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Autore: _KyRa_    24/07/2011    5 recensioni
[ Sequel di What if...? ]
Sgranava e stringeva a scatti gli occhi.
Non aveva mai provato una sensazione tanto sgradevole e mentalmente pregava perchè non durasse ancora a lungo.
Sentiva come se la stessero squarciando a metà, senza ritegno, e salate lacrime si andarono a mischiare con il sudore sul suo viso.
Gli ultimi minuti furono i più orrendi, i più insopportabili e strazianti, fino a che non udì un potente pianto liberarsi in quella sala popolata di dottori in camice verde.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'This is it.'
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Twenty-One.




Ciao, Tom, mi chiamo Jacqueline e sono americana. Non hai mai fatto caso a me, ma io ti ho visto tante di quelle volte, che ormai ho perso il conto. Non riesco ad addormentarmi la sera, senza che il tuo pensiero faccia capolino nella mia mente. Più passa il tempo e più sento il bisogno di conoscerti. Qui sotto ti lascio il mio numero di telefono ed il mio indirizzo, sperando che tu possa farti sentire e conoscermi. Un bacio, J.


Sbatté le palpebre più e più volte.
Era lei la cretina che non riusciva a comprendere l'utilità di quella lettera o era effettivamente così? Non che questa l'avesse sconvolta più delle precedenti, ma spesso si domandava cosa passasse per la testa delle ragazze, nel momento in cui la penna veniva afferrata dalle loro dita. Sul serio era convinta che il chitarrista, il quale non conosceva nemmeno la sua faccia, l'avrebbe chiamata?
« Signore, aiuta queste poverine, ti prego. » mormorò Monique, seriamente preoccupata per la loro sanità mentale.
« Sono i miei occhi che fanno cilecca o stai sul serio parlando con Dio? »
Non appena sollevò lo sguardo, notò proprio il diretto interessato della lettera sulla soglia della porta dell'ufficio di Monique. Quest'ultima sventolò la lettera, facendogli segno di avvicinarsi. Tom ubbidì ed afferrò il figlio di carta, leggendone poi il contenuto.
« Mmm, interessante. » commentò sarcastico, una volta che ebbe finito.
« Tom. » borbottò la mora.
« Stavi pregando perché io non mi segnassi il numero? » domandò il ragazzo, malizioso, mentre si avvicinava a lei, dopo aver posato nuovamente la lettera sul tavolo.
« No, pregavo perché questa povera ragazza non passi le sue giornate ad attenderti alla porta di casa, speranzosa, fino a star male. » rispose Monique, mentre il chitarrista la stringeva da dietro, fino a darle un bacio sulla testa. Quest'ultimo ridacchiò appena.
« E sei io decidessi di far diventare il suo sogno realtà? » Monique si voltò verso di lui, con espressione indagatrice. « Scherzavo. » aggiunse Tom, così che Monique si voltasse nuovamente verso il tavolo, sempre stretta dalle sue braccia.
« Potrei essere gelosa. »
« Potresti? »
« Potrei. »
« Anch'io potrei essere geloso del fatto che oggi ti vedi con Christian. »
Monique si voltò nuovamente verso di lui, mentre lui si staccava da lei per fare il giro del tavolo e tornarle di fronte.
« Mi vedo con Christian? Gli faccio conoscere la bambina, non mi vedo con Christian. » precisò, un po' risentita di quell'affermazione.
« Beh, passerete una giornata al parco, insieme. » continuò il chitarrista, senza guardarla negli occhi, con apparente calma.
« Questo perché non voglio lasciare Eveline da sola con lui. Almeno non la prima volta. » Tom si limitò ad annuire, continuando a non guardarla. Forse, se l'avesse guardata, le avrebbe spiattellato in faccia tutta la verità. Le avrebbe detto che era geloso marcio; le avrebbe detto che non voleva assolutamente che si incontrasse con Christian e che Eveline lo conoscesse. Ma doveva essere comprensivo. D'altronde era stato proprio lui ad incoraggiarla, poiché gli sembrava la cosa più giusta da fare, ma ora si stava pentendo spudoratamente di tutto ciò. « Vieni con me. » propose all'improvviso Monique. Tom sollevò lo sguardo corrucciato su di lei.
« Cosa? » domandò, credendo di non aver capito bene.
« Vieni con me. Stai al parco con noi. Tanto il servizio fotografico è alle due, no? L'appuntamento è alle cinque. D'altronde, sei il mio ragazzo, non vedo perché non dovresti esserci. »
« Non riuscirei a sostenere di nuovo la sua presenza, lo prenderei a pugni. »
« Ci sarò io ad evitare che questo accada. Te lo leggo negli occhi che vuoi venire a marcare il tuo territorio. »
Tom la guardò ridacchiare e riuscì ad ammorbidire i muscoli, lasciandosi andare in un lieve sorriso.
« Posso stuzzicarlo? » chiese, eccitato al solo pensiero.
« Dipende in che modo. »
« Potresti strusciarti addosso a me per tutto il tempo? Godrei come un cane nel vedere la sua faccia. Anzi, facciamo direttamente l'amore su una panchina, davanti a lui? »
Monique scoppiò a ridere, decisamente colpita dalla fantasia del chitarrista.
« Ti devo ricordare che ci sarà anche Eveline? » domandò divertita.
« Ah, giusto. » la sua euforia si spense all'improvviso. « Beh, vorrà dire che gli daremo fastidio in altri modi. » concluse, per poi incamminarsi verso la porta dell'ufficio, per uscire. Proprio qualche secondo prima però si fermò e si voltò nella direzione della mora, con un sorriso furbo in volto. « Avresti fatto sul serio l'amore con me sulla panchina, se non ci fosse stata Eveline? » le domandò interessato.
La mora sollevò lo sguardo sul suo e sorrise maliziosa.
« Può darsi. » rispose. Il chitarrista sollevò le sopracciglia compiaciuto.
« Bene, la prossima volta, so dove portarti. »


« Sicura che sia una buona idea far venire anche Tom con te? » domandò Jessica, piuttosto preoccupata.
Monique sospirò appena. Sapeva di aver azzardato e non poco con quella proposta al chitarrista, ma gli era venuta talmente spontanea, che non era riuscita a controllarsi.
« Sto cercando di auto convincermi di aver fatto la cosa giusta. Per favore, non farmi venire ancora più dubbi di quelli che già ho. » mormorò la mora, decisamente poco incoraggiata da quella domanda.
« Sai com'è fatto Tom e sai anche com'è fatto Christian. Pensi che riuscirebbero a passare un pomeriggio assieme senza mettersi le mani addosso? »
« Confido nel buon senso di Tom. »
« Allora siamo rovinati. »
« Jess! »
« Scusami ma, sinceramente, riesci ad accostare la parola “buon senso” al nome “Tom”? Ti prego, sii oggettiva. »


« Okay, sposta un po' la testa a sinistra. Così, perfetto. »
Gustav Shäfer odiava terribilmente posare per un servizio fotografico. Più il tempo passava, più si domandava cosa ciò potesse c'entrare con il reale lavoro che aveva scelto di fare: il musicista. Che bisogno c'era di farsi scattare tutte quelle foto?
Nel frattempo, dall'altra parte della stanza, Tom Kaulitz fremeva dall'agitazione per tutto un altro motivo.
« Bill, non sono sicuro di riuscire a trattenermi. Oggi, quello, lo stendo. » borbottò, continuando ad osservare le mosse del batterista, a qualche metro da lui.
« Tomi, non fare cazzate. » ribatté tranquillamente il vocalist, senza nemmeno guardarlo negli occhi.
« Certo, è facile, per te, dirlo. »
« Beh, allora, sappi che se esce un solo giornale con le foto di te e Christian che vi prendete a botte, non ti lascerò nemmeno il tempo di guardarle e darti del coglione da solo. »
« Sai, non è con le minacce che mi aiuti. »
« Oh, ma io non ti ucciderò se anche tu terrai le tue manine a posto. »
Il chitarrista scoccò una veloce occhiata in direzione del moro e poi tornò a concentrarsi su Gustav. Prevedeva una giornata decisamente lunga e faticosa.


Non appena il campanello trillò, Monique si precipitò alla porta, ad aprire. Il chitarrista comparve da dietro essa e le sorrise amorevolmente, prima di schioccarle un bacio sulle labbra.
« Pronta? » le domandò, dopo aver richiuso la porta.
« Sì. Aspetta, che mi metto la giacca. Tu intanto prendi Eveline. »
Tom obbedì e si avvicinò al divano, dove sedeva la bambina, intenta a giocare con il proprio pupazzo.
« Hey, piccina. » le sorrise, chinandosi appena, per guardarla negli occhi. Eveline sorrise contenta.
« Tao. » rispose.
« Vieni in braccio a Tom, così andiamo al parco? » le domandò con dolcezza. La morettina annuì entusiasta ed allungò le braccia verso di lui, il quale la prese da sotto le ascelle e se la poggiò su un fianco. Sorrise non appena la bambina gli circondò il collo, stringendosi a lui.
Il suo cuore sembrava impazzito. Era sempre un'emozione unica vedere come Eveline si era affezionata a lui.
« Andiamo? » fece Monique, per poi uscire di casa sorridente, assieme alla sua... Famiglia.


Tom guidava con apparente tranquillità. Affianco a lui, Monique osservava distrattamente il paesaggio che sfrecciava veloce accanto a lei, mentre Eveline, sul seggiolino dei sedili posteriori, faceva uno dei suoi soliti discorsi senza senso, ma divertenti.
« Mi sento un padre che porta la sua famiglia al parco. » disse all'improvviso Tom in un lieve sussurro, così che lo sentisse solo Monique, mentre un sereno sorriso era dipinto sulle sue labbra. « E ti dirò di più: mi piace. » ridacchiò successivamente, smuovendo anche la mora.
« Anche a me piace. » mormorò lei, per poi sentire la propria mano venire racchiusa nella stretta dolce e protettiva di quella di Tom.
« Arrivati. » annunciò all'improvviso lui, accostando e spegnendo poi il motore. « Forza e coraggio. » aggiunse prima di infilarsi gli occhiali da sole, il cappellino di lana e la sciarpa, per evitare che qualche fan impazzita o paparazzi vari lo riconoscessero. Fece il giro dell'auto per prendere in braccio Eveline e poi, assieme a Monique, si incamminò all'interno di quell'enorme ed affollato parco.
Bambini di ogni età correvano da una parte all'altra, sperimentando tutti i tipi di giochi che trovavano a disposizione, mentre i genitori sedevano alle panchine, intenti a chiacchierare e fare conoscenza.
« Dovrebbe essere qui, da qualche parte. » borbottò Monique, guardandosi attorno.
« Beh, noi intanto rilassiamoci e godiamoci questa giornata. Quando arriva, arriva. »
« Chi alliva? Tia Gege? » domandò all'improvviso la bambina, con le braccia strette al collo di Tom.
« No, tesoro, Jessica ha da fare. » rispose la madre.
« Arriva un... Vecchio amico della mamma. » intervenne Tom. Come scusa sembrò bastare, perché la piccola non disse altro. Semplicemente tornò ad osservare il parco in silenzio. « Vuoi camminare un po'? » le chiese all'improvviso il ragazzo.
« Tì. » rispose la morettina, prima di essere posata gentilmente a terra. Tom le prese la piccola manina e tornò a camminare con lei al seguito, mentre Monique sorrideva intenerita.
« Sei tremendamente bello e dolce da vedere. » mormorò rossa in viso. Tom si voltò verso di lei e le sorrise teneramente; allungò un braccio e le circondò le spalle, avvicinandola a sé. Le schioccò un bacio sulla tempia e continuò a camminare senza lasciarla andare.
« Io sono sempre bello e dolce da vedere. » le sussurrò all'orecchio, causando una leggera risata nella mora.
« Ma che allegra famigliola. »
A quell'affermazione, entrambi si voltarono, come scottati. A Tom venne spontaneo riprendere in braccio Eveline, la quale si strinse a lui più forte del solito.
Christian sostava di fronte a loro, con le mani in tasca ed uno strano ghigno sulle labbra.
« Ciao. » cercò di risultare civile Monique.
« Non mi avevi detto che sarebbe venuto anche lui. » commentò sprezzante il biondo.
« Sai, è il mio ragazzo e può venire ovunque egli voglia. » ribatté Monique, senza apparentemente scomporsi.
« Oh, certo, certo. Il tuo nuovo ragazzo. »
« Beh, se hai finito, ti faccio conoscere mia figlia. » Christian non rispose, quindi Monique afferrò Eveline dalle braccia di Tom. « Amore, lui è il mio amico di cui ti parlavamo prima. Christian. »
Tom sentì una tremenda fitta di gelosia, solamente nell'istante in cui quelle due paia di occhi blu, identici entrarono in contatto. Ci fu un attimo di silenzio, da parte di tutti, in cui si poteva udire solamente lo schiamazzare degli altri bambini, attorno a loro.
« Ciao. » salutò il ragazzo in direzione della piccola. Non un sorriso, non un sguardo affettuoso. Semplicemente freddezza, come stesse parlando con una sua coetanea che non aveva niente a che fare con lui.
L'espressione di Eveline immediatamente mutò e si strinse maggiormente alla mamma, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
Per forza, pensò Tom, una freddezza del genere può solo spaventarli, i bambini.
« Su, Eve, saluta. » la incoraggiò Monique.
« Sa parlare questa bambina? » chiese scocciato il ragazzo.
« Non ti permettere. » intervenne Tom.
« Nessuno ti ha interpellato. »
« Ci calmiamo, per favore? La bambina è già agitata. » disse Monique, mentre carezzava la schiena della piccola, la quale si stringeva a lei sempre più forte. « Dai, Eve, tranquilla, non ti mangia mica. » cercò poi di calmarla.
La morettina, con sguardo quasi spaventato, si voltò verso Christian. Sembrava stesse per piangere.
« Tao. » sussurrò, impercettibilmente.
« Posso metterti giù? » le domandò quindi Monique, con dolcezza. Eveline non disse nulla, perciò la mora la poggiò piano a terra.
« Quanti anni hai? » le domandò privo di interesse Christian, nonostante lo sapesse perfettamente. Eveline sollevò due dita. « Hai già due anni e non parli? »
Eveline aggrottò le sopracciglia e si strinse alla gamba di Monique.
« Ma lo fai apposta a farla sentire a disagio? » gli domandò la mora, decisamente scocciata.
« Cosa le avrò mai detto? » ribatté Christian.
La giornata andò avanti allo stesso modo e sembrava la situazione volesse addirittura peggiorare ogni secondo di più. Monique vedeva perfettamente quanto Christian non piacesse a sua figlia e un po' la cosa, egoisticamente parlando, la risollevava. Era tremendamente gelosa di un loro possibile rapporto e sapeva che anche a Tom dava fastidio l'idea.
Aveva persino provato a lasciare Eveline un po' da sola con il padre, ovviamente a pochi metri di distanza, ma subito la piccola l'aveva di nuovo cercata.
Intanto non era passato attimo in cui il chitarrista non avesse provato soddisfazione nell'infastidire Christian, schioccando qualche bacio a Monique, tenendola per mano o abbracciandola di tanto in tanto. Voleva ad ogni costo farlo sentire inappropriato. Voleva ribadire in ogni maniera che loro due, anzi tre, avevano già trovato un proprio equilibrio, che stavano bene così e che non c'era assolutamente bisogno che lui arrivasse a guastare quella quiete.
Apparentemente stava funzionando perché il ragazzo era sempre più scocciato della presenza di Eveline e soprattutto di quella di Tom. Si vedeva benissimo che moriva dalla voglia di scollarsi di dosso la bambina, nonostante fosse proprio quest'ultima a sentirne particolarmente il bisogno, e di prendere il chitarrista a botte, o semplicemente andarsene.
Non appena il sole calò e giunse l'ora di cena, finalmente Christian ritenne opportuno finire lì quella messa in scena.
« Io me ne vado. » esortò all'improvviso, tanto che Monique e Tom si scrutarono allibiti. « Direi che ho perso fin troppo tempo. »
« Sei stato tu a darmi appuntamento qui. » precisò Monique, piuttosto scocciata.
« Sì e preferirei non averlo fatto. »
« Se non ti piacciono i bambini, avresti dovuto metterlo in conto, prima di venire a fare casino a casa mia. »
« Pensavo fosse meno pesante il lavoro di genitore. »
« Meno pesante? Ma in che razza di mondo vivi? »
« In uno in cui i bambini non esistono e si sta a meraviglia. Avrei fatto meglio a non tornare. Avevo fatto bene ad andarmene, due anni fa. »
« Benissimo, allora vedi di non farti mai più rivedere! »
« Non sarà un problema. »
Detto questo, le diede le spalle e se ne andò. Monique strinse i pugni e cercò di reprimere il pericoloso istinto omicida che ormai aveva preso piede nel suo corpo.
« Ma tu guarda che razza di... Animale. Ha anche provato a dare la colpa a me. Come se avessi voluto io fargli conoscere Eveline. » mormorò la mora, mentre Eveline si era ormai addormentata in braccio a Tom, il quale le si avvicinò appena.
« Hey, non ci pensare. L'importante è che ce lo siamo tolti di mezzo. » la incoraggiò con voce calda e dolce, per poi darle un tenero bacio sulla tempia. « Hai visto che il mio piano ha funzionato? » si vantò poi fiero, facendo scoppiare a ridere finalmente Monique.


Quando entrarono allo studio di registrazione, poiché David aveva pregato Monique di fermarsi con Eveline, visto che non vedeva la bambina da un bel po' di giorni, sentirono un tonfo improvviso, un rumore di vetri in frantumi e dei passi affrettati. Fecero appena in tempo a notare una Jessica mezza nuda affrettarsi a chiudersi in bagno, proprio dopo essere uscita dalla stanza di Bill. Monique e Tom si scambiarono un'occhiata perplessa e poi il ragazzo le fece segno di aspettare, mentre lui raggiungeva la camera di suo fratello.
« Bill? » domandò una volta affacciatosi all'interno, dove notò il vocalist tirarsi velocemente su i pantaloni. « Che diamine stai facendo? » chiese di nuovo, questa volta con un sorrisetto malizioso sul volto.
« Ehm, io – vedi, io... » balbettò il ragazzo ma, prima che potesse completare la frase, Tom scoppiò a ridere e si fiondò su di lui per abbracciarlo e saltellare.
« Finalmente l'abbiamo fatto uscire dalla tana, fratellino! Gli abbiamo fatto prendere un po' d'aria! » esclamò, decisamente divertito. Bill, invece, era sempre più imbarazzato e combatteva con tutte le sue forze per farsi lasciare.
« Smettila! Ti sentono, cretino! »


Dopo aver poggiato Eveline ancora dormiente sul divano, Monique corse in bagno, dove si era chiusa precedentemente la rossa. Entrò in fretta e furia, senza bussare, per poi richiudersi la porta alle spalle ed osservare la sua amica con espressione maliziosa e curiosa al contempo.
« Voglio tutti i particolari più sconci che tu possa trovare! »


A tavola, Jessica e Bill erano seduti uno accanto all'altra ma muti come due tombe. Completamente imbarazzati, non si decidevano a sollevare lo sguardo dal proprio piatto o semplicemente intrattenersi in una conversazione con gli altri componenti della tavolata.
La felicità di Monique non era quantificabile; il suo sorriso partiva da un orecchio e le arrivava all'altro, ripensando al racconto della rossa, di qualche istanti prima.
Bill e Jessica avevano finalmente trovato l'occasione di dichiararsi l'un l'altra e, presi da una violenta scarica di eccitazione, si erano gettati fra le coperte, pronti a cominciare una lunga e passionale danza carnale.
Monique era semplicemente sorpresa dalla velocità con la quale si erano messi insieme quei due, se paragonata alla lentezza madornale che invece avevano impiegato lei e Tom, solo per capire di piacersi.
« Allora, Eve, ti sei divertita oggi al parco con mamma e Tom? » domandò all'improvviso David, mentre si portava alla bocca un po' di pasta.
« Clitan cattivo. » borbottò la piccola, gonfiando le guanciotte.
« Clitan? » domandò David corrugando la fronte, mentre si voltava a guardare Monique e Tom, come alla ricerca di una spiegazione.
« Christian. » gli venne in contro Monique. « Non le ha fatto un buon effetto. Ancora una volta si è rivelato per quello che è. »
« Beh, meglio così, no? Meno problemi. » ridacchiò Georg.
« Quello sicuro. » intervenne Tom, piuttosto convinto, mentre Monique gli posava una mano sulla sua.
« Amore. » sorrise teneramente.
« Quindi, stavolta, se n'è andato definitivamente? » si informò Gustav.
« Così sembrerebbe. » rispose la mora, tornando poi a mangiare.
« Tom e Bill tono flatelli, mami? » domandò all'improvviso la morettina, tirando appena la maglia della madre. Monique si voltò verso di lei e sorrise.
« Sì, tesoro, perché? »
« Io ho flatelli? »
Monique si scambiò una veloce occhiata con Tom, il quale aveva un'espressione perplessa in volto, e poi tornò a concentrarsi sulla bambina.
« Ehm, no... » rispose, non ben sicura di ciò che avrebbe potuto dirle.
« Allola lo voio acchìo. » concluse decisa la piccola, prima di spalancare nuovamente la bocca, in attesa di un nuovo boccone che Monique le avrebbe dato. Quest'ultima restò qualche istante con la forchetta a mezz'aria e gli occhi semi-sgranati, mentre le guance avevano preso ad imporporarsi violentemente.
« Hai capito, Tom? Mettiti al lavoro. » disse Georg con malizia, ricevendo in cambio un potente calcio allo stinco, che lo fece letteralmente piegare su se stesso, reprimendo una bestemmia.
« Pecché Tom? » domandò ingenuamente la bambina, dopo aver ingoiato.
« Perché dipende solo da lui l'arrivo del tuo fratellino. » sorrise amabilmente il bassista, beccandosi un ulteriore calcio, che lo fece piegare una seconda volta, con le lacrime agli occhi. Eveline, completamente ignara della lieve tensione che si era venuta a creare attorno, si voltò alla sua destra, buttando lo sguardo oltre la sua mamma, per arrivare a Tom.
« Tom, mi dai un flatellino? » domandò, con sguardo languido. Tom fu semplicemente ipnotizzato da quegli occhioni blu, così teneri, così pieni di speranza che lo scrutavano interamente. Si ritrovò a balbettare, non sapendo cosa rispondere, così si affrettò a venirgli in contro David.
« Beh, in attesa del fratello, magari Bill e Jessica ti fanno un amico. »
Questa volta la pedata partì da Bill e l'obiettivo, finalmente, non fu Georg.


Tom osservava Monique fare avanti e indietro per la stanza, intenta a prepararsi per infilarsi nel letto assieme a lui e dormire serenamente. La osservava rapito, mentre si spalmava la crema in faccia, mentre tornava in bagno per lavarsi i denti, mentre si spogliava per rimanere in intimo. Amava ogni cosa di lei, anche la più piccola. Era lentamente diventata come una droga, non avrebbe più potuto farne a meno.
« Ti amo. » soffiò timidamente. Ancora non si era abituato a pronunciare quelle due paroline così semplici all'apparenza, ma così difficili se pesate. Monique si voltò verso di lui sorpresa, trovandolo già sotto le coperte con la testa poggiata alla mano, intento ad osservarla con un tenero sorriso sul volto.
« Anch'io, amore. » rispose, rossa in viso. Nemmeno lei si era ancora abituata a quel particolare scambio di affetto.
« Vieni qui. » le disse poi lui, battendo appena una mano sul materasso, proprio accanto a sé. Monique, intenerita, sorrise e si avvicinò, fino a salire sul letto, nascondersi sotto le coperte e stringendosi poi al corpo piacevolmente caldo del chitarrista, il quale la avvolse con le proprie braccia, avvicinandosela il più possibile, mentre le baciava la fronte più volte, delicatamente e lentamente. « Pensavo... »
« Ahia. »
« Cosa? »
« Quando pensi, sei pericoloso. » Tom, senza dirle niente, con un tenero sorriso, le morse appena una spalla nuda, facendola sobbalzare fra le sue braccia. « Ecco, appunto. » ridacchiò la ragazza, dopo un gemito contrariato. « A che pensavi? » si informò quindi, incuriosita.
« Alla richiesta di Eveline. » ammise Tom. Monique corrugò la fronte e voltò il viso verso di lui, senza staccarsi dalla sua presa.
« L'ho detto io che pensare ti fa male. » commentò la mora, tornando a rilassarsi con la testa sul cuscino, mentre il chitarrista continuava a stringerla da dietro.
« Guarda che sono serio. » borbottò lui. « Amore, hai visto con che occhi me l'ha chiesto? »
« Sì ed erano gli stessi che usa quando siamo in un negozio e vuole che le compro qualcosa. »
« Ma un bambino è diverso. »
« Ed è proprio per questo che non ci devi pensare. È troppo piccola per capire quanto serio possa essere decidere di far nascere un altro essere umano. È ovvio che per lei è semplice; lei pensa sia come, appunto, un pupazzo: arriva appena lo vuole, ma non è così. » Si prese qualche momento di pausa, per poi voltarsi completamente verso di lui. « Tom, stai pensando ad un figlio? » domandò sconcertata.
« No. Cioè... Non lo so. » mormorò imbarazzato.
« Oh mio Dio. »
« In tutta onestà... Non mi darebbe fastidio. »
Monique lo osservò con occhi sgranati per qualche istante.
« Tom, il fatto non è non darebbe fastidio, è ricominciare da capo con pannolini ed una nuova vita da crescere, assieme ad un'altra bambina piccola. E poi, tu hai il tuo lavoro, te lo devo ricordare? »
« Che c'entra ora il mio lavoro? Come riesco a stare dietro ad Eveline, riuscirei a stare dietro ad un altro bambino. »
Monique sospirò e si alzò appena, per scrutarlo bene in faccia.
« Tom, tu mi stai seriamente dicendo che vorresti un bambino? » gli domandò, decisamente incredula, ma con la giusta serietà. Voleva capire alla perfezione cosa stesse passando per la testa del moro.
« Beh, mi piacerebbe averne uno nostro. Che assomigli a me e a te. » rispose, carezzandole appena la pancia.
« Ma c'è già Eve. »
« E le voglio un gran bene, ma non è nostra. È tua e di Christian; io sto solo facendo quello che dovrebbe fare lui, ma non mi chiamerà mai papà, capisci? »
« Ma lei è affezionata come se lo fossi. »
« Ed io sono felicissimo per questo, credimi, ma... Perché non averne anche uno nostro? Non ti piacerebbe? »
Monique si prese ancora qualche attimo, per poi sospirare e rimettersi giù, stringendosi nuovamente a lui, mentre le loro gambe si intrecciavano sotto alle lenzuola.
« Ma certo, certo che mi piacerebbe, Tom. Però, voglio dire, è una cosa seria. Ne sei davvero sicuro? Riusciresti a stare dietro a due bambini, con il tuo lavoro? » mormorò contro la pelle nuda del suo petto.
« Vi porterei ovunque, sempre con me. E comunque non è una cosa che dobbiamo decidere ora. Non ho detto che voglio questo bambino domani, anche perché sarebbe tecnicamente impossibile. » riuscì a far ridacchiare la mora. « Però, insomma, se devo guardarci insieme, un domani, ci vedo con Eveline ed un bimbo o una bimba nostri. Insomma, mi piacerebbe. »
Monique era semplicemente spiazzata da quel discorso. Non si sarebbe mai aspettata di sentire il suo ragazzo fare discorsi del genere. Non poteva credere che un tipo come Tom potesse già pensare ad un bambino tutto loro, ma non poteva nascondere che la cosa la riempiva di gioia, perché era l'ennesima conferma di quanto tenesse a lei.
« D'accordo, Tom. Avremo anche un bambino tutto nostro. » sussurrò serenamente, prima di chiudere gli occhi ed addormentarsi fra le sue braccia.

  
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