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Autore: ivi87    20/07/2011    11 recensioni
Una nave da crociera, un matrimonio e un omicidio... Kate alla ricerca della felicità. Riuscirà a lasciarsi andare?
Rating arancio.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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#9 La resa dei conti

 
Le domande lo incalzavano, impedendogli di pensare.

“Perché ci ha mentito?”

“Come ha conosciuto la vittima?”

“Perché la signora Shepherd seguiva lei e sua moglie?”

“Sua moglie è coinvolta nell’omicidio?”

A turno Beckett e Esposito tentavano di mettergli pressione per farlo crollare.

Si erano accorti che sudava ed era agitato, perciò calcarono la mano.

“Avevate una relazione?”

“Sua moglie l’ha scoperto?”

“Sapeva che la vittima era malata?”

Adam allo stremo si portò le mani alla testa e urlò loro di smetterla.

“Che cosa state dicendo? Perché sono qui?” chiese esausto.

“Lei è qui, signor Johnson, perché ci ha mentito” rispose pacata Beckett inchiodandolo con lo sguardo.

“Che ne sa lei se io ho mentito oppure no?” disse ora, meno spaventato e più rabbioso.

“Ne sono certa perché queste...” e dicendolo posò sul tavolo il cartoncino con le impronte rilevate da Castle e Esposito sulla scena del 

crimine. Accanto posò invece quelle fornite dall’uomo il giorno prima. Infine espose, in bella mostra, la stampata dell’AFIS in cui si 

confermava la compatibilità delle due serie di impronte “...queste, a differenza sua, non mentono!” disse Beckett picchiettando gli indici sui 

fogli.

“Indovini un po’ dove erano le sue impronte?” proseguì Esposito.

L’uomo fissava i fogli davanti a sé, attonito.

Beckett assunse un tono più gentile ora, quasi materno “Sig. Johnson? Conosceva Marilene Shepherd?”

Lui annuì, prese fiato e rispose “Eravamo amanti”

 

Le successive domande, Castle e Ryan le ascoltarono attenti, dalla cabina attigua.

L’uomo ammise di avere avuto una relazione con la vittima, ma che non l’aveva invitata in crociera. Si era, infatti, sorpreso nel vederla a 

bordo ed era molto spaventato che la moglie potesse intuire qualcosa.

Spiegò che più cercava di evitarla più, Marilene li seguiva ovunque.

Una notte non era riuscito a seminarla. Lei lo aveva attirato in camera sua e avevano dormito insieme. Ecco il perché delle sue impronte 

nella cabina della vittima.

E sì, sapeva della malattia della donna, ma rispose che la sua gioia di vivere e la sua forza d’animo, nell’affrontare l’imminente morte, lo 

avevano fatto innamorare ancora di più. 

Castle studiò attentamente le parole dell’uomo. Potevano filare. Ma c’era qualcosa che non gli quadrava. Mancava ancora qualche pezzo.

Beckett e Esposito cercarono di estorcergli qualche altra informazione e tentarono più volte di farlo cadere in fallo. Ma Johnson non disse 

altro e furono costretti a rilasciarlo.

La detective si fece consegnare la fede nuziale dell’uomo per darla a Lanie.

Mentre la imbustava, vide l’uomo prepararsi a uscire e non le sembrò una buona idea permettergli di gironzolare per la nave: restava 

ancora l’unico sospettato.

“Sig. Johnson, verrà accompagnato nella sua cabina e la invito cortesemente a non muoversi da lì, per il momento” disse affabile

L’uomo si sentì nuovamente sott’accusa e reagì “Credevo avessimo finito! Io ho pagato per essere su una nave piena di intrattenimenti, 

non per starmene chiuso in cabina!”

“Sig. Johnson, solo perché gliel’ho chiesto gentilmente, non significa che non fosse un ordine!” detto questo uscì dalla stanza con Esposito 

al suo seguito.

 
In corridoio, Ryan ritornò da Jenny poichè non voleva lasciarla sola troppo a lungo. Beckett mandò Esposito a fare da piantone fuori alla 

cabina di Johnson e si diresse verso la stiva con Castle.

“I miei complimenti, detective” disse quest’ultimo.

“Per cosa, l’interrogatorio?” domandò stupita

“No..beh, si, anche...ma io mi riferivo alla tua battuta finale. Magnifica, degna di Nikki Heat!” Castle inspirò orgoglioso “Sei la mia 

soddisfazione!”

Beckett roteò gli occhi divertita e raggiunta la stiva, entrò sorridente.

“Cos’è quel bellissimo sorriso? L’avete inchiodato?” domandò la dottoressa Parish

“No purtroppo” ammise Beckett

“All’ora dev’essere il nostro scrittore di gialli preferito a farti sorridere così!”

Beckett avvampò. Castle sfoggiò un sorrisetto strafottente e, fiero di essere la causa di quei sorrisi, fece l’occhiolino a Lanie.

“Ti ho portato questa” disse indirizzando la conversazione sul caso e passando a Lanie la bustina di plastica che conteneva la fede nuziale di 

Johnson “Vedi cosa puoi ricavare..”

Lanie infilò i guanti e si mise ad esaminare l’anello al microscopio.

I due la fissarono impazienti “Se fate così mi deconcentrate” disse senza alzare gli occhi dal vetrino.

Si spostarono di qualche metro, lasciandole modo di lavorare.

“Come ti è sembrato Johnson?” chiese allora Beckett a Castle.

“Colpevole!” esclamò lui. Voleva essere un’altra battuta, ma in realtà lo pensava veramente.

“Anche a me...” confermò Kate “...ma non lo possiamo accusare di nulla, se non di essere stato in quella stanza”

I due si misero a riflettere. “Eppure c’è qualcosa che non mi torna...” disse lui.

Beckett estrasse dalla tasca posteriore dei jeans il suo taccuino “Rivediamo tutte le deposizioni” propose lei.

Lanie alzò gli occhi dal microscopio e li osservò.

Kate reggeva il piccolo libricino e Rick, dietro a lei, leggeva alle sue spalle, dall’incavo del collo della detective.

La dottoressa sorrise per la vicinanza che ora i due si concedevano.

Rilessero le parole dette da Jenny, l’unica delle persone interrogate ad avere avuto un legame diretto con la vittima, oltre a Johnson 

ovviamente.

Si soffermarono su alcune sue frasi.

 

...L’ho vista al tavolo da sola, che fissava una coppia e mi sono intristita per lei...

...Mi disse che aveva capito cosa doveva fare per mettersi l’anima in pace e guadagnarsi il paradiso...

 

“Ti ricordi cosa disse la moglie di Johnson?” le chiese Castle.

Beckett sfogliò altre pagine e trovò la deposizione dei sig.ri Johnson.

 

...Ce la trovavamo ovunque, squash, sauna...

...L’altra mattina mi ha fermato con una scusa al buffett..sembrava volesse dirmi qualcosa, ma poi mio marito mi ha raggiunta e lei se n’è 

andata scusandosi...

 

I due si voltarono l’uno di fronte all’altra.

“Ricapitoliamo tutto” disse Beckett “Cosa sappiamo di Marilene Shepherd?”

“Era una donna sola e malata che stava per morire...” iniziò Castle.

“...e aveva una relazione con un uomo sposato che ha seguito su questa nave...” proseguì lei dando il via ai loro soliti botta e risposta.

“Adam Johnson e signora si sentivano osservati e pedinati e anche Jenny dice che la Shepherd fissava una coppia mentre stavano 

pranzando.” gesticolò lui.

“Sappiamo inoltre che prima di morire voleva sistemare delle questioni in sospeso..”

“...e la signora Johnson dice che ha tentato di dirle qualcosa ma l’arrivo del marito l’ha interrotta...”

Beckett collegò i pezzi “Voleva confessarle di essere l’amante di suo marito!” esclamò euforica. Cominciava a tornare tutto.

“Voleva fare la cosa giusta, liberarsi la coscienza, e dire la verità prima di morire!” disse Castle con lo stesso entusiasmo.

 

...Mi disse che aveva capito cosa doveva fare per mettersi l’anima in pace e guadagnarsi il paradiso... - entrambi ripensarono a questa 

frase.

 

Si sorrisero. Adoravano la loro sintonia.

“Così lui va nella cabina di lei per tentare di farla ragionare..” riprese Beckett.

“...ma lei è irremovibile e insiste nel voler confessare tutto..” la seguì Castle.

“Lui va nel panico: sa che perderebbe tutto con il divorzio perché è la moglie quella ricca di famiglia, non lui, perciò...”

“...in un impeto di follia la strangola, appendendola poi al lampadario per inscenare il suicidio!” concluse lui soddisfatto.

Castle e Beckett si diedero il cinque, felici che i recenti cambiamenti nella loro sfera emotiva non avessero minimamente intaccato quella 

professionale.

“Oddio come siete carini quando fate così!” sentirono esclamare alle loro spalle.

Lanie li stava guardando ammaliata da quella intesa.

Castle ridacchiò contento, mentre Beckett divenne tutta rossa ma sorrise comunque all’amica.

“Però manca ancora qualcosa per completare il quadretto che avete appena dipinto” e sollevò la busta di plastica con all’interno il flacone 

vuoto di pillole.

“Le pillole!” esclamarono nello stesso istante.

Kate si mordicchiò il labbro pensierosa.

Si disse che l’unico modo per scoprirlo fosse affrontare nuovamente Johnson e metterlo di fronte alla realtà dei fatti. Ora che il quadro era 

più chiaro potevano farlo crollare facilmente.

Si voltò verso Lanie “La fede?” chiese.

“Nulla. O meglio, nulla di rilevante. Ci sono delle cellule epiteliali ma sono quasi sicuramente di Johnson e anche se durante lo 

strangolamento si fossero depositate quelle della vittima, non ho i mezzi per provarlo” spiegò Lanie.

“mmm...poco male..” rifletté Beckett “Venite con me!”

 

Esposito vide Beckett arrivare a passo di carica, al suo seguito Castle e Lanie.

Mentre si avvicinava, Esposito la vide mettere una mano sul calcio della pistola e, istintivamente, fece lo stesso.

Mai avrebbe pensato di utilizzarla al matrimonio del suo migliore amico, e fino ad ora, ai fini dell’indagine, non era ancora servita.

A quanto pare era arrivato il momento di usarla.

Beckett superò il collega e bussò alla cabina di Johnson. Mentre attendeva una risposta si voltò verso Esposito e disse “Reggimi il gioco”.

Esposito annuì.

 

Quando Johnson se li ritrovò nuovamente davanti a distanza di solo mezzora dal suo interrogatorio, ricominciò a sudare.

Si avvicinò, esasperato, allo scrittoio, appoggiandosi di peso con entrambi i palmi delle mani. “Ma quando finirà questa storia?!” gridò ai 

detective, senza voltarsi, fissando il ripiano di fronte a sé.

Beckett prese la parola “Finirà quando avrà confessato l’omicidio di Marilene Shepherd, Adam”

“Io non ho ucciso nessuno!!” seguitò a urlare l’uomo.

“E’ un po’ strano visto che le prove dicono il contrario...” cominciò a dire Castle facendo un passo avanti.

In pochi secondi Johnson afferrò il tagliacarte che stava sullo scrittoio e, puntandoselo alla gola, gridò “State lontani da me!”

Beckett e Esposito scattarono come molle, portandosi davanti ai rispettivi compagni. Presa salda e armi puntate contro Johnson.

Vedendo la canna delle pistole rivolte su di sé, Johnson iniziò a piangere “Non doveva andare così..” farfugliò,  premendo di più il coltello 

luccicante contro la propria gola.

“Mettilo giù, Adam!” urlò Beckett

“Non lo fare Johnson!” si unì Esposito.

Lanie e Castle rimasero immobili, sorpresi dalla reazione dell’uomo.

Non voleva farlo ulteriormente innervosire, ma Beckett doveva assolutamente farlo parlare “Cos’è successo Adam? Avevi paura di perdere 

tutto con il divorzio e hai affrontato Marilene? Le hai chiesto di non dire nulla a tua moglie ma lei si è rifiutata e allora l’hai uccisa?”

“No, no! Voi non capite! Io amavo Marilene!” rispose fra le lacrime

Esposito le diede man forte “E’ stato un incidente giusto, Adam? Tu non volevi che parlasse e ti sei lasciato prendere la mano”

“Letteralmente” sussurrò Castle pensando ai segni violacei a forma di dita sul cadavere.

“Io volevo solo farla ragionare! Ha cercato lei di scappare!! Io volevo solo che capisse...” disse agitandosi. Una goccia di sangue scivolò dal 

suo collo.

“Capire cosa Adam? Che se ti amava davvero allora avrebbe dovuto fare come dicevi tu? Tu questo lo chiami amore?” s’intromise Castle.

Non voleva mettersi in mezzo, ma quello che l’uomo stava descrivendo era un amore malato. Anzi, qualunque cosa fosse non era 

nemmeno degno di chiamarsi amore. Quello che provava per Kate era amore. O per Alexis. Darebbe la propria vita per loro. Quello era 

amore! Togliere la vita invece...

“Da quando in qua si uccide la persona amata, eh Adam? Tu lo chiami amore?”

Castle lo incalzava ancora e ancora “Tu non sai niente dell’amore, Adam! Quello che provavi tu era possesso! Perciò smettila di chiamarlo 

amore!”

A quelle parole Johnson si accasciò a terra, allentando la presa sul coltello, cosa che permise ai due detective di approfittare della situazione 

per avanzare di qualche passo.

Tra i singhiozzi, Johnson se ne accorse e rinsaldò la presa sulla gola “Fermi!!” gridò.

“Voi non capite, avrebbe rovinato tutto! E per cosa? La coscienza pulita?”

“Che cosa hai fatto allora, Adam?” chiese quindi Beckett, più gentile, assecondandolo.

“L-lei piangeva e voleva chiudersi in bagno, ma ho afferrato la maniglia prima che lei riuscisse a chiudere la porta. E poi le ho viste, lì sul 

lavandino...” farfugliò l’uomo...

“Cosa hai visto?” domandò Esposito

“Le pillole!” rispose Lanie al posto di Johnson.

“La facevano stare bene...ho pensato che fosse un modo perfetto per..”

Castle lo interruppe di nuovo “...per mandarla all’altro mondo!”

Era più forte di lui. Non provava nessuna pietà per Adam Johnson. Aveva sminuito e abusato del sentimento più bello e forte che possa 

esistere.

Provava solo disprezzo e incredulità. Il genere umano lo deludeva ogni giorno di più.

Kate poi poteva sgridarlo quanto le pareva, ma non sarebbe restato ad ascoltare quelle scempiaggini senza controbattere.

Beckett non commentò nulla sull’uscita di Castle, chiese invece “Ma perché strangolarla allora, se le avevi già fatto ingoiare tutte quelle 

pillole?”

Ancora una volta fu Lanie a rispondere “Perché non hanno fatto effetto subito. Il corpo ci mette ore ad assimilarle”

Esposito aggiunse “così hai pensato bene di dare un aiutino alle pillole strangolandola e poi hai inscenato il suicidio appendendola al 

lampadario!”

Johnson li guardò stupito.

“Peccato che oltre ai segni della corda si veda chiaramente il segno di una mano, Adam...” proseguì Beckett

“Non potete provare che sia stato io!” disse, rialzandosi in piedi, stravolto.

“Ti ricordi la tua fede, Adam?” rispose Beckett “La dottoressa Parish l’ha analizzata e indovina un po’ cosa ha trovato?”

Castle e Lanie capirono il bluff della detective.

“Residui di pelle provenienti dal collo di Marilene” esclamò risoluta, per non tradirsi.

Forse Castle poteva ancora sperare nel genere umano finchè esistevano persone come Katherine Beckett. Guardò la donna davanti a sé, 

sperando che, anche se di spalle, potesse sentire quanto fosse orgoglioso di lei in quel momento.

Impietrito Johnson, strizzò gli occhi permettendo ad altre lacrime di scendere copiose “Non volevo, mi ha costretto lei a farlo!” stremato, 

non riuscì a fare altro se non lasciar scivolare a terra il tagliacarte.

Questo bastò ad Esposito per volargli addosso ed ammanettarlo.

“Adam Johnson, la dichiaro in arresto per l’omicidio di Marilene Shepherd!” disse Beckett riponendo la pistola nella fondina.

In pochi minuti la stanza si svuotò, Esposito condusse Johnson in una cabina degli ufficiali e fu consegnato agli uomini del capitano della 

nave, in attesa di sbarcare al primo porto e chiuderlo definitivamente in cella.

Lanie seguì il compagno lasciando Castle e Beckett da soli.

L’aria era ancora densa degli ultimi avvenimenti e nessuno dei due parlava.

Poi Beckett si voltò verso di lui con aria seria. Tremendamente seria.

 

Angolo dell’autrice:

popolo di efp...ebbene sì, questo è il penultimo capitolo!!! Che tristezza quando una ff finisce!!! Mi toccherà rimettermi all’opera presto 

(altrimenti cutuletta mi sgrida e butta via le magliette con il mio nome!!! :D)

Alla prossima settimana con l’ultimo capitolo!!!! (Preparatevi al cazziatone di Beckett!!!! :D)

 

Un bacione grosso!

Buona lettura, recensioni sempre gradite!! ;D

 

Ivi87

   
 
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