C A
P I T
O L O
1
G.U.F.O.
E MANGIAMORTE
G |
li ultimi
raggi di sole, di una calda e afosa giornata estiva, inondavano ormai i
giardini delle perfette case di Privet drive, proiettando
le ombre delle staccionate sugli impeccabili praticelli
di ogni abitazione, i cui proprietari passavano ore e ore a curare, potare ed
innaffiare solo per il gusto di potersene vantare coi vicini. Ognuna di quelle
persone tendeva a considerare fuorilegge e passibile di sanzione qualsiasi cosa
che uscisse, anche di poco, dalla normalità, per questo il ragazzo , affacciato fuori della finestra del numero 4, mentre
scrutava con attenzione il cielo, evidentemente alla ricerca di qualcosa, era
consapevole di essere additato come un criminale da chiunque lo incrociasse per
strada, seppur cercasse di comportarsi nel modo più normale e consono ad ogni
situazione. In effetti, sapeva benissimo che, nonostante i suoi sforzi, i suoi vicini non lo avrebbero mai trattato gentilmente né
tanto meno da loro pari, non molto per il suo modo d’essere, ma, più che altro,
perché i suoi odiosi zii, quasi 6 anni prima, avevano comunicato a tutto il
quartiere che lui avrebbe frequentato il Centro di Massima Sicurezza San Bruto
per Giovani Criminali Irrecuperabili, non potendo, d’altronde, comunicare la
scuola che lui avrebbe frequentato in realtà. Infatti,
all’età di 11 anni lui, Harry Potter,
aveva ricevuto una lettera in cui era scritto che avrebbe frequentato la scuola
di magia e stregoneria di Hogwarts, scoprendo così di
essere un mago.“Un mago coi fiocchi una volta studiato
un pochetto!” aveva affermato il suo amico Rubeus Hagrid, guardiacaccia e
custode delle chiavi e dei luoghi a Hogwarts, durante
il loro primo incontro. «Sette anni laggiù e non si riconoscerà più neanche
lui!» aveva detto sempre il guardiacaccia, ed Harry
aveva capito solo un paio di anni dopo cosa
intendesse. In Cinque anni era cambiato e cresciuto come non aveva fatto in
undici: era più alto e più massiccio; i suoi occhi verdi, i suoi
capelli sempre in disordine e la sua cicatrice a forma di saetta sulla fronte erano
invece rimasti uguali e per cinque anni si era sentito ripetere d’essere
identico a suo padre, tranne gli occhi che erano di sua madre. Naturalmente i
suoi zii, Vernon e Petunia Dursley,
non erano stati per niente d’accordo su questo fatto, e come potevano esserlo.
Loro erano sempre stati dell’idea che Harry e i suoi
genitori fossero degli spostati, del tutto differenti
da loro che si ritenevano una famiglia perfettamente normale. Beh, se anche
così fosse stato lui Harry non
lo avrebbe mai detto. Suo zio Vernon era un uomo
molto corpulento, e nerboruto, ed il suo collo era praticamente
invisibile, al contrario del folto e grosso paio di baffi sul suo viso; sua zia
Petunia invece un po’ il contrario del marito: magra, bionda e con un collo che
avrebbe fatto invidia ad uno struzzo, e che lei usava spesso per guardare al di
là delle sue siepi, spiando i vicini in cerca di pettegolezzi. Quindi, date le
loro qualità e il loro odio per tutto ciò che trovassero
anormale, non avevano certo accolto la notizia che Harry
avrebbe frequentato una scuola di magia, ma come aveva detto sempre Hagrid “Il suo nome è scritto dal giorno che è nato!”,
quindi, dopo un battibecco e uno spiacevole inconveniente Harry
fu letteralmente tolto dal mondo dei babbani, gli
esseri senza un briciolo di poteri magici e scaraventato nel suo vero mondo,
quello della magia, nel quale avrebbe vissuto esperienze fantastiche. A lui sembrò
inizialmente una notizia fantastica, aveva la possibilità di andarsene per
sempre dalla casa degli zii in cui aveva vissuto per 10 anni, che erano stati un inferno, ma non appena mise piede in quel
nuovo mondo scopri che si sentiva profondamente a disagio. Non c’era persona, adulto o bambino, mago o strega, che non conoscesse
il suo nome, in fondo, non poteva essere altrimenti, visto che Harry aveva sopraffatto, quando aveva 1 anno più o meno, il
più crudele mago oscuro che la comunità magica avesse mai affrontato: Voldemort. Centinaia di maghi e streghe, molto più potenti
ed esperte di lui erano perite nella lotta contro Voldemort,
e lui, quand’era solo un neonato era riuscito a sconfiggerlo e a salvarsi dalla
morte, venendo così chiamato “Il bambino
sopravvissuto”. Naturalmente nessuno sapeva come fosse
riuscito in quell’impresa, nessuno tranne Albus Silente, l’unico mago di cui Voldemort
avesse mai avuto paura, l’unico che aveva sempre e comunque aiutato Harry, in qualunque situazione. L’anno prima, Silente gli aveva però rivelato quel segreto, che stava in una profezia.
Essa diceva che lui sarebbe riuscito a sfuggire a Voldemort per quattro volte, dopodiché
loro due avrebbero combattuto finché uno dei non fosse morto o non avesse
ucciso l’altro. A quel pensiero Harry rabbrividì per
un attimo, ripensando che l’anno prima aveva consumato
la sua terza possibilità, e che ora ne restava solo una, poi sarebbe andato
incontro al suo destino. Stava per ricadere nell’oblio che per tutta l’estate
l’aveva tormentato, impedendogli di concentrarsi sulla scuola e sui compiti
delle vacanze, quando un pensiero lo riportò alla realtà: due volti erano
comparsi nella sua mente, quelli dei suoi due più
grandi amici, Ron Weasley
ed Hermione Granger. Anche
ora che stava per iniziare il suo sesto anno a Hogwarts , Harry sapeva che senza loro due
non ce l’avrebbe mai fatta a compiere tutte le imprese degli anni passati. Era
anche grazie a loro che, qualche settimana prima, si era salvato dalla trappola
di Voldemort. A quel pensiero un impeto di rabbia scoppio in Harry, verso la
gazzetta del profeta, il quotidiano dei maghi, che per quasi un anno aveva
negato il ritorno di Voldemort, screditando lui, l’unico
che vi avesse assistito due anni prima durante la prova finale del torneo TreMaghi , e Silente, l’unico che credesse a quella notizia
e la divulgasse. Quello che più faceva imbestialire Harry
era però il fatto che se l’anno prima il giornale non aveva riportato nemmeno
una parola su quella tragedia, ora che il fatto era stato reso pubblico, ogni
giorno sulla prima pagina comparivano notizie su Voldemort.
Naturalmente era solo un pretesto per elogiare Harry
inventato da Cornelius Caramell,
il Ministro della Magia, per farsi perdonare della sua ottusità, ampiamente
dimostrata l’anno prima, perché di novità vere su Voldemort
non ce n’erano quasi mai. Harry
sapeva bene che il suo nemico avrebbe agito con discrezione almeno finché non
avesse riunito l’esercito di seguaci che aveva al
culmine del suo potere, non avrebbe di certo attaccato il Ministero solo con
l’appoggio dei suoi mangiamorte, i maghi che lo
seguivano, quindi non perdeva neanche tempo a leggere il Profeta che
puntualmente, ogni mattina gli veniva consegnato, senza nemmeno doverlo pagare.
Oltretutto il giornale continuava a riportare articoli sull’attacco al
ministero avvenuto qualche settimana prima, nel quale Harry
e i suoi amici si erano trovati coinvolti, e questo faceva star male Harry più di ogni altra cosa. Non
si era ancora perdonato per la stupidità che aveva dimostrato cadendo nel
tranello di Voldemort, né tanto meno per la morte del
suo padrino, Sirius Black.
Pensava ancora che se non si fosse fatto ingannare da ciò che aveva visto in
sogno, quando il suo nemico gli aveva fatto credere di aver catturato Sirius, forse lui sarebbe ancora vivo, nella sua casa a Grimmauld Place, dove era sito il
quartier generale dell’Ordine della Fenice, la
società segreta che Silente aveva fondato per contrastare Voldemort mentre Cornelius negava ancora il suo ritorno. Per tutte le sere,
da quando era tornato a Privet Drive, aveva sognato
la morte del suo padrino, di quando era caduto dietro quell’arco, e lui aveva atteso che ne uscisse, fino a che
il suo amico, Remus Lupin,
non gli aveva detto, che non sarebbe più tornato. Solo in quel momento Harry aveva capito che chiunque attraversava quell’arco moriva all’istante. Solo una ragazzina era
riuscita a confortarlo un pochino, Luna Lovegood, una
studentessa del quinto anno, che gli aveva ridato la speranza, dicendo che non era detto che Sirius
fosse morto. Anche se era considerata da tutti
“Lunatica”, Harry aveva creduto a quella ragazzina,
e, ogni giorno che passava, aveva sperato di ricevere buone notizie sul suo
padrino, e aveva anche provato ad usare lo specchietto che lui gli aveva
regalato prima di morire, uno specchio che poteva metterli in contatto, ma che
finora non aveva funzionato. I problemi di Harry non
si fermavano però qui, infatti c’era un’altra cosa che
lo preoccupava, e che lo faceva stare impalato davanti alla finestra a scrutare
il cielo, tutti i giorni dall’inizio di Luglio: stava aspettando una lettera da
Hogwarts, una missiva in cui dovevano essere
riportati i risultati dei G.U.F.O. , il Giudizio
Unico Fattucchiere Ordinario, gli esami che aveva sostenuto circa un mese
prima, e che sarebbero dovuti arrivare, secondo quanto gli era stato detto
dall’insegnante di trasfigurazione, la professoressa Mc
Granitt, i primi giorni di Luglio. Harry temeva che i suoi voti non sarebbero stati come
quelli elencati dalla professoressa, quando, l’anno prima
durante il colloquio di orientamento, lui gli aveva comunicato che avrebbe
voluto diventare Auror.
Signor. H. Potter
Cameretta
4,
Little Whinging
Surrey
Harry la fissò per qualche secondo deglutendo, senza neanche accorgersi che suo zio stava sbraitando.
«Ti avverto ragazzo! Sai benissimo che non sopporto i gufi quindi…»
e iniziò a bersagliare l’uccello con ogni oggetto che gli capitava sottomano, ma il ragazzo non lo stava degnando della minima attenzione. Era tutto concentrato su quella lettera. Poi, di punto in bianco, l’aprì, convinto che tutte le sue paure si sarebbero concretizzate di botto e invece accadde l’esatto contrario. Proprio come le Strillettere, la busta diventò una bocca di carta e iniziò a parlare a voce così alta, che i capelli di zia Petunia si rizzarono e zio Vernon, tentando di indietreggiare, per allontanarsi il più possibile da quella diavoleria, per poco non capitombolava dalla sedia. Al contrario delle normali Strillettere però quella non aveva un tono adirato, al contrario, era gioviale e festiva, con un sottofondo di trombe, proprio come nelle premiazioni dei tornei e diceva
«Congratulazioni Signor Potter! Siamo felici e lieti di informarla che lei è riuscito a prendere
« Cosa diavolo sta blaterando quella schifezza!» ringhio zio Vernon, col faccione che gli era diventato di un viola molto intenso
«Ho preso
«Beh, falla tacere! Sta facendo un baccano infernale. E poi non voglio che tu prenda nessun gufo. Quello che hai già è più che sufficiente!» commentò zio Vernon adirato.
«Non ho preso altri gufi,
ma
«E che diamine cambia ragazzo?» chiese zio Vernon sentendosi preso in giro.
«Vernon caro, penso che si riferisca agli esami della sua scuola. E credo che ne abbia passati 6, almeno così ho capito. Ho ragione o sbaglio ragazzo?» intervenne zia Petunia. Harry non fece caso a chi aveva parlato, né tanto meno allo zio che stava squadrando la moglie dall’alto in basso e rispose.
«No, non sbagli! Hai perfettamente ragione» poi collegando che stava parlando di cose di scuola con zia Petunia chiese curioso.
«Ma tu come lo sai scusa?»
«Ti sei forse dimenticato di chi sono sorella? Quando tua madre è tornata dal suo quinto anno scolastico, si è comportata come hai fatto tu queste settimane, almeno finché non è arrivata una lettera anche a lei, che gli comunicava i risultati dei suoi esami. Me lo ricordo perché per tutto il resto dell’estate non ha fatto che vantarsene! Se non sbaglio anche tu hai appena finito al quinto anno, a meno che non sia stato bocciato prima, quindi per forza di cose dev’essere la stessa cosa.» spiegò la zia mentre finiva di sorseggiare il suo tè. Zio Vernon intanto era rimasto impassibile ad ascoltare i discorsi dei due, poi riprese a leggere il giornale commentò.
«Bah! Non vedo perché tutto questo baccano per qualche esame strampalato! Manco ti avessero eletto loro presidente»
«Si, ma ora posso frequentare i corsi M.A.G.O. delle materie in cui ho preso il G.U.F.O. e se riesco a passare anche quelli…» in quel momento, per la prima volta dal suo primo incontro con Sirius, quando questi gli aveva offerto di andare a vivere con lui, Harry si trovava davanti alla possibilità di andarsene dai Dursley. Entro un paio d’anni sarebbe diventato maggiorenne, e se fosse riuscito ad ottenere i M.A.G.O. che gli servivano per trovare lavoro come Auror, sarebbe potuto andare a vivere per conto suo. Intanto, alle sue ultime parole zio Vernon aveva abbassato il giornale e ora lo stava scrutando un po’ interessato.
«Se riesci a passarli che cosa succederà ragazzo?» chiese con un tono molto da curioso.
«Beh, dovrei riuscire a trovare lavoro e ad andare a vivere per conto mio.» rispose Harry, chiedendosi perché lo zio fosse così incuriosito.
«Quindi mi stai dicendo che te ne andresti da qui e noi non ti avremmo più tra i piedi?» richiese ancora più curioso lo zio
«Beh, è solo una possibilità, ma forse non è poi così possibile. Dovrei passare una materia il cui professore mi odia, quindi se non mi impegno non ho possibilità. E non ho ancora fatto neanche uno dei compiti che mi hanno assegnato per le vacanze, almeno dovrei fare quelli.» disse Harry cercando di farsi dare il permesso di poter studiare tranquillamente. In un primo momento gli sembrò di non essere riuscito nell’intento, zia Petunia stava già cominciando a parlare, sicuramente per rimproverarlo, ma zio Vernon la fermò. Harry lo guardò in faccia , aveva un’espressione di felicità immensa, come non gliel’aveva mai vista quando parlavano. Per un attimo fu un po’ spaventato e spaesato, quando suo zio era infuriato sapeva benissimo cosa aspettarsi, ormai era diventata normale routine, ma in quel momento Vernon era tutt’altro che arrabbiato, anzi, pareva felice quanto un povero a cui avevano appena detto che aveva vinto alla lotteria, quindi non sapeva come sarebbe andata a finire. Per qualche secondo zio Vernon lo scrutò in silenzio, poi si rimise il giornale davanti alla faccia e disse
«Credo che d’ora in poi potrai esercitarti quanto vuoi ragazzo…per il resto dell’estate» Zia Petunia lo guardò stupita e commentò
«Ma caro…» ma lo zio la guardo e con uno sguardo gli fece capire le sue argomentazioni al riguardo. Anche Harry non credeva alle sue orecchie, sapeva benissimo che lo zio aveva fatto così solo perché sperava che lui se ne andasse al più presto, ma non gli importava minimamente, finalmente sarebbero finite le notti in cui faceva i compiti di nascosto, con la costante paura di essere nascosto. Ciò che era successo andava oltre le sue più rosee aspettative, anche se fin dai primi giorni passati coi Dursley si era abituato a cambiamenti improvvisi della sua condizione in quella casa. Ed era tutto merito dei membri dell’Ordine della Fenice, che, al suo ritorno alla stazione di King’s Cross avevano detto chiaramente ai suoi zii di trattarlo bene. Evidentemente la paura di doversela vedere con un gruppo di maghi adulti, o di gente svitata, come la definivano loro, aveva convinto i Dursley a lasciarlo un po’ più libero rispetto alle estati precedenti. Aveva finalmente il permesso di spedire gufi ai suoi amici e poteva andare, due o tre volte la settimana, dalla signora Figg, la sua vicina amante dei gatti, che Harry aveva scoperto essere, solo l’anno prima, una maganò, cioè uno nato in una famiglia di maghi, senza però poteri magici, e che aveva testimoniato in suo favore al processo l’anno prima, quando era stato accusato di aver usato la magia davanti a suo cugino Dudley e rischiava l’espulsione. Ora era stato, però, del tutto spiazzato da quest’ultima novità, ma senza più ribattere, per paura di vedersi togliere ciò che gli era appena stato dato, si alzò dal tavolo e corse in camera sua. Salì le scale, aprì la porta e si buttò sul letto, ad osservare ancora quella lettera che era stato per lui un meraviglioso regalo di compleanno. Notò che nella busta c’era un piccolo biglietto, lo prese e lesse
Caro Harry, sono felicissima per
te!
Sapevo che potevi farcela, e avevo ragione a criticare la
Umbridge quando a detto che non ce
l’avresti fatta.
Come ti avevo detto durante il colloquio ci voleva
soltanto
un po’ più di impegno e ce l’avresti fatta!
Il
professor Silente si unisce a me nel farti i complimenti e
nell’augurarti buon compleanno, anche se un po’
in anticipo!
Professoressa
Mc Granitt
Harry prese il biglietto e lo appoggio sul comodino, poi si mise a fissare il soffito e ad immaginarsi di li ad un paio di anni, quando avrebbe ricevuto i risultati dei M.A.G.O. e avrebbe detto ai Dursley che se ne andava per sempre, quando avrebbe trovato una casa tutta sua e avrebbe invitato Ron ed Hermione per festeggiare con loro. Poi all’improvviso qualcosa lo riportò alla realtà: Edvige e un piccolo gufetto, che Harry riconobbe essere Leo, il gufò di Ron, erano fuori dalla finestra che battevano contro il vetro per poter entrare. Harry si alzò e apri la finestra, e i due planarono dentro appollaiandosi sulla spalliera del letto. Il ragazzo si avvicinò e prese le due lettere legate sulle zampe che i due gufi gli porgevano, poi diede ai due da bere e da mangiare, quindi esaminò le buste: una era di ron, lo capì dalla scrittura, l’altra invece era di Hermione. Aprì la prima e lesse:
Ciao Harry,
come va? Tutto ok? Io sì, anche se non sono andato in vacanza. Sai mi sono divertito ad andare ad aiutare Fred
e Gorge a negozio di scherzi!
Hai
ricevuto la lettera da scuola? Quella sui G.U.F.O.? Io sì, ne ho presi 5!
Mamma era fuori di se dalla gioia,ho qualche possiblità di diventare Auror!
E tu? Non avevi chiesto alla Mc Granitt per quella carriera?
Rispondi subito rimandando indietro Leo.
Ron
P.S.: purtroppo devo continuare pozioni. Accidenti che sfiga!
Harry fissò per un secondo il nome Leo sulla lettera, poi il piccolo gufo che stava tranquillamente svolazzando, di qua e di là, per la stanza e si chiese com’era venuto in mente a Ginny Weasley di chiamarlo Leotordo. Quindi lanciò la lettera sul letto, poi aprì anche la seconda e lesse:
Caro Harry,
come stai? Io tutto bene. Ho ricevuto ieri la lettera da Hogwarts,
e, indovina un po’, ho preso il massimo dei G.U.F.O.! Credo di essere
l’unica, visto che non mi sono distratta all’esame di
Astrologia.
Mamma non è mai stata così felice, sai questo riesce a capirlo,
in fondo sono sempre esami di scuola, quindi è
molto contenta.
Ora
sono in Germania con i miei genitori, e sto finendo il tema che
ho da fare per Rüf(“Per
fortuna io non ho passato l’esame di Storia della Magia” pensò Harry), ci ho
aggiunto tutto ciò che sono riuscita a scoprire sui maghi tedeschi.
Naturalmente erano attratti dalle Arti Oscure, ma lo avevo già immaginato
Quando ho visto quelli di Durmstrang,
anche se loro sono bulgari.
E tu? Come stai? Quanti G.U.F.O. hai preso?
Rispondi al più presto, aspetto Edvige con
ansia!
Tua Hermione
P.S.: sembra che Edvige mi legga nel pensiero,
ogni volta che voglio mandarti
una lettera lei sbuca all’improvviso dal nulla.
Harry lanciò anche quella lettera sul letto, poi si sedette alla scrivania e iniziò a scrivere due risposte, in cui raccontava le sue vacanze in Privet Drive, di come le parole dei membri dell’Ordine avevano impaurito i suoi zii, di tutti i permessi che aveva ricevuto, soprattutto l’ultimo, e naturalmente dei G.U.F.O. che aveva preso. Alla fine delle due lettere chiese anche una data precisa su quando si sarebbero potuti incontrare, visto che Silente, qualche settimana prima, gli aveva scritto che lo avrebbe presto portato via da Privet Drive, poiché, anche se lì era al sicuro più che in qualsiasi altro luogo, per la protezione lasciata su di lui da sua madre, era altresì troppo reperibile.
Poi diede una lettera ad Edvige ed una a Leo, e li lasciò uscire fuori dalla finestra. Dopo che ebbero fatto un tratto di volo assieme, Harry li vide sparire dietro l’orizzonte, ognuno per una strada diversa, quindi si rimise a sedere sul letto. Non ci stette molto però, infatti dopo qualche minuto, passato in contemplazione della stanza, prese una decisione: si sarebbe impegnato a fondo in quelle vacanze, così al ritorno a scuola sarebbe stato pronto a iniziare il nuovo anno scolastico. Così prese il suo libro di Pozioni e iniziò a svolgere il tema che Piton gli aveva assegnato per le vacanze:
“Scrivi
almeno due rotoli di pergamena sugli effetti della polvere di corno di unicorno nelle misture da te studiate quest’anno.
Es: La bevanda della pace!”
Dopo aver letto il titolo, un paio di volte, ripassò mentalmente i nomi delle pozioni che avevano preparato quell’anno, quindi iniziò a consultare il manuale alla ricerca degli ingredienti di ognuna di esse. L’operazione durò fino a tardo pomeriggio, ed Harry non scese nemmeno a pranzo; poi valutò attentamente ogni minima reazione che la polvere di corno potesse avere con gli ingredienti delle misture, segnandole su un foglietto per ricordarseli. Quando finì era ormai passata l’ora di cena, quindi, dopo che il suo stomaco ebbe più volte reclamato un po’ di nutrimento, decise che era il caso di scendere a mangiare qualcosa. Dopo una cena frugale, consumata però in tranquillità, visto che i Dursley avevano già mangiato, Harry salì di nuovo in camera sua a completare il tema. Stette alzato fino a mezzanotte per finirlo, poi, dopo, che ebbe controllato e ricontrollato più volte il suo lavoro, decise che ne era soddisfatto: aveva scritto ben quattro rotoli di pergamena, due in più di quelli obbligatori dati da Piton, e aveva descritto nei minimi particolari ogni effetto della polvere di corno d unicorno in ogni pozione. Decisamente non avrebbe potuto prendere un voto inferiore ad “Accettabile”. Così, stanco, ma appagato dal suo lavoro, Harry si mise tranquillamente a dormire,e quella notte non sognò Voldemort o i mangiamorte, ma il suo tema su cui era stampata una bellissima “O”
*
Nei giorni seguenti Harry si diede particolarmente da fare coi compiti, e completo in poco tempo il tema di Trasfigurazione, sugli incantesimi Evanescenti, e di Difesa Contro le Arti Oscure, sulle modalità d’uso e le capacità di un Incanto Patronus, e in capo a cinque giorni aveva completato tutti i compiti delle vacanze, compresi quelli facoltativi, senza sbagliarne uno, perciò per un attimo si preoccupò di star diventando come Hermione. A quel pensiero gli venne una leggera fitta allo stomaco, poiché gli venne in mente che non erano ancora arrivate le lettere dai suoi amici, e non riusciva a capire perché ci mettessero così tanto a rispondergli. Era più che sicuro che non ci fosse più motivo per non scrivergli, in fondo non c’era più lo stesso clima dell’anno precedente, quando i gufi potevano essere intercettati dal Ministero, che nascondeva ancora il ritorno di Lord Voldemort, ma ora le cose erano cambiate, e anche il Ministro aveva accettato e divulgato ufficialmente la notizia, quindi Harry aveva scartato quella possibilità. Allora perché? Perché ci mettevano così tanto?
Rodendosi
dalla rabbia Harry iniziò a camminare su e giù per la
stanza, trattenendo a forza l’impulso di prendere a calci tutto ciò che gli
capitava tra i piedi. Poi, prese fiato per un secondo
e si sedette sulla scrivania a riflettere. “Allora, calmiamoci e pensiamo!” si disse “Di certo non sono stati attaccati, no,
“ Ci siamo” pensò Harry, mentre suo cugino, aveva preso a corrergli incontro “ finalmente il momento tanto agognato è giunto”. La figura massiccia di Dudley, che era però notevolmente dimagrito negli ultimi tempi, si staglio sotto la luce di un lampione, ed Harry riusciva a vederlo perfettamente, con i suoi capelli biondi, e le mani porcine che si agitavano mentre correva, e le braccia, che in un paio d’anni, da cicciotte erano diventate piuttosto muscolose.
“Ecco, ancora pochi secondi ed inizierà lo spettacolo!” pensò di nuovo, quando suo cugino era ad ormai pochi passi da lui, ma lo spettacolo non iniziò.
«Ehi Harry! Vieni, voglio presentarti ai miei amici.» furono le parole che uscirono dalla bocca di Dudley, che si era fermato davanti a lui, ansimante per la corsa. Harry credette di aver capito male, ma quasi d’istinto si alzò dall’altalena.
«Cosa? Ma non mi conoscono già scusa?» domandò molto sorpreso.
«No… cioè si, ma non vi conoscete bene» rispose il cugino.
«Beh, io di sicuro conosco loro e per tutti gli anni che ho vissuto a Privet Drive, non mi sono mai andati a genio, e nemmeno io a loro, per quanto ne so!» commentò Harry mentre osservava i ragazzi che, così sembrava, lo aspettavano
«Si, ma le cose sono cambiate! Dai, vieni che ti spiego» insistette Dudley. Harry, sempre poco convinto, alla fine acconsentì, e prese a camminare a fianco al cugino, finchè non arrivarono davanti alla sua combriccola.
«Ragazzi, questo è mio cugino Harry! Harry loro sono… beh, hai detto che li conosci già no?» disse Dudley ed Harry annuì. Come faceva a dimenticarsi i nomi di quei ragazzi che per anni non avevano fatto altro che inseguirlo e picchiarlo, quando lo prendevano: Malcolm, Piers e Gordon. Per quanto ricordava Harry, e per certe cose aveva la memoria lunga, quei tre, o tanto meno suo cugino, non avevano mai dato segno di voler trattare Harry come un amico.
« Bene, se le presentazioni sono finite io toglierei anche il disturbo. Buona continuazione a tutti!» disse Harry, e si voltò in direzione delle altalene.
« No, aspetta! Noi vorremmo sapere qualcosa in più su di te!» di Malcolm, il più grosso dei tre, che aveva occhi castani e capelli neri.
«E riguardo a quale argomento?» chiese Harry, esitando per un attimo, incerto se incamminarsi verso le altalene o no.
«Come riguardo a quale argomento?» chiese stupito Gordon, un ragazzo un po’ più basso di Malcolm ma più massiccio, con capelli biondi e occhi castani.
«Big D ma non gliel’hai detto?» continuò il ragazzo.
«Non mi ha detto che cosa?» chiese Harry voltandosi verso il cugino, e rivolgendogli un’espressione fra il sorpreso e l’arrabbiato.
«Come che cosa?» chiese Piers, il migliore amico di Dudley, un ragazzo pelle e ossa, con capelli scuri e occhi azzurri.
«Ma che sei un mago naturalmente!» continuò brusco. Per qualche secondo, Harry pensò di aver capito male. No, suo cugino non poteva aver detto una cosa del genere ai suoi amici, disubbidendo oltretutto ad un preciso ordine di suo padre, poi però le parole di Malcolm gli diedero conferma di ciò che aveva appena sentito.
«Si, ci ha detto tutto di te, sulla scuola che frequenti.» Harry si girò immediatamente verso suo cugino, con uno sguardo severo.
«No Harry, posso spiegarti!» disse Dudley tentando di discolparsi.
«E allora fallo, ma bada di essere soddisfacente!» buttò lì lui.
«Ecco, vedi, al San Bruto, dove gli avevo inizialmente detto che andavi, lavora un cugino di Gordon, e lui, per sapere come ti trattavano, è andato a chiedere di te. Purtroppo ha scoperto che non c’era nessun Harry Potter in quel centro, così è venuto a chiedermi spiegazioni. Quindi ho dovuto confessare.» si giustificò Dudley.
«Dire che non andavo più a scuola no eh? Era troppo difficile per una mente ottusa come la tua!» lo attaccò Harry ma Piers prese la parola.
«Dudley non poteva fare altrimenti,quest’anno a scuola mentre dormivamo, sai noi siamo in camera assieme, l’ho sentito parlare nel sonno di certi di…diss…dissertatori, o qualcosa di simile, quindi gli ho chiesto cosa fossero. All’inizio non voleva dirmelo, ma poi ha ceduto.» Harry si prese qualche secondo per riflettere, come se volesse cercare una spiegazione logica a ciò che stava succedendo.
«Dai Harry, raccontaci qualche tua avventura, noi le troviamo troppo forti!» esclamò Gordon. Per la prima volta in sedici anni a Privet Drive, Harry si sentì importante, quindi si fece trascinare.
« Si Harry, dai raccontagli quella volta che hai fatto finire me e Piers in una gabbia di tigri!» suggerì Dudley, ed Harry stava per iniziare il racconto, ma poi si fermò a riflettere e chiese.
«Tu te lo ricordi Piers?» e il ragazzo annuì. In quel secondo Harry capì cosa doveva fare, si alzò in piedi e diede le spalle ai ragazzi.
«Bene, molto bene!» esclamò, poi si girò di nuovo verso di loro a bacchetta sguainata.
«Ma cosa diavolo stai facendo? Mettila via o lo dico a papà!» disse Dudley ma Harry rispose.
«Oh, fallo pure, tanto io non conosco tuo padre! Tu non sei mio cugino giusto?» A quelle parole Dudley rimase a bocca aperta, poi sorrise malevolmente e ribatté con voce femminile.
«E bravo il nostro Potter! Così ci hai scoperto. Ancora qualche secondo e saresti stato spacciato, non che faccia alcuna differenza, ti uccideremo comunque!» a quelle parole i finti Malcolm, Gordon e Piers tirarono fuori le bacchette, ma Harry, arrabbiatissimo, gridò per tre volte
«Stupeficium!» e i tre finirono gambe all’aria.
«Tu!» esclamò poi con la voce carica d’odio.
«Si, io!cosa pensavi che il mio padrone mi avrebbe uccisa per un piccolo sbaglio?» esclamò il finto Dudley con la voce che Harry aveva riconosciuto come quella di Bellatrix Lestrange, la mangiamorte che l’anno prima aveva ucciso Sirius
«Bene, penso proprio che mi divertirò ad ucciderti! Mi piace quando la mia preda tenta di salvarsi.» esclamò la donna estraendo la bacchetta, ma Harry fu più veloce.
«Expelliarmus!» gridò Bellatrix fu investita da un raggio che la disarmò.
«Voglio fare un esperimento miss Lestrange! Vediamo se questo mese il mio odio nei tuoi confronti è maturato a tal punto da riuscire a sostenere la maledizione Crociatus quel tanto che basta a renderti pazza a vita.» le ringhiò Harry, e intanto prese a camminare verso di lei, con la bacchetta alzata sopra la testa. Mentre si stava avvicinando la guardò dritto negli occhi lanciandole uno sguardo carico d’odio, e noto che la donna sembrava spaventata a morte. Poi quando le fu vicinissimo si consentrò per un secondo, e senza curarsi delle sue grida urlò:
«Crucio!» mentre lo faceva Harry non sentì più niente attorno a se, solo due voci, una che gli diceva di non aver pietà della mangiamorte, l’altra, che suonava come quella di Sirius, invece gli diceva di risparmiarla; poi ritorno alla realtà. Come notò immediatamente, il contrasto interno fra le due voci aveva fermato l’anatema che voleva lanciare perché Bellatrix era ancora normale, anche se era per terra evidentemente terrorizzata.
«Non è possibile!» continuava a ripetere mentre teneva gli occhi fissi su Harry.
«Cosa?» chiese lui brusco.
«Tu…tu avevi lo stesso sguardo dell’oscuro signore!» esclamò la donna. Per un secondo sembrò che tutto si spense intorno a Harry, poi, come appena svegliato da un incubo, esclamò arrabbiato
«Tu menti!»
«No, credimi ragazzo! Ho visto troppe volte quello sguardo per sbagliarmi. Devo avvertire il mio padrone. Non avrei mai pensato di vedere quell’espressione sul tuo volto.» disse Bellatrix, e, prima che Harry potesse fermarla, si smaterializzo. Per qualche secondo Harry rimase lì immobile, poi si ricordo del cugino e corse dove lo aveva lasciato. Lo trovò svenuto, e dei suoi amici non c’era traccia, quindi lo sveglio.
«Harry…d-dove sono?» chiese Dudley.
«A dopo le domande, ora andiamo a casa» rispose lui e lo aiutò ad alzarsi e insieme si diressero verso casa.