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Autore: Castiel    27/07/2011    2 recensioni
Una versione dei 100 themes RoyAi dedicata a tutte le RoyAiers del mondo ed in particolare al RoyAi Forum.
Dal cap.9: «All'età di cinque anni, la mia matrigna mi comprò un orsacchiotto di stoffa.
Ad otto una macchina rossa, che presto misi da parte per il regalo dei miei dieci anni: una scatola di soldatini di plastica, con la divisa scura ed i gradi splendenti. [...] Per questo motivo, un giorno, decisi di trovare qualcuno che avrebbe potuto proteggerci tutti, qualcuno che avrebbe potuto sconfiggere le armi.
Inventai, in un soldatino rovinato, un nuovo potere: dalle mani, le stesse mani nude dei civili che voleva salvare, egli poteva emanare scintille di fuoco.
Perché il fuoco? Non saprei dirlo con esattezza. Forse perché in inverno amavo stare davanti al camino, oppure perché credevo che battere le armi da fuoco con il fuoco stesso sarebbe stato il modo migliore per distruggere quegli infernali strumenti di morte.»
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17. Scars

 

Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato

[San Martino del Carso – Giuseppe Ungaretti]

 

Quando il campanello suonò, lasciò passare qualche secondo prima di alzarsi e dirigersi verso la porta.
Era un tardo pomeriggio di una fredda domenica d'ottobre e Roy stava studiando un libro d'alchimia polveroso appoggiato al vecchio tavolo del salotto, quando il rumore improvviso che annunciava l'arrivo di un ospite inatteso l'aveva distolto da alcune formule particolarmente complicate.
Aveva smesso di essere l'allievo del Maestro Hawkeye ma non aveva rinunciato al sogno di poter padroneggiare un giorno l'alchimia del fuoco, per cui continuava individualmente i suoi studi nella speranza di essere abbastanza talentuoso da poter portare a termine le ricerche anche senza l'aiuto del suo mentore. Finora l'impresa si stava rivelando piuttosto ardua e infruttuosa, ma Roy non si dava per vinto e continuava imperterrito ad approfondire le sue letture ed i suoi esperimenti, convinto che prima o poi avrebbe ottenuto anche un minimo risultato.
Dalla finestra, il giovane poteva sentire il vento che aumentava d'intensità e delle grosse nuvole nere addensarsi nel cielo, segno che un bel temporale si stava avvicinando.
Corse all'entrata, deciso ad accogliere l'ospite prima che si bagnasse a causa delle intemperie.
Girò la chiave nella serratura ed aprì con un gesto secco la porta, senza curarsi di controllare chi vi fosse dietro. Forse, se l'avesse fatto, si sarebbe risparmiato qualche secondo di stupore in cui rimase a guardare la sagoma che si stagliava contro la luce esterna come se avesse appena visto un fantasma.
In effetti, la carnagione chiara della donna e la luce tenue della lampada esterna davano al suo viso quasi un pallore innaturale. O forse, semplicemente, quella che aveva davanti era semplicemente una ragazza che stava ancora soffrendo per la morte del padre.
Si scostò leggermente e lasciò entrare nel suo appartamento Riza Hawkeye, la figlia del suo maestro d'alchimia deceduto solo qualche mese prima.

«Riza, quanto tempo. E' un piacere vederti. Sei in gran forma.»

Subito Roy si pentì di aver detto quella bugia. Riza era ben lontana dall'essere in gran forma e sicuramente ne era consapevole, ma abbozzò lo stesso un sorriso per rispondere educatamente al saluto.
Inclinò la testa di lato, facendo scorrere una mano lungo i corti capelli biondi appena sotto la nuca, e rispose con un tono di voce basso ma fermo:

«Anche per me è un piacere, Signor Mustang. Spero di non disturbare.»

Roy sorrise e scosse con vigore la testa per negare ciò che Riza gli aveva appena detto, ma le sue labbra tornarono subito serie guardando più a fondo il viso della ragazza sotto la luce intensa del salotto.
Gli occhi ambrati erano opachi, scostanti, e nonostante il tono di voce deciso e l'atteggiamento composto tradivano una certa irrequietezza. Le occhiaie pronunciate davano al suo aspetto una debolezza che mai Roy le aveva visto in casa propria, nemmeno al funerale del padre.
Sicuramente Riza Hawkeye non doveva aver passato un bel periodo e questo lo rattristava, ma continuava a non capire il perché di quella visita inaspettata. Non potevano esattamente definirsi amici, ed in quei mesi si erano persi di vista.
Attese che lei arrivasse al dunque, rispettando i suoi tempi.
Sapeva che Riza non era una ragazza impulsiva, e sicuramente c'era un motivo più che valido per quella visita.

Dopo aver preparato il tè, Roy si accomodò in una poltrona di fronte a Riza, cercando di metterla a suo agio.

«Mi han detto che hai trovato un lavoro in città. Ti piace?»

«Il sig. Grabson è stato molto gentile a darmi questa possibilità, non posso che essergliene grata.» rispose lei, portando la tazza alla bocca e sorseggiando la bevanda in modo educato.
La conversazione proseguì fino alla fine della seconda tazza di tè, poi il silenzio calò nella stanza e Roy capì che stava per scoprire perché la figlia del suo ex maestro si trovasse nel suo appartamento.

Riza si alzò con un movimento fluido e raggiunse con passo aggraziato il tavolo, dove il vecchio libro di alchimia era ancora aperto con una penna nel centro.
Roy si stupì della leggerezza del passo della ragazza. Nonostante quel tacco appena accennato ed il vecchio pavimento in legno, Riza non aveva fatto il minimo rumore ed aveva raggiunto il tavolo nel modo più silenzioso e veloce possibile. Se non l'avesse vista con i suoi occhi avrebbe giurato che non si fosse mossa dalla poltrona.

«Questi libri sono la continuazione degli studi che stava effettuando con mio padre, vero?» domandò, chinandosi leggermente verso le pagine ingiallite del tomo.

Roy si alzò e la raggiunse al tavolo, prendendo in mano il volume consunto.

«Sì, sto cercando di proseguire, ma senza tuo padre non è la stessa cosa. Era un grande alchimista, ho imparato molto da lui.» rispose, sfogliando nervoso alcune pagine. «Temo di non essere ancora pronto però, non sto ricavando molto da questi libri e non posso padroneggiare l'alchimia del fuoco.» aggiunse, passandosi velocemente una mano nei folti capelli neri.
Riza lo guardò per qualche secondo, silenziosa.
Poi fece la domanda che da tempo le stava a cuore:

«Perché è così desideroso di imparare i segreti del fuoco?».

«Io so che posso fare grandi cose, mettermi a disposizione degli altri combattendo una giusta causa, perché la gente viva in libertà e giustizia. Io... »

Mentre ascoltava Roy parlare dei suoi sogni, Riza notò che i suoi occhi erano lucidi, quasi come se la determinazione l'avesse acceso, proprio come un fuoco.
Bastò un attimo per decidere di rivelare i segreti dell'alchimia del padre a qualcuno che le sembrava tanto meritevole.
Si voltò e lasciò cadere la giacca e la camicetta sul pavimento del salotto, coprendosi pudicamente i seni e rabbrividendo leggermente per il freddo.
Roy, dapprima spiazzato da quel gesto, appena vide il tatuaggio sulla sua schiena capì ciò che stava facendo e le lanciò un'occhiata silenziosa piena di riconoscimento.
Poi, si immerse definitivamente nel mondo dell'alchimia.

 

 

Era sembrata davvero una buona idea, all'inizio.
Si fidava del giovane allievo del padre, sentiva in cuor suo che era una persona di nobile cuore ed aveva deciso di condividere con lui ciò che suo padre aveva creato ed egoisticamente impresso sulla schiena delicata della figlia come unico testamento del suo lavoro.
Il dolore fisico era stato nullo paragonato al dolore che Riza provava ogni volta che pensava quanto suo padre tenesse di più all'alchimia che a lei stessa. Se l'avesse amata davvero, non l'avrebbe costretta a portare quel terribile fardello sulle spalle. E sulla schiena, dove quel tatuaggio testimoniava le ricerche e gli sforzi compiuti dal padre per padroneggiare la terribile alchimia del fuoco.
Quando aveva permesso a Roy di visionare le ricerche del suo maestro, aveva pensato che lui avrebbe potuto solo fare del bene con quel potere di cui ora era in possesso.
Ma poi c'era stato Ishbar.
E gli orrori che aveva visto lì non sarebbero mai più stati dimenticati.
Ogni giorno pensava agli occhi spenti che cadevano sotto i colpi inesorabili della sua arma, ai corpi dilaniati dalle fiamme, alle urla che non si fermavano mai, né sul campo di combattimento né nella sua testa. Aveva visto la potenza distruttrice di un'arma e quanto la sua mira pressoché infallibile potesse essere la fonte di tanta crudeltà, ed aveva visto quanto l'alchimia del fuoco potesse essere distruttrice e devastatrice.
Non attribuiva la colpa a Roy: entrambi stavano eseguendo gli ordini di un governo spietato, e leggeva nei suoi occhi quanto fosse contrario a ciò che era costretto ad eseguire ogni giorno.
Tuttavia quel potere era troppo potente, troppo pericoloso, e se fosse caduto nelle mani sbagliate sarebbe stato un disastro.
Si sentiva colpevole per quelle morti, come se per ogni caduto per mano del fuoco lei avesse una cicatrice nel petto.
Non poteva permettere che qualcun altro venisse a conoscenza degli studi di suo padre, delle formule e delle ricerche di una vita che avevano portato a quella fonte di potere mortale che era l'alchimia del fuoco. Doveva distruggere tutte le prove del terribile lavoro di una vita, doveva porre fine nuovamente a suo padre cancellando le tracce di una ricerca a cui aveva dedicato la sua intera esistenza.
Per la seconda volta nella sua vita, si ritrovò a suonare il campanello della casa di Mustang.

La prima volta che glielo chiese, lui si rifiutò energicamente. L'aveva previsto, ma non era sua intenzione rinunciare tanto facilmente.

«La prego. E' necessario adottare questa soluzione, non c'è altra via d'uscita.»

«Riza, non posso fare una cosa del genere!».

«Lei vuole lottare per il suo Paese, non è forse così? Questa è una delle più grandi minacce che esista, e lei ha il compito di debellarla.»

«No. Non in questo modo. Riza, non posso bruciare il tatuaggio sulla schiena. Non riesco ancora a controllare completamente questa alchimia, ed oltre a provocarti delle ustioni gravi corro anche il rischio di ucciderti. Non puoi chiedermi questo.»

Riza scosse la testa in modo energico.

«Non si tratta di me o di lei, qui. Si tratta di un potere che se cadesse nelle mani sbagliate provocherebbe più disastri che cose buone. E' troppo pericoloso, nessun altro deve mai sapere delle ricerche di mio padre, il segreto dell'alchimia del fuoco dovrà morire con me e lei dovrà essere l'ultimo ad esserne in possesso.»

La conversazione durò diverse ore, in cui entrambi rimasero attaccati fortemente alle proprie opinioni.
Quando Riza riuscì infine a convincere Mustang a bruciare via dalla sua schiena il tatuaggio del padre, si lasciò sfuggire un piccolo sospiro di sollievo.
Se avesse potuto, gli avrebbe chiesto di bruciare via anche i suoi peccati. Peccato che nessun fuoco poteva cancellare ciò che aveva fatto.
Si sentiva talmente ferita, nel suo cuore, che quando Mustang schioccò le dita e la fiamma la raggiunse, pensò che quel dolore non fosse minimamente paragonabile a ciò che avevano subito le vittime di Ishbar.
Tentò di soffocare le urla, mordendo un fazzoletto estratto dalla tasca.
Roy, cercando di limitare la pericolosità e la temperatura delle fiamme, riuscì ad evitare delle ustioni pericolose e quando terminò, la schiena di Riza era solcata da numerose cicatrici dove la pelle abrasa risultava ancora più bianca della solita carnagione.
Il tatuaggio era cancellato solo parzialmente, ma era sufficiente perché nessun altro venisse mai più a sapere dei segreti del fuoco.

Roy si avvicinò lentamente a Riza, ancora rivolta verso la finestra ansimante di dolore.
Le passò un panno bagnato sulla schiena e la vide rabbrividire per il contatto inaspettato ma al tempo stesso piacevole.

«Era davvero necessario, tutto questo? Queste cicatrici ti rimarranno per tutta la vita. » chiese, lasciando scivolare delicatamente la mano su una lunga cicatrice proprio al centro della schiena.

«Non sono quelle, che mi preoccupano. Le cicatrici che fanno più male sono qui-» rispose, portandosi la mano al petto, «e quelle hanno fatto molto più male di queste provocate dalle ustioni. Ce n'è una per ogni cuore che ho sentito spegnersi, per ogni vita che ho visto finire, per ogni urlo che ho visto morire in gola in quella terribile guerra senza senso. Io non voglio più combattere senza motivo.» disse, girandosi a guardare negli occhi il ragazzo davanti a sé.
Si teneva il petto stretto tra le braccia per coprire le sue nudità da giovane donna ma il suo sguardo era forte, era lo sguardo di una guerriera che sa ciò che vuole e che combatte per ottenerlo.

Roy dissolse in un attimo la breve distanza che li separava e l'abbracciò, rassicurandola: «Insieme cambieremo le cose.».

Quella frase era ciò che lei voleva sentirsi dire. Appoggiò la testa sul petto di Roy, sospirando. Le sembrava che le sue ferite si stessero già rimarginando.

 

Note finali dell'autrice: Che parto questo capitolo, ragazzi! Mi scuso davvero per la mia assenza ingiustificabile.
Ora che guardo, il mio ultimo capitolo risale a febbraio... Che vergogna.
Ero davvero, davvero, impegnata con la scuola. E direi che i miei sforzi sono stati ripagati, visto che mi sono diplomata con 100/100. Una grande soddisfazione. Anche se ho dovuto sacrificare il mio tempo libero – e per questo anche la raccolta – sono davvero soddisfatta.
Ora dovrei riuscire ad essere più attiva, anche se non posso promettere niente.
Beh, che dire, il theme non è proprio la parte principale della storia ma è volutamente lasciato nel retroscena e preso in modo deciso solo nella parte finale, che è volutamente più incentrata su Riza. Volevo concentrarmi sul racconto del tatuaggio e mi sono inventata ampiamente molti dettagli, spero che nessuno di questi abbia intaccato la storia originale. Non sono sicura che possano esistere ustioni delicate per ciò che ha in mente lei, ovvero l'eliminazione del tatuaggio, ma concedetemelo :)
Il riferimento a San Martino del Carso paragonato al cuore pieno di cicatrici di Riza mi è venuto di getto, ma sapevo che avevo già visto questa poesia anche da qualche altra parte oltre che nel programma d'italiano di quest'anno e perciò sono andata a controllare... Scusami MusaTalia, non volevo plagiare la citazione dal capitolo 4 della tua raccolta, spero mi perdonerai.
Ringrazio chi avrà ancora voglia di leggere dopo questo ritardo pauroso e chi ha letto finora, mi fa davvero piacere sapere che qualcuno mi sostiene!

  
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