NOTE DELL'AUTORE:
Un grazie infinito a TopGun4ever, che mi sopporta sempre e in ogni modo, e a Princess Cake87, che mi hanno aiutata a unire le "tessere del puzzle" di questa Effe Effe.
Grazie mille anche a Black_Yumi, LadyNick,Chaostheory e alla mia amica Argent per i commenti. =)
Non mi resta che augurarvi buona lettura!
Capitolo 5
Il complotto dei Rinascenti
“Se la morte è il
risveglio, la vita è un sogno”
(Jim Morrison)
Avere
un tetto sopra la testa e una doccia calda a sua disposizione le sembrò
irreale.
Il
dolce torpore dell’acqua calda che le accarezzava la pelle, il profumo del
bagnoschiuma e degli asciugamani puliti. Lisan socchiuse gli occhi e lasciò che
la canzone dei Nickelback che stavano
trasmettendo alla radio la trasportasse in un’altra dimensione; si lasciò
cullare dalle melodia sotto la doccia bollente. Erano settimane che non si
sentiva così bene.
Chiuse
l’acqua dieci minuti dopo, a malincuore.
Lo
speaker italiano stava commentando simpaticamente a proposito di calcio, ma non
riuscì a capire bene il suo discorso. Avrebbe dovuto fare ancora molta pratica per
imparare la lingua italiana. La trovava affascinante.
Lisan
si infilò un accappatoio, lanciò un’occhiata fugace nello specchio e il
riflesso di una diciassettenne sorridente le restituì lo sguardo. I suoi
capelli castani erano tornati lucenti.
Percorse
il corridoio della camera d’hotel a piedi nudi stringendo in mano una pila di
asciugamani.
Harry
era in soggiorno. Lisan lo osservò di sottecchi mentre se ne stava seduto alla scrivania
accanto alla finestra a digitare freneticamente sulla tastiera del suo
notebook. Quel tipo era freddo e taciturno. E piuttosto carino.
Sulla
sua fronte c’era una strana cicatrice a forma di saetta, difficile che se la
fosse procurata nell’incidente d’auto del giorno prima.
Harry
avvertì la presenza alle proprie spalle e mosse la testa, ma Lisan fu
abbastanza veloce da cambiare direzione e infilarsi nella propria camera da
letto.
Per
sdebitarsi le aveva offerto un rifugio sicuro per un paio di giorni, e intanto
lei avrebbe potuto scambiare due chiacchiere con un mago in carne ed ossa.
Sei speciale, Lisan…
Sperava
dal profondo del cuore che Harry le insegnasse a governare i propri poteri.
Anche perché, dopo essersi smaterializzati ed aver abbandonato la carcassa
dell’automobile in fiamme, lui si era limitato a consigliarle di riposare.
Aveva passato tutta la notte attaccato al monitor del notebook senza prestarle
la minima attenzione.
<<
Stai meglio?>> le chiese Harry, cortese, quando Lisan fece il suo
ingresso un po’ impacciato in soggiorno. Le aveva comprato dei vestiti nuovi.
<<
Molto meglio. Grazie.>>
Davanti
a Harry, seduto sul divano, un grande schermo Sony occupava gran parte della
parete. Stavano trasmettendo un vecchio film poliziesco anni ’80.
Fuori
dalla finestra una distesa informe e sterminata di tetti si propagava fino all’orizzonte
illuminata dal sole cocente di agosto. Tra essi, in lontananza, svettava la
bianca Cupola di San Pietro. Poco più a destra, a guardia delle mura vaticane,
c’era Castel Sant’Angelo con il suo particolare color terracotta, che Lisan
aveva potuto osservare solamente in televisione.
<<
Posso parlare con te, adesso?>> domandò Harry.
<<
Che cosa vuoi sapere?>>
Lui
batté il palmo della mano sulla poltroncina accanto al divano. Lisan obbedì e
si sedette, sentendosi un po’ nervosa.
<<
Non ti è mai arrivata nessuna lettera che ti comunicasse la tua iscrizione ad
una qualche scuola di magia?>>
<<
No. Mai.>> mormorò Lisan.
<<
La parola Hogwarts ti dice
qualcosa?>>
<<
Assolutamente no.>>
Harry
sospirò profondamente. << E’ stato un caso fortuito che io ti abbia
trovata. Se prima di me ci fosse riuscito quel bastardo che ha cercato di
uccidermi, probabilmente i tuoi poteri fuori controllo non sarebbero serviti a
molto. Mi comprendi?>>
<<
Credo di sì.>>
<<
Tu non sei invincibile, Lisan. Voglio che tu lo sappia. Il fatto che tu mi
abbia salvato la vita è indiscutibile e io te ne sono molto grato. Ma devi
capire che non era un’eroina dei fumetti in grado di poter fare tutto ciò che vuoi.>>
Lisan
si strinse nelle spalle. << Io volevo solo cercare qualcuno come
me.>>
<<
L’hai trovato. Cercherò di fare il possibile per aiutarti. Ma rubare e gettare
ristoranti alle fiamme non è una mossa intelligente, è chiaro?>>
Il
cuore iniziò a batterle forte. << E tu come fai a saperlo?>>
bofonchiò.
<<
Casualmente ho letto un articolo di giornale sull’argomento.>> rispose
Harry, con tono risoluto. << Sei sola, spaesata e fuori controllo. Non
hai soldi e devi procurarti da mangiare in qualche modo. Ho fatto due più
due.>> Si passò una mano nella chioma di capelli corvini, mettendo in
mostra la cicatrice a forma di saetta sulla sua fronte. << La tua bravata
è costata la vita a un turista, lo sai questo?>>
<<
Io… ecco… no.>>
<<
Attorno a te capitano cose strane, col passare dei giorni capisci che sei
diversa da tutti gli altri e non riesci a trovare nessuno che ti possa
comprendere.>> Harry estrasse una penna dal taschino. Ci giocherellò per
qualche istante, poi la utilizzò per indicare Lisan. << Risponderò alle
migliaia di domande che ti frullano in testa con quattro semplici parole. Tu sei una strega.>>
Lisan
sbatté le palpebre. Scosse leggermente il capo. << Io sono cosa?>>
<<
Una strega. Cosa credevi di essere, una degli X-men?>>
<<
Quindi tu… tu sei veramente un
mago?>>
Harry,
i gomiti poggiati sulle ginocchia e il volto fra le mani, annuì. Sembrava
stranamente a disagio, come se gli costasse parecchio intavolare quel genere di
discorso. << Ti starai chiedendo come faccio a sapere tutto questo. Il tuo
volto esprime molte più informazioni di quante non ne comunichino le tue
parole.>>
<<
E cosa esprimerebbe il mio volto?>>
Harry
con la penna percorse il profilo delle sue sopracciglia. << Non ti fidi
ancora di me, ed è del tutto normale. E ti stai chiedendo come faccia a darti
così tanta fiducia, sapendo che sei una sottospecie di bomba ad orologeria con
due gambe.>> Sospirò. << Ti piacciono le serie tv americane, non è
vero?>>
<<
Oh, ecco… molto.>>
<<
Nel mondo dei maghi, io sono una specie di poliziotto. Da noi si chiamano Auror.>>
<<
Wow.>>
<<
Perciò.>> proseguì Harry. << Ho validi motivi per sospettare che il
mago che mi ha aggredito sia un Mangiamorte. E stava cercando te. Nella
migliore delle ipotesi si tratta di un criminale con poteri magici interessato
alle tue capacità. Il perché è pressoché evidente: non ho mai visto nessuno in
grado di utilizzare la magia senza una bacchetta magica come te, Lisan. Hai
delle doti straordinarie.>>
Lisan
arrossì. Prese ad arrotolarsi nervosamente una ciocca di capelli. << Loro
mi stanno cercando.>> mormorò. << E’ da quando ero a Varsavia che
mi danno la caccia. Erano in due. Indossavano dei mantelli neri e avevano delle
maschere sul volto. Uno sono riuscita a ucciderlo, ma l’altro ha continuato a
starmi alle costole.>>
Harry
le rivolse un sorriso. Allungò una mano e gliela posò sulla spalla. <<
Qui sei al sicuro. Nessuno potrà farti del male. Ma devi promettermi che non
userai più la tua magia per fare del male a qualcuno, se non in casi di estrema
necessità.>>
<<
Lo prometto.>> disse Lisan, risoluta. << ma tu devi aiutarmi a… controllarla.>>
<<
Siamo qui per questo. Altrimenti ti avrei schiantata sul posto e mi sarei
smaterializzato prima che te ne accorgessi.>>
<<
Dubito che ci saresti riuscito.>> sbottò Lisan, con una punta di sarcasmo
nella voce.
<<
Dì un po’, ragazzina, quanti anni hai?>>
<<
Diciassette.>>
Harry
scoppiò a ridere. Si alzò dal divano e andò a recuperare il telefonino
abbandonato sulla scrivania. Armeggiò con il touch-screen per comporre un numero
telefonico. << Alla tua età, stavo attraversando guai ben
peggiori.>> Le strizzò l’occhio, mentre si portava l’i-phone
all’orecchio. << Vuoi qualcosa da mangiare?>>
Lisan,
un po’ intimidita, annuì. La sua pancia emetteva da un paio d’ore intensi gorgoglii.
<<
Hermione?>> fece Harry, quando una voce femminile dall’altro lato
rispose. << Un Mangiamorte ha appena cercato di uccidermi e una strega di
diciassette anni di livello cinque passata inosservata al mondo dei maghi è
seduta sul divano di casa mia. Che cosa devo fare?>>
*°*°*°*°*
Era
Harry. La stava chiamando. Era lui.
Hermione
si immobilizzò. Si trovava nel suo ufficio al Quartier Generale e,
d’improvviso, il vecchio telefonino babbano che teneva nascosto in un cassetto
iniziò a squillare ininterrottamente.
Solo
una persona conosceva quel numero. Era stato Harry a regalarle il telefono
cellulare babbano, almeno avrebbero potuto comunicare liberamente senza il
rischio di essere intercettati dai Mangiamorte sfuggiti al controllo del
Ministero.
Hermione,
lentamente, portò il piccolo Nokia all’orecchio. Il cuore le batteva
all’impazzata nel petto. << Harry…>>
<<
Hermione?>> La sua voce. Sembravano essere passati solo un paio di
giorni. E invece erano trascorsi mesi interi. Un Mangiamorte ha appena cercato
di uccidermi e una strega di diciassette anni di livello cinque passata
inosservata al mondo dei maghi è seduta sul divano di casa mia. Che cosa devo
fare?>>
La
tachicardia non esitò a placarsi. Hermione era così ansiosa di ascoltarlo che
quasi non badò a recepire le sue parole. Non riuscì a dire nulla: l’Hermione orgogliosa nascosta dentro di
lei la spinse a chiudere la chiamata e riporre cautamente il telefono nel
cassetto.
Si
sedette e affondò il viso fra le mani, i gomiti appoggiati sulla scrivania
cosparsa di incartamenti. Che cos’aveva fatto? Dopo un tempo che le era
sembrato infinito, Harry l’aveva contattata, e aveva bisogno del suo aiuto.
No,
disse l’Hermione orgogliosa, ti ha
lasciata sola a comando del Quartier Generale senza nemmeno un preavviso. Merita
di essere ricambiato con la stessa moneta.
A
dire il vero non ebbe idea di quanto rimase in quella posizione osservando
nient’altro che la sua ombra proiettata sulla scrivania, tralasciando i suoi
doveri lavorativi per riflettere su come avrebbe dovuto comportarsi con Harry.
Infine,
l’Hermione Auror prevalse. Aprì il
cassetto e recuperò in fretta il telefonino. Le sue mani iniziarono a tremare
per l’ansia. O forse era semplicemente l’Hermione
orgogliosa che tentava un’ultima volta di ostacolarla?
Lui
rispose al terzo squillo.
<<
Harry.>> mormorò Hermione.
<<
Mi dispiace, Herm.>>
<<
Oh, certo, ti dispiace.>> sbottò lei causticamente. Si lasciò sprofondare
nella poltroncina dallo schienale alto foderato in pelle color smeraldo.
<< Hai una vaga idea di cosa ha comportato la tua assenza dal
Ministero?>>
<<
Ho bisogno di te.>>
Quelle
semplici parole, anche se non lo diede a vedere, placarono la sua ira
interiore. Ma a quel punto l’Hermione orgogliosa aveva preso in pieno controllo
della situazione, e non avrebbe mollato il comando tanto facilmente. <<
Dove sei?>> gli chiese.
Dall’altro
capo del telefono, Harry trasse un sospiro profondo. << Sono a
Roma.>>
<<
E che cosa ci fai in Italia, posso saperlo?>>
<<
Hermione, ti prego, non fare domande. Ho un disperato bisogno di te. Lascia
almeno che ti spieghi.>>
<<
Ti sto ascoltando.>> sibilò Hermione.
<<
Un Mangiamorte mi ha aggredito ieri. Ero in auto. Mi ha colto di sorpresa e
sarei di certo morto, se una strega di diciassette anni non mi avesse salvato
la vita.>>
<<
Commovente.>> Una morsa le strinse lo stomaco a pensarlo in pericolo.
Lottò contro sé stessa per mantenere inalterato il suo tono di voce. << E
chi sarebbe questa strega?>>
<<
A dire il vero, non lo esattamente.>> disse Harry. << Ma è sfuggita
al controllo dei maghi minorenni del Protocollo Internazionale dell’Istruzione
Magica. E’ stupefacente, Herm. Ha dei poteri che nemmeno Silente alla sua età
si sarebbe sognato di avere. E non ha la minima idea di cosa sia una bacchetta
magica.>>
Hermione
trasalì. Al diavolo l’orgoglio. << La stanno cercando, vero?>>
<<
Ho l’impressione che qualcuno sappia della sua esistenza e che cerchi in ogni
modo di… reclutarla.>> disse
Harry, preoccupato. << Non so che cosa fare.>>
Reclutare… proprio
come aveva detto Draco. Altre tessere andarono a incastrarsi nel puzzle.
Hermione rimase per qualche lungo istante di silenzio, riflettendo attentamente
sul da farsi. Non c’era tempo da perdere in chiacchiere. Se ciò che Harry
diceva era vero, ed era vero per forza, quella ragazza da sola sarebbe stata in
grado di far scoppiare la Terza Guerra. Quell’ipotesi così assurda non pareva
nemmeno tanto irreale, visto e considerato che Draco Malfoy, rinchiuso nella
cella del Quartier Generale, non faceva altro che avvertirli dell’imminente
ritorno dei Mangiamorte.
<<
Vieni immediatamente qui.>> sentenziò infine Hermione. << Porta con
te la ragazza. Se è davvero così potente nemmeno tu sarai in grado di
difenderla.>>
<<
Tra un’ora saremo lì.>> promise Harry, che soggiunse: << E’ bello
risentirti, Herm.>>
Hermione
non disse nulla. Poi, quando Harry riattaccò, emise un sospiro.
E’ bello risentirti, Harry.
*°*°*°*
Il
grattare cigolante di una chiave nella serratura lo destò dal sonno.
Draco
aprì gli occhi, rimirando stancamente la figura di un Auror avvolto nel
mantello d’ordinanza che entrava nella piccola cella con passo spedito.
Depositò senza troppa accortezza un vassoio sul tavolaccio di legno stipato in
angolo, gli rivolse uno sguardo sprezzante, poi sparì richiudendosi
pesantemente la porta alle spalle.
Un
illustre professore di pozioni era stato rinchiuso nella Cella del Quartiere
Generale degli Auror. Un gesto apparentemente semplice, ma che segnava un
crocevia importante nelle espressioni di quegli stupidi burattini del
Ministero.
Chi
era dietro le sbarre veniva considerato un criminale. Punto. Nulla e nessuno
avrebbero fatto credere il contrario a quel branco di idioti.
Ma
in fondo lo meritava. Aveva ucciso suo
padre.
Draco
rise. Si lasciò cadere indietro, appoggiando la schiena alla fredda parete di
mattoni.
La
porta d’ingresso tornò a cigolare. Savage e Dawlish, fidati collaboratori di
Hermione, fecero il loro ingresso nella cella. Si fermarono ai lati della porta
ed attesero in silenzio che Draco di alzasse per mangiare, ma lui non lo fece.
Poco
dopo arrivò Hermione.
<<
Ha bevuto?>> domandò ai due colleghi. Entrambi scossero il capo.
<<
Voglio che versiate il Veritaserum davanti ai miei occhi.>> disse Draco,
pacato.
Hermione
annuì. Era evidente che la diffidenza fosse reciproca. Estrasse una boccetta di
vetro contenente un liquido trasparente da una tasca interna del mantello, poi
afferrò il calice appoggiato sul vassoio del cibo e lo vuotò senza tanti
complimenti sul pavimento. Lo riempì nuovamente d’acqua con un incantesimo,
eseguendo ogni movimento con un’insolita lentezza in modo che Draco potesse
accertarsi che non vi fossero irregolarità.
<<
L’acqua naturale è di tuo gradimento, Malfoy?>> chiese Hermione, con una
vena ironica nella voce. I due Auror alle sue spalle ridacchiarono.
<<
Dammi da bere quella pozione e falla finita, Granger.>>
Hermione
stappò la boccetta e ne versò tre gocce nel calice. Lo fece oscillare tenendolo
fra l’indice e il pollice, osservando controluce che il colore della pozione
Veritaserum fosse ottimale. << Possiamo procedere.>> disse a
Dawlish e Savage.
Savage
si volse e richiuse la porta, facendo scattare il lucchetto della serratura con
un colpo di bacchetta.
Draco
ricevette la coppa fra le mani. La soppesò qualche istante, poi la vuotò tutta
d’un sorso. Era incolore e inodore, sembrava del tutto simile all’acqua ed
aveva un retrogusto metallico.
Avvertì
la testa farsi leggera, come se tutti i pensieri fossero stati riversati in un
pensatoio e del suo cervello non ne rimanesse altro che un ammasso molle e
gelatinoso privo di ogni ricordo. Era una sensazione meravigliosa.
La
vista gli si appannò. Riusciva a intravedere solo la figura di Hermione davanti
a sé.
<<
Qual è il tuo nome?>> domandò cautamente Hermione, mentre prendeva in
mano il suo taccuino degli appunti.
Le
parole gli uscirono di getto dalla bocca senza che riuscisse a controllarle.
<<
Draco Malfoy.>>
<<
Bene, Draco. Sei mai stato preso a pugni da una donna?>>
Qualcosa
dentro di lui lottò incessantemente per zittirlo. Ma le parole, ancora una
volta, furono pronunciate senza il suo controllo. << Sì.>>
<<
Mi dici il suo nome, per cortesia?>> Il tono di Hermione era affabile, ma
il suo sorriso nascondeva una luce vendicativa.
<<
Hermione Granger.>>
Dawlish
e Savage non riuscirono a trattenere una risata.
<<
Noto con piacere che il Veritaserum ha fatto effetto.>> Hermione
scribacchiò qualcosa sul taccuino. Rimase un istante in silenzio, soppesando le
domande da rivolgergli. << Sei stato tu a uccidere Lucius Malfoy?>>
<<
Sì.>>
<<
Puoi raccontarmi com’è successo?>>
Draco
annuì. << Ho architettato tutto un mese fa, durante la mia ultima visita
ad Azkaban. Mio padre voleva che lo facessi evadere. Voleva tornare in libertà
e unirsi ai Rinascenti per compiere il volere del Signore Oscuro. Ma io non
voglio che accada qualcosa del genere. Il mondo dei maghi andrebbe incontro
alla Guerra.>> Parlava ininterrottamente, senza quasi prendere fiato.
<< Fanno parte dei Rinascenti molti dei Mangiamorte sfuggiti al Ministero
durante la Seconda Guerra. Sono capitanati da Bellatrix Lestrange. Lei è viva e
vuole portare a compimento il volere di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Mio
padre, durante la mia ultima visita ad Azkaban, mi ha rivelato che Bellatrix è
riuscita a mettersi in contatto con lui. Era intenzionata a reclutarlo. Mio
padre l’ha sempre odiata, ma ero sicuro che si sarebbe unito a lei. Era una
pedina troppo importante per essere lasciato marcire in carcere.>> Emise
un sospiro. << Non volevo che accadessero altre cose terribili. L’ho
ucciso per il bene di tutti.>>
Hermione
cessò di scrivere appunti. Sollevò gli occhi color nocciola e lo osservò con
uno sguardo stupefatto e severo. << Non hai fatto nulla per opporti alla
morte di Silente. Né tantomeno hai pensato al bene del mondo magico quando sei
stato incaricato dal Signore Oscuro in persona di ucciderlo. Come hai fatto ad assassinare tuo padre, se
non sei riuscito a fare lo stesso con Silente? E con Harry…>>
<<
Le persone crescono.>> grugnì Draco.
Lei
tornò a concentrarsi sui suoi appunti. Non gli diede la soddisfazione di una
risposta. << Come sei entrato ad
Azkaban?>>
<<
Non sarei mai riuscito a penetrare all’interno del carcere da solo. E’ stato
Ben Fenwick ad aiutarmi. La sua famiglia è stata sterminata dai Mangiamorte ed
è sembrato sollevato all’idea che io volessi uccidere uno di loro. Lo conosco
piuttosto bene: suo figlio Harold frequenta il primo anno di Hogwarts. Fenwick
mi ha fatto entrare ad Azkaban e ha fatto in modo di distrarre le guardie Auror
per permettermi di raggiungere indisturbato la cella di mio padre. L’ho
ingannato facendogli credere che ero lì per farlo evadere, perlomeno sarebbe
stato zitto e non avrebbe attirato l’attenzione degli altri detenuti. Poi l’ho
freddato con una maledizione senza perdono. Non me ne pento affatto.>>
Non
c’era bisogno della pozione Veritaserum per capire quanto fosse soddisfatto.
<<
Hai detto di avere ucciso tuo padre perché sarebbe stato in grado di causare
gravi pericoli per il mondo magico. Puoi spiegarti meglio, Draco?>>
<<
Lui è… malvagio. Doveva morire.>>
<<
Perché?>> lo incalzò lei.
Uno
sguardo terrorizzato si dipinse sul volto di Draco. Si raggomitolò contro la
parete, stringendosi nelle spalle. << L’avrebbe rifatto.>>
<<
Rifatto cosa?>>
Draco
sbuffò. << Avrebbe rifatto quei maledetti esperimenti. Lui… voleva che Tu-sai-Chi
ritornasse. Passava giorni interi nello scantinato per trovare un corpo
ospitante che fosse in grado di ricevere il Signore Oscuro senza…
morire.>>
Hermione
lo interruppe schiarendosi la voce. << Che cosa intendi per “corpo
ospitante”? Spiega la storia dall’inizio.>>
<<
Quando Colui-che-non-deve-essere-nominato è stato sconfitto, la notte in cui
sono morti i Potter, mio padre era uno dei capi dei Mangiamorte. Ha cercato in
tutti i modi di aiutare il Signore Oscuro a risorgere, ma in vano. Lui era uno
spettro, un parassita. Non era in grado di rigenerarsi con un corpo proprio,
perciò mio padre ha iniziato a sperimentare dei metodi che potessero agevolare
la sua rinascita.>> Draco fece una pausa. Fu scosso da un fremito e
affondò il volto fra le mani, obbligando sé stesso a ricordare. << Avevo
otto anni. Passavo gran parte del mio tempo con la governante e con il mio
insegnante privato, un certo Filius Bode. A volte non vedevo mio padre per
mesi. Quella sera sgattaiolai nello scantinato e trovai mio padre insieme a due
uomini coperti da mantelli neri. Erano radunati attorno ad un tavolaccio di
legno sul quale era stato immobilizzato un bambino. Era poco più che un
neonato, aveva il volto paonazzo e piangeva ininterrottamente, ma i suoi
lamenti erano resi muti da un incantesimo. Lui…>> Draco si fermò ancora.
Il suo respiro divenne affannoso. << Lui piangeva… e mio padre sembrava
infischiarsene. Stava maneggiando una sostanza gelatinosa all’interno di un
calderone di peltro. Disse qualcosa ai due Mangiamorte che erano con lui e uno
di essi agguantò il calderone e lo riversò sul neonato. Ci fu una specie di
esplosione. Ricordo una puzza di gomma bruciata. Il neonato piangeva e si
dimenava. Poi c’è stato il silenzio.>>
Hermione
si inginocchiò in modo che i loro sguardi fossero alla stessa altezza. Lo
ascoltò con attenzione senza mai scomporsi. Ma i suoi occhi esprimevano una
profonda tristezza.
<<
Lucius Malfoy faceva degli esprimenti per trovare un corpo che potesse ospitare
l’anima parassita di Voldemort?>>
<<
Non nominare quel nome!>> urlò Draco, ancora in preda ai ricordi dell’infanzia.
<< Lui… potrebbe ritornare… potrebbero ripetere quegli
esperimenti!>>
Hermione
sospirò. Allungò una mano e gliela premette forte sulla spalla, quasi volesse
farlo rinsavire. << Voldemort è morto e non ritornerà. Di questo puoi
starne certo. La nostra preoccupazione più grande è che qualcuno possa aspirare
a occupare il suo posto, capisci che cosa intendo?>>
Draco
annuì. << Bellatrix Lestrange.>>
<<
E’ stata uccisa da Molly Weasley durante la battaglia di Hogwarts.>>
<<
Quella non era Bellatrix.>> sbottò Draco, come se fosse la cosa più ovvia
del mondo. << Non ho idea di come abbia fatto a sopravvivere. Mio padre
non mi ha spiegato fino a che punto un mago più compiere simili magie
utilizzando le Arti Oscure. Ma, conoscendo il potere di Tu-sai-Chi, non mi stupisco
che Bellatrix avesse escogitato un piano per sfuggire alla morte.>>
<<
Quella donna è più malvagia di Voldemort stesso.>> fu il commento di
Hermione. Si morse un labbro.
Dwalish
e Savage, che piantonavano la porta, apparivano piuttosto sconvolti. Ad ogni affermazione
di Draco si lanciavano occhiate allarmate.
<<
Durante gli esperimenti condotti da tuo padre, venivano utilizzati solo
neonati?>> domandò improvvisamente Savage, che si affrettò a mormorare: <<
Domando scusa>> a Hermione quando lei lo raggelò con lo sguardo.
<<
All’inizio, sì. Ma non ne è sopravvissuto nessuno.>> Draco fu scosso da
un altro fremito. << I neonati sono puri e incorrotti, possono accogliere
nel miglior modo l’anima oscura di Tu-Sai-Chi, ed egli è in grado di assumerne
il totale controllo. Con gli adulti, invece, è molto più difficile. Il loro
potere magico è nettamente superiore e può accadere che si ribellino all’anima
parassita.>>
<<
Non è un caso, quindi, che Voldemort si sia impossessato del professor
Raptor.>> disse Hermione.
<<
E’ stato mio padre.>> mormorò Draco, con un filo di voce.
Nella
cella cadde un lungo silenzio.
Dall’esterno
si udì un enorme vociare, seguito dal rumore di passi che si susseguivano
velocemente lungo i corridoi. Ci fu un
applauso fragoroso.
<<
Può bastare, per ora.>> affermò Hermione. Si rialzò in piedi e finì di scrivere
appunti con la penna d’oca sul suo taccuino. Scarabocchiò una firma volante in
calce, poi rivolse un cenno a Dwalish e Savage. << Aspettate che l’effetto
del Veritaserum svanisca, poi accompagnatelo nel mio Ufficio. Manderò un gufo
al Ministro della Magia per avvisarlo che l’interrogatorio è terminato.>>
Draco
la osservò allontanarsi dalla cella. Le beatitudine tornò ad aleggiare nella
sua testa. Sorrise da solo, senza un motivo apparente, appoggiandosi con le
braccia incrociate dietro la nuca alla parete.
I
due Auror ora lo osservavano con occhi diversi, ma non dissero una sola parola.
Savage sembrava sull’orlo di una crisi di nervi. Non si mossero né osarono
parlargli finché, circa mezz’ora dopo, la testa di Draco fu scossa da una fitta
lancinante. Strizzò gli occhi e si contorse sul pavimento. Il dolore cessò all’istante,
scomparendo insieme alla sensazione di gioia. La sua testa tornò a farsi
pesante come se qualcuno gliel’avesse riempita di piombo fuso.
<<
Che diavolo è successo?>> ringhiò Draco, mentre si massaggiava la nuca.
Dwalish
e Savage si lanciarono un’occhiata. Dwalish agguantò il vassoio sul tavolaccio
di legno e glielo porse lentamente, quasi avesse paura che Draco glielo potesse
rivoltare in faccia da un momento all’altro.
<<
Mangia qualcosa.>> sbottò. << Poi ti accompagneremo dal comandante.>>
Draco
scoprì di avere molta fame. Il suo stomaco gorgogliava e si accorse che non
aveva toccato cibo da un giorno intero. << Grazie.>> si limitò a
mormorare, sorprendendosi da solo per la gentilezza nei confronti di un Auror,
prima di iniziare a trangugiare avidamente la sua cena.
*°*°*°*
Attendo con ansia critiche e commenti. Grazie a tutti =)