Harry
aveva pensato a circa
un milione di modi per attutire il dolore, come passare un paio di
settimane
alla Tana, prima del ritorno ad Hogwarts, riabbracciare Ron
ed Hermione, la tanto gentile
signora Weasley e suo marito Arthur,
che lo facevano sentire così meravigliosamente a casa. Aveva
pensato al miglior
metodo per evitare l’argomento padrino
e potersi rifugiare nelle lacrime latenti in perfetta solitudine, lui,
il suo
dolore e le sue sensazioni strane a soffocargli nel petto.
‘’..
Insomma.. voglio
dire, era suo cugino!’’
Aveva
sbottato Hermione, quella mattina in cui Ron stava spudoratamente
elogiando, in
modo negativo, il cambiamento radicale della giovane Tonks, dei suoi
problemi
con le trasformazioni e delle sue continue espressioni cupe.
Harry
potè immaginare ancora una volta la sua sensazione di rabbia
e frustrazione al
pensiero della perdita di Sirius,
il
suo corpo che aleggiava mollemente oltre quel velo in cui si
propagavano mille
voci indistinte, sparendo.
Avrebbe
voluto urlare più del dovuto, forse avrebbe voluto tanto
seguirlo o
semplicemente avrebbe voluto che quella maledizione senza perdono
avesse
funzionato su Bellatrix Lestrange, senza indecisione, la Maledizione Cruciatus dritta in pieno
petto.
Invece
no, non era andata così, il vuoto di quei ricordi ancora
impressi nella mente.
Se
il buonsenso non l’avesse fermato, avrebbe scaraventato quel
vassoio ricco di
roba dritto sul pavimento, e avrebbe urlato ad Hermione di risparmiare
quell’indifferenza. Lui stava bene. Harry
Potter stava bene esteriormente, e sarebbe dovuto andare
così per sempre.
Quando
si rigirò il libro Pozioni Avanzate tra le mani, i pensieri
si aggrovigliarono
attorno alla figura di suo padre, di Sirius, immaginando, ipotizzando
qualcosa.
Ma i pensieri sul suo padrino non lo avrebbero mai abbandonato, di questo era certo, niente e nessuno gli avrebbe impedito di dimenticarsi di Sirius Black. Ma anche i suoi pensieri nella mente sembravano fumo sottile, nebbia densa.