#9
La resa dei
conti
Le
domande lo incalzavano, impedendogli di pensare.
“Perché
ci ha mentito?”
“Come
ha conosciuto la vittima?”
“Perché
la signora Shepherd seguiva lei e sua moglie?”
“Sua
moglie è coinvolta nell’omicidio?”
A
turno Beckett e Esposito tentavano di mettergli pressione per farlo
crollare.
Si
erano accorti che sudava ed era agitato, perciò calcarono la
mano.
“Avevate
una relazione?”
“Sua
moglie l’ha scoperto?”
“Sapeva
che la vittima era malata?”
Adam
allo stremo si portò le mani alla testa e urlò
loro di smetterla.
“Che
cosa state dicendo? Perché sono qui?” chiese
esausto.
“Lei
è qui, signor Johnson, perché ci ha
mentito” rispose pacata Beckett
inchiodandolo con lo sguardo.
“Che
ne sa lei se io ho mentito oppure no?” disse ora, meno
spaventato e più
rabbioso.
“Ne sono certa perché queste...” e dicendolo posò sul tavolo il cartoncino con le impronte rilevate da Castle e Esposito sulla scena del
crimine. Accanto posò invece quelle fornite dall’uomo il giorno prima. Infine espose, in bella mostra, la stampata dell’AFIS in cui si
confermava la compatibilità delle due serie di impronte “...queste, a differenza sua, non mentono!” disse Beckett picchiettando gli indici sui
fogli.
“Indovini
un po’ dove erano le sue impronte?”
proseguì Esposito.
L’uomo
fissava i fogli davanti a sé, attonito.
Beckett
assunse un tono più gentile ora, quasi materno
“Sig. Johnson? Conosceva Marilene
Shepherd?”
Lui
annuì, prese fiato e rispose “Eravamo
amanti”
Le
successive domande, Castle e Ryan le ascoltarono attenti, dalla cabina
attigua.
L’uomo ammise di avere avuto una relazione con la vittima, ma che non l’aveva invitata in crociera. Si era, infatti, sorpreso nel vederla a
bordo
ed era molto
spaventato che la moglie potesse intuire qualcosa.
Spiegò
che più cercava di evitarla più, Marilene li
seguiva ovunque.
Una notte non era riuscito a seminarla. Lei lo aveva attirato in camera sua e avevano dormito insieme. Ecco il perché delle sue impronte
nella
cabina della vittima.
E sì, sapeva della malattia della donna, ma rispose che la sua gioia di vivere e la sua forza d’animo, nell’affrontare l’imminente morte, lo
avevano
fatto
innamorare ancora di più.
Castle
studiò attentamente le parole dell’uomo. Potevano
filare. Ma c’era qualcosa che
non gli quadrava. Mancava ancora qualche pezzo.
Beckett e Esposito cercarono di estorcergli qualche altra informazione e tentarono più volte di farlo cadere in fallo. Ma Johnson non disse
altro
e furono costretti a
rilasciarlo.
La
detective si fece consegnare la fede nuziale dell’uomo per
darla a Lanie.
Mentre la imbustava, vide l’uomo prepararsi a uscire e non le sembrò una buona idea permettergli di gironzolare per la nave: restava
ancora l’unico
sospettato.
“Sig.
Johnson, verrà accompagnato nella sua cabina e la invito
cortesemente a non
muoversi da lì, per il momento” disse affabile
L’uomo si sentì nuovamente sott’accusa e reagì “Credevo avessimo finito! Io ho pagato per essere su una nave piena di intrattenimenti,
non
per starmene chiuso in
cabina!”
“Sig. Johnson, solo perché gliel’ho chiesto gentilmente, non significa che non fosse un ordine!” detto questo uscì dalla stanza con Esposito
al suo
seguito.
In
corridoio, Ryan ritornò da Jenny poichè non
voleva lasciarla sola troppo a
lungo. Beckett mandò Esposito a fare da piantone fuori
alla
cabina
di Johnson e
si diresse verso la stiva con Castle.
“I
miei complimenti, detective” disse quest’ultimo.
“Per
cosa, l’interrogatorio?” domandò stupita
“No..beh, si, anche...ma io mi riferivo alla tua battuta finale. Magnifica, degna di Nikki Heat!” Castle inspirò orgoglioso “Sei la mia
soddisfazione!”
Beckett
roteò gli occhi divertita e raggiunta la stiva,
entrò sorridente.
“Cos’è
quel bellissimo sorriso? L’avete inchiodato?”
domandò la dottoressa Parish
“No
purtroppo” ammise Beckett
“All’ora
dev’essere il nostro scrittore di gialli preferito a farti
sorridere così!”
Beckett
avvampò. Castle sfoggiò un sorrisetto
strafottente e, fiero di essere la causa
di quei sorrisi, fece l’occhiolino a Lanie.
“Ti ho portato questa” disse indirizzando la conversazione sul caso e passando a Lanie la bustina di plastica che conteneva la fede nuziale di
Johnson
“Vedi
cosa puoi ricavare..”
Lanie
infilò i guanti e si mise ad esaminare l’anello al
microscopio.
I
due la fissarono impazienti “Se fate così mi
deconcentrate” disse senza alzare
gli occhi dal vetrino.
Si
spostarono di qualche metro, lasciandole modo di lavorare.
“Come
ti è sembrato Johnson?” chiese allora Beckett a
Castle.
“Colpevole!”
esclamò lui. Voleva essere un’altra battuta, ma in
realtà lo pensava veramente.
“Anche
a me...” confermò Kate “...ma non lo
possiamo accusare di nulla, se non di
essere stato in quella stanza”
I
due si misero a riflettere. “Eppure c’è
qualcosa che non mi torna...” disse
lui.
Beckett
estrasse dalla tasca posteriore dei jeans il suo taccuino
“Rivediamo tutte le
deposizioni” propose lei.
Lanie
alzò gli occhi dal microscopio e li osservò.
Kate
reggeva il piccolo libricino e Rick, dietro a lei, leggeva alle sue
spalle,
dall’incavo del collo della detective.
La
dottoressa sorrise per la vicinanza che ora i due si concedevano.
Rilessero le parole dette da Jenny, l’unica delle persone interrogate ad avere avuto un legame diretto con la vittima, oltre a Johnson
ovviamente.
Si
soffermarono su alcune sue frasi.
...L’ho
vista al
tavolo da sola, che fissava una coppia e mi sono intristita per lei...
...Mi
disse che
aveva capito cosa doveva fare per mettersi l’anima in pace e
guadagnarsi il
paradiso...
“Ti
ricordi cosa disse la moglie di Johnson?” le chiese Castle.
Beckett
sfogliò altre pagine e trovò la deposizione dei
sig.ri Johnson.
...Ce
la trovavamo
ovunque, squash, sauna...
...L’altra mattina mi ha fermato con una scusa al buffett..sembrava volesse dirmi qualcosa, ma poi mio marito mi ha raggiunta e lei se n’è
andata
scusandosi...
I
due si voltarono l’uno di fronte all’altra.
“Ricapitoliamo
tutto” disse Beckett “Cosa sappiamo di Marilene
Shepherd?”
“Era
una donna sola e malata che stava per morire...”
iniziò Castle.
“...e
aveva una relazione con un uomo sposato che ha seguito su questa
nave...”
proseguì lei dando il via ai loro soliti botta e risposta.
“Adam Johnson e signora si sentivano osservati e pedinati e anche Jenny dice che la Shepherd fissava una coppia mentre stavano
pranzando.”
gesticolò lui.
“Sappiamo
inoltre che prima di morire voleva sistemare delle questioni in
sospeso..”
“...e
la signora Johnson dice che ha tentato di dirle qualcosa ma
l’arrivo del marito
l’ha interrotta...”
Beckett
collegò i pezzi “Voleva confessarle di essere
l’amante di suo marito!” esclamò
euforica. Cominciava a tornare tutto.
“Voleva
fare la cosa giusta, liberarsi la coscienza, e dire la
verità prima di morire!”
disse Castle con lo stesso entusiasmo.
...Mi disse che aveva capito cosa doveva fare per mettersi l’anima in pace e guadagnarsi il paradiso... - entrambi ripensarono a questa
frase.
Si
sorrisero. Adoravano la loro sintonia.
“Così
lui va nella cabina di lei per tentare di farla ragionare..”
riprese Beckett.
“...ma
lei è irremovibile e insiste nel voler confessare
tutto..” la seguì Castle.
“Lui
va nel panico: sa che perderebbe tutto con il divorzio
perché è la moglie
quella ricca di famiglia, non lui, perciò...”
“...in
un impeto di follia la strangola, appendendola poi al lampadario per
inscenare
il suicidio!” concluse lui soddisfatto.
Castle e Beckett si diedero il cinque, felici che i recenti cambiamenti nella loro sfera emotiva non avessero minimamente intaccato quella
professionale.
“Oddio
come siete carini quando fate così!” sentirono
esclamare alle loro spalle.
Lanie
li stava guardando ammaliata da quella intesa.
Castle
ridacchiò contento, mentre Beckett divenne tutta rossa ma
sorrise comunque
all’amica.
“Però manca ancora qualcosa per completare il quadretto che avete appena dipinto” e sollevò la busta di plastica con all’interno il flacone
vuoto
di pillole.
“Le
pillole!” esclamarono nello stesso istante.
Kate
si mordicchiò il labbro pensierosa.
Si disse che l’unico modo per scoprirlo fosse affrontare nuovamente Johnson e metterlo di fronte alla realtà dei fatti. Ora che il quadro era
più
chiaro
potevano farlo crollare facilmente.
Si
voltò verso Lanie “La fede?” chiese.
“Nulla. O meglio, nulla di rilevante. Ci sono delle cellule epiteliali ma sono quasi sicuramente di Johnson e anche se durante lo
strangolamento si
fossero
depositate quelle della vittima, non ho i mezzi per provarlo”
spiegò Lanie.
“mmm...poco
male..” rifletté Beckett “Venite con
me!”
Esposito
vide Beckett arrivare a passo di carica, al suo seguito Castle e Lanie.
Mentre
si avvicinava, Esposito la vide mettere una mano sul calcio della
pistola e,
istintivamente, fece lo stesso.
Mai
avrebbe pensato di utilizzarla al matrimonio del suo migliore amico, e
fino ad
ora, ai fini dell’indagine, non era ancora servita.
A
quanto pare era arrivato il momento di usarla.
Beckett
superò il collega e bussò alla cabina di Johnson.
Mentre attendeva una risposta
si voltò verso Esposito e disse “Reggimi il
gioco”.
Esposito
annuì.
Quando
Johnson se li ritrovò nuovamente davanti a distanza di solo
mezzora dal suo
interrogatorio, ricominciò a sudare.
Si avvicinò, esasperato, allo scrittoio, appoggiandosi di peso con entrambi i palmi delle mani. “Ma quando finirà questa storia?!” gridò ai
detective,
senza
voltarsi, fissando il ripiano di fronte a sé.
Beckett
prese la parola “Finirà quando avrà
confessato l’omicidio di Marilene Shepherd,
Adam”
“Io
non ho ucciso nessuno!!” seguitò a urlare
l’uomo.
“E’
un po’ strano visto che le prove dicono il
contrario...” cominciò a dire Castle
facendo un passo avanti.
In
pochi secondi Johnson afferrò il tagliacarte che stava sullo
scrittoio e,
puntandoselo alla gola, gridò “State lontani da
me!”
Beckett
e Esposito scattarono come molle, portandosi davanti ai rispettivi
compagni.
Presa salda e armi puntate contro Johnson.
Vedendo la canna delle pistole rivolte su di sé, Johnson iniziò a piangere “Non doveva andare così..” farfugliò, premendo di più il coltello
luccicante
contro la propria gola.
“Mettilo
giù, Adam!” urlò Beckett
“Non
lo fare Johnson!” si unì Esposito.
Lanie
e Castle rimasero immobili, sorpresi dalla reazione dell’uomo.
Non voleva farlo ulteriormente innervosire, ma Beckett doveva assolutamente farlo parlare “Cos’è successo Adam? Avevi paura di perdere
tutto
con il divorzio e
hai affrontato Marilene? Le hai chiesto di non dire nulla a tua moglie
ma lei
si è rifiutata e allora l’hai uccisa?”
“No,
no! Voi non capite! Io amavo Marilene!” rispose fra le lacrime
Esposito
le diede man forte “E’ stato un incidente giusto,
Adam? Tu non volevi che
parlasse e ti sei lasciato prendere la mano”
“Letteralmente”
sussurrò Castle pensando ai segni violacei a forma di dita
sul cadavere.
“Io volevo solo farla ragionare! Ha cercato lei di scappare!! Io volevo solo che capisse...” disse agitandosi. Una goccia di sangue scivolò dal
suo
collo.
“Capire
cosa Adam? Che se ti amava davvero allora avrebbe dovuto fare come
dicevi tu?
Tu questo lo chiami amore?” s’intromise Castle.
Non voleva mettersi in mezzo, ma quello che l’uomo stava descrivendo era un amore malato. Anzi, qualunque cosa fosse non era
nemmeno degno di chiamarsi amore. Quello che provava per Kate era amore. O per Alexis. Darebbe la propria vita per loro. Quello era
amore!
Togliere la vita invece...
“Da
quando in qua si uccide la persona amata, eh Adam? Tu lo chiami
amore?”
Castle lo incalzava ancora e ancora “Tu non sai niente dell’amore, Adam! Quello che provavi tu era possesso! Perciò smettila di chiamarlo
amore!”
A quelle parole Johnson si accasciò a terra, allentando la presa sul coltello, cosa che permise ai due detective di approfittare della situazione
per
avanzare
di qualche passo.
Tra
i singhiozzi, Johnson se ne accorse e rinsaldò la presa
sulla gola “Fermi!!”
gridò.
“Voi
non capite, avrebbe rovinato tutto! E per cosa? La coscienza
pulita?”
“Che
cosa hai fatto allora, Adam?” chiese quindi Beckett,
più gentile,
assecondandolo.
“L-lei piangeva e voleva chiudersi in bagno, ma ho afferrato la maniglia prima che lei riuscisse a chiudere la porta. E poi le ho viste, lì sul
lavandino...”
farfugliò l’uomo...
“Cosa
hai visto?” domandò Esposito
“Le
pillole!” rispose Lanie al posto di Johnson.
“La
facevano stare bene...ho pensato che fosse un modo perfetto
per..”
Castle
lo interruppe di nuovo “...per mandarla all’altro
mondo!”
Era più forte di lui. Non provava nessuna pietà per Adam Johnson. Aveva sminuito e abusato del sentimento più bello e forte che possa
esistere.
Provava
solo disprezzo e incredulità. Il genere umano lo deludeva
ogni giorno di più.
Kate
poi poteva sgridarlo quanto le pareva, ma non sarebbe restato ad
ascoltare
quelle scempiaggini senza controbattere.
Beckett non commentò nulla sull’uscita di Castle, chiese invece “Ma perché strangolarla allora, se le avevi già fatto ingoiare tutte quelle
pillole?”
Ancora
una volta fu Lanie a rispondere “Perché non hanno
fatto effetto subito. Il
corpo ci mette ore ad assimilarle”
Esposito aggiunse “così hai pensato bene di dare un aiutino alle pillole strangolandola e poi hai inscenato il suicidio appendendola al
lampadario!”
Johnson
li guardò stupito.
“Peccato
che oltre ai segni della corda si veda chiaramente il segno di una
mano,
Adam...” proseguì Beckett
“Non
potete provare che sia stato io!” disse, rialzandosi in
piedi, stravolto.
“Ti
ricordi la tua fede, Adam?” rispose Beckett “La
dottoressa Parish l’ha
analizzata e indovina un po’ cosa ha trovato?”
Castle
e Lanie capirono il bluff della detective.
“Residui
di pelle provenienti dal collo di Marilene”
esclamò risoluta, per non tradirsi.
Forse Castle poteva ancora sperare nel genere umano finchè esistevano persone come Katherine Beckett. Guardò la donna davanti a sé,
sperando
che, anche se di
spalle, potesse sentire quanto fosse orgoglioso di lei in quel momento.
Impietrito Johnson, strizzò gli occhi permettendo ad altre lacrime di scendere copiose “Non volevo, mi ha costretto lei a farlo!” stremato,
non
riuscì a fare altro se
non lasciar scivolare a terra il tagliacarte.
Questo
bastò ad Esposito per volargli addosso ed ammanettarlo.
“Adam
Johnson, la dichiaro in arresto per l’omicidio di Marilene
Shepherd!” disse
Beckett riponendo la pistola nella fondina.
In pochi minuti la stanza si svuotò, Esposito condusse Johnson in una cabina degli ufficiali e fu consegnato agli uomini del capitano della
nave,
in attesa di
sbarcare al primo porto e chiuderlo definitivamente in cella.
Lanie
seguì il compagno lasciando Castle e Beckett da soli.
L’aria
era ancora densa degli ultimi avvenimenti e nessuno dei due parlava.
Poi
Beckett si voltò verso di lui con aria seria. Tremendamente
seria.
Angolo
dell’autrice:
popolo di efp...ebbene sì, questo è il penultimo capitolo!!! Che tristezza quando una ff finisce!!! Mi toccherà rimettermi all’opera presto
(altrimenti
cutuletta mi
sgrida e butta via le magliette con il mio nome!!! :D)
Alla
prossima settimana con l’ultimo capitolo!!!! (Preparatevi al
cazziatone di
Beckett!!!! :D)
Un
bacione grosso!
Buona
lettura, recensioni sempre gradite!! ;D
Ivi87