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Autore: Popnis    09/08/2011    1 recensioni
Con la Nuova Generazione come protagaonista, sullo scenario del primo anno scolastico di Albus Severus Potter e dei suo compagni, tra nuove amicizie, oscuri segreti, emozionanti avventure, la famiglia Potter-Weasley si troverà nuovamente di fronte ad una minaccia... stavolta, però, saranno i figli dei nostri tre paladini, insieme ai loro amici, a dover affrontare le insidie celate dietro una pace che presto verrà sconvolta.
Albus, James, Lily, Rose, Fred, Dominique, Lysander, Lorcan e Scorpius, insieme a tanti nuovi compagni, contro la Magia Oscura e tutti i suoi sostenitori.
Un ciondolo di cristallo che racchiude una verità troppo terribile per poter essere rievelata. Maghi oscuri che fanno razia di qualunque Sanguesporco.
E' il Signore Oscuro che è tornato per stravolgere le vite dei nostri protagonisti, o una nuava minaccia che si nasconde dietro l'ombra di Voldemort?
Ecco a voi le Cronache di Hogwarts e la sconvolgente vita della terza generazione di maghi più brillante che l'Inghilterra abbia mai avuto!
Riuscirò ad emozionarvi tra amicizie, amori ed azione? Lo spero di cuore...
Pop
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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I Maghi Oscuri

 
 
Un timido raggio di sole, quella mattina, passò la tenda azzurra della grande finestra ed arrivò fino al letto della piccola rossa, ancora assopita in un sonno profondo. Dopo qualche istante la perpetua luce puntata sulle palpebre chiuse di Rose cominciò a disturbarle il sonno, fino a farla svegliare, spaesata e infastidita da quella fioca ma incessante luce.
Inizialmente non riuscì a capire dove si trovasse, ma poi, inspirando un’ondata di profumo alla lavanda e vedendo nel letto di fianco al suo Beaty, la compagna di stanza, sorrise serena e si alzò a sedere, stiracchiando le braccia verso l’alto.
Si guardò intorno: quella stanzetta verniciata di blu chiaro cominciava a darle sicurezza e giorno dopo giorno la sentiva sempre più sua. Scese dal letto e poggiò entrambi i piedi nudi sul parquet di mogano, si diresse verso il grande armadio di legno e lo aprì, rivelando non solo i suoi fedeli e classici abiti, sobri ma sempre eleganti, ma anche la sua vasta collezione di libri, tomi di ogni spessore e contenuto, dalle copertine consumate o nuove di zecca, che profumavano di passato o di inchiostro appena stampato.
Sorrise e fece scivolare la bianca camicia da notte fino al pavimento. Poi indossò le calze scure e la gonna, la camicia e il gilet, senza scordarsi di annodare per bene la sua nuova cravatta da Corvonero, della quale andava fierissima.
Si infilò le ballerine accostate al letto e, presi un paio di spessi volumi, in silenzio passò davanti alla compagna di stanza. Sorrise nel vederla rasserenata, con i mossi capelli mori sparsi sul cuscino e la sua aria un po’ svampita per nulla immaginabile; sfiorò il suo comodino, dove in un vaso erano raccolti vari rametti di lavanda, ed inspirò a fondo. Infine, silenziosamente, aprì la porta ed uscì dalla camera, scese le scale ed attraversò la sala comune, proseguì fuori, per i lunghi corridoi ormai conosciuti del castello, girò alla sua destra, poi salì le scale e di nuovo a destra, dritto ancora per qualche metro e poi svoltò a sinistra, entrando dalla grande porta in marmo nero nella vasta e piena biblioteca di Hogwarts.
Silenziosa come al solito, ma ancor di più la mattina della domenica, quando tutti erano a letto e nessuno passava del tempo lì dentro, la sala metteva quasi inquietudine a quelli che ci entravano. Rose, per nulla infastidita, si accomodò su una delle tante panche libere e aprì il tomo di Cura delle Creature Magiche cominciando la sua lettura.
Era già alla quindicesima pagina quando un rumore di passi catturò la sua attenzione; si voltò, in direzione della porta d’ingresso, e poco dopo da lì sbucò un assonnato Albus che, appena la vide, quasi si risvegliò da un sonno profondo e le sorrise raggiante, avvicinandosi svelto.
-Buongiorno, Rose! Che ci fai qui di prima mattina?- chiese accomodandosi di fronte a lei.
-Potrei farti la stessa domanda, cugino. E la mia sarebbe anche più lecita.- scherzò lei.
Scrutò poi il moro con occhio indagatore: le sembrava molto più raggiante e sereno del solito, quasi come se avesse trovato il suo posto nel mondo. Sorrise.
Aveva i capelli pettinati con precisione, nonostante si vedesse benissimo che si era svegliato da poco; gli occhi smeraldo, brillanti e verdi più del solito, la guardavano sereni, non con la classica ansia tipica di lui, che sempre voleva capire tutto prima degli altri; la divisa stirata per bene, la cravatta verde-argento annodata correttamente, il mantello senza nemmeno una piega. Era perfetto, e Rose sapeva bene quanto Al ci tenesse ad essere perfetto e quanta cura riservasse alle sue cose.
Albus alzò il libro che teneva in mano: Pozioni.
-Ripasso per domani… anche se non ne ho alcuna voglia: trovo Pozioni una materia alquanto noiosa.-
-Forse è perché non riesci proprio?- disse lei con un sorriso maligno.
-Ah. Ah. Ah. Ma come siamo spiritose.- rispose Albus, un po’ offeso. Rose scoppiò a ridere e poco dopo anche il moro accennò un sorrisetto.
-Non so se ti conviene fare tutto questo baccano: Madama Prince non è molto contenta quando l’immacolato silenzio della sua biblioteca viene rotto dalle ilari risate di una ragazzina fastidiosa.- continuò lui, cercando di essere più acido possibile, ma non riuscì bene nel suo intento perché la cugina rise ancora più forte.
-Che scemo che sei! Ma ti devo spiegare sempre tutto io?- chiese lei, tra una risata ed un’altra. Inspirò a fondo, per calmarsi, e cercò di ricomporsi al meglio possibile. –Madama Prince dalle otto alle dieci di mattina è impegnata a fare colazione con Madama Chips… Un giorno le ho beccate in cucina mentre mangiavano in due un’enorme torta al cioccolato…- e ridacchiò.
-Ma se qualcuno ruba un libro? Oppure si fa male?- chiese Albus curioso, divertito anche lui da quella rivelazione.
-Guarda che i libri sono legati quasi come dei figli a Madama Prince: se qualcuno ne ruba uno lei lo ritrova nel giro di ventiquattr’ore… e non sai che cosa potrebbe fare al ladro…- fece lei, con l’aria di chi la sa lunga.
-E Madama Chips?- chiese ancora il moro.
-Bhè… i pazienti di solito a quell’ora dormono, e comunque è raro che arrivi un malato la mattina presto… Ho sentito che alle volte somministra un sonnifero in modo tale che i malati non si possano svegliare…-  spiegò la rossa, con un pizzico di disappunto, poi rise di nuovo insieme al cugino.
Risero sereni, come dovrebbero essere sereni due classici undicenni che ancora non sanno nulla del mondo e che trascorrono la loro vita in una spensierata innocenza. Perché alla fine Rose, dopo l’amareggiata lettera di suo padre, che sì, era felice per la figlia, ma rimaneva deluso per il mancato posto a Grifondoro, aveva ricevuto le congratulazioni più vive da parte della madre, fierissima di lei, e degli zii, altrettanto orgogliosi; e anche Albus, nonostante gli fosse parso di vedere gli occhi lucidi del fratello mentre lasciava la Sala Grande, nonostante James non gli avesse rivolto la parola per ben tre giorni, un po’ per vergogna, un po’ per timore, un po’ per risentimento, nonostante nella lettera mandatagli dai genitori non si accennava a nessun complimento al di fuori della famiglia Potter, lui era fiero di essere un Serpeverde e sapeva che i suoi genitori  lo avrebbero sostenuto e appoggiato, sempre e comunque.
Il venerdì, poi, era arrivata ad entrambi una lettera da parte di Molly e Arthur Weasley nella quale i loro nonni si complimentavano per lo smistamento e si raccomandavano di essere sempre leali e buoni con il prossimo, sempre studiosi e ambiziosi e mai intimoriti dal proprio futuro.
Proprio quel giorno il compagno di stanza di Albus, Scorpius Malfoy, aveva accidentalmente versato una brocca di succo di zucca in testa a James e quest’ultimo, che già non poteva sopportarlo perché gli aveva portato via il fratello, perché aveva la puzza sotto al naso, perché si credeva il principino di Hogwarts e poi… perché sì, insomma, quello era un Malfoy, gli aveva tirato un pugno dritto nell’occhio sinistro, tanto forte e preciso che il biondino era finito in infermeria e il moro in presidenza. Al aveva poi aspettato il fratello fuori dall’ufficio della preside, per cercare di chiarire e di ricostruire quel legame che di giorno in giorno sembrava sfuggirgli dalle mani granello per granello:
-Hey, Jamie…- aveva detto Albus, appena aveva visto il fratello uscire dalla presidenza.
James aveva alzato gli occhi cioccolato, stanchi e un po’ tristi, e lo aveva guardato con un pizzico di sorpresa.
-Serpe…- aveva poi sussurrato.
-Non chiamarmi così.-
-E’ quello che sei.-
-Lo fai suonare come un insulto…-
Si erano successi poi svariati attimi di silenzio nei quali i due avevano tenuto uno lo sguardo fisso negli occhi dell’altro e poi, da bravi fratelli, avevano parlato all’unisono.
-Senti.-
-Ascolta.-
Un sorriso, uno sguardo.
-Mi dispiace, Jamie…- aveva detto flebile Albus.
-E’ giusto così. L’ho detto anche io: è quello che sei, e nessuno potrà mai cambiarlo.-
Al aveva guardato stupito il fratello, che ricambiava lo sguardo con un sorrisetto.
-E poi sarà utile avere un fratello nel covo delle serpi, no?-
Entrambi erano scoppiati a ridere e James si era avvicinato ad Al per dargli una pacca sulla spalla.
-Più o meno va bene così, fratellino.- aveva continuato e Al lo aveva guardato con gli occhi un po’ lucidi; poi aveva sorriso.
-Ti voglio bene, James.- aveva detto con un sorriso.
Jamie aveva fatto una smorfia e poi gli aveva spettinato i capelli, correndo subito via per il corridoio.
-Quanto sei sdolcinata, Serpe! Credo proprio che lo andrò a dire a tutti!- aveva riso di gusto mentre correva.
Al, scocciato per il disastro che erano divenuti i suoi capelli e per il comportamento del fratello, gli era corso dietro, gridandogli di fermarsi e di stare zitto, per Morgana.
E così, a due settimane dall’arrivo, Albus e Rose avevano fatto pace con il mondo e con loro stessi e avevano già fatto amicizia con i loro nuovi compagni.
Beaty Mitchell, nata-babbana di origini statunitensi, era una corvonero piuttosto bizzarra e curiosa: parlava sempre del mondo dei babbani e non perdeva un minuto per raccontare delle tecnologie in uso tra i non-maghi. Era un’appassionata di film, soprattutto di quelli in bianco e nero, e amava da morire gli attori francesi. Amava anche la Francia, specialmente Parigi dove abitava una sua zia di secondo grado, e adorava in particolar modo la lavanda che sbucava dovunque lei passasse.
Era buffa anche fisicamente: era piccina, dai capelli scuri e mossi che quando passeggiava per i corridoi ondeggiavano sulla schiena lasciando una scia di profumo di lavanda per il castello.
Quando camminava incrociava sempre i piedi, uno davanti all’altro, in maniera a dir poco maniacale ed eccessiva, tanto che a volte perdeva l’equilibro e cadeva a terra tra la folla. Ma la parte migliore veniva quando doveva leggere: era totalmente astigmatica ma si ostinava a non portare gli occhiali, diceva che le coprivano i suoi occhi azzurrissimi e che vedeva benissimo anche senza. Tuttavia la si beccava spesso con i libri ad un millimetro dal naso e, quando doveva leggere in aula ad alta voce, incollava così tanto gli occhi alla pagina che sembrava quasi che il libro volesse risucchiarla.
Tuttavia era simpatica, molto, e parlava sempre di cose affascinanti ed interessanti. Per questo Rose si trovava bene con lei: quando Beaty raccontava del mondo dei babbani la rossa pendeva dalle sue labbra; quando invece era lei a raccontare storie sui maghi, sulle intriganti avventure dei suoi genitori, la mora la guardava con occhi sognanti ed appassionati, curiosi di saperne di più su quel mondo tanto nuovo e sconosciuto.
Oltre a Beaty, Rose passava molto tempo in compagnia di Lorcan Scamandro, figlio di Luna Lovegood, con il quale spendeva interi pomeriggi in biblioteca o a leggere sulla riva del lago. Era una buona compagnia, il biondino, tanto che ormai la Weasley gli si era affezionata: era silenzioso e attento, intelligente e studioso, con dei gusti così simili ai suoi che Rose quasi si spaventava ogni volta che le loro mani afferravano lo stesso libro o la stessa mela o si sedevano contemporaneamente sulla stessa poltrona vicino al camino; a volte aveva notato persino che sbadigliavano nello stesso momento o si parlavano sopra l’un l’altra. Bizzarro…
Tuttavia Rose amava trascorrere le giornate con Beaty e con Lorcan e questa era l’unica cosa che le importava… in quel momento.
La rossa, presa com’era nel raccontare al cugino della sua buffa compagna di stanza e della sua affinità con il biondino Scamandro, non si rese conto che era trascorsa già più di un’ora e mezza, da quando era entrata in biblioteca e il suo stomaco cominciava a brontolare.
-Albus, ti va se andiamo a fare colazione? Tanto qui non concludiamo nulla…- propose lei speranzosa.
Lui sorrise e chiuse il libro che aveva aperto poco prima.
-Andiamo, dai, che oggi ci dovrebbero essere i muffin al cioccolato.-
Così si alzarono e, seguendo la scia di cioccolato proveniente dalle cucine, percorsero i larghi corridoi del castello affissi di quadri e ritratti che al loro passaggio li salutavano felici, fino ad arrivare di fronte all’enorme arcata d’entrata della Sala Grande. Il brusio leggero, quello delle dieci di domenica, di quando ancora non tutta Hogwarts è sveglia, li accolse nel varcare la soglia. Spruzzi di scolari con o senza divisa sedevano qua e là sparsi nella sala, intenti a chiacchierare e a gustare la prima colazione domenicale ancora un po’ assonnati e stanchi per la lunga settimana di studio dopo mesi di vacanze.
Gli occhi azzurri di Rose focalizzarono subito Lorcan, intento a bere un cappuccino schiumoso e a leggere uno di quei suoi libri di animali rarissimi. Sorrise e, salutando Al, lo raggiunse.-Buongiorno Lorcan!- salutò lei, con un sorriso. Il biondino alzò lo sguardo plumbeo su di lei e accennò un sorriso.
-Beaty non è ancora scesa, vero?- disse ancora lei, versandosi del succo in un bicchiere e guardandosi in giro alla ricerca di un giornale.
-No.- fece laconico lui, riprendendo la lettura.
-Ma non ci sono gazzette stamattina?- domandò nuovamente lei, un po’ corrucciata.
Stavolta Lorcan alzò lo sguardo su di lei, e la fissò negli occhi. Rose per un momento si perse in quelle due perle nere e, con il fiato sospeso, attese quella che sembrava essere la più triste e importante risposta di sempre, data l’espressione penetrante del biondo.
Tuttavia Lorcan era un ragazzo piuttosto bizzarro e sorridendo mestamente disse solo:
-No. Non sono ancora arrivati i giornali.- e poi tornò a leggere, lasciano la rossa un po’ perplessa e stranita.
Rose lo guardò per un momento corrucciata, con la bocca lievemente socchiusa, poi scosse la testa e sorrise affranta per la stravaganza dell’amico, cominciando a sorseggiare il succo di zucca.
Intanto Albus si era seduto davanti al suo compagno di stanza, stranamente sveglio dopo una settimana di alzate mattutine e stancanti serate passate a parlare del più e del meno ognuno sdraiato nel proprio letto.
-‘Giorno Scorp, pensavo ti saresti svegliato tardi oggi, dato che è da due settimane che ti lamenti ogni volta che suona lo svegliatore.- sorrise beffardo il moro.
Il biondino, dal canto suo, gli fece una smorfia e continuò imperterrito a giocare con la fetta di torta di mele che aveva nel piatto e di cui non aveva preso nemmeno un morso.
-Nervosetti?- chiese di nuovo Al, non ottenendo nemmeno l’attenzione del Malfoy.
-Pensavo che voi purosangue non giocaste con il cibo…- lo sfotté nuovamente Albus.
L’altro smise di torturare il dolce e, in silenzio, si versò dell’acqua nel bicchiere.
Albus si corrucciò: che diavolo aveva quella mattina il platinato?
-Scorpius…- lo chiamò, stavolta serio, e quello puntò i suoi grigi occhi, che in quel momento sembravano velati da uno strato di tristezza, in quelli smeraldo di Albus.
-Cos’è succes..-
-Cleo ti ha portato questa.- lo interruppe lui, porgendogli una lettera. Albus la prese, era da parte di sua madre, la quinta da quando aveva cominciato la scuola. Sorrise felice: era contento del sostegno che i suoi genitori gli davano.
-Allora i gufi hanno portato la posta! I tuoi genitori ti hanno spedito qualche lettera?- chiese euforico Albus, guardando Scorpius negli occhi. Dopo un attimo di silenzio Scorpius abbassò lo sguardo, scuotendo la testa e mordicchiandosi una guancia.
-No.- disse solamente. Il moro lo guardò dispiaciuto, comprendendo la ragione della sua tristezza: da quando erano arrivati Scorpius non aveva ricevuto nessuna lettera della sua famiglia, neanche i complimenti per la casa in cui era stato smistato.
Durante le loro chiacchierate notturne aveva rivelato ad Albus che i suoi genitori non facevano altro che litigare e che a volte si scordavano completamente della sua presenza. In più il padre era sempre fuori e la madre si rinchiudeva in camera e ci restava per giornate intere.
Probabilmente si ubriacava anche, aveva pensato Al, ma questa era solo un’ipotesi. Fatto stava che il piccolo Malfoy si ritrovava più spesso del dovuto a casa degli amici di famiglia che non a casa sua, e cenava più spesso da solo o con i nonni che non con i suoi genitori, tutti e tre insieme.
Nel sentire queste dichiarazioni ad Albus si era stretto il cuore, perché mai avrebbe immaginato che un tipo schietto e gradasso come il biondino, potesse avere una situazione familiare così triste. Forse era proprio per quello che si comportava da bulletto con il resto del mondo. Ma Albus sapeva che infondo Scorpius era un ragazzo veramente speciale, un po’ dispettoso e subdolo sì, come ogni vero Serpeverde, ma per nulla cattivo e malvagio come voleva apparire.
Forse proprio per quella sua duplice personalità ispirava molto Al. Anche lui, infatti, si sentiva diverso da come gli altri lo dipingevano, e lo era.
Albus lo studiò ancora per un momento, poi decise di cambiare discorso, di non dirgli nulla, perché infondo, cosa gli avrebbe potuto dire? Che gli avrebbero scritto? Che non si erano scordati di lui? Che avrebbero smesso di litigare? Lui non lo sapeva, non li conosceva neanche i signori Malfoy, ed è maglio non illudere un cuore ferito, soprattutto di un ragazzino fragile come in quel momento poteva essere Scorpius.
Mise la lettera in tasca, per leggerla poi in separata sede, e prese una fetta di torta di mele.
-Ma non dovevano esserci i muffin?- domandò, per cambiare discorso. Il Malfoy sorrise, grato all’amico di non rigirare il coltello nella piaga.
-Se li è portati tutti via quel ciccione di Astort.- rispose con disprezzo il biondino, arricciando il naso.
-II Corvonero?- domandò stupito Al.
-Proprio lui.-
-Ma non dovrebbero avere una certa compostezza gli uccellini?-
-Dovrebbero, Al, dovrebbero.- rispose Scorpius scuotendo la testa. Albus ridacchiò, e si guardò in giro.
-Non avevi detto che erano passati i gufi, Scorp?-
-Si, perché?- chiese lui, addentando finalmente la fetta di torta che aveva nel piatto da più di mezz’ora.
-Dove sono i giornali?- chiese corrucciato il moro: di tutte e quattro le tavolate non scorgeva nessuna Gazzetta Del Profeta.
Scorpius imitò l’amico e scrutò la sala in cerca di un giornale: niente.
-Non so… Cleo aveva solo la lettera…- sussurrò, dando un altro morso al dolce.
-Strano, però…- Albus non fece in tempo nemmeno a prendere un boccone di torta di mele che nella Sala Grande entrò un serissimo James Sirius Potter.
Aveva una maglietta dei Chudley Cannons piuttosto slavata e consumata, i jeans scuri leggermente scesi e le converse nere rovinate allacciate alla bene e meglio. Il suo stile trasandato, quel giorno, era seriamente eccessivo, come se si fosse vestito di fretta con le prime cose che gli erano capitate tra le mani. A guardarlo meglio si poteva notare anche uno strano pallore, molto più accentuato rispetto al solito, e gli occhi leggermente arrossati che ispezionavano millimetro per millimetro la sala e che quasi tremavano spaventati ad ogni singolo rumore.
Un’altra cosa piuttosto strana, quella mattina, era che James non era affiancato come suo solito dai suoi fedeli amici e, principalmente, che si trovava lì a quell’ora di mattina. Infatti tutti sapevano che il maggiore dei Potter amava dormire fino all’ora di pranzo la domenica, e nessuno si doveva azzardare a svegliarlo, sennò erano guai seri.
James camminava a passo di marcia per la sala, fissando le facce che lo guardavano attente, ma non vedendole neanche. Era solo una persona, quella che stava cercando. Incrociò due occhi verdi che, curiosi, lo guardavano interrogativi.
Deglutì e serrò con più forza la mano intorno al giornale che stringeva. Respirò a fondo, mentre si avvicinava al fratello, fissandolo con uno sguardo serio e preoccupato allo stesso tempo.
Albus cominciò ad agitarsi: non aveva mi visto il fratello così angosciato.
Si alzò svelto, ignorando le domande di Scorpius, e si affrettò a raggiungere James.
-Che succede, Jamie?- chiese con un filo di voce, le sopracciglia aggrottate.
Lui aprì la bocca per rispondere, ma non riuscì a dire una parola.
-James?- chiese ancora Al, mentre la preoccupazione saliva. Vide il fratello fare un grande respiro.
-Al…- cominciò, con voce rotta. Una voce così piena d’agitazione che Albus non aveva mai sentito prima.
-S-senti…- deglutì.
-Che è successo?-
-Io…-
-James.-
Lui si passò una mano sul volto.
-James.- disse di nuovo Albus.
Quello lo guardò, gli occhi color cioccolato lucidi e preoccupati.
-James, vuoi dirmi che diamine è successo, per Salazar!- stavolta Albus alzò la voce, e gli sguardi di tutta la sala di posarono su di lui.
James prese un altro grande respiro e, guardando il fratello nelle iridi smeraldo, parò:
-Ora… ora sta bene… ok? Non… sta benone, adesso… non ti preoccupare…-
-James, chi?- chiese ancora Al, avvicinandosi al fratello che, tremante, gli porse il giornale che stringeva nelle mani.
-Prima zia Audrey… mamma e papà sono andati da lei, sai… per vedere come stava, che le era successo…- disse lui in fretta, mentre l’altro apriva la gazzetta.
-Uno squarcio sul braccio, mentre stava leggendo un libro.- confessò, e Albus perse un battito.
Distolse lo sguardo dal giornale, interessato di più alle parole di James.
-Sono entrati in casa, c’è scritto, e l’anno aggredita. Ha mandato un Patronus allo zio Percy che di corsa ha chiamato mamma e papà. L’hanno trovata svenuta sul tappeto, con un braccio insanguinato. Poi sono andati al San Mungo e li hanno raggiunti lo zio Ron, zia Hermione e Hugo… e poi…- si fermò, la voce gli si era incrinata.-
Poi cosa, James? Parla!- lo incitò Albus, con il cuore che gli batteva a mille.
Gli occhi di James si riempirono di lacrime.
-Se…- provò a dire.
-Se la volevano uccidere, l’avrebbero potuto fare ma… non era lei che…- un singhiozzo lo costrinse a fermarsi. Albus, più basito che mai, cominciò piano ad aprire il giornale.
-Era da sola a casa… mamma e papà erano in ospedale… lei…- sussurrò piano, le lacrime che gli colavano sul volto.
Albus inspirò a pieni polmoni, poi, cercando di rimanere calmo, cominciò a leggere la testata della gazzetta, il titolo principale.
-Lei è… così piccola…- balbettò ancora James, mentre ad Albus il cuore si stava fermando nel petto. Fu come se il mondo gli fosse crollato improvvisamente addosso, tutta l’aria nei polmoni finita, la testa più pesante di un masso, gli occhi inspiegabilmente colmi di lacrime che non volevano sgorgare.
James respirò ancora con affanno e, con un tremante sussurro, lo disse:
-Lily…-
E Albus sentì le gambe non reggere più il peso del suo corpo. Si sedette sulla prima panca libera e cercò di rileggere il titolo dell’articolo, nonostante la vista appannata dalle lacrime:
“La figlia di Harry Potter aggredita dai Maghi Oscuri” e poi sotto, più in piccolo “Ricoverata al San Mungo, fuori pericolo, la piccola Potter è stata vittima di un feroce attacco da parte di maghi ignoti. Che i Mangiamorte siano tornati?”
Albus non si curò né delle lacrime che, meschine, gli rigavano il bianco volto, né di Rose che chiedeva al cugino spiegazioni, né dei professori che, agitati, erano entrati nella sala e cercavano di ristabilire l’ordine, né di Peater Stinner che stava distribuendo copie della Gazzetta del Profeta, né degli studenti che, leggendo, commentavano con trepidità, né di Scorpius che, con in mano il giornale, cercava di rassicurarlo.
Solo, lesse e rilesse l’articolo, fino allo sfinimento.
La sera prima sua zia Audrey era stata aggredita mentre leggeva un libro in casa sua. Dopo essere rinvenuta aveva affermato che gli aggressori erano maghi esperti, vestiti di nero e con il volto coperto da uno scuro velo e che, dopo averle scagliato un Crucio, l’avevano ferita al braccio con un pugnale babbano e poi, per la quantità di sangue sgorgato, era svenuta non prima di inviare al marito un Patronus. Percy Weasley, in quel momento al ministero, aveva subito avvertito Harry e Ginny Potter e insieme al loro avevano soccorso la donna portandola in ospedale. Lì li avevano raggiunti suo zio Ron, la zia Hermione e suo cugino Hugo e, dopo che la zia Audrey era stata dichiarata fuori pericolo ed era rinvenuta, aveva raccontato l’accaduto e di aver sentito gli aggressori dire che, dopo del sangue babbano (Perché Audrey era una nata-babbana) avevano bisogno del sangue Potter. Ma se Harry era lì con loro, lui e James al sicuro ad Hogwors, l’unico membro della famigli a possedere sangue Potter era Lily che, tranquilla, era rimasta a casa nel suo lettino a dormire.
Quando poi un preoccupato Harry ed una disperata Ginny erano tornati a casa, seguiti dallo zio Ron, avevano trovato la piccola Lilian nella cucina, con un taglio sul collo e piena di lividi. L’avevano portata in ospedale e, dopo essere stata ricoverata, era stata dichiarata fuori pericolo ma non del tutto guarita. Tutto questo mentre lui, Albus Severus Potter, dormiva beatamente nel suo letto.
Riaprì gli occhi, inspiegabilmente chiusi, e si ritrovò nell’ufficio della preside assieme al fratello e a tutti i professori, senza neanche sapere come c’era arrivato. Il silenzio regnava sovrano, e tutti gli sguardi erano puntati su i due piccoli Potter.
Albus guardò la McGannit che li studiava apprensiva, poi puntò lo sguardo sul fratello che, distrutto, era accasciato sulla poltrona e guardava fisso davanti a sé.
-Signor… James, Albus.- disse lei, correggendosi per cercare di apparire più vicina.
-Avete letto… e avete letto anche che ormai vostra sorella è fuori pericolo…- continuò, cercando di rincuorarli.
-Non capisco perché non ci abbiano nemmeno avvertito! E perché hanno lasciato Lily a casa da sola!- sbraitò improvvisamente James, preso da un attacco d’ira.
In realtà, si ricordò d’improvviso Albus, la madre gli aveva inviato una lettera. La sfilò dalla tasca e, silenzioso, l’aprì e la lesse. Diceva brevemente l’accaduto, di non preoccuparsi e che presto sarebbero venuti ad Hogwarts. E poi che gli voleva un mondo di bene, sia a lui che a James
Il fratello lo guardò, con gli occhi cioccolato rossi di sangue, e quando vide la lettera gliela strappò dalle mani. La lesse in fretta.
-I vostri genitori verranno qui.- parlò di nuovo la preside.
-Appena Lilian sarà dimessa, verranno qui, e vostra sorella rimarrà nel castello fino a quando non ci sarà più pericolo.-
James e Albus la guardarono sorpresi ed entrambi, senza parole, tirarono il primo sospiro di sollievo.
-Professoressa…- cominciò Al con un filo di voce, cercando di mantenere lo guardo alto.
-Cosa… perché è successo? Chi… chi sono questi Maghi Oscuri?- balbettò, cercando di mascherare al meglio possibile le sue emozioni. Non ci riuscì granché. Minerva lo guardò con un sopracciglio alzato, poi, come per chiedere consiglio, guardò gli altri professori che, conviti, acconsentirono mestamente.
-Il profesor Paciock ora si trova al san Mungo, con i vostri genitori, per capirne di più.- cominciò, con un sospiro, mentre i due Potter l’ascoltavano interessati.
-Da quanto ne sappiamo finora, questi Maghi Oscuri sono stati avvistati diverse volte su scene di delitti babbani: tutte donne, tutte incinte. In tutto quattro, sparse nel mondo, ma non si sa quante effettivamente siano state uccise; l’unica cosa certa è che i feti sarebbero diventati maghi, tutti nati-babbani.
Non lasciano tracce, sembrano quasi fantasmi, e sono spietati come lo erano i Mangiamorte, tuttavia, a parer mio, non si tratta di vecchi sostenitori del Signore Oscuro, ma di nuovi e malvagi maghi, forse una setta, con gli stessi ideali di Lord Voldemort e dei suoi. Sono scomparsi anche diversi nati-babbani: dall’Inghilterra soprattutto, ma anche dalla Francia, dalla Spagna, dalla Danimarca e dall’Italia. Si pensa che sia opera di questi maghi. Non sappiamo perché hanno avuto bisogno del sangue di vostra zia, né tanto meno di quello di vostra sorella, fatto sta che il pugnale che hanno usato è un pugnale magico, che non permette la sutura magica della ferita e che lascia del veleno nel corpo della vittima dell’aggressione.-
James e Albus spalancarono gli occhi e aprirono la bocca per ribattere.
-Ma…- li precedette lei, mettendosi un dito davanti alle labbra.
-Ma entrambe loro hanno assunto l’antidoto e stanno bene. Harry vuole portare qui Lilian al più presto: Hogwarts verrà protetta da un gruppo di auror e sarà molto più sicura di casa vostra, dove vostra sorella potrebbe rimanere da sola, e di casa dei vostri zii, dove metterebbe a rischio anche la vita di Ronald, di Hermione e di vostro cugino. E poi sono sicura che sarete felici di poter vegliare su di lei, no?- concluse con un sorrisetto.
Albus guardò James che ricambiò. Accennarono entrambi un sorriso: sì, sarebbero stati felici di poter badare a Lily.
-Professoressa, possiamo andare ora? Credo che i nostri cugini siano tutti molto in pensiero…- disse poi il maggiore.
-Certamente.- rispose lei, e i due si alzarono per uscire.
-Ragazzi…- li chiamò, quando Al stava per aprire la porta. Si voltarono.
-Mi raccomando: le informazioni di cui vi abbiamo reso partecipi sono assolutamente riservate. Gli altri sarebbe meglio sapessero solo ciò che è scritto su i giornali.- li avvertì.
Loro si scambiarono uno sguardo d’intesa, asserirono ed uscirono.
C’erano tutti fuori ad aspettarli: in prima fila Rose, Fred e Dominique, poi Lorcan e Lysander, Robert e Scorpius con Vincent, in un angolino, e poi tutti gli altri amici e compagni dei due Potter che appena li videro si affrettarono tutti intorno e li assalirono con mille domande. James rispose scostante, quasi come fosse un robot: voleva dileguarsi al più presto e restare solo con il fratello.
Albus rimase in silenzio, rispondendo solo a monosillabi. Spiegarono l’accaduto e, dopo aver descritto in breve il tutto, rassicurarono i cugini. Rose notò subito, scaltra com’era, una certa freddezza e la stanchezza negli occhi di entrambi i suoi cugini e, scambiatasi uno sguardo con Dominique e con Fred, propose:
-Fred, perché non porti Jamie ed Al a prendere un bicchiere d’acqua? Mi sembrano un po’ stanchi… forse è meglio lasciarli stare…-
-Mi sembra giusto, Rosie! Andiamo?- fece lui, rivolto ai cugini che gli sorrisero sinceri.
-Ragazzi!- fece a qual punto Dominique rivolta a tutti gli altri.
-Li volete lasciare in pace si o no?- schietta come al solito. Lanciando un’ultima occhiata di supporto ai Potter, i loro amici cominciarono a spostarsi per farli passare e Fred, James ed Albus si incamminarono verso un qualsiasi luogo lontano da tutti.
Scorpius si staccò dalla colonna sulla quale era appoggiato e fissando l’amico dagli occhi verdi, lontano di qualche metro e aggredito dalla folla di compagni, disse rivolto a Goyle al suo fianco:
-Vincent, io vado da Potter. Tu torna dagli altri, non mi seguire.-
Quello asserì poco convinto: da quando erano arrivati Scorpius non faceva altro che stare insieme al sangue-sporco made in Potter, e ignorava altamente tutti gli altri suoi compagni.
Guardò il biondino seguire Albus per il corridoio, poi i quattro girarono a destra e nessuno li vide più.

***

Seguendo il cugino per i corridoi e le scale che si muovevano di tanto in tanto, James si rese conto di essere saliti fino al settimo piano, e di star entrando in una sconosciuta saletta, tutta pitturata di un pallido azzurro, con una mobilia raffinata e le finestre che davano sul giardino del castello e sul grande Lago Nero.
-E questa quando l’hai trovata, Fred?- chiese stupito James: solitamente il cugino gli raccontava sempre delle sue spedizioni notturne per Hogwarts e lo portava spesso il camere appena scoperte e particolari. Fred infatti si divertiva la notte ad andare i giro per la scuola, in cerca di nuovi spazzi e sale interessanti, dove poter progettare scherzi e piani malvagi con i propri amici.
La camera azzurra, come gli piaceva chiamarla, l’aveva scoperta durante le vacanze di Natale dell’anno precedente. Aveva tutta l’aria di essere una stanza privata per i professori, tuttavia non si trovava al quinto piano, come di regola gli appartamenti dei docenti, né era occupata da qualcuno. Per questo Fred aveva deciso di farla diventare la sua camera personale, dove poter andare per rilassarsi e pensare, come una sorta di Stanza Delle Necessità.
Però ora i suoi cugini avevano bisogno di un posto sicuro e lontano da tutti. E dove rilassarsi se non in quella stanza perfetta?
-Mha… qualche giorno fa…- rispose vago lui. James alzò un sopracciglio, poi si voltò e incrociò il freddo sguardo di ghiaccio del biondino.
Sbigottito spalancò la bocca e, additandolo, cominciò a  gridare:
-E questo cosa diavolo ci fa qui? Porco Merlino, che diavolo ci fai qui?- voltò lo sguardo verso il fratello, sempre con l’aria sbalordita.
-Albus! Ti sembra il momento di portare serpi in riunioni di famiglia?- ringhiò, fissandolo.
Quello s’incupì e poi, sorridendo maligno, gli rispose:
-James, caro, non ti sarai mica scordato che anche io sono un fiero Serpeverde, vero?-
Scorpius ghignò. Fred soffocò una risata. A James venne un attacco di cuore.
-Potter, non sai che è tremendamente disgustoso guardare nella tua bocca? Riesco a vederti il pancreas da qui.- lo sfotté il biondo, alludendo alla sua bocca completamente spalancata. James la socchiuse con uno scatto e con occhi di fuoco mise mano alla bacchetta, puntando Malfoy.
-Viscido platinato con il naso all’insù. Chi ti credi di essere?-
-Io non credo di essere, lo so per certo, di essere molto più fico di te, Potter.-
Albus si scansò, roteando gli occhi in maniera molto teatrale, e Fred ghignò eccitato per il prossimo scontro.
Scorpius afferrò la sua bacchetta, pronto a difendersi e a contrattaccare.
-Stupefic…-
-Proteg…-
La porta si spalancò di botto, andando a sbattere dritta sulla faccia di James, che cadde rovinosamente a terra.
-Albus!- gridò una voce femminile.
Al vide solo una massa rossastra fiondarsi su di lui con così tanto vigore da farlo sbattere contro la parete e poi si sentì abbracciare con delicatezza da una figura minuta. Mise a fuoco.
Piccina, più bassa di lui, i capelli rosati sciolti e in disordine, come se si fosse appena svegliata, gli occhi blu leggermente lucidi fissi nei suoi. Celine.
Celine che gli sorrideva mesta, Celine che lo abbracciava più forte, Celine che ogni attimo di più gli ricordava la piccola Lily. La strinse forte anche lui, grato all’amica di essere lì. Inspirò il profumo dei  suoi capelli, e gli sembrò dannatamente floreale, come quello di sua sorella. Sorrise lieve e ricacciò dentro la lacrima che meschina voleva scorrere sulle sue guance arrossate.
-Ma che cavolo?- sentì James lamentarsi.
-Pezzo d’idiota, ti sembra una cosa normale sbattere la porta in faccia alla gente?- sbraitò e Celine si girò verso di lui, steso a terra e con una mano sul naso dolorante. Fred rideva divertito mentre Scorpius manteneva la sua aria composta, ghignando elegantemente.
James fissò quella ragazzina che piano gli si avvicinava: bassina e di corporatura minuta, i capelli vaporosi di un rosso quasi roseo incorniciavano un visino pallido e i due profondi occhi blu lo studiavano pensierosi. Sembrava una fatina, una ninfa. Con passo leggero si accostò a lui e si chinò per raggiungere l’altezza del suo viso.
Lui socchiuse un poco la bocca, imbambolato negli occhi oceano di lei. La guardò bene: i due brillantini che portava come orecchini splendevano per il riflesso della luce, e così facevano quelle perle color notte che aveva per occhi; le gote candide, il viso perfettamente diafano, i fili rosati che, disordinati, le ricadevano qua e là. Si soffermò a guardarle le labbra: rosse e piene, morbide solo a guardarle, si stavano muovendo… stava dicendo qualcosa…
-Eh?- bisbigliò flebile James, interrompendola.
Indispettita, Celine alzò un sopracciglio.
-Dicevo…- ricominciò, sotto lo sguardo di un ebete James.
-Che tu devi essere James Potter, il fratello di Albus…- lui sorrise sornione: la sua fama era ormai cosa pubblica.
-In persona, piccola, tu sei…- improvvisamente si ricordò dell’abbraccio con suo fratello.
-Aspetta… tu sei la ragazza di Al?- le domandò sbigottito, passando lo sguardo da lei ad Albus, per poi tornare su di lei, guardare Scorpius che ridacchiava, e poi riguardarla.
Celine alzò anche l’altro sopracciglio, stupita: quello lì era seriamente il fratello del perspicace e pacato Severus? Ma soprattutto: come si permetteva di chiamarla “piccola”?
-No… sono una sua amica.- spiegò tranquilla, alzandosi. La imitò il moro che storse un po’ il naso, ancora dolorante.
-Mi chiamo Celine, Celine Cavendish. E uno dei libri di Trasfigurazione che hai…- si girò verso Fred.
-Avete… fatto saltare in aria per festeggiare il compleanno di Benny Nederson, era mio.- disse acidamente, ricordando la fine del suo povero libro.
James deglutì, sotto lo sguardo serio della ragazzina, e si scompigliò i capelli in imbarazzo.
-Eh, eh… vedi… era uno scherzo…- balbettò.
Lei lo fissò ancora un attimo, poi abbassò lo sguardo.
-Comunque… mi dispiace per vostra sorella…- dichiarò tristemente avvicinandosi ad Albus che, da divertito, era tornato serio. Anche James si rabbuiò. Poi calò un assordante silenzio.
Il ricordo della piccola Lily riaffiorò doloroso nelle menti di tutti e presto i ragazzi tornarono tristi e afflitti.
Chi la conosceva sapeva bene quanto piccola e minuta fosse la giovane Potter: per una bambina di nove anni era decisamente piccina ma, essendo tremendamente agitata, scalmanata e combina guai, diceva di poter resistere a qualunque cosa e, ogni tanto, le si trovava addosso un nuovo violaceo livido che si procurava saltando da un muretto o prendendo a spintoni i suoi fratelli. Era forte, Lily, forse troppo per essere così piccola, ma a guardarla sembrava uno scricciolo fragile e debole che uno solo sbuffo di vento sarebbe bastato a portarla via.
James scosse la testa, cercando di scacciare i dolorosi pensieri, e cercò di distrarsi guardando rabbuiato il panorama fuori dalla finestrella. Il cielo era limpido e terso, senza neanche una nuvola all’orizzonte, il prato verde intenso macchiato di alberi e piante in fiore, l’immenso Lago Nero rispecchiava completamente la volta celeste e gli uccelli che, di tanto in tanto, svolazzavano nel blu.
D’un tratto l’attenzione del moro venne catturata da uno stormo d’uccelli che, compatto, svolazzava sopra il lago riflettendosi sulle sue acque. Alzò lo sguardo.
No. Non erano uccelli: uno squadrone di maghi sulle scope si dirigeva coeso verso il castello e di certo, notò James, non si trattava di studenti.Erano uomini e donne di mezza età e che non erano studenti ci avrebbe messo la mano sul fuoco: essendo lui il cacciatore di Grifondoro, sapeva bene gli orari degli allenamenti delle squadre e la domenica mattina non si allenava nessuno.
-Fred, chi sono quelli?- domandò al cugino, senza distogliere lo sguardo dai maghi.
Lui lo raggiunse, seguito da Albus, Scorpius e Celine, interessati e curiosi.
-Non ne ho idea, Jamie…-
-Spostati Cappuccino.- lo invitò, con gentilezza, il biondo. Fred lo guardò di sottecchi, scansandosi per permettergli di vedere.
-Sono Auror.- dichiarò Celine, alzata sulle punte per poter guardare al di là dei ragazzi.
Tutti si girarono verso di lei che, per nulla intimorita, spiegò:
-Ho sentito la preside parlare con il professor Wallen: gli ha detto che presto una squadra di Auror sarebbe arrivata ad Hogwars per garantire la sicurezza. Voi non lo sapete, ma nella scuola si sta scatenando il finimondo: sono tutti spaventatissimi. Proprio ora il professor Finninghard sta intrattenendo gli studenti in Sala Grande spiegandogli l’accaduto e tranquillizzandoli…-
-Si può sapere come fai a sapere sempre tutto di tutti tu?- le domandò un interdetto Fred.
Lei sorrise, anzi ghignò, e scrollò le spalle. Al e Scorpius ridacchiarono.
James d’improvviso di staccò dalla finestra e si diresse svelto verso la porta.
-Jamie, dove vai?- lo seguì il fratello, mentre scendeva di fretta le scale.
-Se sono arrivati gli Auror allora avranno nuove notizie su Lilian.- rispose serio lui, senza fermarsi.
Albus deglutì: quando Jamie chiamava la sorella Lilian, allora era tremendamente serio e privo di una lucida razionalità. Si scambiò uno sguardo con Scorpius che insieme alla rossa e al cugino, li seguiva.
-James, rimani calmo, per favore.- lo pregò.
-Io sono sempre calmo, fratellino.- dichiarò in fine lui, prima di spalancare le porte della sala dei professori dove quest’ultimi stavano ricevendo i nuovi ospiti.
Quello che accadde dopo fu scandito dalle urla di James che, imprecando, esigeva risposte che gli Auror non potevano e non sapevano dargli. In tutto questo Albus cercava di calmare il fratello, capendo che i colleghi di suo padre più di tanto, più di loro, non potevano sapere e, se c’era di mezzo qualcosa di davvero importante, sicuramente non lo avrebbero rivelato ad un rabbioso ed inquieto ragazzino di dodici anni.
Quando James ed Albus erano poi stati condotti fuori dalla sala con la forza e al primo era stata offerta una camomilla che aveva rifiutato con rabbia, i due si erano ritrovati seduti a terra per il corridoio fiancheggiati dai loro tre seguaci.
-Sei un cretino, James.- dichiarò sprezzante Al, infastidito per il comportamento infantile del fratello.
Lui neanche rispose, arrabbiato com’era; solo continuò a guardarsi le mani strette a pugno con un adorabile broncio arrabbiato.
Il più piccolo sospirò. Quanto avrebbero dovuto aspettare prima che Lily fosse arrivata?
La giornata si concluse con un nulla di fatto: nessuna nuova notizia, nessun nuovo arrivo. Nulla.
James ed Albus, dopo alcune ore di veglia notturna, avevano deciso di coricarsi per la troppa stanchezza, ottenendo solo di sognare macabri incubi.

***

La luce del sole, il mattino dopo, fu un sollievo per tutti.
Quando James si svegliò Robert era sotto la doccia e Fred si stava vestendo.
-‘Giorno, Fred.- lo salutò con voce impastata dal sonno. Lui gli sorrise.
-Novità?- chiese speranzoso. Il cugino scosse il capo.
Si alzò dal letto con le ossa doloranti e si sgranchì per bene, poi si annusò le ascelle. Fece una smorfia: necessitava assolutamente di una doccia.
Per fortuna in quel momento Rob, in mutande e con i capelli bagnati, uscì dal bagno in una nuvola di vapore.
Si salutarono svelti, con un sorriso pieno di parole, e poi il Potter si fiondò nella doccia per lavarsi, asciugarsi, vestirsi e scendere di fretta verso la Sala Grande per raggiungere il fratello con il quale aveva appuntamento fuori dall’ entrata.
Lo trovò lì, appoggiato ad una colonna mentre parlottava con quel cretino di Malfoy. Possibile che proprio con lui doveva diventare amico?
Scosse la testa: non era quello il momento adatto per pensare alle amicizie di Albus.
Quando Al vide il fratello lo salutò con la mano, mentre il biondo lo degnò di un’occhiata sbrigativa.
Fred e Robert salutarono in fretta e si avviarono in Sala Grande, per lasciare un po’ di privacy ai fratelli, e James si chiese perché, uno stupido aristocratico purosangue come Scorpius Hyperion Malfoy, fosse tanto maleducato da non pensare nemmeno a lasciarli un attimo da soli.
Proprio in quell’istante passò davanti a loro Celine Cavendish, affiancata da una mora Serpeverde.
-Buongiorno, Al!- salutò subito con un sorriso.
-Scorpus.- guardò poi l’amico che le sorrise di rimando.
Infine rivolse a James uno sguardo misto di compassione e tenerezza, ma allo stesso tempo di distacco e freddezza, ed un mezzo sorriso.
-Ciao, Celine.- la salutò poi Albus e James accennò un sorriso. Vide Scorpius scambiarsi con Al uno sguardo carico di discorsi, e poi seguire Celine  dall’altra parte del corridoio, in modo da lasciare soli i due Potter.
L’altra Serpeverde, alla vista di Scorpius, era diventata bordeaux e si era dileguata in Sala Grande imbarazzata.
-Tzè.- soffiò James, guardandola: se il primo anno cominciava così, aveva paura che Scorpius sarebbe potuto diventare un suo gran bel rivale… No. Lui non aveva paura, diamine. Non aveva paura di nulla!
-Nulla di nuovo, vero James?- chiese Al, attirando l’attenzione del fratello su di sé.
-Nulla…-
Silenzio.
-Facciamo colazione?-
-Andiamo.-
S’incamminarono e Scorpius e Celine, dietro di loro, li seguirono. Le porte della Sala Grande erano spalancate e, varcata la soglia, la confusione del lunedì mattina travolse i due Potter.
C’era gente che ripassava per la prima ora, tra le grida e la confusione; c’erano altri che parlottavano tra loro fitti, fitti, tra un boccone e l’altro; altri ancora che leggevano e commentavano scioccati gli articoli di giornale; qualcuno che tirava il succo di zucca addosso ad un compagno; un altro che dava un bacio alla fidanzata; altri studenti che, in piedi, si scambiavano furtivi i compiti; qualcuno salutava il compagno appena sceso; altri, molti, guardavano in silenzio i due Potter, facendo finta di intrattenere una chiacchierata con il vicino di posto; qualcuno rideva, una risata cristallina, una risata dolce e leggera, da bambina…
Nello stesso istante James ed Albus portarono lo sguardo al tavolo dei Corvonero, più o meno al centro, sulla destra, dove i gemelli Scamandro, Fred, Robert, Dominique ed una sorridente Rose accerchiavano un’ilare bambina dai capelli rossi come il fuoco che, in piedi sulla panca, saltellava allegra.
Lorcan li vide, sbigottiti, immobili, e sussurrò qualcosa che fece voltare la piccola nella loro direzione.
Sorrise dolcissima e saltò giù dalla panca correndo verso i fratelli che basiti, la guardarono avvicinarsi.
Lily gli saltò al collo, abbracciandoli con vigore e James, come se si fosse risvegliato, la prese in braccio e la strinse forte, quasi stritolandola.
-Jamie…- protestò stretta a lui –Mi fai male!-
Lui la strinse ancora di più, trattenendosi a stento dal non piangere. La lasciò solo perché lei, lamentandosi, si divincolò per gettarsi tra le braccia di Albus che la strinse con dolcezza e respirò il suo profumo di fiori dai capelli.
Lily gli scoccò un bacio sulla guancia e lo guardò negli occhi, sorridendo.
-Ciao, Al!- bisbigliò ed Albus poté guardarla meglio: aveva un cerotto sul sopracciglio sinistro e un labbro spaccato; lo zigomo destro un po’ arrossato, come del resto l’occhio un po’ gonfio; il braccio destro, così sottile, fasciato da una garza biancastra che saliva fin sopra il gomito, nella camicetta azzurra; il collo, diafano, era coperto da una benda bianca che copriva senza nessun dubbio il taglio che aveva riportato.
Per il resto stava benone, notò James, studiandola: sorrideva come al solito, quella peste, e li guardava felice ed eccitata di essere anche lei nella desiderata Hogwarts prima del dovuto.
La stinse di nuovo felice e lei lo guardò negli occhi color cioccolato.
-Ora ci sono anche io!- ridacchiò al massimo della felicità. Le guance arrossate per l’eccitazione, le mani che ansiose stringevano la camicia di James.
Lui le diede un dolce bacio sulla fronte e la accostò con delicatezza al suo petto.
-E io non ti lascio andare da nessuna parte.-

 



Anglo Autrice:

Secondo capitolo, le cose cominciano a farsi più misteriose...
Cosa succederà ora che la piccola Lily è ad Hogwarts? Chi sono questi Maghi Oscuri? Cosa vogliono da Harry Potter? Saranno sguaci di Voldemort?

Grazie a tutti anche solo per aver letto e gradito. Un grazie speciale ad Arena e a Luxella che hanno commentato lo scorso capitolo.
Un bacio grande e... non scordatevi di commentareeee!!:D
Pop

   
 
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