Capitolo 2
If You Ever Felt
ALONE.
Frank ascoltava le parole del Preside con aria annoiata. Si poteva riconoscere
da lontano, era l'unico seduto scomposto nel teatro, che tamburellava con le
mani sul bracciolo della poltroncina, in seconda fila, suonando una canzone
immaginaria mentre la sua testa doveva subire il primo - così diceva lui -
lavaggio del cervello.
C'erano un mucchio di regole stupide. Ad esempio gli unici
momenti in cui maschi e femmine potevano incontrarsi erano le lezioni o i corsi
pomeridiani, le rappresentazioni teatrali e roba simile. Quindi che senso aveva
unire una scuola maschile con una femminile se tanto i due sessi dovevano
restare separati o controllati sotto l'occhio vigile di qualche professore?
Sospirò alzando gli occhi al cielo.
Poi c'erano gli orari, il coprifuoco, il divieto di far
entrare gente estranea al campus e di uscire dopo una certa ora. Non si poteva
fumare, non si potevano organizzare feste nelle proprie stanze. Non si poteva
fare assolutamente nulla.
Ovviamente, da quando le lezioni sarebbero cominciate, tutti
dovevano girare rigorosamente in divisa. E per le ragazze la tortura era anche
peggiore. Le camicette dovevano essere ben abbottonate, le gonne dovevano
arrivare alle ginocchia, calzettoni sempre tirati su, capelli in ordine.
«Wow. Qui fanno davvero sul serio!» sentì dire da qualcuno al
suo fianco. Qualcuno che ovviamente parlava a voce bassa, non sia mai il Preside
avesse avuto voglia di dare la sua prima punizione dell'anno a qualche nuovo
studente.
Si voltò alla sua sinistra, con un sopraciglio sollevato, per
trovarsi a guardare un ragazzo alto e magro, con capelli in ordine e occhiali
calati sul naso. Sembrata totalmente preso dalle parole del Preside.
«Non sei davvero contento di trovarti qui, vero?» chiese
Frank incuriosito.
L'altro annuì «Certo che sono contento! Questa è una delle
scuole migliori del Paese! Mio fratello è qui da tre anni e si trova davvero
bene!» spiegò senza distogliere lo sguardo dal palcoscenico, dove il Preside
stava per congedare i nuovi studenti.
«Tuo fratello si trova bene, qui?» chiese Frank tra lo
scettico e il divertito «Come può trovarsi bene qui?».
L'altro scrollò le spalle accennando un sorriso «Vedrai, ti
troverai bene anche tu. Ne sono sicuro. Io non vedo l'ora di andare a vedere la
mia camera!».
Frank fece una smorfia «Certo, scommetto che sei tutto
tranquillo perché tanto starai in camera con tuo fratello, non con qualche
idiota...» disse sbuffando, immaginando i suoi nuovi compagni di stanza. Poteva
immaginare dei coglioni della squadra di cricket o di canoa o che altro stupido
sport si praticava lì.
L'altro scosse la testa «No, in realtà per marcare il senso
di indipendenza degli studenti, è impossibile dividere la stanza con fratelli o
parenti, se ce ne sono. Bisogna stimolare la capacità di interagire con i nuovi
compagni, e stare con chi già conosci renderebbe tutto più difficile, io
stringerei amicizia solo con gli amici di mio fratello e starei solo con lui, e
questo non mi aiuterà in futuro. Bisogna essere indipendenti.» spiegò fiero di
sé.
Frank non riuscì a trattenere una risatina «Stai parlando sul
serio?» chiese senza voler davvero ricevere una risposta. L'altro annuì mentre
il Preside dava ordine agli studenti di recarsi nelle segreterie a prendere le
chiavi delle loro stanze e le divise «Comunque, mi chiamo Mikey Way...» gli
disse porgendogli la mano.
Frank la strinse con tutta la forza che aveva. Sapeva che
stringere bene una mano quando ci si presentava era segno di sicurezza «Frank
Iero. Piacere di conoscerti, nuovo amico indipendente.» disse sarcastico, poi si
alzò, prese le sue cose e maledicendo sua madre per averlo ficcato nella scuola
più strana del mondo si diresse al fianco di Mikey nella segreteria.
La tizia che chiamò uno ad uno i nuovi studenti era una
vecchia decrepita di almeno ottant'anni, con un paio di occhiali spessi come
fondi di bottiglia sul naso, e capelli bianchi cotonati. Indossava un anonimo
tailleur grigio, e il rossetto rosso le aveva sporcato i denti.
Quando Frank Iero prese il suo "pacco", una scatola
contenente due divise - e pensò subito che due sole divise non gli sarebbero
mai bastate - una copia della chiave della sua stanza, la 105; alcuni libri
di testo, dei quaderni con il logo della St. Agnes stampato sulla copertina ed
un volantino di presentazione delle attività extrascolastiche ed una mappa del
campus, ringraziò fingendo un sorriso e si diresse verso il dormitorio maschile.
Daphne sorrise, e due lievi fossette si formarono ai lati delle labbra. Spostò
una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sbattè le lunghe ciglia guardando Bob,
il tipo dell'ultimo anno che si occupava della sicurezza del dormitorio
maschile.
Lui le guardava più che altro le tette, strette in un push up
La Perla, che spuntavano fuori dalla scollatura della camicetta decisamente
troppo sbottonata per le rigide norme scolastiche.
«...siamo ancora nel periodo di vacanza, non ci sono tutti i
soliti controlli...» disse Daphne ancora sorridendo. Stava facendo le moine come
solo lei sapeva fare, e Leah l'osservava in silenzio, al suo fianco, contando i
secondi prima che Bob gli desse accesso alle camere dei maschi. Era sempre la
solita storia, lei faceva sempre la gatta morta, rigirava la gonna sui fianchi
per mostrare qualche centimetro di gambe in più, sbottonava la camicetta - nel
caso avesse erroneamente chiuso qualche bottone di troppo, comunque - e tirava
fuori il petto, sbattendo le ciglia e sorridendo come un'oca. E quello schemo di
Bob ci cascava sempre. Grande, grosso e totalmente idiota. Leah trovava
divertente come gli esseri umani fossero plasmabili, gli bastava un qualche
accenno al sesso per perdere totalmente la testa; ed ancora andavano in giro
convinti di essere gli esseri più intelligenti del mondo.
Ecco, se Bob fosse stato un orso, pensava, probabilmente
avrebbe mangiato Daphne attratto dal suo profumo ai Frutti di Bosco e Miele, ma
lui era un uomo e i suoi istinti animali erano limitati ad immaginare Daphne a
gambe aperte sotto di lui.
«Ok, andate...» disse infine sospirando, guardandosi intorno
prima di lasciarle passare. Ecco che Bob il grande, il campione di Football, la
medaglia d'Oro del secolo, veniva manipolato da un paio di tette ed un sorriso
furbo.
Eppure Leah provava invidia, e gelosia. Innanzitutto lei era
minuta e magra e non aveva alcuna forma da mostrare, quindi nessuno avrebbe mai
desiderato di andare a letto con lei, né niente di simile. Poi, Daphne faceva la
gatta morta con ogni uomo nei paraggi, se serviva, ed otteneva quello che
voleva. Daphne si divertiva, le piaceva essere nelle fantasie erotiche di un
mucchio di sfigati, e non ci metteva mai sentimento. Mentre Leah, beh, lei aveva
tutte altre cose in mente, e si sentiva in una gabbia, quando doveva guardare
l'altra fare le moine agli uomini alla luce del giorno, quando invece se erano
sole era tutt'altra storia.
Le pareti dei corridoi del dormitorio maschile erano
ricoperti di ritratti dei vecchi Presidi, di ex studenti che avevano conquistato
il mondo, di trofei, medaglie e tutto ciò che poteva far capire che si,
quella era la scuola giusta se volevi diventare qualcuno. Come il resto del
campus, c'era pochissima gente in giro. Sarebbero tornati tutti di lì a pochi
giorni, e regnava il silenzio. Il rumore dei passi di Daphne e Leah rimbombava
nei corridoi, e si fermò quando le due arrivarono alla porta della camera di
Way.
Daphne bussò, una volta, tre volte, due volte. Così Way
sapeva che doveva sbrigarsi ad aprire e a farle entrare dentro.
C'era una lunga lista di codici segreti mai scritta, si
tramandava a voce, si conosceva se meritavi di conoscerla, ma non era tangibile,
non ce ne era traccia e se qualcuno avesse avuto voglia di sputtanarla in giro
ci voleva poco a cambiarla, a fingere di non sapere nulla e ricominciare da
capo.
Way si alzò dal letto e si passò una mano tra i capelli prima
di aprire in tutta fretta la porta, per trovarsi davanti Daphne e Leah della
Sacred Heart, la prima sorridente, l'altra con la sua solita aria apatica.
Le fece entrare in camera e si richiuse la porta alle spalle.
«Che volete?» domandò nel suo solito modo brusco. Daphne
scrollò le spalle, mettendosi a sedere sul letto ben ordinato di Ray. Accavallò
le gambe, e Gerard trovava impossibile riuscire a non sbirciare sotto la gonna.
Infondo sapeva che Daphne amava tentarlo. Ovviamente, per avere qualcosa in
cambio, era chiaro.
«Che novità hai portato dal tuo paesino disperso nel New
Jersey?» chiese lei sollevando un sopraciglio.
Leah se ne stava in piedi in disparte. Era sempre presente e
sempre invisibile. Ed era anche inquietante, perché i suoi piccoli occhi
sbirciavano ovunque, osservavano e scrutavano, studiavano ogni mossa, ma non
faceva mai nulla, potevi dimenticarti della sua presenza eppure lei era sempre
lì.
Era l'ombra di Daphne, e Gerard sapeva quanto fosse vero,
sapeva che non erano solo voci di corridoio. Aveva visto le due baciarsi più
volte, durante uno dei tanti festini privati nella sua camera. Magari erano
troppo ubriache, magari no, a lui non interessava molto. Gli bastavano le
informazioni che aveva: sapeva che Daphne era il punto di riferimento di Leah.
Sapeva che Leah aveva qualche problema ed ogni tanto aveva degli attacchi di
panico durante la notte, e l'unica persona in grado di calmarla era Daphne.
Sospirò scuotendo la testa «Niente di nuovo, la solita
merda...» disse con una smorfia «Però ho un pò d'erba buona, Super Lemon Haze
direttamente dall'Olanda!» aggiunse chinandosi a prendere la scatola sotto il
letto.
Anche quella era una scena vista mille volte. Gerard tirava
fuori la roba, Daphne ne assaggiava un pò lì, se poteva, oppure nascondeva la
merce nel regiseno o nei calzettoni, Gerard prendeva i soldi, Daphne gli si
strusciava addosso, lo faceva eccitare e poi Leah diceva qualcosa e tutto
tornava alla normalità. Erano le uniche occasioni in cui Leah parlava in
pubblico, in realtà. Lo faceva per evitare a Daphne di farsi mettere le mani
addosso da quel viscido di Gerard Way. A lei non piaceva, innanzitutto. E poi
Eliza avrebbe preso male la cosa, decisamente. Gerard era la sua vittima, Daphne
doveva trovare qualcun altro.
Quindi Gerard e Daphne venivano sempre interrotti, e Daphne
sospirava, prendeva Leah per mano e se ne andava.
Ma quella volta il momento fu interrotto dal rumore di una
chiave nella toppa della porta.
Way sbuffò. Ecco il nuovo compagno di stanza.
I tre guardarono in attesa di scoprire chi fosse la new entry
dell'anno.
Frank rimase sorpreso di trovare nella sua nuova stanza due ragazze. Entrambe
indossavano la divisa della scuola femminile. Erano le uniche due ragazze che
indossavano completamente la divisa. Aveva incrociato altre tipe in giro, ma
erano vestite normalmente, al massimo avevano addosso la camicietta bianca, come
per dare a vedere che si, erano studentesse della scuola, ma non tutta la
divisa. Era stupido, pensò, visto che le lezioni non erano cominciate ed avevano
ancora qualche giorno disponibile per poter ricordare agli altri che avevano una
loro personalità e cose simili. Poi fece una smorfia. Giusto, pensò, lì nessuno
aveva una personalità. Erano un branco di pecore. Ecco cos'erano.
Le due lo guardavano in silenzio, mentre il ragazzo che
sarebbe stato il suo compagno di stanza accennò un falso sorriso «Ciao nuovo
compagno di camera. Quello è il tuo letto. Quello l'armadio, i due cassetti in
basso sono tuoi.» disse atono, indicando letto ed armadio.
Frank annuì. Non sembrava per niente cordiale. Posò le sue
cose a terra e mise lo scatolone sul letto.
«Uhm... piacere, comunque, mi chiamo Frank Iero.».
Daphne sorrise maliziosa. Era anche meglio del previsto. La
sua nuova vittima si chiamava Frank, era un ragazzino carino e divideva la
stanza con Gerard 'La-vita-fa-schifo' Way. Davvero fantastico.
Lo osservò tirar fuori le sue cose dallo scatolone e
sistemarle sulla scrivania accanto al suo letto.
Potè notare subito un tatuaggio spuntargli dal colletto della
maglietta. E con quei capelli e quei vestiti, si, doveva essere proprio uno di
quei ragazzini ribelli e alternativi che volevano cambiare la società.
«E' fantastico che tu sia capitato in questa stanza.» disse
Daphne sospirando «Qui c'è da divertirsi...».
Frank si voltò a guardarla, e sollevò un sopracciglio «Divertirsi? Che c'è di
divertente qui?» la sfidò.
Lei si morse un labbro. Era fantastico, sul serio «Noi, tanto
per cominciare.» disse maliziosa.
Lui fece una risatina «A me non sembrate tanto divertenti.
Anzi, è anche triste il fatto che andiate in giro in divisa nonostante questo
sia l'unico momento dell'anno in cui potreste essere voi stesse.» disse
scuotendo la testa.
Gerard trattenne un sorriso. Ok, ora quel Frank cominciava a
piacergli. Certo, era sicuro che si sarebbe cacciato in un sacco di guai, ma gli
piaceva.
Daphne sospirò «Beh, purtroppo noi non abbiamo una
personalità da mostrare, siamo un branco di pecore uniformate, non ricordo
nemeno che tipo di vestiti avessi prima di venire qui. Siamo come la società ci
vuole, ecco come siamo.» disse sarcastica.
«Mi stai prendendo in giro? E comunque, non che mi interessi,
ma questo è il dormitorio maschile e voi non dovreste essere qui.» rispose Frank
acido.
«Quindi sei tu quello che vuole seguire le regole, giusto?»
rise Daphne.
Frank ci pensò un attimo, realizzando che quella
conversazione non aveva senso. Cominciò a sentirsi davvero preso in giro. Ecco
che la solita storia aveva inizio. Lo avrebbero preso in giro e lo avrebbero
messo in situazioni imbarazzanti. Odiava quel colleggio con tutto sé stesso.
«No, io non voglio seguire le regole!» rispose dopo un pò,
aggrottando le sopraciglia.
Daphne annuì «Oh, quanto sei punk...» disse divertita «Ti
consiglio di chiamare Johnny Rotten e dirgli addio, stai per diventare una
pecora proprio come noi.» aggiunse alzandosi dal letto.
Leah ridacchiò e la seguì, salutarono Gerard e si diressero
ai confini del Campus.
C'era un posto dove andavano sempre, era nascosto dagli
alberi, si poteva vedere il campus, ed era proprio accanto alle rive del lago,
ma erano abbastanza nascoste da non essere viste da nessuno.
Daphne si sedette con la schiena contro il tronco di un
albero, e Leah si sdraiò a terra con la testa sulle gambe dell'altra, che era
intenta a fumare un pò d'erba in pace.
Ecco cosa piaceva a Leah. Starsene da sola con Daphne, da
qualche parte. Quando erano sole, completamente sole, Daphne era diversa, era
più tranquilla, era anche dolce a volte, e a Leah quella Daphne piaceva
tantissimo.
- - -
Ok, secondo capitolo e boh.
xoxo