Anche chi dorme in un angolo pulcioso
Coperto dai giornali, le mani a cuscino
Ha avuto un letto bianco da scalare e un filo
Di luce accesa dalla stanza accanto
Due piedi svelti e ballerini a dare calci al mare
Nell'ultima estate da bambino
(Uomini Persi, Claudio Baglioni)
E dovevi levarti il cappello, poi
Quando arrivavi a Forradalom
Salutare con un cenno e per un po'
Aspettare nel silenzio della via
Molti di loro erano stati in prigione
E magari all'inizio ti facevano anche paura
Con gli occhi scintillanti come le lame dei loro coltelli
Con il grigio, il fumo e la polvere che portavano con sé
La tristezza, quei silenzi gravi
Tu non lo sapevi, erano le parole di Forradalom
E ti affrettavi a giustificare l'ignoranza
Nel sorriso un po' furbetto che t'avevano insegnato
Che sfoggiavi forse solo in gran difficoltà
O davanti a quei ragazzi
Che non capivi e non capivano te
E parevano il ritratto un po' sgualcito della povertà
Li avevi visti, erano loro
Gli angeli di Forradalom
Sembrava sempre che non gl'importasse niente
Del terrore, della strada, della voce che girava
Di chi gridava: "uno in meno!"
E si sforzava poi di fare un po' di più
Per quel poco che restava, per la gente
La gente di Forradalom
I volti pallidi, cadaveri in piedi
Gli angeli di Forradalom
E se per caso avevi i buchi nelle scarpe
Sulla neve loro andavano a piedi nudi
E magari poi non ti chiedevano niente
Non li capivi e loro non capivano te
Forradalom significava "Rivoluzione"
In quella lingua strana ch'era l'ungherese
E la Rivoluzione forse la vedevano solo loro
Un po' negli occhi del coraggio, un po' più in là
Ma sorridevano e per un poco ci credevi anche tu
E sembrava proprio che non gl'importasse niente
Se tornavi, se dicevi: "resto anch'io!"
Se fermavi ancora i piedi accanto ai loro
Se chiedevano chi eri
E tu dicevi: "non lo so!"
Si guardavano e nel loro silenzio tu vedevi
Forse l'ombra di un sorriso, forse no
Se chiedevano com'eri
Tu dicevi: "come voi!"
E capivi cosa c'era, cosa c'era di speciale
E vedevi quei colori che facevano volare
Gli angeli di Forradalom
Imparavi l'amicizia, la speranza
Il coraggio di morire per un fratello
E di sbattere le ali un po' più in su
Che la fame e le ingiurie non pesavano più niente
Che il mare lo potevi stringere in una mano sola
E che il cielo si abbassava anche per te
Che se anche avevi la casa fatta d'oro
Bei vestiti, mani bianche e pelle liscia
Come loro presto avresti visto solo il fumo
E ti saresti accorto che brillava un po' di più
Avresti visto tra le dita
Le piaghe e i calli del lavoro
Avresti imparato anche a curarti le ferite
Che se ti rubavano un sogno facevano più male
Avresti colto fiori morti, secchi e rotti
Che si sarebbero colorati, poi, nelle tue mani
Avresti perso il giorno a rincorrere una nuvola
A cercare tra le crepe il sorriso di Dio
E l'avresti visto
Avresti infine sbattuto i denti
Contro la pietra nera della periferia
Avresti pianto, poi, nel sangue degli amici
T'avevano illuso, gli angeli di Forradalom
Ma forse perché s'illudevano anche loro
Tutti i giorni, da quando erano là
Per far sembrare tutto meno difficile
E il calore delle mani un po' più intenso
Anche laggiù
Eppure era successo
Avevi imparato a capirli e loro a capire te
E magari un giorno si sarebbero anche fermati ad aspettarti
Ma allora tu saresti dovuto andare via
Sarebbe arrivato il giorno in cui avresti fatto un passo indietro
Saresti corso forte verso casa
La tua casa tutta d'oro e i bei vestiti
E se davvero avevi i buchi nelle scarpe
A casa ne avresti trovato un paio nuovo
Ma pensando ai loro piedi nudi non avresti potuto metterle più
Ti avrebbero chiesto: "allora, com'è questa Forradalom?"
Tu avresti spalancato gli occhi e sgranato immediatamente il tuo sorriso
E si sarebbe forse intesa dalla voce
Quell'immensa ammirazione che provavi
"Evasi, zingari, mendicanti: sono tutti là.
Con un coraggio che non sapevo esistesse
E una luce che li difende dal male che c'è"
Avrebbero scosso la testa e mormorato: "brutta gente"
Avevano un'altra idea degli angeli, quelli del tuo quartiere
E ti saresti un giorno piegato sulle ginocchia
Le mani fra i capelli e gli occhi stanchi
A ricordare, a rivedere
Gli angeli di Forradalom
E forse loro t'aspettavano ancora
Perché quel giorno era successa una cosa strana
Tu li avevi capiti e loro avevano capito te
Note
Ho spento il computer alle dieci e mezza, ieri sera.
Mi ronzavano in testa i primi versi di questa poesia, sono corsa a cercare un misero ritaglio di foglio e ho scritto.
Ho scritto questo.
Ho scritto di Forradalom.
E mi è piaciuto scriverla, mi è piaciuto tanto, rappresenta l'essenza del quartiere che ho inventato, questa poesia.
Nella mia originale, Sic Volvere Parcas, è importante, Forradalom.
A Krasnojarsk, Russia, Siberia Centrale, è un po' il cuore della periferia - nonché interamente inventato dalla sottoscritta, a scanso di equivoci ;)
Fondato nel 1831 da due ragazzi ungheresi, Feri e Jànos Desztor, Forradalom è il quartiere della Rivoluzione, dei miserabili e dei sognatori, della speranza e delle illusioni, delle amicizie immortali e della povertà.
E' il quartiere di Natal'ja, la protagonista di “Amore perduto, risorgi d'inverno”, postata qualche tempo fa nella medesima sezione, un quartiere in cui la miseria viene illuminata da un sorriso in più.
E io spero che vi sia piaciuta, Forradalom.
Lo spero davvero.
Alla prossima! ;)
Marty