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Autore: Popnis    20/07/2011    2 recensioni
Con la Nuova Generazione come protagaonista, sullo scenario del primo anno scolastico di Albus Severus Potter e dei suo compagni, tra nuove amicizie, oscuri segreti, emozionanti avventure, la famiglia Potter-Weasley si troverà nuovamente di fronte ad una minaccia... stavolta, però, saranno i figli dei nostri tre paladini, insieme ai loro amici, a dover affrontare le insidie celate dietro una pace che presto verrà sconvolta.
Albus, James, Lily, Rose, Fred, Dominique, Lysander, Lorcan e Scorpius, insieme a tanti nuovi compagni, contro la Magia Oscura e tutti i suoi sostenitori.
Un ciondolo di cristallo che racchiude una verità troppo terribile per poter essere rievelata. Maghi oscuri che fanno razia di qualunque Sanguesporco.
E' il Signore Oscuro che è tornato per stravolgere le vite dei nostri protagonisti, o una nuava minaccia che si nasconde dietro l'ombra di Voldemort?
Ecco a voi le Cronache di Hogwarts e la sconvolgente vita della terza generazione di maghi più brillante che l'Inghilterra abbia mai avuto!
Riuscirò ad emozionarvi tra amicizie, amori ed azione? Lo spero di cuore...
Pop
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Una nuova generazione

 



Era possibile che una foglia volasse ad una velocità simile? Che il vento potesse spingerla con tanta forza? Una potenza tale da permetterle di eguagliare il treno in corsa?
Era rossa come i capelli di Lily, la foglia. E da quando Albus era entrato nella toilette, diversi minuti prima, l’aveva vista svolazzare dietro il finestrino.
Era di un rosso acceso, vivo, frizzante, ma allo stesso tempo scuro e profondo. Rosso come il fuoco, come il sangue, come il cuore di un vero grifondoro.
Una fitta gli fece esalare l’aria nei polmoni. Grifondoro.
Trattenne un gemito. E le lacrime che meschine gli pizzicavano gli occhi.
Sarebbe mai diventato un grifone, lui? James, la mamma, il papà, gli zii, i nonni: tutti Grifondoro.
Un altro ragazzo non avrebbe avuto tanti dubbi. Ma Albus era diverso, non un semplice undicenne: lui sentiva su di sé il peso del passato dei suoi genitori, di tutte le parole che aveva letto e riletto sui libri, di tutti e tre i nomi che portava. Non bastava essere un Potter, il figlio di Harry Potter. In più doveva chiamarsi proprio come il più prestigioso preside di Hogwarts, Albus Silente, e anche come il mago dalle molteplici facce, Severus Piton, quello che nessuno aveva mai compreso e che era rimasto nell’ombra fino alla fine, fino a quando non era morto; e in tutto questo, durante tutta la sua vita, senza che nessuno lo sapesse, aveva protetto Harry.
Ma Albus non sentiva di assomigliare né al grande Silente, né al coraggioso Piton, né, tantomeno, a suo padre. Tutti dicevano che lui era identico ad Harry, per ironia della sorte, ma nessuno poteva sapere cosa aveva dentro e quanto gli pesasse essere così dannatamente diverso. O speciale, come si divertiva a dire la sua ingenua e dolce sorellina, la donna della sua vita, il suo piccolo giglio.
Come avrebbe fatto senza più Lily al suo fianco, pronta a rassicurarlo con un semplice e meraviglioso sorriso?
Certo, c’era James, ma lui era così dispettoso, monello, orgoglioso e… dannatamente Grifondoro.
Un’alta fitta all’altezza del cuore fece piegare il piccolo Albus e il suo respiro si fece affannoso.
Lo sentiva dentro, lui, che non sarebbe diventato un grifone. Come quando sentiva che il giorno dopo avrebbe piovuto, o che quando Lily e Jamie facevano le loro mascalzonate il padre sarebbe arrivato e li avrebbe scoperti, o che il gatto di zia Hermione, Grattastinchi, non stava bene perché aveva mangiato troppi biscotti di Hugo. Se lo sentiva, che sarebbe finito in Serpeverde. Punto.
E chissà quale disonore per la sua famiglia. Non voleva neanche immaginarselo nonno Arthur mentre riceveva la notizia, o figuriamoci lo zio Ron, che per giorni non aveva fatto altro che ripetere “Grifondoro, ragazzi miei, Grifondoro. Al massimo Corvonero e se proprio non vi piacciono questi due, allora Tassorosso. Ma mai e poi mai Serpeverde, siamo intesi?”
E lui cos’altro poteva rispondergli se non “Certo, zio”?
Però non era mica lui a decidere, e dentro di sé sentiva di non appartenere a nessun’altra casa se non a quella delle serpi.
Trasalì quando sentì bussare con forza alla porta.
-Ehy, Al, che ti prende? Stai bene?- chiese una Rose piuttosto preoccupata.
Albus si ricompose alla svelta, si sciacquò le mani e si riaggiustò la divisa nuova di zecca. Alzò lo sguardo verde smeraldo sullo specchio e si trovò più pallido ed emaciato del solito. Aveva un orrido aspetto.
Spazientito distolse lo sguardo e aprì la porta del bagno trovandosi di fronte una corrucciata Rose.
-Eccomi, Rosie.- disse improvvisando un sorriso.
-Ci stavamo preoccupando: non tornavi più.- fece lei, studiandolo attenta. Era un po’ troppo pallido quel giorno, osservò, e fin troppo preoccupato, a giudicare dall’inclinazione della sua voce.
-Non riuscivo ad annodarmi la cravatta, tutto qui.- la informò e, prima che la rossa potesse ribattere, si defilò rientrando nello scompartimento del treno dove viaggiavano gli altri.
Rose lo vide infilarsi nella cabina e, pensierosa, lo seguì con un sospiro.
-Uomini!- sussurrò scuotendo la testa.
Quando Rose rientrò nello scompartimento James era intento a punzecchiare, come da un’ora a quella parte, il povero Al.
-Albus, dai, non fare quella faccia! Vedrai che ti troverai bene… tra le serpi!-
Fred scoppiò a ridere e il moro lo seguì a ruota.
Albus incenerì entrambi con lo sguardo.
-James Sirius Potter, sei spregevole! Smettila o lo dico al nonno!- intervenne Rose per difendere il coetaneo.
-Rosie-ross, fattela una risata! Stavamo solo scherzando!- la canzonò Fred. James rise più di prima.
-Rosie…- sghignazzò -… ross!- e precipitò ancora in una fragorosa risata alla quale si riunì anche il cugino.
La ragazzina sospirò ancora e roteò teatralmente gli occhi, poi tirò fuori dalla sua tracolla un libro e si lasciò cadere sul sedile, con aria indispettita.
Albus guardò sprezzante il fratello e il cugino.
-Siete proprio due bambini.- sibilò alzandosi e facendo per uscire.
La porta si spalancò di botto e il moro per poco non andò a sbattere contro una biondina alquanto altezzosa.
Dominique fece scorrere il suo sguardo azzurro da Al a Rose, che come al solito stava leggendo, a due masse informi che, a quanto pareva, stavano ridendo a più non posso e uno dopo l’altro erano caduti dai sedili continuando a sghignazzare poco elegantemente. Alzò un regale sopracciglio dorato.
-Ciao Dom.- la salutò in un sussurro Albus, poi la scansò per uscire dalla cabina e defilarsi per i corridoi dell’Express.
La biondina guardò il cugino andar via e poi, con aria schifata, tornò a prestare la sua attenzione a quei due cosi che tra singulti di ilarità cercavano di salutarla o, almeno, così sembrava. Con scetticismo passò sopra i due che erano distesi a terra e si sedette accanto alla cugina.
-Ciao Domi.- la salutò Rose senza staccare gli occhi dalla lettura.
-‘Giorno Rose.- rispose lei, e la guardò interrogativa e corrucciata.
La rossa passo gli occhi cerulei su di lei e le concesse un sorrisetto ironico.
-“Rosie-ross”, la nuova invenzione di Fred.- le spiegò, con l’aria di una che la sa lunga e, ugualmente, Dominique alzò gli occhi e scosse la testa.
-Uomini!- sospirò.

***

Albus camminava per il corridoi del treno intento, come minimo, ad arrivare alla fine per poi tornare indietro.
Aveva proprio bisogno di sgranchirsi le gambe. E anche la testa.
In quel momento l’odio per il fratello raggiungeva livelli da record e probabilmente se fosse rimasto con lui l’avrebbe squagliato vivo, congelato, tritato e dato in pasto ai pesci di Hugo.
Si fermò di botto. No, non lo aveva realmente pensato.
-Santo Merlino!- sussurrò a denti stretti passandosi una mano sulla fronte e appoggiandosi al muro del treno.
Cavolo. Cavolo. Cavolo. Cavolo.
Quelli non erano pensieri da fare su un fratello! Lui, Albus Severus Potter, non era così dannatamente cattivo.
O forse si?
-E’ lui!- sentì bisbigliare da una ragazza rivolta ad un gruppo di Tassorosso.
Squittirono ancora qualcosa, tra risatine e occhiate furtive, e poi, quando il moro puntò su di loro il suo sguardo verde infastidito, si volatilizzarono.
Ebbene sì, lui era il figlio di Harry Potter, e allora?
L’anno prima c’era stato già James, no? E allora perché tutte quelle attenzioni?
Lui non era come suo fratello, e gli dava alquanto fastidio che la gente parlasse di lui. probabilmente James, al contrario, ne era contento e andava fiero di essere tanto popolare.
Sospirò e si passò nuovamente la mano sul volto. Era proprio stanco. Non ne poteva già più della sua nuova vita ed era ancora sul treno.
In più aveva anche un fortissimo mal di testa.
Chiuse gli occhi e abbandonò stancamente la testa all’indietro per appoggiarsi al muro. Si lasciò invadere da tutti i suoi pensieri, le preoccupazioni; fece in modo che tutti i suoi problemi si rivoltassero nella testa in modo tale da non poter pensare a nessuno di quelli singolarmente.
Grifondoro, Serpeverde, Potter, zio Ron, papà, nonno, James. Tutto vorticava nella sua mente e il suo respiro ritornò a regolarizzarsi. Inspirò ed espirò più volte, e anche il mal di testa si alleviò.
Pian piano riusciva a sentire la calma farsi largo nel suo corpo e l’ossigeno entrare nei suoi polmon…
-Ehy…- una voce femminile. Non rispose.
-Ehy, tu!- si sentì scuotere per un braccio e fu costretto ad aprire gli occhi.
-Ti senti bene?- chiese ancora la ragazzina che lo teneva per la camicia. Lui non rispose.
-Devo chiamarti qualcuno?- era piccola e magrolina, con un viso diafano e due pozze blu scurissimo come occhi. Ma i capelli, bhè, quelli risaltavano più di tutti: rossi come il sole al tramonto. Molto simili a quelli di Lily, ma perfino più luminosi dei suoi, probabilmente per i riflessi dorati di alcune ciocche. Li portava legati in un lento chignon dal quale sfuggivano parecchi ricci ribelli che le incorniciavano il volto candido.
-Sto parlando con te!- si indispettì questa volta, vedendo gli occhi verdi di lui puntati addosso ma non udendo nessuna risposta.
Al si riscosse e tossicchiò, preso alla sprovvista dal tono della ragazzina.
-S… E’ tutto okay… Grazie…- balbettò sotto lo sguardo corrucciato di lei.
-Non hai l’aria di uno che sta bene…- incalzò ancora.
-Sto bene, ti dico!- ora fu il turno di Albus di indispettirsi. Quella lì si faceva troppo gli affari degli altri, per i suoi gusti.
La rossa ci pensò un attimo, lo studiò ancora e poi scrollò le spalle.
-Se lo dici tu.- si arrese –Comunque se prendi un po’ di zuccheri credo che ti sentirai subito meglio.- disse ancora, scrutandolo con sguardo sicuro.
-Ho detto che st…-
-Ora devo andare, vedi di riposarti. Ci vediamo.- concluse con far autoritario, prima di superarlo e scomparire in uno dei tanti scompartimenti.
Albus aggrottò le sopracciglia. Che tipa strana!
Sorrise. Strana, proprio come lui.
In fondo non era male. Anche simpatica, forse.
Lentamente ritornò sui suoi passi e quando varcò l’entrata della sua cabina trovò il fratello a terra immerso in un sonno profondo, Fred che, senza il suo fidato amico, in silenzio guardava fuori dal finestrino, e Dominique e Rose che chiacchieravano. In fondo non gli dispiaceva neanche restare lì con loro.
E, in fondo, non gli sarebbe dispiaciuto finire a Serpeverde. Sapeva che era la cosa migliore per lui, e doveva mettersi l’anima in pace.
Scambiò un sorriso con le cugine e poi si sedette di fianco al finestrino. Chiuse gli occhi, inaspettatamente sereno, e in un attimo Morfeo lo accolse tra le sue calde braccia.

***

Dominique era andata via da poco, aveva detto che doveva ricongiunsi con le amiche, e Fred era in bagno a cambiarsi, come al solito per ultimo. Rose era rimasta sola con due Potter profondamente addormentati nella cabina e il suo libro di romanzi babbani che, stranamente, non aveva proprio voglia di leggere.
Puntò i suoi scaltri occhi azzurri sul cugino più grande: certo che aveva proprio una bella faccia tosta ad addormentarsi così buttato per terra! Sembrava un barbone, per Morgana!
Scosse la testa con l’atteggiamento di una donna vissuta, quell’atteggiamento che ad una poco più che bambina come lei non si addiceva per niente, e volse lo sguardo su Albus. Lui dormiva sereno.
Sorrise.
Aveva notato che in cugino era molto preoccupato, ma ora che lo vedeva così rasserenato si sentiva anche lei più leggera.
Sapeva bene perché Al era turbato: lo smistamento.
Lui era sicuro al mille per mille di finire a Serpeverde. Proprio come lei era sicura al mille per mille di finire a Corvonero, come Dominique.
Sospirò. Si sarebbero trovati bene, se lo sentiva. Magari all’inizio un po’ spaesati, ma sarebbero stati benone, entrambi.
Questi gran cavoli di ciò che desideravano i loro genitori! Loro erano quello che erano. Punto.
E poi era certa che sua madre e sua zia sarebbero state orgogliosissime comunque. E pian piano lo sarebbero stati anche il papà e lo zio Harry, e i nonni e tutti gli altri.
Guardò fuori dal finestrino: ormai il cielo era diventato un manto nero coperto di diamanti, la luce della luna, fioca, risplendeva quel che bastava per riflettere sull’ormai non troppo lontano Lago Nero.
Erano quasi arrivati.
 Un brivido di eccitazione percosse il corpo di Rose e le fece venire la pelle d’oca.
Mise in fretta i libri nella tracolla, giusto in tempo di sentire il treno rallentare. Sentì dei passi per il corridoio e la porta dello scompartimento si aprì.
-Rose, siamo arrivati!- annunciò Fred con un sorriso sornione.
-Già. C’ero arrivata, sai?- rispose acida lei, ancora offesa per la storpiatura del suo nome.
-C’ero arrivata, sai?- fece l’eco lui, con una vocetta stridula.
Rose sbuffò, anche se sotto, sotto era divertita.
-Sveglia i Potter, Fred!- gli intimò, alzandosi sulle punte per tirare giù il suo baule.
Il moro ghignò, malefico. Mise le mani intorno alla bocca per imitare un altoparlante e la rossa, appena lo vide, si tappò svelta le orecchie.
-SVEGLIA, POTTER! JAMES, ALBUS! SVEGLIA! SVEGLIA!- gridò lui nelle orecchie dei cugini. Questi si svegliarono di botto, spaventati entrambi, e dalle posizioni in cui si trovavano saltarono in piedi come due molle.
-Ma che ti urli razza di troglodita rincitrullito!- borbottò con voce impastata James, mentre tentava di aprire gli occhi ancora socchiusi. Dopo un attimo di smarrimento si riprese e guardò inferocito il cugino che intanto sghignazzava divertito.
-Pezzo d’idiota!- sibilò a denti stretti, e gli si gettò addosso. I due cominciarono una lotta animalesca tra pugni, spintoni, morsi e graffi.
-Merlino! Smettetela!- ordinò autoritaria Rose.
-Lasciami, deficiente!-
-Cretino, mi fai male!-
-Mollami!-
-Spostati!-
Albus, ancora rintronato per il brusco risveglio, sbadigliò incurante della rissa e si diede da fare per tirare giù la sua roba.
-Albus!- lo apostrofò Rose con un tono di rimprovero. Il moro si voltò svogliatamente in direzione della cugina con un sopracciglio alzato e un punto interrogativo stampato in faccia.
-Che c’è?-
-Dividili!- ordinò la rossa con voce stizzita indicando i due a terra.
Lui li guardò per un istante: due animali che litigavano in maniera fin troppo infantile.
-Ahi, Fred!-
-Porca Morgana, James!-
Quante volte aveva assistito a quella scena? Tante, troppe.
Alzò le spalle e sospirò, poi si rigirò e si alzò sulle punte per afferrare il suo baule con entrambe le mani e tirarlo giù dalla mensola. Tutto questo sotto lo sguardo stupefatto di Rose.
-Alb…-
-PRIMO ANNO! PRIMO ANNO DA QUESTA PARTE!- li raggiunse la forte voce di Hagrid.
-NON SIATE TIMIDI!- gridò ancora.
-Io vado Rosie, tu vieni?- le domandò in fretta.
La rossa sembrò rifletterci un attimo. Guardò i cugini a terra nel pieno della rissa, poi Albus, e poi di nuovo i due a terra. Aprì la bocca, senza emettere suoni.
-Allora?- incalzò Albus.
-Io…- ci pensò ancora, poi sospirò -Hai vinto. Arrivo.-

***

Sulla banchina di arrivo c’era il caos: ragazzi in divisa dappertutto che schizzavano in ogni direzione. Il piccolo Albus dovette alzarsi sulle punte per vedere l’imponente figura di Hagrid intento a sgolarsi per richiamare i primini.
-PRIMO ANNO!- gridava –PRIMO ANNO DA QUESTA PARTE!-
Tirandosi dietro i propri bauli, Rose e Albus lo raggiunsero.
-DA QUESTA PAR… Albus! Rose! Ragazzi miei!- li salutò appena li vide, intrappolandoli in uno stretto abbraccio. Dopo essersi liberati, i due ripresero fiato, e lo salutarono con gioia.
In quegl’anni Hagrid non era cambiato affatto: la solita barba (s’intende: più bianca rispetto a vent’anni prima), la solita stazza, i soliti vestiti logori. Il solito Hagrid.
-Dove hai lasciato quel birbante di tuo fratello, eh Al?- chiese d’un tratto.
Quello sorrise e guardò di sott’occhi la cugina, che intanto si voltava in continuazione sperando si scorgere James e Fred tra la folla.
-Deve essere sceso di corsa… sai com’è fatto, no?-
Il mezzo gigante asserì più volte e borbotto un “Sì” attutito dalla folta barba.
-Bene ragazzi, lasciate qui i vostri bagagli e seguitemi.- disse a quel punto.
-Dove, Hagrid?- domandò curioso Albus.
-Eh! Eh!- rise lui -Ora lo vedrai!-
Il moro aggrottò le sopracciglia, dubbioso, ma non fece altre domande; prese la cugina per un baraccio e se la trascinò dietro, seguendo Hagrid che apriva la fila dei ragazzini del primo anno.
Rose, nel frattempo, guardava da una parte e dall’altra della banchina sperando di vedere i suoi due cugini più grandi nella folla. Niente. Non ce n’era l’ombra.
-Albus, ma…- cercò di protestare rivolta verso il moro, che la tirava per un braccio.
-Tranquilla, Rose!- cercò di calmarla, poi sorrise  -Saranno gli ultimi come al solito, ma li vedremo dopo.-
La piccola si morse un labbro, e poi annuì, non molto convinta.
Intanto la luna splendeva già nel cielo notturno e l’oscurità premeva, nonostante le mille stelle che brillavano quella notte. Una leggera brezza soffiava tra la boscaglia e l’umidità del lago vicino faceva rabbrividire i piccoli maghi fin al midollo. L’atmosfera si fece ancora più cupa quando il gruppetto di primini, si addentrò per un breve tratto tra gli alti alberi della radura.
Le foglie secche scricchiolavano ad ogni passo e, di tanto in tanto, qualche ragazzino si faceva scappare un urletto nel sentire i rumori provenienti dall’oscurità.
-Sono solo animali!- li rassicurava Hagrid.
Eppure, mentre teneva per mano una tremante ma allo stesso tempo troppo orgogliosa per ammetterlo Rose, Albus sapeva che i rumori che sentivano non erano causati da semplici animali: James lo aveva impaurito più volte, raccontandogli storie di feroci fiere che si aggiravano per i boschi intorno ad Hogwarts, e anche il padre lo aveva avvertito di non andare a curiosare tra la selva.
Un fruscio, come se qualcosa dietro al gruppetto si fosse mosso molto velocemente, e Rose strinse forte la mano di Albus. Lui ricambiò la stretta. Impauriti, tutti i giovani studenti si voltarono d’istinto.
-Procedete! Non fermatevi!- richiamò l’attenzione Hagrid. E i ragazzini ripresero a camminare, tutti con le gambe un po’ più tremanti di prima.
Prima o poi scoprirò cosa c’è qui intorno, pensò Albus con il cuore a mille, un giorno lo farò, ma non oggi.
Pochi minuti dopo, minuti pieni di paura e misteriosi rumori, finalmente si cominciò a scorgere una fioca luce bianca dal fondo del sentiero. La luna, riflessa nel Lago Nero durante una buia nottata, con migliaia di stelle luccicanti ad incorniciare le acque torbide, era solo l’esordio delle bellezze della scuola, ma questo Albus e Rose lo scoprirono solo più tardi.
In quel momento erano solamente affascinati dalla bellezza del paesaggio che li circondava: le coste chiare e sabbiose del lago circondavano l’acqua scura come la pece e, al centro di questa, brillava come un gioiello il riflesso della luna pallida.
Dal lago Albus alzò gli occhi e il suo cuore perse un battito: augusto e imponente si innalzava di fronte a loro il castello di Hogwarts, con le sue alte torri, i tetti a punta, le larghe finestre e le immense mura.
Una folata di vento freddo li investì.
Il fiato si mozzò e un gelido brivido risalì dalla sua schiena. Fu costretto a lasciare la mano della cugina, per non permetterle di sentire come tremava, e un senso di piccolezza lo travolse. Gli venne voglia di scappare, ma, inaspettatamente, quando scorse i primi bambini che si apprestavano a salire su delle barchette per raggiungere la riva opposta, scattò su una di queste, lasciandosi dietro una disorientata Rose.
-Ehy Albus!- lo chiamò. Ma lui non la sentì, agitato com’era a salire sulla barca. Quella partì e nemmeno si capacitò di condividere l’imbarcazione con altri due ragazzini, almeno fino a quando uno di questi non lo scrollò con irruenza per la spalla.
-Ascolta, maleducato, quando ti si parla!- lo aggredì un ragazzotto in carne con un viso tondo, tondo e due occhi cattivi. I capelli erano scuri e le pupille due perle nere.
-Cosa vuoi?- fece Albus, scrollandoselo di dosso infastidito.
-Ti ha chiesto come ti chiami, moscerino!- grugnì lui, indicandogli con un cenno del capo il ragazzino che aveva davanti. Albus spostò il suo sguardo e gli occhi smeraldo si scontrarono con due pozze grigie e fredde che lo fissavano intensamente. In quel momento la luce della luna illuminò la loro barca e il moro poté osservare con cura il ragazzino: pallido, anche più di Lily, e con i tratti del viso duri e squadrati; capelli chiari, di un biondo platino, che arruffati gli incorniciavano il volto perfetto.
Involontariamente Albus arrossì: non era un po’ troppo perfetto quello lì? Gli stava già antipatico.
-Mi chiamo Albus.- si sentì costretto a rispondere, anche se lo fece con voce dura, tanto per far capire che non si stava facendo mettere i piedi in testa.
Il biondino continuò a fissarlo, senza aprire bocca. Calò il silenzio e il moro, infastidito dal suo sguardo e dall’atmosfera che si era andata a creare soffiò acido:
-Solitamente poi si dovrebbe dire il proprio nome!-
Quello non si mosse, se non per un sopracciglio che svelto volò verso l’alto. Il tipo cicciottello ridacchiò e emise qualche grugnito, tra una risata e l’altra.
-Sei uno sfacciato a chiedere a me il mio nome.- sibilò il biondo con una voce tanto gelida che ad Albus si gelò il sangue nelle vene. Non rispose. Lui continuò:
-Io sono il figlio del famoso Draco Malfoy. Dovresti portarmi rispetto.- disse ancora, arricciando di poco il naso, in un’espressione quasi schifata.
La conosceva fin troppo bene, la storia di Draco Malfoy: di libri su di lui ne avevano scritti molti, e lui non faceva altro che leggere, quando si annoiava. E poi le biografie gli erano sempre piaciute. Per questo quando sentì nominare l’acerrimo nemico d’infanzia di suo padre non si stupì che quello di fronte a lui fosse suo figlio: aria da superiore, nasino all’insù, vestiti perfetti, voce fredda e altezzosa. La tipica descrizione di un Malfoy da parte di zio Ron. Tuttavia Draco Malfoy non era l’unico padre famoso tra i ragazzini su quella barca. Finalmente, pensò Al, poteva usare il suo cognome per qualcosa di utile invece che per farsi parlare alle spalle.
-Ne ho sentito parlare, di tuo padre. Ma probabilmente anche tu hai sentito parlare del mio: Harry Potter.- dichiarò a mo’ di sfida, alzando entrambe le sopracciglia.
Se l’altro non volle far trapelare le sue emozioni, ci riuscì molto male: Albus notò subito lo  smarrimento e lo stupore sul suo viso e lo sguardo del biondo, se prima era stato gelido e quasi incurante, ora si dimostrava interessato e curioso. Le labbra rosee si schiusero, e sbatté un paio di volte le palpebre.
Poi tossicchiò e si raddrizzò composto, porgendo la mano diafana al piccolo Al.
-Non avevo capito chi fossi, scusami. Io sono Scorpius Hyperion Malfoy.- dichiarò con voce molto più calda e rispettosa di prima. –Mentre lui è Vincent Goyle.- e indicò con un cenno del capo il ragazzone dai capelli neri.
Albus si stupì non poco del mutamento improvviso sia di comportamento che di voce e si ritrovò a pensare che quel ragazzino fosse un presuntuoso di prima categoria.
Riluttante, gli strinse la mano.
-Albus Severus Potter, piacere.- si presentò, ancora stranito per il cambio di personalità del biondino.
Quello Scorpius era proprio stano, pensò poco dopo. Tuttavia decise di dargli una seconda chance, perché ad Albus le persone strane erano sempre piaciute.
Assorto nei suoi pensieri, il moro si rese conto che erano giunti sulla riva opposta solo quando, con una brusca frenata, la barca si arenò nella sabbia.
Scese dall’imbarcazione, cercando di fare attenzione a non bagnarsi con l’acqua del lago, e si voltò con la speranza di ritrovare la povera Rose che aveva lasciato sola. La vide, poco più in là, intenta a parlottare con i gemelli Scamandro, Lorcan e Lysander.
-Ci vediamo dentro, Potter.- Albus si rigirò e incontrò due iridi argentee nuovamente inespressive. Accennò un saluto e poi seguì con lo sguardo Scorpius mentre andava via, mischiandosi tra gli altri primini, con al suo seguito quell’armadio di Goyle, alto trenta centimetri buoni più di lui. Formavano una coppietta piuttosto comica, quei due insieme.
-Al!- si sentì chiamare, e una Rose tutt’imbronciata lo raggiunse di corsa.
-Sei un maleducato, Severus!- lo rimproverò lei, con le mani sui fianchi e uno sguardo duro.
-Scusa Rosie, mi dispiace di averti lasciata lì da sola…- si scusò subito lui, realmente dispiaciuto.
Lei lo scrutò per un po’ e poi accennò un sorrisetto stentato, tanto per fargli capire di averlo perdonato.
-Per fortuna c’erano Lysander e Lorcan. Sono molto simpatici, sai?- aggiunse poi, avvicinandosi con il cugino ai due gemelli.
-Già…- concordò Al, ripensando ai suoi compagni di viaggio. 
-Chi c’era in barca con te?- chiese poi la rossa, guardando curiosa il cugino.
-Ehm…- Albus rifletté un istante: se le avesse rivelato di aver conosciuto Scorpius, lei avrebbe cominciato a parlare di tutte le malefatte di Malfoy Senior, essendo figlia di Ronald Weasley. Non avendo la minima voglia di ascoltarla, cercò di sviare.
-Mha… nessuno di important…-
-POTTER!- improvvisamente qualcuno gli si gettò addosso, facendolo cadere all’indietro.
-Lys, smettila di aggredire le persone!- disse una voce con rimprovero. Quando Albus si liberò dalla stretta dell’aggressore, vide un sorridente Lysander tendergli la mano per aiutarlo ad alzarsi.
-Scamandro! Mi hai spaventato!- si lamentò il moro, sorridendo divertito.
-Dovresti essere più vigile, Potter: non puoi sapere quali pericoli si celano tra le ombre della notte!- fece l’altro, con voce misteriosa.
-Taci, Lys! Non dire fesserie!- lo riprese di nuovo il fratello, che poi con un sorriso salutò Albus.
-Lorcan.- lo salutò di rimando il moro.
-Ora andiamo, dai. Hagrid si sta già muovendo!- esortò a quel punto Rose, prendendo per un braccio il cugino invitandolo a seguirla.

***

Albus dovette tirare in dietro la testa per poter vedere il grande portone per intero. Era alto, minimo dieci metri, e largo, in modo che il passaggio rimanesse sempre fluido. Decorato con bassorilievi floreali che di tanto in tanto lasciavano qualche bocciolo fiorire, sotto lo sguardo attonito dei novelli visitatori.
Il ragazzo passò l’indice sul freddo ottone, per tastarne i decori, e al suo tocco i petali della rosa incisa frusciarono e si staccarono scivolando lenti verso il baso, seguendo tutta l’arcata fino al pavimento, dove caddero a terra diventando, da semplici decori, petali rossi come il sangue e lisci come la seta.
Tuttavia il maestoso portone d’ingresso non era nulla a confronto dell’intero castello: mura in marmo altissime e imponenti, che terminavano in torri a punta con tetti spioventi. Le finestre, già da fuori, riportavano disegni mitologici o storici, di sirene, unicorni, re e cavalieri, che curiosi osservavano da tutte le vetrate i nuovi arrivati.
Varcata la soglia dell’entrata i ragazzini si ritrovarono in un largo ingresso, con mura alte e biancastre su cui erano affissi ritratti di ogni genere che salutavano, davano consigli, parlottavano tra loro o solamente si guardavano intorno curiosi di conoscere ogni minimo avvenimento del castello, avidi di tenersi in contatto con il resto del mondo, chiusi in un quadro e non potendo vedere, sentire, toccare in prima persona alcunché.
Il gruppetto di bambini del primo anno si zittì per un istante, beandosi ognuno per sé di quel magnifico ingresso, ma poi, dopo che il mezzo gigante li esortò a seguirlo su per le scale, si liberarono mille urletti eccitati, e cominciarono tutti la tanto attesa marcia verso la sala grande.
I cuori battevano all’unisono e, mano a mano che si avvicinavano alla porta che li separava dal resto degli studenti, aumentarono tutti involontariamente il passo, finendo a compiere falcate enormi e spintoni per arrivare primi. In testa a questi più scalmanati c’era il biondo Lysander che si trascinava dietro il gemello, esortandolo a correre più veloce; i suoi occhi scuri erano lucidi per l’emozione e si teneva a non più di tre centimetri da Hagrid, che apriva la fila. Lorcan si faceva trascinare, cercando di calmare l’euforia del fratello; tuttavia anche lui trasudava di emozione e presto il gemello non dovette più faticare per tirarlo: i suoi piedi andavano da sé, vogliosi di entrare al più presto a far veramente parte di quel magico castello.
Anche Rose, più indietro rispetto agli Scamandro, sprizzava gioia da tutti i pori: il bianco sorriso che le si era dipinto sul volto non lasciava spazio all’immaginazione, e le manine candide, sprizzate di qualche lentiggine, stringevano con vigore il laccio della tracolla colma di libri. Gli occhi cerulei erano fissi verso la porta che, passo dopo passo, si faceva sempre più vicina e desiderabile, e le goccioline di sudore che le scendevano lungo la schiena le scatenavano mille brividi d’agitazione.
Albus le camminava affianco, nel più totale dei silenzi. Si guardava in giro curioso, con gli occhi smeraldo luccicanti e eccitati, cercando di catturare ogni minimo dettaglio di quel magico palazzo. Il cuore gli martellava nel petto, fin quasi a fargli male, e gli si mozzò il fiato in gola quando, goffo e agitato, Hagrid si arrestò, apprestandosi ad aprire la porta per farli entrare nella Sala Grande.
L’assordante silenzio si sparse nel gruppo. Albus sentì la pelle accapponarsi e i denti battere frenetici. Fu preso dalla smania di scappare via, di correre piangendo dalla madre, di gridare al padre che non voleva essere come lui, di tornare dalla sua dolce sorellina e restare con lei per sempre. Tuttavia il desiderio di ricevere l’attesa cravatta e di riuscire ad usare una volta per tutte la sua bacchetta come si deve, fu tremendamente maggiore e quasi corse, quando vide gli altri avanzare all’interno della sala.
Questa era enorme, lucente e calda, proprio come la cucina di casa quando la mamma faceva la torta di mele. Drappeggiata di teli e stendardi dai diversi colori. Al centro si trovavano quattro lunghi tavoli, ognuno per ogni casa, e lì erano seduti gli altri studenti che li guardavano curiosi uno per uno. Era silenziosa la sala, in quel momento.
Albus non si curò degli occhi puntati su di lui, non se ne accorse nemmeno, preso com’era a guardarsi intorno: alla fine dei tavoli, in uno spiazzo un po’ rialzato, c’era il tavolo dei vecchi professori e poco più avanti un semplice sgabello con un malconcio cappello.
Il Cappello Parlante.
Poi alzò gli occhi e un cielo stellato e lucente si appropriò di lui. Bellissimo, proprio come il padre glielo aveva descritto, il soffitto più bello dell’universo. Quando riabbassò gli occhi si accorse di essere rimasto indietro rispetto agli altri, che svelti si dirigevano verso la fine dalla sala e si beavano di quella meravigliosa magia che era Hogwarts.
Solo allora Albus si rese conto che i loro passi erano accompagnati da un fastidioso mormorio di commenti e frecciatine.
-Quella non è tua sorella?- sentì bisbigliare qualcuno.
-Sono sicura che diventerà un fiero Grifondoro!- disse qualcun altro.
-Che faccia da tonno che ha quello lì! Scommetto dieci galeoni che finirà a Tassorosso!- sghignazzò un altro ancora.
-Bassine le primine di quest’anno, non trovi?- fece un’altra voce.
-Quello non è Potter?- sentì dire qualcun altro. E Albus rallentò un pochino, aguzzando le orecchie, per cercare di sentire altri commenti su di lui.
-Ma è uguale al padre!-
-Ma che dici! Harry Potter aveva gli occhiali!-
-Sono sicuro che se guardi meglio ha le lentiggini come i Weasley!-
-Non è vero, idiota! Non dire stupidaggini!-
-Io dico che finisce a Grifondoro.-
-A me dà più l’idea di un Corvonero.-
-Balle! Finirà a Serpeverde! Non vedete che occhietti maligni?-
-Venti galeoni che non viene smistato in Tassorosso!-
-Scemo! Così la fai troppo semplice!-
E i commenti si sovrapponevano man mano che Albus continuava a percorrere la sala. Ad un certo punto non ne capì più neanche uno: la pancia era in subbuglio e il cuore batteva incontrollato procurandogli un feroce mal di testa. Ad Albus, diversamente dal fratello, non era mai piaciuto essere al centro dell’attenzione e, soprattutto, essere il soggetto di scommesse o commenti. Quando finalmente raggiunse la cugina, che guardava ammaliata il cappello, prese a respirare ritmicamente, sperando di calmarsi.
Una anziana signora era in piedi davanti a loro, accanto ad un leggio. Li guardò tutti intensamente, soffermandosi in particolar modo su Albus, poi si portò la bacchetta sul collo e quando parlò la sua voce sovrastò in un attimo tutto il brusio della sala.
-Silenzio per favore!- disse, zittendo tutte le voci –Ben tornati ragazzi, spero che tutti voi abbiate passato delle felici vacanze. Tuttavia da domani ricominceranno le lezioni e l’impegno e la costanza non dovranno mancare neanche quest’anno. Diamo, quindi, il benvenuto ai nostri nuovi allievi, che come di rito verranno ora smistati nelle quattro case, Serpeverde, Tassorosso, Corvonero e Grifondoro, dal Cappello Parlante.- disse lei con autorevolezza. Poi guardò con i suoi occhi blu i piccoli e impressionati ragazzini che aveva davanti.
-Sono la preside Minerva McGrannit, e vi do il benvenuto nella scuola di magia e stregoneria di Hogwards, ragazzi. Ora vi chiamerò uno ad uno, e quando sentirete il vostro nome verrete qui a sedervi su questo sgabello; il professor Finninghard di Trasfigurazione vi metterà sul capo quel cappello, e sarete smistati nella casa che più vi si addice.- spiegò lei.
Senza attendere domande, cominciò subito l’appello.
-Hollen Arianna.-
Una spaurita ragazzina dai capelli neri come la pece si diresse un po’ tremante sul palco e si sedette sullo sgabello di legno. Attimi di silenzio accompagnarono i sospiri intimoriti della piccola e poi, dopo qualche secondo, il cappello parlò e tutti i primini fecero un passo indietro, spaventati da tale magia.
-Tassorosso!- disse il Cappello Parlante. E tutto il tavolo giallo-nero si animo di grida di gioia. Invitarono la piccola Arianna a sedere con loro, complimentandosi e stringendole la mano e poi, quando la preside parlò di nuovo, si zittirono.
-Buttidy Gave.-
Un brunetto si diresse svelto verso lo sgabello e poco dopo che il professor Finningard gli poggiò il cappello in testa, quello proclamò: -Grifondoro!-
E ci fu gioia al tavolo dei grifoni. Poi vennero chiamate altre due ragazze a Grifondoro, tre ragazzi a Serpeverde, una a Corvonero e poi un altro a Tassoroso. Un’altra poi a Serpeverde e due ragazzi a Corvonero.
-Scamandro Lysander.- chiamò la McGrannit.
Il biondo sorrise furbo e appena messo il cappello quello lo spedì a Grifondoro.
-Scamandro Lorcan.-
Il gemello si diresse con calma verso lo gabello e, messo il cappello, passarono diversi secondi prima che, con un sorriso da parte del biondino, lo mandasse a Corvonero, con il disappunto del fratello.
Dennis Kappit divenne un Tassorosso e Vanessa Wave una Grifondoro. Venne il turno di Scorpius Malfoy, che fu ovviamente spedito a Serpeverde, per grande gioia dei verde-argento. Poi il cappello chiamò di nuovo un Tassorosso, rossiccio con le gambe un po’ storte, e dopo di lui Stephen Zabini a Serpeverde come Vincent Goyle.
-Weasley Rose.- disse poi la preside. A quel nome le gambe della rossa divennero gelatina.
Tuttavia si fece forza e si mosse verso lo sgabello. Il professor Finnengard le mise con delicatezza il cappello sulla testa e lei, paonazza dall’emozione, sentì a mala pena una voce sussurrarle nelle orecchie “Non ci sono dubbi…” prima che il cappello proclamasse alla sala: -Corvonero!-
Un brivido di felicità le percosse la schiena e subito si ritrovò accolta da mille braccia e altrettanti sorrisi che la invitavano ad unirsi alla tavolato nero-azzurra. Voltò solo una volta lo sguardo lucido di gioia verso il cugino che, con infinita dolcezza, le sorrise un po’ ansioso e le mimò con le labbra un “Bravissima”. Sorrise contenta anche lei, e sentì il peso che aveva oppresso il suo cuore per tutte quelle settimane affievolirsi velocemente; poi riportò l’attenzione su i suoi nuovi compagni, che la riempivano di domande, complimenti e presentazioni.
-Benvenuta a Corvonero! Ti troverai di certo benissimo!- le disse una ragazza bruna mentre si accomodava di fianco a Lorcan, che si complimentò anche lui con lei.
-Non potevo immaginare una casa migliore per te, Rose, se non questa.- le disse pacato con un sorrisetto.
-Grazie, Lorcan. Sono felice che ci sia anche tu qui: almeno non mi sentirò così sola…-  soffiò lei sinceramente rasserenata, con gli occhi azzurri che brillavano –Sai com’è: tra Potter e Weasley nella mia famiglia non ci sono poi così tante menti brillanti!- continuò poi, ridacchiando.
Lui sorrise di rimando pensando che in fondo quella ragazzina “so tutto io” non era tanto male e, nonostante Rose fosse molto intelligente -a volte anche più di lui- non gli sarebbe dispiaciuto far parte della sua stessa casa: sarebbe stata una bella sfida tra due grandi cervelli, e a Lorcan erano sempre piaciute le sfide.
-Merlino! Tu sei Rose Weasley? La figlia di Hermione Grenger? Io adoro tua madre!- cinguettò poi una ragazzina dai capelli neri in direzione della rossa.
-Piacere di fare la tua conoscenza, io sono Tony Ghirrel.- si presentò un ragazzo porgendole la mano.
-Io sono Katerine, ma puoi chiamarmi Katy!- si intromise una biondina.
-Piacere Michael Wall!-
-Alice Betterdy.-
-Raimond Tunn-
-Felice Carmice.-
-Vivienne.-
-Martin.-
-Simon.-
-Ghoffry-
-Susie.-
-Meredith.-
La testa di Rose stava per scoppiare: stringeva mani di ragazzi che le si presentavano e le facevano i complimenti o le dicevano quanto amata fosse sua madre. Per sua fortuna la preside intervenne prontamente.
-Silenzio, Corvonero! Dobbiamo continuare!- li sgridò e quelli, rispettosi ed educati, si placarono in un istante, lasciando in pace la piccola Rose che si concesse un sospiro di sollievo e si lasciò cadere di fianco al biondino.
-Bene… eravamo rimasti a… Potter Albus Severus!- disse, e la sala si gelò.
Il silenzio opprimente gravò ancora di più quando Albus, facendo finta di non curarsi dell’improvviso cambiamento, mosse i primi passi verso lo sgabello. Gli occhi di tutta Hogwarts erano puntati su di lui e Al, che odiava essere al centro dell’attenzione, desiderò essere invisibile. Vide la McGrannit guardarlo con dolcezza, sorridendo appena, ovviamente perché lui era identico ad Harry da piccolo; poi puntò lo sguardo verso il tavolo dei Grifondoro e incrociò lo sguardo fisso e lievemente turbato del fratello che, appena si rese conto di trovarsi sulla sua traiettoria, sussurrò, anche se Albus riuscì a sentire lettera per lettera nella sua testa, “Serpeverde”, e ghignò.
Distolse lo sguardo, e chiuse gli occhi in modo tale da vedere solo e soltanto il minimo indispensabile per arrivare allo sgabello. Quando finalmente, dopo interminabili secondi, lo trovò e si sedette, l’ansia lo assalì, ma decise di non pensarci.
Allora cercò di immaginarsi le cose che lo rendevano felice, che lo facevano stare bene.
Pensò a Ginny che cucinava i biscotti al cioccolato alla babbana; pensò a Lily quando cercava di leggere qualche suo libro e pochi istanti dopo rinunciava, guardandolo negli occhi e chiedendogli con la voce più tenera del mondo di leggere per lei; pensò al padre e allo zio Ron che, seduti davanti al fuoco e sorseggiando un whisky incendiario, raccontavano le avventure di quando erano giovani, e lui e Rose li ascoltavano affascinati sgranocchiando il croccante al caramello; pensò alla nonna e alla zia Hermione quando, credendo di non essere viste, mettevano tutti i regali di natale sotto l’albero, per creare la magia di quel buffo e grasso vecchietto che riempie il cuore dei bambini babbani portando doni di ogni tipo... com’è che si chiama? Ah, già, Babbo Natale.
Sorrise mestamente e, quando sentì la stoffa del cappello sfiorargli il capo, provò una sensazione di vuoto e la sua mente si riempì del niente più totale; almeno fino a quando una voce fastidiosa e velata da un leggero strato di ironia non gli sussurrò nelle orecchie:
-Potter, Potter, Potter… Mhmm, vediamo un po’… Sei sveglio, molto intelligente, ti piace leggere, vero? Un perfetto Corvonero, non trovi?-
Albus si sentì sprofondare: Corvonero no.
-Però, c’è dell’altro… Un ragazzino pauroso, timido, preferisci non dare nell’occhio…-
Non si sentiva più le gambe e teneva gli occhi strizzati al massimo, quasi gli dovessero fare un prelievo di sangue.
-Ambizioso: vuoi diventare migliore di tuo padre… Hai una mente astuta, ragazzo, ho scelto.-
Il cuore di Albus perse un battito.
-Serpeverde!- gridò il cappello parlante e a quel punto Al sbarrò gli occhi, sorpreso, ma neanche troppo.
Non poté trattenere il sorriso sollevato che si dipinse sulle sue labbra. Non vedeva e non ascoltava nessuno, ormai c’era solo lui, Albus Severus, Serpeverde. Non si soffermò a guardare la preside, che aveva un’espressione a dir poco basita; non si curò delle occhiate dei suoi coetanei, che balbettavano cose incomprensibili, presi alla sprovvista dalla notizia di lui a Serpeverde; non concesse uno sguardo neppure a James: non aveva proprio voglia di sentirsi rimproverare da lui, dopo che per tutta l’estate lo aveva punzecchiato augurandogli di essere accolto tra le serpi.
Bhè, ora c’era, era una serpe. James otteneva sempre tutto ciò che voleva, in fin dei conti.
Non notò nemmeno che la sala era immersa in un freddo silenzio, mentre si avvicinava al tavolo dei Serpeverde. Niente applausi e complimenti per lui, ma infondo Al se lo aspettava, era pur sempre il figlio di Harry Potter, no? E quelli erano per la maggior parte figli di Mangiamorte, no?
Ex-mangiamorte, si corresse il moro.
Dopo qualche interminabile secondo, risuonò nella sala un unico battito di mani. Singolo e mesto, il rumore dell’applauso si fece largo nell’atmosfera di ghiaccio e gli occhi di Hogwarts, da Albus, passarono tutti sul biondino che batteva le mani e fissava i suoi occhi grigi in quelli smeraldo di Al, mantenendo tuttavia la sua fredda aria indifferente.
Pochi istanti dopo, a Scorpius, si aggiunse anche un contrariato Goyle, e a loro Rose e Lorcan, poi pian piano gli altri diffidenti Serpeverde che, nonostante non lo davano a vedere, dentro erano fieri di avere nella loro casa il figlio di Harry Potter, nemico di molti dei loro genitori, ma stimato da altrettanti per aver salvato il futuro del mondo magico.
L’applauso si diffuse nel tavolo Serpeverde e si aggiunsero anche complimenti gridati da una parte all’altra della tavolata. I sorrisi si fecero più sinceri e Albus venne invitato a sedere insieme agli altri, tra strette di mano e presentazioni.
Si ritrovò davanti a Malfoy, che gli sorrise sghembo e si limitò a salutarlo con un cenno del capo.
-Ehy, Grifondoro!- gridò poi un Serpeverde paffutello che si era alzato in piedi sulla panca.
-Noi abbiamo Potter!- canticchiò acido con un ghigno di vittoria stampato sul volto.
Si liberarono risa, urla e fischi di incoraggiamento da parte delle serpi, mentre i grifoni rimasero zitti, e senza dire una parola incassarono il colpo. Tra di loro, però, il più silenzioso fu James che sconcertato e allibito, non aveva ancora recepito l’accaduto.
-Oh no…- sussurrava, con voce inclinata -Non è… Non può…- balbettò, voltandosi verso Fred, in cerca di un sostegno. Il mulatto lo guardò con uguale meraviglia, senza parole.
-Il mio… Tra le serpi… Io…- disse ancora, al limite della confusione -Merlino… E’ tutta colpa mia!-
Gliela aveva tirata per bene, durante tutta l’estate, e adesso eccolo lì, il suo fratellino, nel covo delle serpi, con le serpi, lui diventato una serpe. La testa cominciò a girare.
-James! Sei pallido!- disse Robert Stennif, suo compagno di stanza, facendogli un po’ di vento con la mano.
-Ti senti bene?- chiese ancora lui.
James lo guardò allucinato, sembrava un pazzo: gli occhi lucidi e infuocati, i capelli tutti spettinati, la camicia e la cravatta tutte spiegazzate.
-No…- disse solo in un sussurro, con una voce sull’orlo del pianto.
-Cazzo!- imprecò poi, prendendosi il volto tra le mani e poggiando i gomiti sul tavolo.
-Silenzio ragazzi! Silenzio!- gridava intanto la preside, cercando di far calmare i Serpeverde, con scarsi risultati.
Albus la guardò mentre, disperata, cercava di riportare un po’ d’ordine; sorrise sereno, sentendosi finalmente parte di qualcosa di diverso dal normale, di diverso da suo fratello e, soprattutto, da suo padre. Merlino! Ancora non ci credeva: lui era una serpe!
Incontrò gli occhi azzurri di Rose, che gli sorrise e gli fece l’okay con la mano; Albus allargò il sorriso e le fece l’occhiolino, poi si rigirò verso il suo tavolo, dove i suoi compagni parlottavano e si congratulavano ancora, sorrise se possibile ancora di più.
Si sentiva terribilmente sereno.
-Boowery Nicole.- sentì chiamare dalla McGrannit. Nicole era una ragazzina minuta e pallidissima, venne smistata in Corvonero.
-Me lo sentivo che saresti venuto a Serpeverde, Potter.- Al puntò gli occhi verdi sul ragazzino che aveva di fronte. Sorrise.
-Anche io, Malfoy.- il biondino accennò un sorrisetto. Nonostante il padre lo avesse ammonito giorno e notte riguardo ai Potter, quel moretto davanti a lui non sembrava tanto male. Un giorno, appena alzato, Draco gli aveva detto:
-I Potter sono tutti schifosamente uguali: scombinati, tra le nuvole, fastidiosi, sciocchi e maledettamente Grifondoro.-
Tuttavia Albus non era né scombinato, anzi era perfettamente pettinato e i suoi abiti non avevano una piega; né fastidioso, era invece silenzioso e sembrava simpatico; né sciocco, poiché sembrava un ragazzino alquanto colto; né, tantomeno, Grifondoro, dato che era un vero e proprio Serpeverde. Forse con la testa tra le nuvole un po’ sì, ma chi non lo era quella sera?
Il fratello, invece, appena lo aveva visto aveva capito che era un Potter: combaciava a pennello con la descrizione del padre. Gli aveva già dichiarato guerra mentalmente.
-Mi farebbe piacere condividere il dormitorio con te, Potter, che ne pensi?- chiese d’un tratto Scorpius, mentre Al guardava accomodarsi un novello grifone.
-Perché no.- sorrise, il Malfoy sembrava simpatico, dopotutto.
Ad un certo punto lo sguardo smeraldo di Albus venne catturato da una chioma rossa che, tra le ultime rimaste, si guardava ancora intorno un po’ spaurita, non sapendo ancora dove sarebbe stata smistata: la ragazzina del treno.
Era proprio carina, rifletté lui, strana ma carina. Probabilmente anche simpatica.
-Cavendish Celine- disse la McGrannit e, come se Albus l’avesse chiamata, la ragazzina dai capelli rossi si mosse verso lo sgabello.
Celine, quindi. Il suo nome era Celine.
Sentì uno sguardo su di sé e quando si voltò verso Scorpius lo trovò a fissarlo con un sopracciglio alzato. Come se avesse intuito la domanda non detta ma racchiusa tra le labbra del compagno, arrossì un poco. Che avesse frainteso il suo interesse per la ragazzina? Al si affrettò a dare una spiegazione al biondino, per evitare che si facesse strane idee.
-L’ho incontrata sul treno… E’ una tipa strana… la conosci?- chiese incerto. Sentiva di essere entrato già in confidenza con lui, tuttavia il suo sguardo argento lo metteva in soggezione.
Scorpius ghignò e posò lo sguardo di ghiaccio su Celine, ancora seduta sullo sgabello.
-Ancora no…- sussurrò, pochi istanti prima che il cappello mandasse la rossa a Serpeverde.
Albus sorrise e scosse la testa, mentre applaudiva la nuova arrivata.
Finito lo smistamento, su tutte le tavolate apparvero vivande di ogni genere, in quantità esorbitanti. Era una magia bellissima, ma non la più bella. L’incantesimo migliore di tutti era già stato scagliato, il momento esatto in cui Albus aveva messo piede sull’Express: l’incantesimo della felicità, dell’amicizia e dell’amore, che pian piano avrebbero fatto radici nel cuore del piccolo Potter.
Da quella sera cominciò la più grande avventura di Albus: la sua vita.




Angolo Autrice:

Che dire? Eccomi qui, con la mia prima e piena di speranze long-fiction...
Speriamo bene, per quanto mi riguarda è già tutta nella mia testa, ma per metterla giù mi ci vuole e, proprio per quetso, non mi sono mai dedicata a long-fic (anche se le adoro). Qundi non vi aspettate -se mai ve lo aspetterete- un aggiornamento ogni due giorni, perchè non avverrà (almeno fino a quando la mia testa non si collegherà direttamente al compiuter e scriverà lei tutto per bene!).
Comunque, questo è un esperimento e, sì, mi spaventa un bel po', ma prima o poi ci avrei dovuto provare, no?
Spero solo che non sia un totale fallimento, perchè devo ammettere che mi piace molto l'idea che mi sono mezza proggettata.
Spero che non la troviate noiosa e banale,
Fatemi sapere tutto (tutto significa proprio tutto) quello che pensate in una recensione e, per ora, vi saluto...
Ah, quasi dimenticavo, per chi volesse una lista più o meno precisa dei personaggi di questa fic (dato che se ne possono selezionare solo 5 e io ho scelto i più significativi quasi a simbolo) eccola qui:
Nuova Generazione:
-Albus Potter
-James Potter
-Lily Potter
-Rose Weasley (Hugo no, almeno non per ora)
-Dominique Weasley
-Fred Weasley
-Lysander e Lorcan Scamandro
-Scorpius Malfoy
-E tanti nuovi personaggi.

"Vecchia" (eh sì! I nostri cari amici sono diventati vecchiotti, e un po' viene da piangere...) Generazione:
-Harry Potter
-Ginny Weasley
-Ron Weasley
-Hermione Grenger
-Draco Malfoy
-Forse qualche comparsa tra i familiari Weaslay
-Alcuni professori (McGrannit, Lumacorno, Hagrid... che proprio non riesco a mandare in pensione!)
-Ora non mi viene in mente nessun'altro... vi informerò, semmai!;)

Un bacio grande e grazie anche solo per aver letto la mia fic e aver pensato "Carina..." :)
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