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Autore: Airi_    22/07/2011    3 recensioni
Fanfiction sulla coppia Hinata/Gaara scritta a quattro mani con ellacowgirl in Madame_Butterfly.
(alle recensioni risponderemo entrambe :D)
"E quella voragine nera che da sempre l'aveva accompagnata, come un'ombra, un custode, sembrava essersi ricucita, per qualche motivo, un giorno che lei non sapeva riconoscere, in un luogo che non ricordava. Hinata sorrise tra sè lanciando di sfuggita un'occhiata a Gaara: forse, dopotutto, non faceva troppo fatica a ricordare il punto in cui la prima parola dell'uomo che le stava accanto aveva saputo afferrare, avvicinare e guarire i lembi della sua ferita.
Si scoprì a riconoscere che non pensava più alla sua vita di prima da così tanto tempo che quasi faticava a ricordarla"
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sabaku no Gaara , Sasuke Uchiha, Temari, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Per un unico giorno d'amore
lasciato per sempre avrei l'oro del sole.
Per un'ora sola d'amore
sconfitto, trafitto, avrei dato il mio cuore.
Per un attimo solo d'amore
ridendo avrei dato il mio sogno migliore.
E pure così tu mi neghi il tuo amore
nè oro, nè cuore, nè sogno; mi lasci il dolore.

 

Quanto peso può reggere il cuore umano? Si può ricevere un colpo talmente forte da pensare di non volere un cuore mai, mai più?

 

E’ da tanto tempo che non rivedo il sole. Dopo la missione nel Paese della Nebbia, non vedo l’ora di tornare a casa per una serie di motivi. Posso rivedere la mia casa, posso rivedere mia sorella, posso rivedere il mio villaggio in generale, che mi manca ai limiti del possibile. Ok, ammetto che avevo valutato la possibilità di rivedere anche Naruto, ci avevo quasi sperato, ma sto cercando di non pensarci mentre affronto il viaggio di ritorno, perché preferisco non illudermi, preferisco pensare negativo, così che se effettivamente lo rivedessi, proverei sicuramente quella meravigliosa sensazione di leggerezza e improvvisa felicità.

Avvicinandomi al mio Villaggio, sento di nuovo quella strana sensazione, quel formicolio alla nuca che si prova ad essere osservati. Mi volto un paio di volte, ma non vedo altro che un’ombra leggermente sfocata che salta lontano, di albero in albero. Che qualcuno mi stesse realmente spiando? Mi concentro bene. Se qualcuno fosse qui, lo scoprirei sicuramente utilizzando il Byakugan. Impastando il chakra, però, avverto un fortissimo bruciore alle braccia, come se, nelle mie vene, il sangue scorresse mischiato a frammenti di vetro. Probabilmente sono talmente stanca che avrei bisogno di uno sforzo di energia enorme per usare una tecnica tanto impegnativa.

Mi riscuoto dai brividi dopo qualche minuto e vado avanti, decidendo di lasciar perdere dal momento che sono arrivata a casa.

Non appena varco la grande porta che introduce nel Villaggio della Foglia, tutto sembra ritornare alla normalità, finalmente. Tutto è al suo posto, dal negozio di fiori di Ino, ai grandi alberi sicuri che circondano tutto il Villaggio. Casa Hyuga si staglia alta e leggermente minacciosa come sempre, circondata da quella strana aura di imperiosità che mi fa sempre sentire fortemente impotente. Attraverso il giardino e il portico, diretta in camera di mia sorella Hanabi, che mi accoglie gridando e smanettando per gettarsi tra le mie braccia. Riesco a liberarmi dopo qualche minuto, dopo aver tentato inutilmente di farla interessare al racconto del mio viaggio. Mi aveva ascoltata per pochi secondi, poi era tornata a concentrarsi sui suoi giochi.

Mi faccio un lungo bagno rilassante per scaricare un po’ la tensione accumulata durante la missione, e poi mi fisso altrettanto lungamente allo specchio.

E’ vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima? Allora, perché i miei sono sempre così grandi e solitamente inespressivi? Di certo non esprimono bene tutto quello che provo dentro di me. Certe volte è come se la forza dei miei sentimenti fosse troppo grande anche per me, ma i miei occhi rimangono violetti, enormi e freddi.

Decido di non pensarci per il resto del giorno, e me ne vado un po’ a spasso per il Villaggio, covando la segreta speranza di imbattermi per caso in Naruto, che, rivedendomi dopo tanto tempo, deciderebbe magicamente che sono io l’unica donna della sua vita.

Mentre cammino tra quella folla di volti conosciuti, mi sembra che ognuno di loro, a suo modo, saluti il mio ritorno a casa. Loro non lo sanno, certo, ma io noto che mi accolgono diversamente dal solito. Un sorriso più caloroso, una pacca più affettuosa, uno sguardo più amico.

Ad un certo punto sento una gran confusione provenire dal chiosco del ramen, e subito il mio cuore perde un battito. È mai possibile? Sto per incontrarlo davvero alla fine? Con il passo un po’ malfermo mi dirigo da quella parte, ostentando nonchalance. Voglio che stavolta vada bene. In mille altre occasioni occasioni ero inciampata, caduta, avevo sbattuto contro qualcosa o qualcuno, mi ero pestata i piedi o li avevo pestati ad altri, qualcuno mi aveva spinta perché ero rimasta imbambolata. Tutto questo perché la mia maledetta vergogna mi impedisce di formare pensieri articolati e quindi al cervello non arrivano più gli ordini: camminare, muovere le braccia, schivare gli oggetti, respirare. Allora l’ossigeno non raggiunge le cellule e cado a terra come un sacco vuoto. Ma stavolta no, stavolta giuro che…non riesco a terminare la frase, perché un’altra voce giunge alle mie orecchie. “Naruto!” grida, poi scoppia a ridere. Rimango per un istante incapace di formulare qualsiasi pensiero. Poi il mio cervello cerca automaticamente una giustificazione. Ma sì, sono compagni di squadra, può essere che siano andati a mangiare del ramen insieme, no? Mi avvicino a loro quel tanto che basta, giusto in tempo per vedere i loro volti vicinissimi, in quello che sembra…quello che doveva essere…il mio primo bacio.

Stranamente, dopo aver preso coscienza di quell’immagine, ho l’immediato istinto di voltarmi, le guance in fiamme, sentendomi in imbarazzo per aver scoperto che il ragazzo che più amo al mondo, la persona che ha il potere di rendermi felice e triste allo stesso tempo, invincibile e vulnerabile, che mi ha fatta piangere, urlare di dolore e di gioia, che mi ha fatta svenire tante di quelle volte che non le conto più nemmeno con tre mani, che ancora continua a farmi venire il batticuore, che anche adesso, qui, fa pizzicare i miei occhi, che mi ha disintegrato il cuore completamente, e poi lo ha aggiustato, per disintegrarlo ancora e ancora e ancora, la persona alla quale avevo fatto un giuramento di amore eterno con i petali delle rose da bambina, abbia potuto trovare un’altra. Un’altra che sia l’unica, un’altra che sia la sola, un’altra che non sono io.

Poi, tutta la mia attenzione si concentra sull’albero che ho davanti. È un’enorme quercia, che ricordo di aver sempre visto nel Villaggio, i cui rami spessi si stagliano altissimi nel cielo, come sorreggendo i rami più piccoli. Non capisco subito perché il mio cervello si sia fossilizzato su quell’albero, fino a che un ricordo mi ritorna alla mente, violento e dolorosamente nitido. Mi getto più velocemente che posso sull’albero e tiro fuori un kunai. Cerco il punto esatto sotto le foglie che coprono la parte inferiore del tronco e mi avvento sulla corteccia, graffiandola più forte che posso con la lama del kunai. Quando ho finito, la scritta non si vede quasi più. Chissà se qualcuno l’ha mai vista, chissà se quel “Naruto + Hinata <3” è mai stato portato alla luce.

Mi volto di nuovo verso il chiosco, con il kunai ancora in mano e il respiro affannoso. Davanti a me riesco a distinguere solo solo una nebbiolina bianca che mi offusca la vista, e non sento altro che un ronzio, probabilmente proveniente dalla mia testa, che all’improvviso si è fatta pesantissima. Tento di respirare normalmente, anche se il mio cuore batte talmente forte che perdo qualche palpitazione. Ad un certo punto, non riconosco da quanto tempo sono qui, Sakura si volta verso di me, sorridendo. Non appena mi vede però, quell’espressione rilassata svanisce, come scivolandole via dal volto, lasciando il posto ad uno sguardo sorpreso e…colpevole?

“Hinata” leggo il mio nome nel movimento delle sue labbra, perché il suono mi giunge qualche secondo dopo. “Hinata” ripete, avvicinandosi. Io mi immobilizzo, smettendo persino di respirare. Sakura si ferma, la mano tesa verso di me, senza dire una parola. Mi volto e sto per andarmene, quando sento anche la sua voce, proveniente dall’interno del chiosco :”Sakura, con chi stai parlando? Perché continui a perdere tempo?” Lei inspira con forza, e grida “Naruto, stà zitto” poi la sento avvicinarsi a me. Mi volto giusto in tempo per evitare una sua carezza sulla spalla. Lei rimane per qualche secondo con la mano in aria, come prima, senza sapere bene che dire. Me ne vado prima che abbia il tempo di aprire la bocca o di toccarmi di nuovo, prima che Naruto abbia il tempo di uscire e di vedermi in quel modo, prima che il mio cuore si spezzi del tutto.

Corro senza guardarmi indietro. Non so bene neanche dove sto andando, perché non ragiono lucidamente, e non scorgo la strada davanti a me. O meglio, gli occhi riescono a vederla, ma il cervello si rifiuta di registrare le immagini. Forse è per questo che non lo vedo e gli finisco dritta addosso. Alzo gli occhi verso il suo volto, cercando di riconoscerlo, ma tutto il suo viso rimane nell’ombra degli alberi sotto ai quali ci troviamo. “Dove sono?” chiedo in un soffio, più a me stessa che a lui. La figura si sposta leggermente, e, per un attimo, il sole colpisce i suoi occhi, neri e lucenti. “S-Sasuke?” so che è una sciocchezza, che se n’è andato da tempo, ma quegli occhi non mi ricordano che lui. “Sasuke. Sei tu?” chiedo di nuovo. Non risponde, spicca un balzo e si allontana, tra gli alberi.

Non so cosa fare. Se fosse stato Sasuke probabilmente non si sarebbe mostrato in quel modo, eppure c’era qualcosa in quella persona, qualcosa che inequivocabilmente mi fa pensare a lui. E poi, se fosse veramente chi penso che sia, adesso sarei costretta a tornare indietro e parlarne con Naruto o con Sakura. Pensare a loro spalanca di nuovo la voragine che ho nel petto, e mi convinco che mi sto sbagliando. Non può certo essere lui. Se n’è andato.

Adesso il mio corpo ha perso tutta la sua leggerezza, anzi, è come se un peso enorme mi sia stato posto sulle spalle, che già mi fanno male, come indolenzite. Probabilmente tutto il mio corpo sta provando dolore, ma nulla, nulla è comparabile alla voragine che infuria dentro al mio petto.

Tornando a casa, le lacrime che mi annebbiano la vista, tutto nel Villaggio mi sembra fuori posto. Il negozio di fiori di Ino è troppo colorato, e gli alberi che circondano il Villaggio sembrano troppo scuri e minacciosi. La gente non mi guarda più con sorrisi calorosi, ma, quando passo, si volta, come se non si accorgesse di me. D’altra parte, mi rendo conto improvvisamente, quasi nessuno si accorge di me.

Quando sono troppo vicina per tornare indietro, mi accorgo di essere quasi arrivata. Mentre osservo casa Hyuga, un nuovo peso mi crolla addosso, al pensiero che, appena entrata, mio padre mi costringerà a raccontargli tutta la mia missione, ogni singolo dettaglio compreso. La luce in camera di mia sorella è già accesa, e io potrei arrampicarmi sul muro ed entrare dalla finestra, in modo da evitarlo, ma, quando sono salita fin proprio in cima, sento la sua voce che mi richiama indietro. Mi lascio quasi cadere a terra, sicura che il mio corpo sia abbastanza pesante anche per sprofondare, se non mi trattenessi. Mio padre mi segue rigidamente in casa. Prima di entrare alzo lo sguardo al cielo e la luce del tramonto, dolorosamente brillante e fin troppo vicina, mi fersce gli occhi. È da tanto tempo che non rivedo il sole.

  

  
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