Anime & Manga > Rossana/Kodocha
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Autore: Lety_90    27/03/2006    7 recensioni
Voleva morire, andarsene, dimenticare i suoi occhi che per quei tre, lunghissimi anni, non l’avevano mai abbandonata.
Le piacevano tantissimo, i suoi occhi.
Così profondi.
Così sinceri.
Mai visto occhi più sinceri!
Sana sta per tornare in Giappone dopo tre anni a L.A. E dovrà fare i conti con il sentimento che si è lasciata dietro. Dopo la fine dell'Anime... perchè "Kodocha continua ovunque!"
Genere: Romantico, Malinconico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“For so many years we were friends

“For so many years we were friends

and, yes, I always knew what we could do…

but so many tears in the rain

felt the night you said

that love had come to you…”

“Per così tanti anni siamo stati amici

e, sì, ho sempre saputo cosa avremmo potuto fare…

ma molte lacrime nella pioggia

versai la notte che dicesti

che l’amore era venuto da te…”

“From Sarah with Love” by Sarah Condor

Tre anni prima…

“Sono qui, Kurata.”

Lei alzò gli occhi per un istante.

“Lo so. Ti vedo.”

Ultimamente le loro conversazioni erano così.

Scarne.

Prive di colore.

E lei non ne poteva più.

La fissò per un istante.

Da quando lei, la sua migliore amica, la sua ragazza… la sua anima gemella, era diventata una perfetta sconosciuta?

Perchè la sentiva così incredibilmente distante?

“Allora… cosa mi dovevi dire?”.

La vide mordersi il labbro inferiore, e provò una sensazione di dolcezza. Adorava quando lo faceva.

Ancora silenzio.

Poi…

“Parto, Akito.”

Nessuna risposta.

“Vado in America.”

Niente.

“Frequenterò la scuola d’Arti Sceniche a Los Angeles.”.

Lui non dava segno d’averla sentita.

“E non so quando tornerò.”

Alzò gli occhi profondi verso di lei.

Voleva morire.

“è la tua vita, Kurata. Non devi rendere a me…”.

Lei lo guardò con stizza.

“Non devo rendere a te? Non devo…”. Sospirò. “è tutto qui? non hai altro da dirmi?”.

Lui sorrise senza allegria. “Tanto, qualsiasi cosa io ti dica, tu partirai lo stesso, no?”.

Sana abbassò gli occhi velati di lacrime.

E se ne andò.

***

“Fiori?”.

“Ci sono!!” disse allegramente Tsuyoshi, stringendo poi con forza la mano della bella fidanzata.

“Palloncini?”.

Rei guardò Fuka. “Sana odia i palloncini!”.

Fuka gli scoccò un’occhiataccia. “lo so, proprio per questo voglio sapere se ci sono.”.

“Negativo, Fuka!”

“Akito?”.

Il biondo alzò gli occhi. “Cosa?”.

Fuka sbuffò.

“Sto facendo l’appello, Hayama. Ripeto: Akito?”.

Il ragazzo alzò la mano, sventolandola. “Presente signora maestra.”

Fuka sorrise, alzando il pugno in aria.

“Tutto perfetto ragazzi, ora manca solo…”

“Sana…” sussurrò Aya, lo sguardo fisso davanti a sé.

Fuka la guardò.

“Mi hai proprio letto nel pensiero, Aya. Sei diventata telepatica?”

La ragazza diede un calcetto all’amica, indicando una figura lontana, che stava uscendo dalla porta.

“No, idiota… SANA!”.

Tutti si girarono.

E, all’improvviso, Akito si sentì svenire.

“O – MIO – DIO…” disse Tsuyoshi, senza riuscire a non spalancare la bocca.

“è uno splendore” disse ridendo Fuka, correndo verso l’amica.

Akito, per una volta, non poté non dar ragione alla sua prima ragazza.

Sana era bellissima.

Avanzava verso di loro con passo sicuro di una donna ventenne pienamente realizzata di sé stessa. I capelli rossicci le ondeggiavano dolcemente dietro le spalle, ed era anche un po’ dimagrita.

L’abbraccio fra le due amiche fu interminabile. Entrambe avevano gli occhi lucidi, e si stringevano fra le risa.

“Sei tornata.”

“Sì”

“E sei sempre più brutta…”.

“Mai quanto te, Matsui!”.

Si sorrisero, prima di stringersi di nuovo.

“Non azzardarti a sparire di nuovo, Kurata.”.

Sana si asciugò una lacrima, e finalmente la paura lasciò il posto alla gioia più completa.

Improvvisamente, qualcuno l’abbraccio stretta stretta, e riconobbe il suo amico d’infanzia, Tsuyoshi. Lo strinse energicamente, e lui sputacchiò un po’, prima di guardarla.

“sei un fiore, Sana. Un vero fiore.”

Aya appoggiò una mano sulla spalla del fidanzato.

“Ehi, vacci piano, Tsuyoshi, o comincerò ad essere gelosa.”.

I quattro scoppiarono a ridere, sotto gli occhi profondi di una quinta persona.

Sana si girò, e quando incontrò le iridi scure di Akito, vi si perse dentro per un istante.

Un istante in cui il mondo scomparve. C’erano solo loro due, e il tempo sembrava non essere passato.

“Come… come stai?”.

Akito si infilò le mani nelle tasche dei jeans. “Bene. tu?”.

Sana scosse le spalle con noncuranza.

Attimo di silenzio.

“Kyoko?”

Il biondo la fissò. “Ti interessa davvero?”.

Altra scrollata di spalle.

Attimo di silenzio.

“Oh, al diavolo” disse all’improvviso lei.

Lo abbracciò di slancio. Voleva sentire il suo profumo ancora per una volta.

Dapprima Akito spalancò gli occhi, incredulo. Era la prima volta, da quando la conosceva, che era lei a prendere l’iniziativa.

L’odore di lei gli giunse dolcemente. E sorrise.

Non era proprio cambiato.

Pesca.

Era lei… la sua Sana. E non gli interessava se ormai da 3 anni non era più così.

Lei sarebbe sempre stata sua.

“Mi sei mancata da morire, Kurata.”

Sana gli sorrise, dandogli un buffetto sulla guancia.

“Anche tu, Hayama.”

***

Il volo l’aveva stressata, ma non era riuscita a riposare per niente.

Era nel suo vecchio letto, nella sua vecchia casa.

Quello stesso letto che l’aveva accolta per tanti anni. Che aveva custodito le sue lacrime, le sue risa, ed i suoi baci.

I suoi primi veri baci. Sempre e solo con lui.

Lo stesso letto in cui era diventata una donna, e in cui lui era diventato un uomo.

Lei era diventata la sua donna, e lui il suo uomo.

Eppure qualcosa c’era, di diverso.

Quel letto non avrebbe più ospitato il suo ragazzo di sempre.

Guardò l’orologio. Era ancora presto per chiamare Sean?

“Oh, fa niente!”. Prese il telefono e fece la sua prima chiamata internazionale.

“Pronto.”

La voce di Sean le giunse lontana, e si ritrovò a sorridere.

“Ciao, sono io!”.

“Sana, tesoro, com’è andato il viaggio?”.

“Benissimo. E voi, là, tutto ok?” chiese con interesse, nonostante la lontananza si facesse già sentire.

“Tutto ok. Kameron sta già andando di matto, e Faith non vede l’ora di rivederti.”.

Sana provò una certa malinconia. Non aveva ancora detto ai suoi amici americani che lei, purtroppo, aveva deciso di non tornare.

“Non so quando potrò tornare, Sean. Vi farò sapere presto.”

Parlarono ancora un po’ del più e del meno, fino a quando il campanello dell’enorme casa non suonò.

“Ti devo lasciare, Sean. Qualcuno a suonato.”

“A presto, Kurata.”

Silenzio.

“Ti amo…”.

Lei rise. “Mi manchi anche tu.”

***

Il giovane si stropicciò le mani con foga, e fece vagare i suoi luminosi occhi celesti per tutto il giardino.

Aveva sentito alla Tv che lei sarebbe tornata, ma non sapeva quando.

La conosceva. Faceva sempre tutto con discrezione, perchè odiava che gli altri entrassero all’interno della sua vita privata.

Sentì la porta schiudersi, e i suoi occhi si soffermarono su quelli di una giovane donna davanti a sé.

Erano occhi luminosi e allo stesso tempo profondi e pieni di una celata malinconia.

I capelli lunghi e sciolti dietro le spalle incorniciavano un visino dolce e allo stesso tempo deciso.

Il suo sguardo corse lungo il corpo della ragazza. Un corpo sempre più femminile, con le curve piene e dolci.

Rialzò gli occhi, giusto in tempo per vedere gli occhi di lei illuminarsi e un sorriso si schiudeva sulle sue labbra.

“Naozumi !!”.

Lo abbracciò stretto, e lui si ritrovò a stringere i fianchi magri di quella bellezza.

La sentì incredibilmente fragile fra le sue braccia. Eppure, sapeva benissimo che lei non lo era.

Era forte, incredibilmente forte. Aveva una tenacia incredibile, e anche nei momenti di dolore era riuscita ad andare avanti, passo dopo passo.

“Mi sei mancata, Sana!”. Lei gli sorrise, scompigliandogli i capelli.

“Anche tu Nao !”.

Entrarono nell’enorme casa dalle ragazza, e si sedettero per parlare del più e del meno.

“Ho saputo che hai avuto molto successo negli USA.”.

Sana rise. “Mai quanto te. Ho visto parecchi tuoi poster a L.A. Ciò significa che hai anche tu molto successo.”.

Naozumi scosse una mano, imbarazzato. “Sì, sì. Ma, sai com’è… io sono comunque più riservato di te, Sana. Circolavano sicuramente più gossip sul tuo conto che sul mio!”.

La giovane sorseggiò un po’ del suo the. “Oh, la maggior parte di quei pettegolezzi erano solo baggianate.”.

Naozumi la fissò con i suoi occhi celesti. “E l’ultimo pettegolezzo? Quello sulla tua relazione con Sean Peterson?”.

Sana arrossì.

“Allora è vero?”.

La ragazza appoggiò la sua tazza sul tavolino. “è vero… ma…”.

“Ma?”.

Si morse il labbro inferiore, e Naozumi sospirò.

“Centra ancora lui, non è vero?”.

Sana si stropicciò le mani, sbuffando. “Oh, Nao … tu non capisci!”.

“Cosa non capisco?”. Le prese la mani morbide e ben curate, stringendogliele dolcemente. Cercò il suo sguardo, ma lei lo evitò accuratamente.

“Sana, guardami!”.

Quando i loro occhi si incontrarono, Naozumi poté scorgere nello sguardo profondo della ragazza un velo di lacrime.

“Sana… perché? Da quel che so, Sean ti ama, davvero. Hai degli amici sinceri, in America. Un lavoro assicurato. Una carriera fantastica, sia a L.A., sia a Hollywood…”.

Lei scuoteva dolcemente la testa, e i suoi capelli si muovevano con lei.

“Dio Sana, è così semplice!”

“No… -lo interruppe – non è ‘così semplice’…”.

Sospirò.

“Non è mai stato semplice, Naozumi . E tu lo sai meglio di chiunque altro.”

Naozumi si appoggiò allo schienale del divano. “E quando hai intenzione di dirglielo. A Sean, intendo?” .

Sana si passò una mano fra i capelli rossicci. “Dirgli cosa? Con Akito le cose sono… ferme. Lui ha un’altra.”

“Sì, lo so. Kyoko Miyazaki, frequenta la scuola di Karate che frequenta anche Hayama. Ottima atleta, ha gia vinto i campionati nazionali.”

Sana sorrise. “vedo che hai raccolto parecchie informazioni sul conto di questa ragazza.”

“Mai come ne ho raccolte su di te.”

Si sorrisero.

“Non cambierai mai, Naozumi , vero?”. Lui scosse i capelli con fare da divo.

“Perchè? Non sono già abbastanza perfetto?”.

Chiacchierarono ancora un po’, quando il telefono squillò, costringendo Sana ad andare a rispondere.

“Pronto?”.

“Kurata!”.

“Matsui, sono felice di sentirti!”.

“Festona stasera?”.

“Festona, vecchia mia”.

“A casa mia, ok?” chiese Fuka.

“A casa tua. Ah… E posso chiedere a Naozumi di venire?”.

***

“Allora?” domandò Aya.

“Affermativo ragazzi. La nostra Star americana verrà. E si porterà qualcuno dietro!”.

“Un nuovo fidanzato?” chiese con noncuranza Tsuyoshi. In realtà, il ragazzo era fermamente convinto che Sana e Akito dovessero stare insieme. Ma entrambi, purtroppo, sembravano essere andati avanti.

“No. Naozumi.”

Aya arrossì violentemente, sotto lo sguardo irato di Tsuyoshi.

“Naozumi Kamura verrà questa sera… a casa mia!” disse allegramente Fuka, dandosi una sistemata ai capelli scuri e sorridendo con sicurezza.

“Già. Ma non hai pensato alla cosa più importante.” continuò Tsuyoshi guardando male l’amica.

“E quale sarebbe, tesoro?” domandò Aya stringendosi al braccio del proprio ragazzo.

“Akito…”.

“Io cosa?” chiese una voce dietro di loro.

I tre si girarono con falsi sorrisi verso l’amico, che aveva in mano un bicchiere di aranciata e un panino nell’altra.

“Tu… cosa? Tu… niente, Akito, davvero!”.

Akito li guardò cupo, prima di scrollare le spalle.

“Allora, questa festa. Si fa o non si fa?”.

Fuka gli si avvicinò quatta quatta, prima di puntargli un dito in fronte. “Come mai tutto questo interessamento, Hayama?”.

Il biondo per la seconda volta in 2 minuti scrollò le spalle.

Matsui incrociò le braccia. “Comunque sì. La rimpatriata si farà… e ci sarà anche Naozumi.”

Akito si irrigidì. “Kamura?”.

Fuka sbuffò. “Quanti ‘Naozumi’ conosci?”.

“Uno solo, per quel che so.”

Tutti e quattro si guardarono.

Era solo l’inizio, e lo sapevano bene.

La serata si sarebbe rivelata molto più lunga del previsto.

***

20.30 p.m. Casa Matsui

Fuka si passò un’ultima volta la mano fra i capelli scuri. Per un secondo invidiò i capelli di Sana. Erano sempre perfetti e lucenti. E anche lei. Stupenda.

Si ricordò il loro primo incontro, e quanto fosse cambiata da allora la sua amica.

Durante il periodo che erano state lontane, l’aveva sentita un po’ distante.

E, naturalmente, non si era mai persa uno dei suoi film. Era pur sempre un modo per vederla, e per sentirla vicina.

Tsuyoshi e Aya erano già arrivati, e sedevano sul divano. Stavano confabulando su qualcosa, li poteva vedere benissimo, ma non voleva intromettersi.

Sana e Naozumi non erano ancora arrivati, ma se l’aspettava. In fondo, erano o non erano due star di fama internazionale?

La cosa che l’insospettiva, comunque, era il fatto che Hayama non fosse ancora arrivato. Era un tipo piuttosto puntuale.

Come se qualcuno stesse ascoltando i suoi pensieri, il campanello suonò, e lei si precipitò alla porta, pronta a sgridare l’amico per il ritardo.

“Hayama, brutto…”.

Invece, si trovò davanti il sorriso splendente di Naozumi, che la guardava con i suoi occhi azzurri celesti.

“Ehm… tu devi essere Fuka, immagino. Sana mi aveva detto che eri una tipa piuttosto… focosa” scherzò il ragazzo.

Fuka avrebbe preferito sprofondare, piuttosto che continuare a essere guardata in quel modo dal giovane attore. Tuttavia, si riprese giusto in tempo per salvare il salvabile: sfoderò il suo sorriso migliore e disse: “Piacere, Fuka Matsui, e tu sei…” fece con finta noncuranza. In realtà, sapeva benissimo chi era il ragazzo che le stava davanti.

“Naozumi Kamura. Sana si è fermata a prendere una cosa, sarà qui fra un paio di minuti.”

Lei scosse una mano, facendogli segno di entrare.

“L’aspetteremo con piacere. Vieni, ti presento gli altri, anche se credo che tu li abbia già conosciuti in precedenza!”.

Mentre Naozumi si apprestava ad entrare nella casa, Sana si accingeva a scegliere i pasticcini per la serata.

In fondo, quale modo migliore per festeggiare il suo ritorno?

Stava osservando con interesse i dolci, quando si lasciò distrarre da una coppietta che stava “dolcemente” litigando.

“Perchè non me ne hai parlato prima?” chiedeva con insistenza la ragazza al suo fidanzato, che aveva un’aria tremendamente familiare.

“Perchè me lo sono ricordato adesso, ok?”.

Quella voce…

Avrebbe potuto riconoscere quella voce fra mille.

“Hayama, si può sapere che hai in questi giorni?”.

Sana si ritrovò a fissare la ragazza.

Era bella, davvero tanto.

I capelli erano lunghi e legati in una fantastica coda di cavallo, permettendole così di lasciare il viso libero. Un viso su cui erano incastonati due splendidi smeraldi, incorniciati da meravigliosi capelli scuri.

Dio… era così diversa da lei…

Abbassò lo sguardo. Quella visione le faceva troppo male. Così, si affrettò a scegliere i pasticcini, e s’incamminò velocemente verso l’uscita, dopo aver pagato.

Come per uno strano scherzo del destino, la coppia era uscita, forse per litigare meglio.

“Kyoko, te l’ho già detto. Stasera si va da Fuka, e…”. Ma le parole gli morirono in gola, non appena si ritrovò davanti la giovane Star.

Sana arrossì violentemente, decidendosi finalmente a salutare. “Ciao… Hayama.”

“Ciao… Kurata.”

Poche parole, eppure racchiudevano così tanto. Così tante frasi, parole, sospiri non detti. E forse era davvero giunto il momento.

Kyoko fissava con i suoi occhi verdi la giovane che aveva davanti. “Kurata? Cioè… quella Kurata?”.

Sana le sorrise, tendendole la mano, che prontamente la diciottenne strinse. “Esatto. Sana Kurata. Tu devi essere Kyoko, vero?”.

“Esatto. Kyoko Miyazaki. È un vero piacere conoscerti!”.

Akito le guardò. Erano così diverse.

E lo erano davvero.

Proprio per questo si era messo con Kyoko, un anno prima. Perchè non aveva nulla in comune con Sana.

Era tutto l’opposto: dolce, timida e insicura. Tuttavia c’era qualcosa nel suo modo di combattere che l’aveva stregato. Qualcosa che non riusciva a spiegarsi.

Eppure… non riusciva ad amarla davvero, forse proprio perchè era così diversa da Sana.

*nessuna è come Sana* si ritrovò a pensare.

Guardò l’alta figura della sua ex.

Dio, solo in quel momento si rendeva conto di quanto fosse cambiata.

Le dolci curve del suo corpo erano coperte da una leggera camicetta bianca e da una gonna lunga poco più sotto le ginocchia, di raso nero. Portava sandali con il tacco alto, e i capelli, un tempo sempre legati, erano lasciati liberi e fieri dietro le spalle.

E il suo cuore ebbe un sussulto. Aveva riconosciuto nella splendida ventenne la fantastica ragazzina di 12 anni che l’aveva fatto innamorare, e anche la luminosa sedicenne che gli aveva donato sé stessa, completamente, per la prima volta.

“Kyoko, che ne dici di andare avanti? Io e Sana dobbiamo andare a prendere una cosa…”.

Le due ragazze lo guardarono confuse, Sana in primis.

“Ma… Hayama…”.

Akito fissò la propria ragazza con sguardo tagliente, e quella si allontanò con la testa bassa.

***

Le altalene scricchiolavano sotto il loro peso.

In fondo, chissà da quanto tempo erano lì?

*Proprio adesso devo mettermi a pensare queste cose?* si chiese la giovane ventenne.

Lanciò uno sguardo al suo compagno di fianco, che ondeggiava lentamente, il vento che gli scompigliava dolcemente i capelli biondi.

“è… carina” si decise a dire.

Akito la guardò per un istante, prima di spostare il suo sguardo lontano.

“Kyoko, intendo. È davvero una bella ragazza.”

Non si era mai sentita tanto imbarazzata come in quel momento.

Sospirò.

Era come fare un tuffo nel passato di tre anni.

Odiava quegli interminabili silenzi da cui era fuggita, e lui doveva saperlo. Doveva averlo capito.

Si alzò, lisciandosi la fine gonna di raso, e parandosi davanti a lui.

“Sì?” gli chiese, ormai al limite della sopportazione.

“Cosa?” le domandò lui.

Sana spalancò gli occhi, senza parole.

“Perchè ce ne stiamo qui, in silenzio? Perchè non dici niente?”.

Restarono un secondo a guardarsi, prima che Akito trovasse le parole.

“Perchè te ne sei andata?”.

Lei si passò una mano fra i capelli

“Davvero non l’hai capito?”.

Il biondo scosse la testa. Doveva sapere. Sapere perchè l’unica donna – non ragazza – che avesse mai amato se ne fosse andata.

“Dio, Hayama, è così difficile da capire?”.

Non riusciva a capire la sua reazione. Quella donna che aveva davanti era un mistero, per lui.

Un mistero che voleva svelare.

Sana sorrise amaramente.

“è semplice. Non riuscivo più… ad andare avanti. Non sopportavo più questa città… il genere di lavoro che facevo qui. Non mi piacevo più… non mi sopportavo. E soprattutto… non riuscivo più a sopportare questi… silenzi.”.

I loro silenzi.

“I nostri silenzi”.

Hayama spalancò gli occhi castani. Era fuggita… da lui?

“Sei fuggita da me?”.

Sana scosse la testa. “Sono fuggita da me, Akito. Da quello che stavo diventando. Una persona che non mi piaceva più.”

Si morse un labbro. “Ero piena d’insicurezza. Piena di dubbi… e… e così l’ho fatto. Ho deciso di partire.”

“E non hai pensato minimamente a come mi sarei potuto sentire io, vero?”.

Sana chiuse gli occhi. Erano proprio alla resa dei conti.

“è qui che ti sbagli.”

Il ragazzo incrociò le braccia.

“Ah, davvero?”.

“Mi sembra di averti reso partecipe della mia decisione, Hayama”.

“Lo so, Kurata. Ma sbaglio o mi hai messo davanti al fatto compiuto?”.

Sana sorrise amaramente. “Io ero lì davanti a te, quando te l’ho detto. E ti ho anche chiesto se non avessi qualcosa da dirmi.”.

Lui si avvicinò impercettibilmente. “Che cosa avrei potuto dirti?”.

Un attimo di silenzio. Quando Sana posò i suoi occhi sul ragazzo, Akito poté scorgere delle lacrime. Per la prima volta.

“Resta.”

Guardò la donna che aveva davanti, incredulo.

Non poteva essere. Non poteva essere partita solo perchè…

No.

“Non ero io a decidere, Sana, e…”.

Ma lei lo bloccò prima che potesse finire.

“Sei sempre stato tu a decidere, Akito.”

I suoi occhi furono attraversati dalla malinconia.

“Sei sempre stato solo tu!”.

Scoppiò in un pianto liberatorio. Era riuscita a dirgli quello che gli avrebbe dovuto dire, forse, tre anni prima.

Come se niente fosse, poi, continuò il suo discorso, guardandolo negli occhi.

“Siamo stati amici per così tanti anni, Akito… e, in fondo… ho sempre saputo cosa saremmo potuti essere insieme. Lo abbiamo sempre saputo, entrambi.

Credevo di essere riuscita ad andare avanti.

Eppure… non sai quante lacrime versa la notte che Aya mi disse che… che… che tu eri di un’altra.”.

Ormai le lacrime bagnavano le sue guance morbide, senza ritegno. Non le interessava più di sembrare fragile. Non doveva più recitare, perchè davanti a lei c’era lui.

L’unico che aveva sempre guardato oltre, parlando alla sua anima.

Proprio come stava facendo in quel momento.

Piangeva per la Sana che era stata, e per paura della Sana che sarebbe diventata, senza di lui al suo fianco.

Akito la vide così fragile, e non poté resistere dal prenderla fra le sue braccia.

L’abbracciò stretta, e riuscì a leggere nel profondo della sua anima guardandola negli occhi. C’erano così tante domande, così tante richieste, da spaventarlo a morte.

Perchè lui avrebbe voluto accoglierle tutte.

Perchè sapeva che lei, in fondo, non l’aveva mai dimenticato, nemmeno quando usciva con quegli attori da quattro soldi di Los Angeles e Hollywood. Nemmeno quando aveva giurato che sarebbe andata avanti.

E nemmeno lui l’aveva dimenticata. Questo gli urlava il suo cuore.

Ma tutto era così dannatamente complicato.

C’era Kyoko, con il suo sorriso che gli aveva riempito le grigie giornate senza Sana; con il suo bisogno di protezione, e di fiducia.

Kyoko era stata la sua ancora di salvezza.

*proprio come Fuka*.

Strinse gli occhi.

Sì, Fuka era stata come un’ancora, per lui: qualcosa a cui aggrapparsi, o presto si sarebbe perso in quell’enorme mare che era Sana.

Ma ora, quel mare si era ampliato: era diventato un vero e proprio oceano.

E, che Dio lo perdonasse…

Lui voleva solo perdercisi dentro…

TBC…

  
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