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Autore: Shadeyes    21/07/2011    2 recensioni
Il terzo capitolo di questa long-fic, assieme all'extra "Angelo Bianco", si è classificato secondo al "Love Canon Contest", indetto da sweetPotterina sul forum di EFP.
Vincitore del premio Cuore, per la storia d'amore più bella, e del premio Lacrima, per la storia più commovente.

Fiction dedicata a Carlisle ed Esme, una delle coppie più romantiche di Twilight.
Non vuole raccontare nulla più che la verità. Pochi, intensi capitoli sulla storia del loro amore travagliato, dal punto di vista di Esme.
Spero di riuscire ad emozionarvi :)
Alzai lo sguardo, scrutai in quelle iridi color miele e con sgomento vi trovai un dolore represso, un sentimento che non sarei mai riuscita ad attribuirgli.
Cancellai dalla mia mente ogni cosa, ogni pensiero razionale che avrebbe potuto frenarmi.
Mi sollevai sulle punte dei piedi e poggiai le mie labbra sulle sue.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Esme Cullen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing Memories'
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Carlisle and Esme









Missing Memories









Passato III









«Mrs. Evenson, va bene così?», mi chiese la piccola Charlotte, avvicinandosi alla cattedra.
Guardai il cartoncino che mi porse. Il Babbo Natale che le avevo disegnato ora era tutto colorato, con la cintura decorata da tanti piccoli chicchi di caffè e la folta barba resa più vaporosa da batuffolini di cotone. Era così buffo!
«È perfetto, Charlotte. Sei stata davvero brava», mi congratulai per il lavoro che aveva fatto. «Questo va subito appeso!».
Sorrideva, felice del mio responso positivo.
Insieme, attaccammo un nastrino rosso sul retro del foglio, poi glielo restituii. «Ecco fatto».
Mi alzai dalla sedia e la seguii mentre i suoi saltelli entusiasti facevano svolazzare il suo bel grembiulino.
Con estrema precisione, quella di una bimba a modo, sistemò il cordoncino attorno a uno dei rametti del giovane pino che avevo portato in classe una settimana prima.
«Che bello. Avete visto, bambini? Il nostro alberello di natale ora è più colorato di quello della piazza!».
I miei quattordici alunni batterono le mani ed esultarono.
«Però non ci sono i regali!», fece notare Anthony.
Lo guardai e sorrisi della sua espressione innocente. «Beh, Babbo Natale non è ancora passato, ma ho saputo che ha letto tutte le letterine che gli abbiamo spedito la scorsa settimana. Gli sono piaciute così tanto che mi ha pregato di ringraziarvi con un pacchettino extra».
Mentre prendevo la sacca dal vecchio armadio a muro, udii tanti “oh” di stupore alle mie spalle.
«Allora, cosa state aspettando? Me li tengo tutti io, eh!», li incitai scherzosamente e subito tutti si precipitarono intorno a me.
La Casa del Dolciume del signor Leeroy era una meta ambita da molti di loro mentre giravano per il centro città mano nella mano con le mamme, ma le barrette di cioccolato costavano un’esagerazione per colpa della crisi che già si faceva sentire nella povera Columbus.
Ne feci impacchettare quindici quella mattina, per i miei allievi e per il figlio della mia amica Bernice.
La campanella suonò e tutti iniziarono a ritirare le loro cose nelle cartelle, e anche io feci lo stesso.
«A domani, Mrs. Evenson!», mi salutarono in coro.
«A domani, bambini».
Guardai fuori dalla finestra. La neve ricopriva le vie e non sarebbe tardato molto prima di vedere la seconda gelata invernale. Mi infilai il cappotto e strinsi bene la sciarpa di lana intorno al collo, preparandomi al terribile sbalzo termico.
«Mrs. Evenson…».
Mi voltai notando che la piccola Janette mi si stava avvicinando rossa in viso.
«Dimmi, Janette. Cosa c’è che non va?», le chiesi preoccupata, posandole una mano sulla spalla e inginocchiandomi alla sua altezza.
«Niente, Mrs. Volevo solo darle questo. È il mio regalo per lei», disse porgendomi un biglietto ripiegato.
Lo aprii lentamente, con la paura di stropicciarlo o rovinarlo in qualche modo.
Al suo interno vi era scritta a mano, con una calligrafia infantile, una semplice filastrocca:

Splendi nella notte
stella bianca, stella d'amore.
Splendi su di noi
e una speranza cresce nel cuore.
Ti viene la voglia di sognare
per volare lassù, dove vivi tu.
Tu, stella di Natale,
stella di Natale portaci la pace
e lascia un po' della tua luce dentro di noi.
Stella di Natale,
resta un po' di più...
fermati lassù!


«Me la canta sempre la mia mamma la vigilia di Natale, prima che mi addormenti. A me piace tanto e pensavo che anche a lei e a suo marito potesse piacere».
Io… non sapevo cosa dire. Il boccone che mandai giù in quel momento era più dolce del cioccolato.
«Janette, è bellissimo, davvero. Sarà il regalo più bello sotto l’albero, quest’anno».
Il suo sorriso valse più di mille parole.
«Grazie».
Dio solo sapeva quanto amavo trascorrere le mattinate con loro, i miei studenti, i miei bambini. Era una soddisfazione infinita.
La loro innocenza, la semplicità con cui si esprimevano era una gioia ai miei occhi. Mi sentivo parte di loro. E forse un po’ lo ero davvero.
Mi rialzai e incurvai le labbra tremanti, ricacciando le lacrime di contentezza che premevano per sgorgare. Non potevo farmi vedere in quello stato… Non da insegnante, almeno.
Le presi la mano e la accompagnai fino all’uscita della scuola, dove mi salutò spensierata. «Arrivederci, Mrs. Evenson!».
Sospirai.
Erano appena le quattro del pomeriggio, ma per me la giornata era già giunta al termine.
Avrei tanto voluto poter tornare a casa e assopirmi fino al giorno dopo, quando l’istituto riapriva i battenti e io potevo di nuovo stare con i miei bambini. Sì, sarebbe stato bello, ma, come ogni volta, sapevo che non sarebbe stato così facile. Il tempo in solitudine non passava mai e io rischiavo di impazzire rinchiusa entro quelle quattro mura che erano la villa di mio marito.
Sempre, sempre… sempre da sola.
Una ventata d’aria gelida mi costrinse ad infilare le mani in tasca e a stringermi meglio che potevo nel cappotto, poi m’incamminai abbassando un poco la testa per proteggere il naso nel morbido tessuto di lana.

«Esme!», urlò Bernice dalla contentezza. «Oh, Esme… quanto mi sei mancata!». Mi abbracciò come se non mi vedesse da una vita.
Risi della sua genuinità e la assecondai.
«Bernice, dai… sono passati solo pochi mesi…».
Mi liberò dalla sua formidabile stretta impazzita e mi guardò sorridendo, con un finto cipiglio. «Che fine hai fatto, si può sapere? Cosa ti ha tenuta così impegnata da non avere più tempo per la tua migliore amica?».
«Oh, beh…».
Mi fece accomodare in soggiorno, una piccola stanzetta accogliente dalle assi di parquet cigolanti e mobili in legno di scarsa qualità.
Mi sedetti sul divano un po’ malconcio e cercai di trovare una scusa per rispondere alla sua domanda.
«Sai… il lavoro, la casa, le cose di tutti i giorni…».
Non ero molto brava a mentire. Poi, a Bernice era difficile darla a bere.
«Anche io ho di queste faccende da sbrigare… e il bambino, naturalmente. Tuttavia, riesco sempre a trovare del tempo per me stessa e le mie amiche. Tu dovresti fare lo stesso, Esme».
Già… forse avrei dovuto farlo anche io.
Il mio fu un sospiro impercettibile. Ero andata a trovarla per sfuggire alla mia vita per qualche minuto, e non avevo alcuna voglia di sentire ramanzine.
«Oh, giusto! Dov’è il piccolo David? Ero passata per dargli un pensierino», dissi tentando di cambiare discorso.
Lo sbuffo concitato di Bernice mi fece capire che non aveva gradito i miei modi evasivi. «È da mia madre in questi giorni. Sotto le feste il lavoro si è triplicato e cerchiamo di mantenerci attivi per sbaragliare la concorrenza».
Camminò scocciata fino in cucina.
«Vuoi un tè?», mi chiese.
Sospirai. «No, grazie».
Tornò poco dopo con un bicchiere di vino in mano, si sedette sulla sedia di legno davanti a me e ne bevve un sorso.
Piombò il silenzio.
Era incredibile. Non la vedevo solo da qualche mese e già la nostra amicizia si stava sgretolando.
Non ci potevo credere. Non ci volevo credere!
Possibile che non avevamo nulla da raccontarci dopo tutto questo tempo?
«E Robert?», le domandai del marito, il panettiere.
Bernice scrollò le spalle. «Come ti ho detto, siamo tutti e due molto impegnati con il negozio. E con l’arrivo di David, beh…». Sospirò. «Diciamo che le cose tra noi si sono un po’ smorzate».
Nemmeno la vita di Bernice era come l’aveva sognata da ragazzina. Forse, nessuna donna di quell’epoca poteva semplicemente permettersi di sognare. Io lo sapevo bene.
«Il tuo Charles, invece?», chiese.
Abbassai lo sguardo. Non ci volevo pensare.
«È ancora al fronte», mormorai a fil di voce.
Bernice sussultò dalla vergogna. «Oh, Dio… Esme, non volevo, non ricordavo che…». Si alzò dalla sedia e venne a sedersi accanto a me. Mi prese le mani tra le sue, cercando di confortarmi.
«Tornerà presto, vedrai!», mi rassicurò. «Sano e salvo».
Non aveva capito. Nessuno mi poteva capire. Ma così doveva essere.
Continuavo a fingere. E la finzione stava iniziando ad essere la mia realtà, insieme a quella di tutti gli altri.
La piccola Esme che c’era dentro di me, quella bambina piena di sogni e speranze, stava a poco a poco svanendo, e Mrs. Evenson stava prendendo il suo posto.
Lasciai casa Collins pregando che le parole di Bernice non si avverassero.







Rosa blu










Eccomi con il terzo capitolo tratto dal passato :)
Perdonatemi, lo so che non è così entusiasmante... ma era estremamente necessario.
Secondo la Meyer, Esme riesce a coronare il suo sogno di diventare insegnante solo dopo che scappa da Columbus, ma ho voluto apportare questa piccola (grande xD) modifica per dare più senso alla mia trama, che comunque non si vuole distaccare troppo dai fatti nudi e crudi che la nostra cara Stephenie ci ha fornito :)
Vi prometto che il prossimo capitolo sarà mooooooolto più interessante xD Oh, sì... decisamente! Preparate i fazzolettini, care lettrici *.*
Ah, chiedo scusa se a qualcuna di voi ho detto che non avrei pubblicato questa settimana... Purtroppo, la vacanza è saltata, quindi... q.q Beh, scrivere mi risolleva :)


Importante: forse molte di voi si aspettavano che parlassi del matrimonio di Esme, piuttosto che saltare subito a qualche anno dopo :) Non disperatevi, mai avrei voluto deludervi xD Diciamo solo che ho voluto prendere due piccioni con una fava, quindi... vi ho preparato un extra xD Fa sempre parte di questa storia, ma l'ho pubblicata a parte come One-shot ^^ Perché? Beh, perché descrive la scena del matrimonio di Esme dal punto di vista di Carlisle xD Spero vi piaccia, io ho letteralmente amato scriverla ^^'
Senza ulteriori indugi, a questo link troverete la storia ^^ Posso aspettarmi qualche commentino? ^^


Un bacio!






Hilary




   
 
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