Benvenuti
o bentornati in un UAMP (Utopico Allegro Mondo Perfetto), ovvero un
melenso, solitamente idiota, spesso gay futuro post shippuden che ha
le stesse probabilità di avverarsi quante ne ha il fu Hiruzen
Sarutobi di far strage di cuori col suo bell'aspetto.
Questa
roba può essere legata a quest'altra
roba, per colpa del gatto: non c'è
affatto bisogno di leggere, c'è solo da sapere che il felino in
questione si chiama Naruto Due (da non confondersi col tizio biondo e
arancione) e non serve a nulla se non a far divertire me, perché mi
piace parlare di gatti. Sì, è come sembra: sono una mentecatta.
Cortesie
per gli ospiti
(parte prima)
Tornare
a casa dopo una missione, ha scoperto Naruto in questi anni, è una
delle gioie della vita.
Casa
è un po' fuori mano, un po' distrutta ed un po' lugubre, e poi ci
sono tutti quei ventagli – ventagli ovunque - ma ha
imparato a farsela piacere, e non è che ci sia voluto poi molto.
Perché
c'è Sasuke, e quindi è casa: andrebbe bene anche se fosse un pezzo
di lamiera tenuto su da un bastone.
Ecco,
ha avuto un pensiero molto romantico, si rende conto. E
contemporaneamente annota mentalmente di non riferirlo al bastardo,
mai e poi mai, a meno di non
voler essere schernito vita natural durante.
Se
lo annota e però sorride, ché è quasi arrivato ed è contento; e
poi è una bella giornata.
La
missione è stata abbastanza impegnativa, ma prima di ripartire ha
avuto il tempo di dormire quattro dignitosissime ore, quindi non si
può proprio lamentare; il cielo è sgombro, l'aria non è
particolarmente fredda nonostante la stagione e, dato che è
mercoledì, Sasuke non ha neanche avuto il tempo di innervosirsi
andando al mercato, che si tiene il giovedì e che ogni volta lo vede
tornare a casa con un diavolo per capello – letteralmente: il suo
culo di papera sembra stravolto. Quando odi tutti gli abitanti di un
villaggio, trovare metà della popolazione in fila davanti a te a
comprare le verdure intralciandoti il cammino non è esattamente
piacevole, pare.
Naruto
si sta frugando le tasche in cerca delle chiavi, quando un curioso
fruscio di fogliame lo fa voltare a studiare le siepi con sguardo
attento.
«Ehi!»
esclama, certo di aver avvistato un guizzo di pelo arancio.
Aggira
la siepe e si accovaccia, ficcando una mano tra le foglie; fruga per
un poco, ma è costretto a tirarla fuori l'istante successivo, con un
grido di dolore e sorpresa.
«Ma
che cavolo...» piagnucola, sventolandosela sotto al naso, il polso
floscio. Ci sono due squarci obliqui sul dorso. Bruciano.
«Gatto
psicopatico! Ecco che succede a lasciarti tutto il giorno in
compagnia di quello spostato» lamenta in un brontolio dolorante.
Naruto
Due – no, solo quell'imbecille del teme lo chiama Naruto e basta.
Non si sbaglia, dice, perché tanto lui è usuratonkachi,
quindi Naruto è solo il gatto - se ne sta sotto le foglie e lo
scruta con le guance grasse arricciate in disappunto.
«Che
c'è, ti ha di nuovo lanciato fuori? Che hai fatto stavolta?»
domanda, memore di quando dovette cercare il gatto per mezza
giornata, dopo che Sasuke l'aveva praticamente silurato dalla
finestra della cucina – fortunatamente al primo piano –, perché
l'innocente bestiola aveva preso l'imperdonabile iniziativa di
andarsi ad affilare le unghie su quella che Naruto ha poi dedotto
essere stata la scrivania di Itachi.
Indeciso
sul da farsi, il jinchuuriki caccia una mano nello zaino.
«Guarda
qui» sghignazza, con degli avanzi di onigiri spiaccicati sul palmo;
se come pensa il riso puzza ancora di salmone, cederà.
Naruto
Due lo spia, le vibrisse ondeggianti e lo sguardo assai sospettoso,
ma poi cede alla gola come il peggiore degli allocchi e finisce
persino a mordicchiargli le dita, dopo avergli lappato saggiamente il
palmo con la lingua rasposa.
«Sei
una palla di lardo, ha ragione Sasuke» conclude Naruto in uno sbuffo
indulgente, tirando su la bestia con entrambe le mani. Pesa come un
mobiletto di mogano.
Gatto
in spalla, si avvia a passo svelto verso casa, consapevole che dovrà
bussare, perché con cinque chili di lardo e pelo semoventi ad
impegnargli le mani, trovare le chiavi è ormai divenuta un'impresa
impossibile anche per un ninja navigato.
Tenta
prima con una spinta del piede, memore del fatto che Sasuke la metà
delle volte dimentica di chiudere la porta, perché tanto chi
mai verrebbe qui?, ma il
battente resta ben fermo al suo posto.
«Teme,
apri!» urla quindi, non senza una nota lamentosa.
Attende
un paio di secondi. Sembra ci sia vociare confuso, dentro; e non è
che sia esattamente una cosa normale, a meno di iniziare a pensare
che Sasuke parli da solo.
Sta
giusto per cominciare a preoccuparsi, quando passi pigri si
avvicinano alla porta e la serratura scatta con un colpo secco.
«Oh,
teme. Che fai, chiacchieri con te stesso?» saluta Naruto,
nascondendo un po' d'ansia sotto il tono scherzoso.
Cerca
gli occhi scuri dell'altro spiando oltre il battente, il collo teso.
E
incrocia degli occhi, sì. Solo che non sono neri per nulla.
Sono
viola.
Non
si è capito chi gli abbia dato il permesso di aprire la porta, a
Suigetsu Hozuki, ma del resto a Naruto continua a sfuggire il perché
della sua presenza lì, quindi avrebbe potuto anche aprirgliela
Karin, tutto sommato. O quell'altro, Juugo.
Ecco,
chiunque di loro, e la sua reazione sarebbe stata all'incirca la
stessa.
«E
allora, mh... per quanto vi tratterrete?»
Domanda,
dopo dei ragionevoli minuti durante i quali non ha potuto far a meno
di osservare Sasuke – la cosa lo turba enormemente – che prepara
del tè con l'espressione neutra di uno che trovi la situazione
perfettamente nella norma.
E ce ne sono di cose poco nella norma in quella stanza, a partire dal
grosso, piumato rapace che il padrone di casa si sta scarrozzando in
giro come fosse appena diventato un'uccelliera.
Naruto
non riesce a distogliere lo sguardo dalle penne marroni dell'animale;
lo fissa da quando è entrato in cucina, ma la situazione è così
surreale - Suigetsu Hozuki e la sua mannaia sono stravaccati davanti
al tavolo e Karin nonhaideadicomesichiami l'ha eletto a suo
interlocutore privilegiato e si è messa a raccontargli di quanto
trovi il Villaggio della Foglia un posto decisamente insulso – che
Naruto ha finito quasi per prendere il dettaglio del falco pellegrino
arpionato alla spalla di Sasuke come una semplice manifestazione
fisica dell'assurdità che è costretto a subire. Insomma, deve
essere una specie di allucinazione.
«Fin
quando quelli di Kumo non la piantano di starci attaccati al culo»
soffia Karin, i gomiti sul tavolo e l'aria estremamente seccata. Non
approfondisce la questione perché Sasuke si sta spostando verso i
fornelli per spegnere il gas e l'attenzione di lei finisce tutta in
quella direzione: i suoi occhi vagano quasi distratti verso la
schiena dell'ex nukenin e scendono giù...
«Ehi!»
Naruto si alza di scatto e le punta un indice contro, di slancio.
Suigetsu
sobbalza e si fa cadere il bicchiere d'acqua dalle mani, rischiando
seriamente di seccare il gatto, con cui stava giocando; Juugo
spalanca gli occhi e li fa saettare da Karin a Naruto, mentre Sasuke
si volta con placidità snervante ed arcua impercettibilmente un
sopracciglio, il falco sempre serenamente stanziato su di lui a
becchettargli la frangia.
Nel
mezzo, Naruto arrossisce sentendosi molto Hinata – il pensiero gli
suona assai strano, sì – e si rimette seduto con la maggiore
compostezza che riesce a raggranellare.
Schiarisce
la voce, senza però potersi impedire di sbirciare malevolmente
Karin, e accoglie il gatto sulle ginocchia, contando di evitare che
finisca ucciso dalle coccole psicotiche di Suigetsu Hozuki; quello
invece lo osserva rapito, con sincero interesse ed un divertimento
fin troppo ostentato, almeno fin da quando ha scoperto che il nome
l'ha scelto Sasuke, ed ha quindi avuto l'occasione di prendere in
giro l'ex nukenin per la sua mancanza di fantasia.
«Dicevo,
mh...» ritenta Naruto, mentre Sasuke raccoglie tazze spaiate e
bicchieri e ci versa il tè, aiutato da un solerte Juugo. «Voi
non... l'Hokage lo sa che siete qui? Lo sa che sono qui?» domanda
cambiando interlocutore: si era rivolto a Suigetsu, prima di
accorgersi che quello stava ancora cercando d'attirare Naruto Due
facendo oscillare un kunai come un pendolo sotto al naso della
bestiola; naturale preferire Sasuke a lui, anche se tutto sommato non
è che attualmente il compagno emani proprio un'aria affidabile: non
l'emana mai perché è uno spostato, ma fasciato nei suoi indumenti
casalinghi spiegazzati, con la bestiaccia piumata che guarda male
tutti come si trovasse in cima al mondo e non sulla spalla di un
normalissimo Sasuke Uchiha mediamente alto, la sensazione di profonda
assurdità si fa più marcata; sembra più che altro che Sasuke sia
parte integrante di quel puzzle di beata incoerenza che è la cucina
quel pomeriggio.
Naruto
si impone la calma e attende risposta.
«Questa
casa è ancora di mia proprietà» replica Sasuke, perfettamente,
sasukescamente alogico, come c'era d'aspettarsi.
Karin
si appropria della tazza che le viene offerta e riesce con estrema
abilità a strisciare prontamente al fianco dell'ex nukenin non
appena questi si siede a sua volta attorno al tavolo, imitato da
Juugo. Il falco si indispone e si sposta sull'altra spalla di Sasuke,
arruffando le penne ed emettendo versi acuti prontamente ignorati da
tutti gli altri.
Naruto
resta imbambolato per un lasso di tempo indefinito, prima di
accettare il suo tè con uno scatto sorpreso della testa. Chiude la
mascella per un istante, poi la riapre.
«D'accordo»
decide di dire, immergendosi nel torbido mondo dell'accondiscendenza
e chiudendo metaforicamente gli occhi dinanzi al mondo circostante.
«Ma Kakashi lo sa che loro sono qui?»
Ché
se non lo sa Kakashi Hokage, che almeno lo sappia Kakashi
sensei, ecco.
Perché
loro, questi tre nukenin potenzialmente pericolosi ricercati da
paesi stranieri, non dovrebbero poter entrare nel Villaggio della
Foglia come fosse un pubblico postribolo. E non serve certo chiamarsi
Shikamaru per arrivarci.
Ma
Sasuke non sembra affatto turbato da queste inezie; si volta verso di
lui e adotta la sua stessa tattica, guardandolo però con
l'espressione che aveva Iruka all'accademia quando doveva spiegargli
le cose per la dodicesima volta, dopo che il resto della classe aveva
già capito da un pezzo.
«A
casa mia decido io chi ci può entrare» enuncia ovvio, sorbendo il
suo tè con compostezza.
«Siamo
ancora dentro Konoha, però».
«No,
siamo nel ghetto di Konoha, quello ai margini dei margini
della periferia. Ed è casa mia».
Naruto
si ferma, zitto e immobile. Ritorna con gli occhi sul suo tè,
concentrandosi sull'ovale scuro del liquido, oltre le volute rade di
vapore chiaro.
La
cucina è abbastanza grande, tutto sommato, in proporzione alle altre
stanze della casa, ma in questo momento ai suoi occhi appare
incredibilmente stretta.
C'è
Juugo, imponente e timido, seduto un poco in disparte ben avvoltolato
in quella che senza dubbio è una tenda, con un falco pellegrino che
gli becchetta le ciocche di capelli sporgendosi dalla spalla di
Sasuke. C'è Karin, che ha cominciato a discutere con Suigetsu
riguardo il gatto e su quanto sarebbe bello se il felino lo sbranasse
o lo bevesse, a scelta, e c'è Naruto Due, in procinto di emettere
miagolii stressati ed arruffare il pelo, che arretra avvicinandosi
pericolosamente ad una mannaia incustodita alta circa come una
persona. C'è rumore di liti, miagolii, chiacchiere, stridii, becchi
che schioccano e insulti lanciati da un lato all'altro del tavolo.
C'è tutto questo, ci sono tutti loro, e c'è Sasuke, che pare
affatto turbato da quell'invasione, sebbene di solito sia
assolutamente ben disposto a sgozzare chiunque osi produrre un poco
di baccano negli ambienti di casa sua; o in un qualsiasi vicolo del
quartiere, in effetti.
«Sasuke,
posso parlarti un secondo? In privato?»
Karin
pare assolutamente contrariata quando Sasuke si alza, estremamente
scocciato, per seguire il compagno in corridoio e da lì in salotto.
Il
vociare di Suigetsu arriva ben distinto sopra i miagolii del gatto e
Naruto e Sasuke non fanno in tempo ad uscire che Karin e lo
spadaccino hanno già ricominciato a litigare.
Prima
d'ogni altra cosa, Naruto si volta verso il compagno, lo fissa negli
occhi e domanda non senza una vena di panico a screziargli la voce:
«sai di avere un volatile di tre chili arpionato alla spalla?»
Sasuke
restituisce l'occhiata, in apparenza terribilmente seccato dalla
domanda stupida.
«Direi
di sì, visto che si sta portando via diversi strati di pelle»
spiega, in uno sbuffo. «Sopporta» conclude poi, piatto.
Naruto
lo guarda ancora, trattenendosi a stento dal cominciare a scuoterlo
per le spalle. Assodato che non riceverà delucidazioni più ampie in
merito alla presenza di un falcone in casa, si concentra su faccende
che ritiene altrettanto impellenti.
«Che
problemi hanno con Kumo?» chiede, e spia con la coda dell'occhio in
corridoio, inquadrando uno stralcio di cucina; una tazza da tè si
schianta sul pavimento e Karin lancia un grido isterico.
«Che
vuoi che ne sappia?» replica Sasuke, disinteressato al trambusto.
Accarezza distrattamente l'abominevole coso pennuto, distaccato.
«Sono venuti, la porta era aperta e si sono stanziati» spiega in
tono neutro, come parlasse di acari della polvere.
Ma
quelli non lo sono, acari della polvere. Sono tre shinobi, tre
persone; e a Naruto non sta bene.
Quasi
sussulta nel constatarlo: non è la questione problemi internazionali
a metterlo a disagio. E neanche l'invasione della cucina, o la
bestiaccia dal becco acuminato che ha preso possesso del corpo di
quello che teoricamente sarebbe il suo migliore amico e anche il
tizio con cui va a letto, ecco.
No,
sono proprio quei tre, Suigetsu, Karin e Juugo, ad infastidirlo. E
mentre realizza quell'ovvietà, per la prima volta gli pare di
afferrare quasi a pieno il perché Sasuke si dimostri sempre
scostante ed odioso - persino più dei suoi standard - nei confronti
di Sai.
«Potresti
chiederlo, che ne dici?» riprende Naruto, cercando di focalizzare
l'attenzione su problemi più pressanti, che di certo non riguardano
le sue profonde, radicate insicurezze affettive – la maggior parte
delle quali, sorvolando sui traumi infantili, possono essere tutte
ricondotte all'individuo che sta impalato di fronte a lui, a
guardarlo con sufficienza. «Oppure potresti cominciare a chiudere la
porta come tutte le persone normali, anche» conclude, incrociando le
braccia.
Sasuke
non si premura neppure di cambiare espressione facciale.
«Mi
costringi a frequentare idioti ogni santo giorno» ribatte,
bloccandolo con un'occhiataccia quando lui fa per interromperlo. «Non
sto parlando di Sakura e Kakashi, usuratonkachi. Dico quelli lì, gli
idioti. I tuoi amici idioti dell'accademia, quell'Inuzuka...» e
detto da lui sembra una specie di insulto. Con tutto che Inuzuka
Kiba, poveraccio, l'avrà visto sì e no tre volte in un mese, e solo
perché a Naruto capita qualche volta di salutarlo per strada.
Il
jinchuuriki vorrebbe tanto sottolinearglielo, ma l'altro pare tutto
preso dal suo narcisistico monologo seccato e non esiste modo di
interromperlo se non sbattergli forte forte la testa contro la
parete. E Naruto, potendo, vorrebbe evitare di recar danno alla
parete.
«Per
non parlare di quello. Quel Sai» e mentre lo dice pare stia
masticando una di quelle gustose capsule al cianuro in dotazione alle
ANBU per le missioni che contemplano il suicidio in caso di cattura.
Prosegue, incupendosi ulteriormente: «sono ovunque, mi costringi a
salutarli persino, ed io dovrei preoccuparmi se in casa mia
arriva qualche mio conoscente».
Forse
allo scopo di approvare il discorso, i conoscenti fanno un altro po'
di baccano in cucina. Nuove stoviglie impattano al suolo ed il gatto
emette un miagolio disperato.
«Okay»
brontola Naruto, infine. «Okay, come ti pare. Ma bada almeno che non
ammazzino il gatto» bofonchia, imbronciato.
Purtroppo,
non è sicuro che quel vago alzare gli occhi al cielo e quello sbuffo
sprezzante, prima che Sasuke infili le mani in tasca e trascini sé
ed il suo inquilino piumato di nuovo in cucina, sia da considerarsi
come un sì.
I
compagni di Sasuke.
No,
peggio, gli amici di Sasuke.
E'
un accostamento strano, troppo strano. E' sbagliato, stonato,
se non comprende anche il numero sette.
E
non lo comprende, per nulla. Ci sono delle parole, Hebi – che dà i
brividi perché ricorda Orochimaru; l'acca sibila, è un suono
tutt'altro che gradevole – e poi, quasi peggio, Taka - che è
proprio una parola brutta e basta, il ta sembra una lama
sguainata e il ka si abbatte dritto in testa con un colpo
solo, violento - che ricordano qualcosa di ancora troppo vicino per
poter essere osservato con il dovuto distacco. Sono parole che le
orecchie di Naruto trovano orribili a sentirsi; sono il simbolo di
quello che lui non è riuscito ad impedire, sono il suo fallimento:
se fosse stato più forte, se fosse riuscito a riportare Sasuke
indietro prima, non ci sarebbe stato nessun Hebi, nessun Taka. Sasuke
non avrebbe avuto bisogno di appoggiarsi a qualcun altro: loro, i
suoi compagni – Kakashi sensei, Sakura, ma anche Shikamaru e
quell'Inuzuka che lui neanche considera. E Rock Lee, e Chouji, e
Neji, e tutti gli altri – sarebbero bastati. Se ne convince anche
se sa che non è vero, che non c'era modo; che le cose sono andate
così, ed è un bene tutto sommato, perché finite in maniera non
eccessivamente tragica. Perché sono ancora vivi, fondamentalmente. E
non è poco.
Però
punge.
Prude
e formicola da qualche parte sotto ai polpastrelli e pizzica nelle
gengive. Gli fa venir voglia di digrignare i denti e, come se non
bastasse, lo fa sentire stupido in maniera esponenziale quando si
scopre a desiderare di afferrare Karin per le spalle ed urlarle
contro di smetterla, per tutti i Kami, smetterla di spogliare
Sasuke con gli occhi!
L'ammazzerà
prima di sera. Non lui, eh: Kyuubi sì, però. Del tutto
accidentalmente e fuori dal suo controllo, ma l'ammazzerà, o
comunque le farà molto male.
«Oh,
Naruto!»
Un
sasso gli finisce dritto in fronte proprio mentre sta cercando di
contare innocentemente le monetine rimaste nel suo portamonete: lui
urla, la spesa cade dalle mani della negoziante e le monete
precipitano tra pavimento e cassette di meloni, tintinnando tra
frutta e selciato.
«Ragazzacci...»
brontola la donna scuotendo la testa, mentre aiuta l'eroe di Konoha a
raccogliere la sua spesa ignorando del tutto il fatto che il
ragazzaccio in questione sia il nipote del beneamato nonché defunto
Sandaime Hokage.
«Hai
i riflessi morti? Perché diavolo non ti sei spostato?» raglia
Konohamaru a mo' di saluto, facendosi incontro a passo svelto, la
sciarpa che ondeggia sulle spalle.
Naruto,
metà visuale coperta dal palmo della mano che sta usando per
massaggiarsi il bernoccolo, inquadra per un momento solo un essere
acefalo ritto in piedi a braccia incrociate e registra vagamente il
tono canzonatorio.
«E
a te come diavolo salta in testa di metterti a tirare le pietre?!»
ribatte non appena riacquista piena coscienza, assestandogli un pugno
sulla testa, anche se ormai Konohamaru l'ha praticamente raggiunto in
altezza e la scenetta appare decisamente ridicola.
«Un
ninja è sempre all'erta» lo zittisce l'altro, con un ghigno
gongolante.
Con
un sospiro che non riesce a nascondere una nota divertita, Naruto
recupera la sporta con le vivande e riesce finalmente nell'ardua
impresa di pagare la spesa senza spargere denaro in strada. La
signora saluta con calore, in quel modo tutto strano di comportarsi
che molti dei compaesani hanno cominciato a tenere con lui da quasi
quattro anni e che, con sommo stupore ed un certo inesplicabile senso
di inadeguatezza ed imbarazzo da parte sua, sembrano intenzionati a
non mutare.
«Seh,
seh... all'erta. Non hai di meglio da fare che controllare se io sono
all'erta mentre faccio la spesa?» riprende Naruto, quando lui e
Konohamaru si lasciano l'ortofrutticolo alle spalle e proseguono
lungo il vicolo affollato.
Il
kohai gonfia le guance, imbronciandosi come un mocciosetto.
Incassa le testa nelle spalle e ficca le mani in tasca.
«Stai
parlando con un jounin, Naruto: io lavoro. Sei tu quello che ci ha
messo dieci anni per avanzare di grado, fino a prova contraria».
«Eh,
ma io stavo salvando il mondo, se ricordi bene... oh, c'è lo sconto
sul ramen istantaneo!»
Konohamaru
si concede un breve brontolio seccato mentre Naruto lo supera per
intrufolarsi nel conbini incriminato e lo costringe a
seguirlo in giro per i corridoi stretti, tra gli scaffali di cibarie
ammonticchiate.
«Si
può sapere a che ti serve tutto questo cibo?» chiede in fine,
quando la sua mente accetta il fatto che il jinchuuriki stia
effettivamente acquistando un pacco bifamiliare di sedici pezzi di
ramen assortito. «Devi sfamare un reggimento?»
Naruto
si ferma a mezz'aria, colto nell'atto di lasciar cadere un paio di
banconote nelle mani del cassiere. Quello se ne resta lì con la mano
tesa, gli occhi a metà tra il cliente e la rivista che stava
sfogliando mentre calcolava il prezzo degli acquisti, tenendo
l'espressione non troppo vagamente irritata di chi sia stato
sottratto a mansioni di fondamentale importanza.
«Eh,
mangio un sacco, lo sai» replica, titubante, lambiccandosi per
infilare lo scontrino accartocciato nella busta già strapiena e
caricarsela addosso assieme a quella gonfia di verdure ed altre
cibarie non meglio identificate.
Konohamaru
lo scruta da sotto in su, le labbra arricciate.
«Beh,
cos'è? Una specie di segreto... ?» lo punzecchia, ghignando. Quando
Naruto invece di rispondere gli rifila un'occhiata rapida, prima di
imbracciare la spesa e riprendere a camminare in strada col mento
all'insù, lui solleva un sopracciglio, incrocia le mani dietro la
schiena e lo segue continuando a fissarlo, la risatina intrappolata
tra i denti.
L'eroe
di Konoha lo ignora bellamente, tornando a scorrere rapidamente
l'elenco vergato da una grafia stretta e nervosa su di un foglietto
mezzo accartocciato.
Konohamaru
solleva un sopracciglio in reazione, quando il compagno strabuzza gli
occhi di colpo e si lascia scappare un'esclamazione indefinibile a
metà tra un rantolo di sconcerto ed un insulto rivolto a non si sa
chi.
«Top...
Che cazzo significa topi?!» prosegue, dimentico della sua
presenza e del fatto di trovarsi nel mezzo di una strada mediamente
affollata di mercoledì pomeriggio. «A che gli servono i... Dove
dovrei trovarli io, questi topi?»
Perplesso,
Konohamaru si ferma al fianco dell'amico e corruga la fronte,
sinceramente preoccupato. Si sporge con cautela e sbircia a sua volta
la lista, curioso.
«Topi»
ripete, cauto. «Udon, shoyu, tovaglioli, frutta che ti pare,
konbu, riso, topi... non è che sia esattamente normale, eh. A
che pensavi mentre la scrivevi?»
Quasi
non fa in tempo a finire la frase che Naruto riduce la lista ad uno
scarto scricchiolante con una stretta poderosa del pugno.
«Me
lo chiedo anche io, a cosa stesse pensando» mastica, dando
segno di evidente stress psicofisico. Riprende a camminare quasi
trottando, tanto che Konohamaru inizia a far fatica a seguirlo ed è
costretto ad afferrargli un lembo della felpa per rallentarlo.
«Ehi,
mi dici che cavolo c'entrano i top...»
«Non
lo so! Mi manda a comprare topi come fosse sano e normale, e vedrai
che quando torno si incazzerà pure perché ho osato non essere nella
sua testa per capire cosa diavolo volesse!» raglia Naruto,
esasperato.
Una
nonnina invoca il nome di suo nipote – o magari è il suo cane, chi
può dirlo – nel silenzio che si è venuto a creare tra i passanti
all'udire l'urlo dell'eroe di Konoha.
Naruto
borbotta qualcos'altro tra i denti, dribbla il cane della signora –
era un cane, sì – e allunga il passo alzando polvere coi sandali,
preso dalle sue elucubrazioni tanto da dimenticarsi dell'esistenza di
Konohamaru.
«Insomma!»
lagna quello, rimanendo indietro. Scuote la testa, scocciato. «Chi
lo capisce è bravo» borbotta infine con rassegnazione, osservando
la schiena di Naruto che si allontana tra i passanti quasi correndo.
Forse
è come si dice in giro: il povero eroe di Konoha è succube di
quello psicopatico ex traditore di Sasuke Uchiha che lo schiavizza e
gli fa fare la spesa al suo posto; per questo è costantemente di
fretta quando lo si incrocia per strada che sta rincasando.
Normalmente si mostra sempre allegro, eh, ma era così anche da
piccino quando tutti lo schifavano, quindi potrebbe essere una
montatura.
Konohamaru
ci pensa su per qualche secondo, cercando di far coincidere la sua
idea dell'amico – Naruto testardo, Naruto deciso e volitivo, Naruto
capace di sollevare mari e monti a mani nude in caso di bisogno –
con la scena abbastanza bislacca di un Naruto vestito da servetta che
lava i pavimenti a casa di Sasuke Uchiha, poi scuote la testa
divertito, appena prima di girare i tacchi e riprendere a camminare
per i fatti suoi, fischiettando un motivetto idiota.
La
fruttivendola gli rifila un'occhiataccia.
«Ragazzacci...»
sbuffa ancora tra i denti, prima di ritornare a servire la clientela.
Tra
le buste buttate sul tavolo c'è anche una testa gialla.
Sasuke
aggira il mobile, le mani in tasca.
«Beh?»
domanda basso, con vaga perplessità.
La
testa gialla mugugna e rotola un poco, portandosi in equilibrio sul
mento ed emettendo un bofonchio inintelligibile atto solo a
comunicare che effettivamente è viva.
Sasuke
aggrotta le sopracciglia, incrocia le braccia e inclina il capo quasi
impercettibilmente, come stesse cercando d'osservare da una diversa
angolazione qualcosa di sconosciuto ma moderatamente interessante
capitato per caso nella sua cucina.
«Che
cazzo stai facendo?» conclude al termine dell'accurata analisi.
«Ho
fatto la spesa» replica Naruto, senza alzare la testa. Di fronte
alla faccia dell'altro, che lo guarda con distaccata perplessità,
aggiunge: «tu mi hai detto di farla.»
«Vedo»
replica Sasuke in uno sbuffo. «Ramen. Altro ramen e, fammi
indovinare, ramen.»
Naruto
si imbroncia, palesemente scocciato ma già un poco più rilassato
ora che Sasuke non ha uccellacci sospetti che gli ronzano attorno.
Niente falchi pellegrini, niente poiane e niente passerotti: tutto
regolare.
«Guarda
nell'altra busta, teme!» bercia, querulo.
Sasuke
gli rifila un'occhiataccia bieca, indisposto più per il tono ostile
del compagno che per il ramen in sé – il ramen è in fondo
qualcosa di poco dannoso, anche se continua a pensare che mangiarlo
persino a colazione o pranzarci in piena estate sia sintomo di un
profondo disagio mentale – e prende a smanettare nell'altra busta,
corrucciandosi sempre più man mano che sposta cibarie.
«E
i pomodori?»
Naruto
tituba un istante, riacquistando una postura più dignitosa a gambe
incrociate davanti al tavolo.
«Ahn...
ho incontrato Konohamaru» borbotta, mentre si gratta una porzione di
polpaccio con vaga colpevolezza. Quando Sasuke rotea gli occhi
contrariato, l'apparente tranquillità del jinchuuriki va a farsi
benedire.
«Mi
ha distratto, okay? Non è mica così grave!»
«Non
ho detto che lo fosse» puntualizza compunto Sasuke, e però subito
dopo trova il tempo di fissare l'ennesimo pacco di ramen come se
desiderasse bruciarglielo davanti agli occhi solo per vedere la
disperazione dipinta sul suo volto e poterne ridere sadicamente.
Fortunatamente non mette in atto alcun proposito da pazzo psicolabile
quale è e si volta per cominciare a sistemare verdure in frigo.
«E
i topi?»
Naruto
quasi crolla in avanti, scomposto.
«Ah,
non...»
«Okay,
lasciamo perdere» offre Sasuke, come fosse una sua magnanima
concessione. «Suppongo che i falchi possano mangiare anche
normalissima carne cruda».
Naruto
si sente quasi in diritto di sbattere la testa contro il tavolo, ma
non lo fa: ci tiene al tavolo.
«Non
darmi una mano, eh» lo apostrofa Sasuke, quando lui si alza con un
bofonchio scocciato e fa per uscire dalla stanza.
«Io
ho fatto la spesa, pensaci tu, no?» risponde, andando poi a
spalmarsi dritto contro l'armadio che sta occupando lo spazio sotto
la porta.
«Scusa»
fa l'armadio, cortese.
Naruto
si massaggia di nuovo il bernoccolo che ha sulla fronte e solleva il
mento. Inquadra la faccia di Juugo e la sensazione d'essere estraneo
nel suo territorio si acuisce fino a fargli seriamente desiderare di
uscire in strada, trovare Iruka e correre farsi offrire un ramen.
Aggrotta
le sopracciglia e cerca di darsi un contegno: per colpa di altri, non
è che sia mai stato una persona particolarmente socievole, lui. Alle
volte finisce col dare quell'impressione perché adesso tutti lo
salutano per strada ed è amico quasi intimo di mezza Konoha, ma un
tempo essere socievole veniva dopo. Prima c'era la sua fissazione di
far baccano e farsi scoprire, saltando sul posto e moltiplicandosi a
vanvera solo per dire ehi, guardami, ci sono anche io.
Ora
però è Naruto Uzumaki, eroe di Konoha.
Sta
in casa con Sasuke Uchiha da quasi tre anni perché la sua di casa è
stata rasa al suolo e ricostruita troppo diversa perché possa ancora
considerarla tale. Invece quella casa malandata in quel quartiere
malandato, tappezzato di crepe e ventagli, è diventata un po' il suo
territorio: quel che riesce, insomma. Lui si allarga, sparge
arancione in giro - per usare le parole di quello stronzo di Sasuke -
e cerca di entrare fin dove può, più che può.
Ed
è faticoso: ha sempre lottato per trovarsi un posto dove stare, un
posto che fosse suo di diritto. Adesso quel posto è Konoha, ma
preferirebbe comprendesse anche il suo migliore amico; e visto che
ostinatamente non è così, e non lo sarà mai, Naruto si dà da fare
ogni minuto per diventare lui un buon abitante di quella cosa
insopportabile, spocchiosa e difficile chiamata Sasuke Uchiha.
Però
un bel giorno torni dalla tua brava missione di livello A e, aprendo
la porta, scopri che il tuo Sasuke Uchiha è assediato da tre tizi ed
un falco pellegrino che sono entrati e si sono stanziati.
«Scusa
tu» soffia truce, superando Juugo a passo deciso.
Si
sente in colpa due secondi dopo, perché quello gli rivolge
distintamente un'occhiata perplessa e al contempo colpevole. Dura
solo un istante, ma Naruto ci legge il disagio di chi si ritiene
sgradito e fuori posto.
Il
jinchuuriki fa quasi per fermarsi, voltarsi e borbottare almeno delle
scuse – oltretutto, quel Juugo pare il più calmo ed educato della
combriccola -, solo che le sue pupille finiscono a specchiarsi dritte
in quelle del rapace bruno che lo shinobi tiene arpionato alla
spalla, sopra la tenda pesante di stoffa blu che gli fa da veste.
La
bestiaccia fa schioccare il becco nella sua direzione, ostile, e
Naruto quasi salta sul posto.
«Maledetta
cornacchia! Che accidenti vuoi?» si ritrae, memore della beccata che
si è immeritatamente guadagnato quando Sasuke gli ha consegnato la
lista della spesa e l'ha spedito fuori con distratta solerzia, come
si stesse rivolgendo al fattorino di turno.
Rimangia
tutte le nobili scuse che aveva intenzione di sciorinare e si
trascina via con un'ultima sbirciata al becco aguzzo della
mostruosità pennuta. Deambula svogliato in direzione del soggiorno,
contando di sistemarsi in un angolo e mettersi sotto col lavoro: ha
delle carte stanziate tra casa e quartier generale che vegetano da
mesi.
Da
quando Kakashi è Hokage e per la maggior parte del tempo
l'assistente lo fa Naruto stesso, al posto di Shizune, sembra che
l'apparato burocratico di Konoha sia prossimo al collasso.
Invece
di passare i giorni liberi con Sasuke come fa di solito, ne
approfitterà per mettersi in pari col lavoro.
Soddisfatto
per la responsabile e matura risoluzione, accumula il fogliame, ormai
divenuto di spessore considerevole, e si appropinqua al tavolino
basso con tutto l'intento di arraffare una penna qualsiasi e
stravaccarsi sul tatami.
Solo
che il tatami – tutta la stanza, quindi – è già occupato.
Suigetsu
e Karin stanno spalmati davanti alla televisione - quella stupida
scatola per la quale Sasuke rifiuta di pagare il canone ogni due per
tre e che quindi funziona una volta su dieci – ad ingozzarsi
impunemente di quelli che, se la vista non l'inganna, sono dorayaki.
Dorayaki
che, a giudicare da forma e odore, qualcuno deve avere come minimo
cucinato.
E
che qualcuno abbia cucinato, quindi preparato, mescolato, cotto,
farcito, dorayaki nella cucina di Sasuke Uchiha – no, Naruto
rifiuta semplicemente il pensiero di Sasuke associato ad una padella
coi dorayaki – è quanto di più strano ed inquietante sia capitato
in quella casa, a parte forse lo sterminio del clan.
Naruto
si impone la calma, mentre si passa lentamente una mano dietro la
nuca, a scompigliare capelli già scompigliati.
«Che
guardate?» si costringe ad esordire, amichevole.
«Il
quiz a premi sul canale tre!» comincia rapidissimo Suigetsu, rivolto
verso Karin; e infatti subito dopo le ha sfilato il telecomando dalle
dita lo sta agitando come se potesse incrementarne il funzionamento.
Indignata,
Karin lo spintona di lato: Suigetsu ficca un palmo nel piatto e i
dorayaki – quegli inquietantissimi dorayaki – schizzano in giro
come shuriken. Uno colpisce i piedi nudi di Naruto, che abbassa lo
sguardo e lo osserva ancora con perplessità, come facesse fatica ad
ammettere l'effettiva esistenza di quella cosa.
Dorayaki
fatti in casa: il mondo è andato alla rovescia il tempo esatto a
consentirgli di far la spesa.
«Ridammelo
subito, stupida pozza!»
Il
telecomando scivola via dalle mani di Suigetsu – ormai brutalmente
ridotto ad una macchia d'acqua dai pugni di Karin - e colpisce il
gatto, intento a linguettarsi innocentemente il pelo acciambellato
davanti alla porta finestra.
«Ehi!»
tenta Naruto. La pila di fogli che tiene in mano gli impedisce di
accorrere in aiuto di Naruto Due e visto che quello è si è già
lanciato fuori, saltando giù dall'engawa e filando in giardino, il
jinchuuriki decide che può rivolgersi direttamente ai due isterici
che si stanno scannando davanti alla tv. Adesso c'è su una soap
doppiata male, di quelle in diecimila e rotta puntate che vengono da
oltreoceano per volere di nonsisachi. E a quanto pare è
esattamente ciò che Karin desiderava vedere; la kunoichi infatti si
alza, recupera il telecomando con uno sbuffo seccato e torna altera
ad accomodarsi davanti alla tv, in una posa composta che poco si
addice agli strepitii isterici cui Naruto ha assistito solo due
secondi prima.
Indeciso
sul da farsi, il jinchuuriki opta per sistemarsi davanti al tavolo ed
ignorare tv ed ospiti. Dopotutto, ha visto Sakura leggere grossi
manuali di medicina persino nel caos del pronto soccorso o in altri
luoghi ben più affollati e rumorosi del salotto di casa Uchiha, che
pur con tutta la buona, rumorosa volontà di Suigetsu e Karin, resta
comunque il salotto di una casa isolata nel mezzo di un quartiere
isolato.
Non
dovrebbe essere troppo difficile concentrarsi, quindi; basterà
mettersi a leggere con attenzione i documenti, anche se sono noiosi a
morte, compilare quel che c'è da compilare e redigere quel che c'è
da redigere: facile come bere un bicchier d'acqua.
Sei
secondi dopo, Naruto si ritrova a sospirare in direzione della
finestra per la terza volta, indeciso se chiuderla o meno, dato che
entra aria abbastanza fresca, e a cambiare posizione, senza riposo;
sospira un poco, metà orecchio pieno del chiacchiericcio colmo di
pathos forzato che proviene dalla televisione, almeno quando l'audio
non fa i capricci e le voci dei protagonisti finiscono risucchiate in
egual misura dai fruscianti disturbi di frequenza e le botte secche
che Karin assesta al povero vecchio elettrodomestico.
Naruto
storce il naso e torna con gli occhi sui fogli, deciso.
Deve
compilare una lista di rapporti per ordine cronologico e divisi per
gradi ed è già la terza volta che scambia le date e ficca le
missioni di livello A nell'elenco delle D; praticamente ha regalato i
requisiti per l'esame di selezione chuunin a metà dei genin freschi
diplomati.
Emette
un mezzo rantolo esasperato mentre la penna impatta sul tavolo e poi
rotola già prima che lui, impegnato a tenersi la testa tra le mani,
riesca ad afferrarla.
E'
tentato dal lasciarla lì e scoprire finalmente se Sanae abbia
davvero fatto sesso con il fidanzato di sua figlia scambiandolo per
suo marito, ma quando fa per voltarsi in cerca dello schermo, appena
nascosto dalla chioma rossa di Karin, si ritrova davanti la faccia di
Suigetsu Hozuki.
«Oi.»
Naruto
sobbalza e la pila di fogli si inclina di lato.
«Oi»
ribatte con notevole perplessità, scostandosi un poco d'istinto,
almeno per riuscire a mettere a fuoco il naso dell'interlocutore.
Suigetsu
se ne sta accovacciato sulle punte dei piedi, una bottiglia d'acqua
saltata fuori da chissà dove tenuta mollemente in mano e tutta
l'aria di voler chiacchierare con lui per ingannare il tempo.
«Senti
un po', mi stavo chiedendo... tu a che servi?» domanda, come stesse
informandosi distrattamente della sua salute o chiedendo informazioni
sull'ubicazione del bagno.
Naruto
aggrotta le sopracciglia e lo osserva stralunato mentre quello si
scola un mezzo litro d'acqua con un sorso senza cambiare posizione.
Continua a fissarlo con blando interesse.
«Cosa?»
risolve il jinchuuriki, quando ammette che no, non ha capito la
domanda. Suigetsu non muta espressione, però si accomoda a gambe
incrociate proprio accanto a lui; pare un marmocchio cui sia stata
promessa un storiellina per passare il pomeriggio.
«Insomma,
sai... a che gli servi?» ripete, ammiccando alla parete,
oltre il corridoio, nella cucina da cui provengono rumori soffici di
rimestio culinario non meglio identificato.
Naruto,
impegnato a rimettere in sesto la sua pila di fogli, riesce abilmente
a colpire l'altra con un gomito, provocandone il crollo.
«Merd...
non ti seguo. A che gli servo cosa?» domanda, del tutto
genuinamente, mentre si affanna a rimettere insieme il mucchio di
fascicoli. Alle loro spalle, Karin manda a fare in culo Sanae e
Tetsuo, impegnati in un litigio appassionato che dai presupposti ha
pari possibilità di concludersi nell'ennesima storia d'amore come in
una tragedia domestica con annesso omicidio, e Naruto si convince
definitivamente d'essere soggetto a gravi cali d'attenzione.
Suigetsu
comunque non si scompone; inclina la testa di lato, manda giù un
altro sorso con espressione pensosa – o stupida, dipende dai punti
di vista – e poi torna a puntare le pupille in quelle di Naruto.
«Intendo,
stai qui a fare che? Perché ti tiene qui?»
Naruto
strabuzza gli occhi, mentre il sospetto di essere preso in giro si fa
largo con prepotenza.
«Che
diavolo... non sono mica un pesce rosso! Sto qui perché... insomma,
sto qui» conclude indispettito. Si volta di nuovo tutto verso
il suo fogliame burocratico, in un chiaro invito a voler essere
lasciato in pace.
Lo
spadaccino resta a studiarlo per un po' mentre lui finge con poca
abilità di scribacchiare qualcosa, deconcentrato, e poi scoppia a
ridere di gusto, tenendosi la pancia e sbatacchiando l'acqua. Karin
si volta e intima uno «sssh!» poderoso che soffoca del tutto la
dichiarazione romantica di Tetsuo.
«Certo
che voi jinchuuriki siete proprio ridicoli!» continua a sghignazzare
Suigetsu. «Quello dell'Hachibi è matto come un cavallo, ma pure tu
sei strano forte» spiega ilare, reggendosi il mento col palmo e
sorridendo sfacciato.
Naruto
si indispone abbastanza da provare l'intimo desiderio di spaccargli
la faccia; lascia perdere i fogli e si volta del tutto, piantando i
palmi sulle ginocchia.
«E
con questo che vorresti di-»
«E
non mi hai ancora detto perché Sasuke ti tiene qui!» prosegue
l'altro, noncurante. Ha qualcosa di infantile negli atteggiamenti, ma
un luccichio sinistro negli occhi che, lungi dal farlo somigliare ad
un bambino, lo rende largamente inquietante.
Naruto
neanche vi presta attenzione, troppo preso ad imbufalirsi per le
domande cretine.
«Si
dà il caso che io sia...» sta per dire “il suo migliore
amico”, ma all'improvviso la definizione gli pare non solo
parzialmente imbarazzante e stucchevole da sputare sul naso di quella
faccia da schiaffi di Suigetsu Hozuki, ma anche bizzarra, limitativa,
ambigua; quindi si blocca a mezz'aria, con la frase in sospeso, il
tono già alterato che ha richiamato anche l'attenzione di Karin.
Boccheggia
un istante e poi rincara, con un dito teso.
«Che
diavolo te ne importa, non è affar tuo! E poi senti ci parla! Te
cosa saresti?!» bercia, arrossendo e facendo frusciare un bel po' di
fogli per via dello spostamento d'aria causato da suo gesticolare.
Suigetsu
pare non fare neppure caso al suo tono di sfida, né si scompone per
via di quell'indice puntato in mezzo agli occhi.
Storce
giusto un po' il naso e raddrizza il mento, prima di proferire con
evidente quanto ingiustificato orgoglio: «beh, si dà il caso che io
sia il suo braccio destro. Quello con la spada!»
Karin
rotea gli occhi al cielo; inclina il capo nella loro direzione con un
dorayaki mordicchiato tra le labbra.
«Certo,
certo» li liquida, facendo zapping. «Da come la mettete, sembra
quasi che ve lo dobbiate sposare» sfotte, con una chiara punta di
fastidio e due di acidume.
«No,
racchiona, quella sei te, eh!» ribatte Suigetsu, pronto. «O anche
Juugo, volendo» aggiunge, pensoso.
«Ma
taci, piscio che non sei altro! Sei davvero idiota».
«Mai
quanto te, cretina! E adesso fammi guardare quell'accidenti di quiz»
sbuffa forte e si alza di colpo, lasciando Naruto seduto a pugni
stretti davanti al tavolo.
Karin
ne segue i movimenti con palese ostilità.
«Col
cazzo, sanguisuga. Non me ne frega niente del tuo stupido quiz».
«Dammi
il telecomando, non ho intenzione di subire ancora le pene d'amore di
qualche stupido adultero» mugghia lo spadaccino, appena prima di
allungarsi per afferrare l'oggetto.
Karin
lo agguanta prima di lui, tendendo il braccio svelta, e gli sferra un
calcio in faccia.
Subito
dopo, Suigetsu si è ricomposto solo per venir calciato ancora, ed i
due sono presi da una durissima lotta per il possesso del telecomando
incriminato, a scapito di cose e persone. Il piatto dei dorayaki è
il primo a sfracellarsi sotto una pedata di Karin.
«Ehi!»
si alza Naruto; i fogli crollano e lui li ignora, così come Suigetsu
e Karin ignorano lui e continuano a pestarsi, bagnando pavimento e
muri e distruggendo quel che finisce nei pressi di gomiti e pedate.
«Ehi!»
ripete, più forte.
Completamente
invisibile, inudibile e profondamente scocciato, il jinchuuriki
decide di avvicinarsi con tutta l'intenzione di dividere quei due
psicopatici con le maniere forti.
Ha
già schivato una manata, lanciato un paio di insulti ed afferrato
Suigetsu per le spalle unendosi agli ululati vari, quando Sasuke fa a
sua maestosa comparsa.
«Piantatela
con tutto questo chiasso» ammonisce, in un basso rombo di tuono.
Il
pollo è tornato a stanziarsi sulla sua spalla e scruta tutti
con fare minaccioso, quasi quanto quello del suo trespolo umano. Solo
che a differenza di Sasuke, che sta fermo immobile a braccia
conserte, l'animale non la pianta un secondo di agitare le ali e far
schioccare il becco.
Karin,
i polsi stretti tra le mani di Suigetsu ed un piede sulla sua
guancia, assume un'espressione di vago imbarazzo.
«Ha
cominciato questo imbecille, Sasuke!» trilla, stampando la suola
sulla faccia dell'imbecille e ignorando la trafila di insulti che
quello guaisce in risposta.
«Non
mi interessa chi ha cominciato» ribatte il padrone di casa, con
sottile furia. «E tu smettila di dargli corda e fa' qualcosa di
utile, usuratonkachi» aggiunge con maggiore durezza, tutto rivolto a
Naruto, ancora saldamente avvinghiato al collo di Suigetsu nel
tentativo duplice di strangolarlo e staccarlo da Karin e con un piede
su una montagnola di dorayaki orfana di piatto. Alle spalle del
gruppo attorcigliato, la tv ronza di righe grigie.
Sasuke
piega un poco la testa con aria di pazienza e gira i tacchi per
raggiungere la cucina; dalla porta fa capolino Juugo in tenda blu e
grembiule, una frusta in mano e una ciotola con litri di pastella
nell'altra, il che spiega almeno i dorayaki, anche se Naruto non è
sicuro di come considerare la cosa: se consolarsi perché
effettivamente non è Sasuke la piccola cuoca o chiedersi perché
accidenti lui abbia consentito ad un omone di due metri di mettersi a
giocare alla casalinga nella sua cucina.
Il
tempo che Sasuke sparisca oltre Juugo e questi faccia per seguirlo,
che ricominciano gli schiamazzi; un calcio di Karin trapassa la testa
ormai completamente liquefatta di Suigetsu e colpisce Naruto dritto
sul naso. Il jinchuuriki si sente volar via senza neanche avere il
tempo di realizzare cose gli sia capitato.
A
quel punto accadono molte cose contemporaneamente.
Un
litro di pastella ed una frusta di metallo vengono sbalzate in aria e
piroettano fin quasi al soffitto; il setto nasale di Naruto devia
tragicamente dalla sua sede e uno schizzo di sangue traccia la
traiettoria dinamica tra il piede di Karin, ancora sospeso nell'aria,
fino all'attuale ubicazione della faccia del jinchuuriki, spiaccicato
schiena contro una tenda blu; Juugo, con il suddetto jinchuuriki di
media statura e normopeso avvinghiatoglisi addosso d'istinto per non
crollare al suolo, finisce mezzo soffocato dalla sua stessa tenda,
annaspa e tossisce, finché sul suo corpo il marchio non comincia a
estendersi a velocità vertiginosa; il tutto mentre Karin emette un
urletto isterico, Suigetsu si ricompone e spalanca gli occhi ed il
falco pellegrino di tre chili prende a starnazzare come un
indemoniato, facendo sfuggire a Sasuke una mezza imprecazione - quasi
discreta e pacata, in tutto quel trambusto - quando gli artigli della
bestiaccia si sollevano dalla sua spalla senza alcuna delicatezza.
L'istante
successivo, non appena il piumaggio terroso del volatile esce dalla
sua visuale per sparire in corridoio, l'ex nukenin attiva lo
sharingan e fa per voltarsi verso Juugo per cercarne lo sguardo.
E
mentre quello ha già dirottato la sua furia contro Naruto e sta per
sbatterlo in terra con violenza, Sasuke, i sensi tutti tesi ad
evitare un altro sterminio in quella povera casa, avanza di un passo
solo per ritrovarsi dritto sulla traiettoria della pastella in caduta
libera; il tempo di incatenare lo sguardo di Juugo a sé, appena
prima che quello colpisca Naruto, e la sostanza giallastra semifluida
gli piove in testa schiantandosi con un unico suono scrosciante e
pastoso. Si allarga tutt'intorno e schizza, lasciandogli addosso la
sensazione di avere avuto un contatto ravvicinato con la lingua di
Orochimaru, presto sostituita dallo schianto sordo della ciotola che
gli finisce davanti agli occhi. Neanche a farlo apposta, sotto la
sguardo un poco allucinato di Karin e Suigetsu, finalmente
ammutoliti, la frusta va a sbattere direttamente sul fondo del
contenitore, amplificando il colpo come se la testa di Sasuke fosse
stata infilata direttamente in una campana.
Il
secondo dopo, persino il falco pellegrino smette di starnazzare.
Nda
Un
conbini è una sorta di minimarket che vende un po' di tutto, ad
orario continuato.
Per
quanto riguarda la lista della spesa scritta da Sasuke: gli udon
sono spaghetti di grano, lo shoyu è semplicemente la salsa di soia e
il konbu è un'alga che si utilizza sovente in cucina. In pratica è
tutta roba piuttosto comune che pensavo fosse probabile trovare in
una dispensa.
I dorayaki sono dolci ripieni di anko (la marmellata di fagioli rossi),
piuttosto semplici da preparare in casa.
La
soap opera seguita da Karin è ricalcata sugli ultimi risvolti di
Beautiful XD
Per
quel che riguarda la televisione... a casa di Sasuke ce n'è una
(#21), mi sono presa la libertà di supporre che ci siano anche
annessi palinsesti e programmi (e spero di cavarmela con l'avvertimento
demenziale, che ci sta con tutte le scarpe XD).
Il
titolo della boiata viene dall'omonimo romanzo di Ian McEwan,
Cortesie per gli ospiti (The Comfort of Strangers), che devo
ancora leggere XD quindi non ho idea di cosa parli se non in linea
generale, e temo che con questa roba non c'entri un beneamato
fischio. Sì, è esattamente come sembra: non avevo uno straccio di
titolo e mi sono quindi dovuta attaccare ad una povera, illustre
vittima.
Ultima
cosa: questa roba ho cominciato a scribacchiarla mesi fa, quando
Sasuke non era ancora sbroccato del tutto (#51) ed io non seguo le
scan, quindi si regola di conseguenza (cioè Sasuke non è
completamente pazzo e Karin non vuole giustamente prendere la sua
testa e farci un paralume, cosa che mi parrebbe più che legittima).
Ahn, e poi oggi è il ventitrè luglio *impreca alla sua stessa demenza*