nella scuola come se fossero le tue tasche, quindi sarai uno dei due, nel caso peggiore. E poi sai con precisione dove la tengono.»
La mia prima missione si prospettava piuttosto difficile. «Mi serve qualcuno che sappia arrangiarsi con quello che ha... per entrare, scassinare le serrature, e che sappia far fronte a tutti i possibili contrattempi che possono capitare.»
«Mitsuki, tu sai costruire qualunque cosa anche con i resti di un telecomando.» le fece notare Jou, con un po' di delusione. Era ovvio che volessero venire tutti, ma era altrettanto evidente che l'organizzazione avrebbe intercettato la missione e ci sarebbe stato un po' di scompiglio.
«Quindi io e Natsume? Siete tutti d'accordo?» continuò Mitsuki. Gli altri non erano entusiasti, specialmente Jou e Ryu.
«Certo che non ci va bene!» obiettò, infatti, Ryu. «Ma se rivogliamo Yui indietro, ci dobbiamo adeguare.»
Mentre parlavano, mi domandai quante volte ancora avrei dovuto essere incastrato dalla gente a fare ciò che volevano. Prima il Preside che mi usava come informatore, poi Yuka che mi diceva di non aiutarli, ma metteva uno come me che conosce anche il più segreto passaggio dell'Accademia in una squadra con quel problema. Cominciò a non sembrarmi più una grande idea, ma ormai non potevo più tirarmi indietro.

Poco prima che la pausa pranzo stesse per finire, entrò dall'ascensore una delle ultime persone che mi sarei mai aspettato. «Che cosa ci fa lui qui?» chiesi, infatti, stupito. Sapevo che aveva affari fuori dalla scuola, ma non immaginavo proprio nello stesso posto in cui li avevo io, e per il motivo opposto, per giunta.
«Si vede che porta notizie dalla scuola.» mi rispose Mitsuki, con tono ovvio. Evidentemente non era la prima volta che lo faceva. «Lo fa quasi ogni mese, anzi... ora ha un po' smesso perché lo sorvegliano. Ma, a quanto pare, il Preside parte per l'Inghilterra. Chissà che problemi ha col suo clone lì.»
«Quale clone?» chiese Yuuko, sbalordita.
«Come sarebbe a dire “quale clone”?» fu Ryu a parlare, quasi indignato. «È l'Alice del Preside. Ha un suo clone in ogni Alice Academy del globo. E li controlla tutti.» noi avevamo la fortuna di avere l'originale. Chissà che razza di Alice aveva adocchiato nell'Alice Academy a Londra.
«È terrificante.» commentò Yuuko.
«Già.» concordò Jou, pensieroso. Si alzò. «Ehi, vecchia ciabatta! Quali notizie porti dal postaccio?»
Il sorriso di Narumi era tirato e per niente sincero. Sembrava stanco e preoccupato. Cosa poteva essere successo di così grave in due giorni? Sperai vivamente che non riguardasse Mikan.
«Ciao Jou...» era strano non vederlo fare l'idiota. «C'è Yuka? Ho bisogno di parlarle, assolutamente.»
«Stamattina aveva una riunione col Presidente, ma ora dovrebbe essere finita. Quindicesimo piano come al solito.»
«Giusto.» commentò, scuotendo la testa, come se se lo fosse dimenticato. «Grazie.»
«Naru, aspetta.» lo chiamai, prima che potesse entrare nell'ascensore di nuovo. Lui si girò e mi guardò con preoccupazione, ma non credevo che fosse per me. «Che è successo?»
«Non è successo niente.» mi assicurò, ma si vedeva da lontano un chilometro che non era così. Inarcai un sopracciglio e lui sospirò. «Niente che tu abbia bisogno di sapere.»
«Dimmi solo se riguarda Mikan.» il mio istinto mi diceva che era successo qualcosa di strano e non ero per niente tranquillo.
«È svenuta di nuovo, e hanno mandato delle analisi da fare all'ospedale.» mi disse. «Sta bene, comunque.»
«Perché sviene di continuo da mesi?» volli sapere, mentre la preoccupazione mi faceva contorcere lo stomaco.
«Tra una settimana ci saranno i risultati delle analisi. Lei sta bene, non ti preoccupare.» non sapevo perché ma non riuscivo a credergli completamente. «Adesso devo andare da Yuka, scusami.»
«Hai intenzione di andartene senza dirmi altro?» lo fermai per una manica.
«Non so altro, Natsume. E lo sai che non ti dirò quello che dirò a Yuka.» questo non era per niente soddisfacente. Mi aveva detto una mezza verità per farmi stare calmo, ma non aveva funzionato affatto, lo conoscevo troppo bene.
«Giuro che se sai qualcosa riguardo Mikan e me l'hai tenuta nascosta, torno in Accademia e ti faccio passare la voglia, dopo aver verificato di persona.» e non stavo per niente scherzando.
«Non ho alcun dubbio.» stavolta il suo sorriso era più rilassato. Entrò nell'ascensore senza degnarmi più di una parola. Sbuffai, tornando alla mia scrivania.
«Che gli hai chiesto?» volle sapere Mitsuki, curiosa. «Informazioni sulla tua ragazza?»
La guardai. «Esatto.» confermai, in tono piatto. Ma non avevo idea del perché gliel'avessi rivelato nonostante volessi che si facesse gli affari suoi.
«E io che stavo scherzando!» scosse la testa, divertita. «Allora, continuiamo col piano?»
«La pausa pranzo è finita.» le ricordò Ryu, stiracchiandosi. «È ora di tornare a lavorare, capo.»
«Sì, sì...» rispose lei, spettinandosi i capelli sopra la fronte. «Non torturarmi ricordandomelo.»
«Sono moralmente obbligato a dire la verità.» dopodiché scoppiò a ridere, dando delle pacche sulle spalle al suo amico, da cui si guadagnò un'occhiataccia. «E dai!»
«Se tu la smettessi di prendere in giro il suo Alice, smetterebbe di guardarti così.» gli fece notare Mitsuki, alzandosi. Si guardarono per un po', prima di annuire come se si fossero messi d'accordo per qualcosa. «Io dico di ringraziarlo. Senza di te non avremmo un piano, Jou.»
Aggrottai la fronte: che intendeva dire? «Li ho soltanto messi a loro agio.» la corresse l'interpellato. Li osservai per un po', senza che dicessero altro. «Per non aspettare troppo a sentirci una squadra. Non abbiamo tempo da perdere.»
«Che significa?» fu Yuuko a domandarlo. Jou le sorrise, forse con una traccia di colpevolezza.
«Il mio Alice controlla gli stati d'animo. In questi due giorni ho preferito rendervi più disponibili a lavorare con noi, come se fossimo un gruppo da sempre. Mi dispiace, lo faccio per Yui.» anche Mitsuki ci rivolse un'occhiata per scusarsi.
«Non c'era un modo facile per dirlo.» ammise. «Ci dispiace di averlo fatto.»
«Perché ce lo state dicendo?» volli sapere. Questo spiegava molte cose, a cominciare dal motivo stesso per cui mi ero seduto e avevo cominciato a elaborare un piano per loro, o del perché rispondessi a tutte le domande che mi facevano. Non che la cosa non mi infastidisse, ma arrivai alla soluzione che bruciare i loro pantaloni, questa volta, non sarebbe stata una grande idea.
«A noi non piacerebbe essere controllati in alcun modo, e sappiamo che neanche Yui approverebbe.» spiegò Jou. «E, dopotutto, siamo una squadra. Ci aiutiamo perché vogliamo farlo. Non lavoreremo mai bene insieme se ci comportiamo così.»
«E come mai dovremmo essere ben disposti a farlo, adesso?» domandai, sinceramente curioso di ricevere una risposta.
Mitsuki mi rivolse un sorriso quasi timido. «Perché abbiamo detto la verità?» tentò.
Io lavoravo per salvare Mikan, in un modo o nell'altro dovevo andare d'accordo con loro. «Il lavoro è lavoro, comunque la mettiate.» conclusi e pensai che, probabilmente, avendone l'opportunità, avrei fatto lo stesso se avessi dovuto salvare qualcuno a cui tenevo. Ripensandoci ancora meglio, avevo fatto cose ben peggiori di quella.

*****

Stavolta ammetto di non sapere quanto tempo è passato dall'ultima pubblicazione, mi sembra un'eternità XD comunque rieccomi con un capitolo del nostro adorato Natsume *.* come giusta ricompensa dopo la fine degli esami di maturità, una cosa di cui non sentirò più parlare grazie a Dio XD.
E ora passiamo ai ringraziamenti (anche se non so di nuovo chi siano le new entry XD):

A tutte le persone che hanno inserito la mia storia tra i preferiti:

1. AkA GirL
2. Anime xx
3. Annie Roxane Jackson
4. bennycullen
5. Butterfly_Dream
6. Chocola98
7. DaMnEdQuEeN
8. dany94
9. DarkAngel_oF_DarkNess
10. deliventor0989
11. DeniCChan_
12. EkoChan
13. fantasmina97
14. fedee_s2
15. forzaN
16. GoBy
17. Hester988
18. Ila_Chun
19. jess chan
20. Kiuxy
21. lauretta 96
22. lily luna 96
23. Luine
24. Manila
25. marzy93
26. mikamey
27. MissTata55
28. MooN_LiE_
29. OtAkU 97
30. rinxse
31. Rubis HD
32. sakurina_the_best
33. Scarlett96
34. Seleliu
35. serena4
36. SEXY__CHiC
37. soga6
38. Spuffy93
39. stella93mer
40. Tessa_94
41. Thedarkgirl90
42. Timy21
43. twilighttina
44. valuzza92
45. verdiana500
46. Veronica91
47. XIUKY88
48. Yumi_chan
49. _evy89_

A chi ha inserito la mia storia tra le storie da ricordare:

1. AkA GirL
2. aliasNLH
3. Erica97
4. fantasmina97
5. laurA_
6. liyen
7. MissTata55
8. sakura2611
9. SparksFly
10. supermimi213
11. Thedarkgirl90

E anche a chi ha inserito la mia storia tra le seguite:

1. AkA GirL
2. angteen
3. Astrel
4. Caterina96
5. Chanel Solis
6. ChibiRoby
7. C_Milo
8. DeniCChan_
9. dolce_luna
10. EdelSky
11. fantasmina97
12. FM107 3 RADIOCAOS
13. forzaN
14. grifoncina93
15. haruno86
16. Hester988
17. kariri97
18. Lallina33
19. lily luna 96
20. Lizzie23
21. Marsigliese
22. MatsuriGil
23. Mb_811
24. Mei91
25. micia95
26. Miki89
27. miricullen
28. MissTata55
29. Nala_95
30. naruhina 7
31. OtAkU 97
32. punk92
33. Rubis HD
34. sailorm
35. sakura92
36. sara_sessho
37. serena4
38. Spuffy93
39. tate89
40. Thedarkgirl90
41. VaLeNtInA1993
42. walpurgis
43. WingedMind
44. XIUKY88
45. _Dana_
46. _evy89_
47. _Haruka_
48. __Artemide__

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice / Vai alla pagina dell'autore: _Pan_