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Autore: CharliesMakingMeSmile    28/07/2011    2 recensioni
Salve, dopo decisamente molto tempo, torno a pubblicare qualcosa.
Questa era nata come ff per un contest, ma essendo il contest annullato, non la pubblicai. E adesso ecco che decido finalmente di finire di scriverla e di pubblicarla, spero abbiate il coraggio di aprire.
Trama:
La storia è ambientata dopo la morte di Sirius, siccome per il contest era necessario inserire un coprotagonista, ci sarà un nuovo personaggio, tale figlia di Sirius.(non aspettatevi una MarySue, non sono il tipo). La storia è incentrata sui sentimenti della ragazza e di Harry a proposito della morte di Sirius.
Alla fine potrebbe esserci un accento Harry/NuovoPersonaggio.
Questo è tutto, spero vi piaccia.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Il sole non mi scalda più, Harry Ciao a tutti!!! Questa storia era nata come one shot per un contest, dopo che il contest è stato annullato, ho finalmente deciso di pubblicarla, ma a capitoli.
Spero che sia di vostro gradimento e come al solito se avete voglia lasciatemi un commento.







Il sole non mi sclada più, Harry.

 





1. E tuoni di un nuovo tumulto illuminano finalmente la via          
       














Come vorrei, come vorrei che tu fossi qui.

Siamo solo due anime perdute che nuotano in una vasca per i pesci,
Anno dopo anno,
Camminando sullo stesso vecchio terreno. Cosa abbiamo trovato?
Le stesse vecchie paure,
Vorrei che tu fossi qui.

(Wish you where here- Pink Floyd)






Incoscienza.
Affondare nell'oblio.
Ancora sprazzi di immagini compaiono davanti ai miei occhi. Strizzo gli occhi, i contorni si sfocano. Le parole, i colori, se ne vanno.
Di nuovo, silenzio.
Finalmente posso riposare. Mi lascio vagare, senza una precisa meta, nel buio che mi circonda.
Stelle. Vedo le stelle. Sinonimo di immobilità e silenzio. La volta celeste mi concede il riposo agognato.
E così fu oblio.

Uno spiffero gelato giunse a smuovere le coltri pendenti dal letto, un raggio mi illuminò il volto stanco. Ero più che sveglia da almeno due ore.
Una buona colazione mi aspettava nella sala grande, ma non avevo alcuna voglia di vedere gli sguardi delle miriadi di studenti che mi seguivano curiosi, né avevo voglia di sorbirmi le inutili, quanto fastidiose domande dei miei amici.

“Come va? Come ti senti oggi?”
“Bene, è tutto a posto” un piccolo sorriso per convincerli, una smorfia che non esprimeva affatto le parole dette; un sorriso che scompariva appena i miei compagni smettevano di indagare nei miei occhi e nei miei gesti.
Bene. Quella parola mi suonava aspra e malevola. Non sapevo più neppure cosa significava stare bene, era stato semplice dimenticarlo, non c'era voluto più di qualche secondo, dopodiché il mondo si era offuscato.
Solitamente evitavo di pensare troppo ai fatti accaduti, durante il giorno, ma la notte era tutta un'altra storia...
Dopo qualche minuto, quando nella camera ero rimasta solo io, decisi che era venuto il momento di alzarmi, ormai la colazione era passata.
Appena mi trovai nei corridoi mi diressi verso la mia prima lezione.

“Oh...”
“Cosa c'è?Cosa hai visto?”
“E` proprio lei, mi domando come faccia”
“A fare cosa?”


“Lascia stare quella è fatta di ghiaccio come tutta la sua famiglia.”
“Ha appena perso il padre...”
“Già, bell'amore paterno!”
“Parla a bassa voce, è qui vicino!”

Strinsi di più i libri tra le mani, con la voglia di spaccare qualche bel faccino. Rilasciai un lungo sospiro, rilassai i muscoli, impotente. Come avrebbero potuto capire? D'altronde se le cose non si provano sulla pelle non le si può mai comprendere.
Non capivano! Oh no, non si disturbavano ad andare più a fondo alla questione.
Ma perché avrebbero dovuto?
Anch'io mi domandavo molte cose, non potevano neanche immaginare quante.
Quante volte avevo rivissuto quella scena nella mia testa, sarebbero bastati pochi centimetri, sarebbe bastato buttarsi contro quella strega che lo aveva colpito, sarebbe bastato che non mi facessi spingere via. Perché ho lasciato che lo facesse?
Le cose non sono andate così, inutile fantasticare su come avrei potuto impedirlo. Nessuno avrebbe mai potuto prevederlo.
Ma allora perché il pensiero mi tormenta continuamente?
Io non riuscivo a lasciarmi tutto alle spalle, sentivo di avere un enorme buco tra il cuore e lo stomaco, si diffondeva e stringeva tutti i miei organi in una morsa così stretta; e in alcuni momenti quando il vuoto si faceva più pressante, sentivo di non avere più fiato o energia per compiere un qualsiasi movimento o pensiero.

Ero immobile -ero buia.
Ero al di fuori della realtà.
Ero davanti a due occhi neri, del colore di cui era coperto il mondo – magari pezzi di cielo.
Ero davanti all'assassino.
Ero davanti alla mia ossessione.

La superficie di noce che distinsi davanti a me mi indicava che ero arrivata alla mia prima lezione.
Ero in ritardo: ecco un occasione.
Appena spalancai la porta la professoressa McGrannitt si girò verso di me con un moto di stizza.
-Signorina Black!! Le sembra questa l'ora di presentarsi a lezione...

Quante volte le devo ripetere che io odio i ritardatari!

-Quante volte le devo ripetere che io odio i ritardatari!- in perfetta sincronia, mi sembrò di leggerle il pensiero -Si ricordi che...- la professoressa si bloccò immediatamente, sforzandosi di chiudere la bocca.
Di nuovo.
Da quando era successo, erano tutti così dannatamente...
Ma io avevo bisogno di pensare ad altro, avevo bisogno di una distrazione, di qualsiasi genere.
Avevo bisogno di avere impegnato il cervello, avevo bisogno di un briciolo di diversità.
-E adesso fili a posto!- gridò esasperata, indicandomi il primo banco accanto ad Hermione.
Non aspettai oltre, le riservai uno sguardo impertinente e un ghigno, mi sedetti nel primo posto davanti alla lavagna.

E come ogni santo giorno trovai al mio fianco Hermione, aspettando che le dicessi qualcosa, ma come sempre non avrei aperto bocca. Che noia.
Nel completo silenzio mi accompagnò da una lezione all'altra e per finire ci ritrovammo, ancora in silenzio, nella sala grande: era l'ora di pranzo.
Da qui Hermione, delusa e sconfitta, si diresse al tavolo dei Grifondoro tra Ron e Ginny.
Harry non era presente. Non pranzava con noi da un po' di tempo.
Strinsi i pugni trattenendomi dall'urlare di sdegno.
Non era l'unico a soffrirne! Ma la vita degli altri, delle persone che mi circondavano, quella andava avanti.
Perché non lo faccio anch'io?
Perché non posso, maledizione!
Seduta davanti ai tre, loro smisero immediatamente di bisbigliare. O meglio di litigare.
-Ehm...ciao- dissero all'unisono, senza rivolgermi lo sguardo.
-Mhm- risposi con un cenno di assenso.
Dopo interminabili minuti di silenzio e una gomitata a Ron da parte di Hermione, questo si decise a parlare.
-ehehe- gli si strozzò la voce -mi chiedevo, hainotiziediharry?-
-come, scusa?-
Gli puntai gli occhi addosso, e forse dovevo aver usato un tono piuttosto incazzato senza rendermene conto, visto come tremava di insicurezza. Ma ormai questo era il mio modo di rivolgersi a tutti.
-D-d-dicevo, se h-hai notizie di H-harry?- di male in peggio. Harry Potter non lo vedevo dal giorno. Non mi importava vederlo. Che si richiudesse nella sua stanza per tutta la vita.
Nel profondo pensai ancora che la colpa fosse sua. Anzi proprio non riuscivo ad associare qualcun'altro alla...
Ero patetica. Non riuscivo neanche a dirlo, e poi mi lamentavo degli altri. Bell'ipocrisia. Veramente, mi complimento con me stessa!
Ah, che idiota...
-No- risposi freddamente e allo stesso tempo mi alzai dal tavolo e me ne andai per i fatti miei senza mangiare nulla.
Idiota. Idiota! Perfetto, si sarebbero aspettati che parlassi con Harry. Si sbagliavano, non ne avevo nessuna vo...
-Asterope! Per favore!-
Sussultai al suono del mio nome per intero, mordendomi le labbra con forza.
Hermione si era alzata dalla tavola, un ginocchio sulla panca nell'atto di venirmi incontro, uno sguardo supplicante. Un silenzio davvero fastidioso ci avvolse, metà tavolata si era voltata.
-D'accordo.- mormorai afflitta dal mio compito e irritata dai molteplici sguardi curiosi - E non chiamarmi così- sussurrai a bassa voce, imprimendo rabbia nelle parole, ondeggiai sulle gambe prima di fare un mezzo giro e sparire da quei Grifondoro curiosi, sarà anche la culla dei coraggiosi e dei buoni di cuore, ma in quanto a invadenza non li batteva nessuno.
Mi dovevo ricordare più spesso che facevo parte anch'io di quella maledetta casa...

Sospirai. Perché diavolo mi ero fatta convincere!?
-Perché sei l'unica che ha speranza di parlargli e...sei una Black, per Merlino!- lasciamo perdere.
Me lo avevano ripetuto così tante volte, che potevo sentire la sua voce nella mia testa, e la cosa stava cominciando a diventare inquietante. Maledetta Hermione e le sue risposte immancabilmente pronte. Erano due settimane che ci provava, non un attimo di pace, di silenzio, nulla!
Come avevo fatto a cedere proprio in quel momento.
Dovevo avere qualche serio problema...sarà stato lo stress.

La torre della mia casa era vicina. Ultimo corridoio e...
-Ahia!-
-Ehi! Guarda dove metti quei tuoi piedi da mezzosangue!-
Voce stridula e infantile, tono insopportabilmente altezzoso, divisa verde...no, aspetta non me lo dite!
-Ehi mezzosangue, dico a te!-
Ce l'ho! Draco sono-purosangue-se-non-si-vedesse-dalla-puzza-sotto-al-naso Malfoy.
-Malferret! Quale piacere, scontrarsi contro la tua testa vuota!- puntai gli occhi sulla sua capigliatura particolarmente appiccicosa.
-Non osare insultarmi, sudicia mezz…-
-Sì, sì, mezzosangue e tutto il resto. Sicuro che tutto quel gel non ti abbia dato alla testa? Sai dici sempre le stesse cose...- lo guardai con un ghigno furbo sulla bocca.
Il biondo si avvicinò minacciosamente, o almeno pensando di esserlo, io mi limitai a passargli accanto senza guardarlo negli occhi. Quello snob del cavolo e le sue battutine proprio non ci volevano adesso, si credeva di essere chi sa chi qua dentro. Ma la verità era una; era soltanto un bulletto senza speranza, uno su un milione. Mi chiedevo anche perché gli rispondessi...
Il Serpeverde era ancora appoggiato al muro mentre io me ne stavo andando, quando la sua risata, apparentemente senza senso, riempì il corridoio.
Non era una risata di gioia, di divertimento, no.
Era ...sprezzante, fredda.
Le sue parole mi pietrificarono sul posto, incapace di muovermi.
Mi bloccarono il respiro, le radici di quel qualcosa si stavano stringendo ancora di più intorno al mio corpo, le potei sentire scavare nella carne, raschiare via quel poco che era rimasto di me. Quel qualcosa, che comunemente era chiamato dolore, mi aveva lasciato per l'ennesima volta, vuota.
Come quando lo vidi morire davanti a me, mi sembrava di essere di nuovo là.
Tutto al suo posto.
La risata crudele e canzonatoria.
Le parole di scherno.

-Scommetto che al tuo caro papino non piacerebbero queste parole. Giusto. Non è più tra noi… Credo che la mia cara zietta apprezzerà un biglietto di congratulazioni, anche se in ritardo…- rise.
Un brivido mi distolse dai miei pensieri, due dita gelate scorrevano lentamente sul mio collo. Un altro brivido, più forte, quando i miei capelli furono spostati verso destra.
-Non dici ancora niente? Se non fossi una traditrice del tuo sangue...saresti la mia preferita- alitò al mio orecchio con un tono immensamente viscido. Immerse il volto nei miei capelli, tirandoli, strappandoli.
Quando sentii le sue labbra umide sul collo e le sue mani strattonarmi contro il suo corpo fino a farmi male, ebbi il buonsenso di scostarmi con forza.
-Non toccarmi! Non osare parlarmi...- e la voce mi morì sentendo il disgusto salirmi in gola     -n-non avvicinarti...-
-Cos'è, non hai più voce, Black?!- la sua orrenda risata esplose nuovamente dalla sua gola, mentre camminava verso di me con quel ghigno che gli avrei strappato volentieri dalla faccia.
-Quanto mi sarebbe piaciuto vedere la tua faccia...- cosa? Si avvicinò al mio viso non riuscendo a trattenersi dal ghignare.
-quando tuo padre...- quasi rise -è morto!-
E' morto.
E' morto.
E'...
Strinsi gli occhi e i denti per non urlare -o li spalancai?.
Un attimo dopo avevo puntato la bacchetta al suo petto, facendolo indietreggiare notevolmente.
-Non...non osare parlarmi mai più- le parole si accavallavano tra di loro.
 Il sangue -l'adrenalina-, scorreva nelle mie vene, dandomi l'illusione di  poter contare sulla forza delle mie gambe, molli e inutili fino a poco prima.
Malfoy squittiva spaventato con la bacchetta alla gola.
-Perché non torni a giocare con i tuoi incantesimi e mi lasci andare?-
-Chi ti ha detto che ho smesso di giocare?- sibilai pigiando la punta della bacchetta contro il suo collo bianco.

Il furetto spaventato oltre ogni limite; occhi spalancati, bocca aperta, e quasi parte integrante del muro, si diede alla fuga senza un briciolo di orgoglio.
-Purosangue dei miei stivali- mormorai addossandomi al muro con una mano a stringere le tempie.
La bacchetta fremeva insieme al mio braccio, ormai il mio intero corpo tremava, non dal quasi scontro con Malfoy, non dalla tensione o l'adrenalina
Probabilmente anche la mia mente era ferita dallo scontro verbale, o meglio dalle parole di Malfoy.
Non potevo permettere che l'instabilità delle gambe o piuttosto, la debolezza in cui si trovava la mia ragione, mi ostacolasse.
Non potevo permettermi di fermarmi proprio adesso.
La torre di astronomia era vicina. E tuoni di un nuovo tumulto illuminano finalmente la via.
   
 
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