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Autore: _montblanc_    19/07/2011    4 recensioni
«Mi sono risvegliata in mezzo alla foresta di Konoha e mi sono detta: ”Beh, non è un male, infondo è sempre stato il mio sogno”, ma poi l’Hokage mi aizzato contro un gruppetto di Anbu e tutto è degenerato...» stava sbraitando la ragazza, una certa isteria nel tono di voce.
~
«Vuoi unirti all’Akatsuki?» domandò di rimando lui, senza distogliere lo sguardo dal combattimento; si stava visibilmente spazientendo.
Vuoi unirti all’Akatsuki? VUOI UNIRTI ALL'AKATSUKI?! Certe cose non si chiedevano così! Non ci si poteva mettere un minimo di introduzione tipo “Ehi, ciao! Ma lo sai che anche se non sei una ninja e non sai un emerito cippolo di come ci si comporti in una battaglia, saresti un membro eccellente nell’Akatsuki? Eh? Che ne pensi?”.
Se lo faceva in modo così diretto e, sopratutto, ad una che non desidera altro nella vita - in mia difesa potevo solo dire che ognuno merita di avere le proprie ambizioni-, questa, poverina, rischiava l’infarto. Ed io non ero Kakuzu, a me ne bastava uno per rimanerci secca.
(Ho cominciato a scrivere questa storia veramente tanto tempo fa, quindi sto piano piano riscrivendo i vecchi capitoli nel disperato tentativo di renderli più leggibili)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akasuna no Sasori, Akatsuki, Altri, Deidara, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Capitolo 1
 
Quando ripresi conoscenza ero piuttosto certa di non trovarmi più nel mezzo di una foresta: avvertivo qualcosa di morbido sotto di me e, sicuramente, non si trattava del terreno umidiccio e fangoso su cui mi ero risvegliata qualche tempo prima.
Senza, ancora, azzardarmi ad aprire gli occhi, cominciai a tastarmi piano la nuca, sibilando per il dolore quando le dita ne sfiorarono la parte appena superiore al collo: quella strana figura nel bosco avrebbe anche potuto essere più delicata quando mi aveva colpit-
Mi tirai a sedere di scatto, gli occhi spalancati a causa del ricordo, sentendo le molle del letto cigolare in segno di protesta a causa del movimento improvviso - e anche il mio corpo non sembrava essere stato esattamente contento della mia decisione, visto lo scricchiolio inquietante che aveva emesso-.
Il punto era che qualcuno mi aveva tramortita e portata in qualche strano posto non bene identificato e questo... beh... non andava affatto bene; tutto in quella situazione non andava affatto bene, persino io e il mio discutibile istinto di sopravvivenza ce ne rendevamo conto.
Mi strinsi le mani al petto, l’ansia crescente, cominciando a guardarmi intorno e cercando di farmi un’idea generale della situazione: mi trovavo su uno strano lettino, avvolta tra delle coperte dal colore verde vomito - scelta parecchio discutibile, a parer mio-, che mi ricordavano quelle degli ospedali; in effetti anche l'odore nauseante di disinfettante e malato che aleggiava nell'aria era parecchio simile.
D'istinto mossi freneticamente le gambe per liberarmi dalle lenzuola ingarbugliate che mi fasciavano il corpo, impedendomi i movimenti, e appoggiai i piedi a terra, rabbrividendo appena a causa del contatto della pelle con le gelide mattonelle che ricoprivano il pavimento. 
Intorno a me non c’era molto: la luce fioca proveniente da una lampada a lato della stanza si rifletteva contro la sagoma di un vecchio armadio, che aveva passato sicuramente momenti migliori, poggiato esattamente contro la parete opposta a quella dove si trovava il letto. Per il resto vi erano soltanto due porte in legno e una piccola finestra, da cui non riuscivo a scorgere l’esterno, dato che era sembrava essere ormai scesa la notte. 
Mi morsi le labbra, soffermando lo sguardo su quest’ultimo particolare: forse avrei potuto lanciarmi da lì, sperare che la forza di gravità non funzionasse su di me o che in quelle ore di incoscienza avessi sviluppato l’abilità di volare e darmi ad una fuga disperata.
Mentre cercavo di limare i dettagli del mio, sicuramente molto efficiente, piano di fuga, la porta si aprì. Non feci in tempo a capire chi stesse cercando di entrare, che la suddetta persona corse subito via, lasciando dietro di sé solo l’eco di passi veloci che si allontanavano.
Rimasi per un attimo immobile, gli occhi puntati verso la porta, ora socchiusa, e il respiro bloccato, quasi nel timore che con il minimo rumore avrei finito per spezzare quel momento di stasi e si sarebbe scatenato il finimondo - con gente incappucciata che si lanciava dal soffitto brandendo dei mitra e parlando di aramaico-.
Dire che ero confusa sarebbe stato un eufemismo: non capivo se stessi sognando, se fossi sotto l'effetto di qualche strana sostanza sconosciuta all’uomo o se fossi impazzita definitivamente. Conoscendomi, quest’ultima opzione era di gran lunga la più probabile.
La domanda principale, quella che mi ronzava in testa sin dall’inizio, era sempre la stessa: che diamine stava succedendo?! 
Continuavo a ripetermi che dovevo sbrigarmi a planare fuori da quella maledetta finestra e improvvisarmi uno scoiattolo volante, ma qualcosa continuava a tenermi ancorata a quel luogo.
Forse chi mi aveva portata lì sapeva dirmi cosa mi era successo, forse si trattava di un semplice ospedale. Ma quale persona sana di mente si mette a tramortire gente a caso in mezzo alle foreste!?
«Ti sei svegliata» constatò una voce femminile, facendomi sobbalzare; non mi ero minimamente resa conto dell'arrivo di nessuno... maledetto sesto senso tarocco.
Per un istante la mia mente venne attraversata da ogni scenario possibile, dall’essere stata sequestrata da una qualche setta religiosa che voleva immolarmi in nome del loro culto, al rapimento alieno, agli illuminati con tutti i loro triangoli, o a qualche scienziato pazzo pronto a dissezionarmi e a trasformarmi in un portabottiglie.
Quello che vidi, tuttavia, era ben oltre ogni mia possibile aspettativa, facendomi spalancare la bocca in una maniera decisamente poco intelligente.
Sulla soglia della porta si stagliava un’imponente figura, i tratti appena celati dalla luce soffusa, che comunque non mi impedì di riconoscerla all’istante; i capelli biondi, legati in due codini bassi, le ricadevano sulle spalle, fasciate soltanto da una canotta grigia che a malapena riusciva a contenere il suo... seno stratosferico; sul serio, aveva la mia ammirazione come donna, avrei dovuto chiederle qualche consiglio a riguardo… 
A quel punto dire che mi venne un colpo era poco...  rischiai letteralmente l'infarto,  strozzandomi con la mia stessa saliva e saltando via con la grazia di un pinguino zoppo, scivolando con un piede su un lembo di coperta e finendo con il sedere a terra, giusto per concludere quella magnifica dimostrazione di acume.
Le mattonelle non attutirono minimamente la mia caduta e non la resero minimamente piacevole, limitandosi a inviare un brivido di freddo lungo tutta la mia schiena, che tuttavia fui troppo occupata per poter registrare.
Sulla soglia della porta, con uno sguardo che potevo definire solo come profondamente allibito, si stagliava il Quinto Hokage in tutta la sua… la sua… non riuscii a trovare un aggettivo adatto per esprimere cotanta magnificenza, ma sprizzava aria da persona veramente importante da tutti i pori; e se prima avevo avuto ancora qualche dubbio circa la mia salute mentale, ora potevo tranquillamente affermare che era ormai andata a farsi benedire e che ero pronta per essere internata da qualche parte.
«Che cosa ti è successo?» chiese, decidendo saggiamente di non pronunciarsi sulla mia ridicola performance, mentre avanzava verso di me. 
A proposito di cosa? Del fatto che mi fossi appena praticamente abbattuta da sola? Dell’uomo - sempre che non fosse stata una donna, qui siamo per le pari opportunità- che mi aveva quasi spaccato il cranio? O del fatto che mi fossi svegliata sdraiata all'aperto, in un luogo non ben identificato? Perché nelle ultime ore me ne erano successe di cose particolari e non facilmente spiegabili.
Nonostante tutto, dovevo ammettere che quella le superava tutte di gran lunga: era il Quinto Hokage? Seriamente?! Era un cosplayer dannatamente bravo o qualcosa del genere? Un sosia? Era uguale! Perché accidenti il mio probabile rapitore era vestito come uno dei Kage di Konoha? Che strano fetish era mai questo?!
«Ehi?» l'oggetto che aveva dato origine ai miei pensieri deliranti cercò di catturare la mia attenzione, agitando una mano di fronte alla mia faccia, che probabilmente aveva perso qualche sfumatura di colore negli ultimi minuti.
«M-ma chi… i-io?» balbettai impacciata, inciampando su ogni lettera possibile, l’espressione poco intelligente di una persona che stava veramente cercando di capire cosa le stava succedendo, ma che non ci riusciva.
Per quanto continuassi a sforzare la mia mente a ripercorre uno dopo l’altro tutti gli avvenimenti che mi avevano condotta fino a quel momento, non riuscivo proprio a capacitarmi del motivo per il quale mi trovassi seduta su un pavimento scomodo e ghiacciato a intrattenere una conversazione con Tsunade… o chiunque ella fosse.
Lasciai correre lo sguardo sulla figura che mi si stagliava davanti, gli occhi che cominciavano a brillarmi per l’emozione. Stavo parlando con il Quinto Hokage! 
No, Ambra, stai calma, Ambra... respira e comportati per una buona volta come la persona logica che non sei: obbiettivamente parlando non può essere… però… persino la sua voce…!
Ero combattuta tra il mio stato di confusione e perplessità e uno strano senso di euforia interiore che risultava sempre più difficile da ignorare.
Probabilmente avevo di nuovo esagerato con Naruto e cominciavo a subirne le conseguenze con delle allucinazioni... sicuramente suonava molto più credibile di Yay! Che bello! Sono finita nel mondo di Naruto! cosa che non mi sarebbe dispiaciuta ovviamente, ma che non era il primo pensiero che avrebbe dovuto attraversare la mente della persona sana che volevo credere di essere.
«Vedi qualcun altro in questa stanza?» ribatté lei stizzita, mettendosi le mani sui fianchi e i capelli biondi dondolarono leggermente seguendo il suo movimento.
Ok, forse era il caso di ricomporsi; avevo come la sensazione che non le stessi facendo esattamente una buona impressione.
Mi alzai in piedi, spolverandomi i vestiti con le mani alla bell’e meglio e, con un fare che non definirei propriamente femminile, mi schiarii rumorosamente la voce; per poi partire in quarta con uno dei miei tipici discorsi senza capo né coda, che più volte mi avevano portato ad uscire vittoriosa dalle interrogazioni al liceo. Dopotutto, se i professori non riescono a capirti, non possono nemmeno dimostrare che tu abbia detto qualcosa di sbagliato; magari la stessa tecnica mi sarebbe tornata utile per uscire da quella situazione.
«Ehm… no, ci siamo solo noi due… haha» risatina isterica «Beh, i-io? Veramente non mi ricordo assolutamente nulla… insomma, ero nel bosco e poi c’era quella figura strana e non riuscivo ad avvicinarmi. E poi sono stata colpita… o almeno credo. Ma è stato doloroso! Non riesco nemmeno a toccarmi la testa, dice che è grave? Riuscirò a sopravvivere?!» senza attendere che rispondesse continuai il mio monologo, ignorando totalmente i suoi tentativi di intervenire nel discorso «Comunque poi mi sono svegliata in questo posto e qualcosa è sfrecciato davanti a quella porta, che ansia… e è comparsa lei, sono inciampata e… e…» presa dal gesticolare nell’enfasi nel discorso agitai una mano di fronte al mio campo visivo e il mio cuore perse un battito.
Oh- porca- miseria! Cos'era quella lunga striscia rossa che spiccava sulla mia pelle. Era... sangue? Non lo era vero? No, mi sembrava proprio esserlo…
«Noo!!» urlai stringendomi la mano e il “Quinto Hokage” sobbalzò leggermente sul posto, sorpresa da quella reazione improvvisa «Oh mio Dio! Oh Santo Jashin!!».
La donna continuava ad osservarmi con espressione interrogativa, probabilmente chiedendosi che cosa stesse succedendo di fronte ai suoi occhi.
«Suvvia, è solo un taglietto… guarirà in fretta» tentò di dire, notando la fonte della mia angoscia, vagamen- decisamente perplessa.
«Sto morendo… sto per morire!» continuai totalmente in panico, senza riuscire a staccare gli occhi dalla ferita, oltremodo allarmata.
Quand'era successo? La prima volta che mi ero svegliata non era lì; forse me l'ero fatta quando chiunque-fosse-stato mi aveva colpita. Io... la vista del sangue mi creava dei problemi. Molte cose mi creavano effettivamente dei problemi, ma quella soprattutto.
«Non è niente, abbiamo già controllato le tue ferit-» provò nuovamente "l’Hokage" senza ottenere alcun risultato. 
«Mondo crudele! Ma che cosa ho fatto di male?! Volevo soltanto finire in fretta i dannati esercizi di matematica!» esclamai disperata.
In mia difesa potevo solamente dire che non è facile per una persona controllarsi di fronte alle proprie fobie, soprattutto visto lo stress che quella giornata aveva causato al mio unico neurone.
«ADESSO BASTA!» il suo urlo squarciò l'aria, accompagnato dal tonfo del suo piede contro il pavimento, che si sgretolò letteralmente sotto di lei, formando una leggera fossa fra le mattonelle lucide, ora incrinate. 
Era possibile una cosa del genere? Con cosa accidenti si dopava quella donna!? Se ci avessi provato io sarei finita con qualche osso fuori sede e il gesso a tempo indeterminato.
Speravo per lei che la sua assicurazione coprisse anche gli scatti d’ira improvvisi ai danni dei poveri arredamenti indifesi.
«C-che cos…?» mormorai con un filo di voce, totalmente basita da quello che era appena successo e continuando ad alternare occhiate confuse fra il suo piede e la sua faccia, su cui ora era affiorata un’espressione molto poco rassicurante. 
«Chi sei? Cosa fai nel mio villaggio!?» cominciò a chiedermi con insistenza, una vena che le pulsava nella tempia in maniera alquanto sinistra, in un modo che non credevo possibile.
«La prego… non mi uccida!» la implorai, dando una molto poco dignitosa manifestazione del mio coraggio e diventando quasi un tutt'uno con la parete.
Lo sapevo che avrei dovuto lanciarmi dalla finestra quando ne avevo ancora l’occasione!
«Non ho la minima idea di come io sia finita qui, mi creda!»  pigolai, coprendomi il volto con le mani, sperando che quello bastasse per mimetizzarmi con l’ambiente circostante e passare inosservata.
«Beh, sicuramente non si tratta di una ninja…» avvertii improvvisamente dire da una voce maschile.
Timorosa sbirciai da sotto lo scudo di braccia in cui mi ero rintanata come una vongola e quello che vidi fu... Kakashi Hatake. 
Qualcuno aveva deciso di organizzare il Lucca comix in quella stanza ed io non ne ero stata informata?
Cercando di darmi un po’ di contegno mi alzai, senza distogliere lo sguardo dalla figura del nuovo arrivato, non riuscendo a capacitarmi di quanto una persona potesse essere simile ad un personaggio di un anime. I capelli argentati, a dispetto di ogni forza di gravità, ondeggiavano in aria, come se avessero vita propria.  Il coprifronte, che utilizzava a mo’ di benda, copriva il suo occhio e, insieme ad una specie di maschera, impediva di scorgergli chiaramente il volto. 
Aprii la bocca e la richiusi più volte, totalmente spiazzata e senza sapere da dove cominciare per dare un ordine di senso compiuto a tutto quello che avrei voluto dire.
Iniziai a torturarmi le mani cercando di evitare che strani pensieri prendessero forma nella mia testa - che si sapeva, non era affidabile-. 
«Vorrai sapere dove ti trovi» constatò allora "Kakashi", notandomi boccheggiare, mentre chiudeva il libro che teneva fra le mani - cosplay molto fedele, non c'era che dire-. 
Io mossi leggermente il capo in un tentativo di assenso, avvertendo però una fitta al cervello, che mi ricordava molto poco amorevolmente del colpo che avevo preso tempo prima.
«In questo momento ti trovi nell’ospedale del villaggio della Foglia e io sono l’Hokage» spiegò la Godaime, portandosi una mano sul petto, come per sottolineare la sua importanza.
«C-certo… capisco» mi limitai a rispondere, sollevando appena un sopracciglio, scettica. Forse per il momento sarebbe stato meglio assecondarli e vedere dove tutto quello mi avrebbe portata.
«Come va la testa? E’ stata una bella botta» chiese a quel punto “Kakashi”, indicandosi il capo con una mano.
«Mmm, mi fa un po’ mal-aspetta.» mi bloccai, osservandolo sospettosa «Come fa a saper- è stato lei a colpirmi? Era lei la persona nella foresta?».
«Effettivamente sì. Ero stato inviato per verificare la presenza di un estraneo nel territorio del villaggio e-» cominciò a spiegare lui, ma lo interruppi prima che potesse continuare, puntandogli contro un dito accusatore.
«Ma non lo sa che è pericolosissimo colpire la testa delle persone in quel modo?! Avrei potuto riportare dei seri danni cerebrali o morire per la caduta ed essere sbranata dagli inset-!» le parole mi morirono in gola notando lo sguardo affilato del suo unico occhio visibile, che mi fece sospettare non avesse esattamente gradito la mia interruzione.
«Avevo soltanto intenzione di assicurarmi che non fossi un possibile pericolo per il villaggio, ma improvvisamente hai cominciato ad indietreggiare, andando a sbattere contro un ramo di un albero, per poi cadere a terra come un sacco di patate» spiegò semplicemente in lui, stroncando sul nascere ogni mia possibile protesta e facendomi abbassare il capo, sconfitta. In effetti una cosa del genere era proprio da me.
«Ad ogni modo…» riprese a parlare l’Hokage, che fino a quel momento era rimasta in silenzio ad ascoltarci «Kakashi ti ha poi portata all’ospedale di Konoha ed è venuto ad informarmi della tua presenza» concluse lei, per poi tornare ad osservarmi con fare indagatore «Quindi, rispondi. Chi sei? Che cosa ci facevi nel mio villaggio?»
Per quale motivo mi sentivo colpevole e sospetta anche se non avevo fatto nulla di male? Era una sensazione simile a quando prima di uscire da un negozio cominciava a salirmi l’ansia all’idea che potesse partire qualche allarme nonostante non avessi rubato nulla.
«Mi chiamo Ambra» cominciai, notando subito, con disappunto, la loro espressione perplessa nel sentire il mio nome. Che poi uno che si chiama “Kakashi” ha veramente poco da giudicare!
«Vengo da una citt-un villaggio parecchio lontano da qui, non penso conosciate il suo nome, non è particolarmente famoso» spiegai in una mezza verità, cercando di essere il più vaga possibile «Probabilmente ho sbagliato strada e mi sono persa in mezzo alla foresta. Volevo chiedergli di aiutarmi, ma poi sono svenuta e mi sono risvegliata qui» conclusi, sperando con tutto il cuore che si facessero bastare quello che gli avevo detto e non mi facessero ulteriori domande; nascondere le cose non era esattamente una delle mie doti migliori e non mi sembrava ancora il caso di raccontare loro quello che mi era successo realmente ed essere internata chissà dove.
«Mmm…» fece semplicemente Tsunade, lanciando una strana occhiata a Kakashi, di cui non riuscii a comprendere il significato «Capisco. Per il momento puoi trascorrere qui la notte, domani decideremo sul da farsi» annunciò lei.
«M-ma io…» avevo ancora una valanga di cose da chiedere, non poteva mollarmi lì in quel modo.
«E’ deciso.» disse semplicemente, frenando le mie proteste.
Dopodiché la donna si voltò e lasciò rapidamente la stanza, seguita dall’altro ninja, come se entrambi avessero una gran fretta di andarsene. 
«Ciao eh… » feci imbronciata, praticamente al nulla, osservando la porta chiudersi dietro di loro con un tonfo leggero.
Mi mossi verso la finestra, dando un'occhiata a che cosa ci fosse dall’altra parta del vetro: il buio rendeva i confini dell’ambiente alquanto vaghi e non riuscivo a determinare bene quanta distanza ci fosse da lì al suolo. Forse dovevo scartare l’idea di improvvisarmi colomba e rischiare di distruggermi completamente l’osso del collo.
Senza molto altro da fare mi rimisi sotto le coperte, con uno strano sogghigno che si era fatto strada sul mio volto.
Sapevo di dover rimanere ancorata alla realtà, sapevo che tutto quello che stavo vivendo probabilmente era frutto di una qualche contorta allucinazione – forse causata dal colpo preso sul collo-, ma che male c’era nel fantasticare un po’ ora che ero rimasta sola? Se mi trovavo veramente nel mondo di Naruto…!
Affondai il viso fra le mie mani, cercando di soffocare la risatina stridula che mi era sfuggita dalle labbra al solo pensiero.
Se fossi stata veramente nel mondo di Naruto sarebbe stata una tremenda figata! Se c'erano loro significava che anche che l’Akatsuki era lì da qualche parte e… non avevo idea di come avrei fare a incontrarli, se fosse stato vero – e forse non sarebbe stata nemmeno la cosa più saggia da fare-, ma già l’idea di trovarmi nel loro stesso universo bastava per farmi rigirare nel letto come un’anguilla in preda alle convulsioni.
 
Lontano da quella stanza, i passi di una donna dai capelli biondi risuonavano per un lungo corridoio, il mento appoggiato fra le dita e l’espressione pensierosa.
«Che cosa ne pensa?» chiese l’uomo che si trovava con lei; per un secondo i suoi capelli argentati sembrarono risplendere a causa della luce della luna, che si era infiltrata da una finestra, riflettendosi su di essi.
«E’ sospetta» sentenziò semplicemente lei, sollevando lo sguardo, senza però fermarsi «Darò un’occhiata agli archivi insieme a Shizune per vedere se riesco a scoprire qualcosa su di lei. Ho lasciato delle guardie di fronte alla sua camera, se proverà a fare qualcosa di sospetto verrò informata immediatamente» rivolse, infine, uno sguardo nella sua direzione «Per il momento, sei congedato».
Kakashi si limitò ad annuire e, così come era venuto, scomparve, confondendosi con l'oscurità che avvolgeva quel luogo.
  
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