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Autore: crazyhorse    29/07/2011    0 recensioni
Credete che l'amicizia si possa trasformare in amore? No? E se in fondo in fondo a un'amicizia ci fosse sempre stato qualcos'altro? Quanto deve essere forte un'amore per resistere al tempo e alla distanza? Ma sopratutto può un'amicizia sopravvivere ad un amore finito? Questa storia racconta di questi due sentimenti che, quando sono DAVVERO sinceri, rendono una persona DAVVERO fortunata.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GONNA SEE MY FRIEND 5BIS GONNA SEE MY FRIEND(1)

Eviterò di parlarvi del venerdì infernale che passarono sia Rachele che Christian...ok solo un breve accenno. Rachele sembrava una gallina isterica in cerca di qualcosa da mettersi il giorno dopo: qualcosa di sportivo ma non troppo, audace ma non troppo, che facesse risaltare i suoi punti forti ma senza sottolineare quelli che lei odiava. Insomma una mission impossible che neanche Tom Cruise in forma smagliante avrebbe potuto portare a termine con successo. Christian invece, era talmente nervoso che tutto quello che fece in ufficio lo dovette ripetere due volte, alcune cose anche tre, tanto i suoi neuroni erano fra le nuvole.
Il sabato dell'appuntamento Rachele aveva il treno alle otto di mattina, ma alle cinque era già sveglia come se avesse bevuto un silos di caffè concentrato. Alla fine optò per un paio di jeans azzurri che sua madre le diceva sempre che le stavano così bene, una polo bianca (non era molto sexy, ma siccome in quella zona lei non aveva niente di sexy da mostrare ed imbottire il reggiseno non rientrava nelle opzioni a sua disposizione, la polo era perfetta), un paio di comode Reebock bianche, giusto per fare pandant con la polo, e una giacca leggera e impermeabile grigia. Sportiva, e con alcuni dei suoi punti forti in evidenza. Tutto sommato era soddisfatta.
Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli, come una tabella di marcia militare. Arrivo alla stazione centrale: ore dieci meno cinque, metrò linea gialla in direzione "S.Donato", scendere alla quarta fermata, uscire dalla metrò, ovviamente, di fronte alla basilica. Niente di più facile, sarebbe stato impossibile sbagliare o arrivare in ritardo, non ci sarebbe riuscito neanche un neonato...eppure Rachele fu in grado di fare entrambe le cose. Tanto per cominciare invece che la linea gialla prese quella verde e se ne rese conto solo una volta raggiunto il capolinea, quindi ritornò indietro, ma scese alla stazione sbagliata e dovette aspettare il treno successivo. Raggiunse di nuovo la fermata della stazione centrale cinquanta minuti dopo che ci era passata la prima volta. Il secondo tentativo fu più fortunato: arrivò al duomo alle undici e un quarto (accidenti alle metrò di Milano sempre stippate neanche i milanesi fossero carne da mecello!) tremante sia per l'ansia che per il ritardo.
Un volta guadagnato lo scalino più alto davanti al duomo, in cinque secondi cronometrati, Rachele scandagliò l'intera piazza in cerca di Christian, neanche avesse sviluppato un sofisticato sonar da sottomarino. Niente, neanche l'ombra di lui. Cominciò ad aspettare, ferma in un angolo della scalinata. Resistette circa un minuto, poi prese a camminare nervosamente avanti e indietro compiendo più o meno venti vasche davanti al duomo assediato da innumerevoli turisti fra i quali i proverbiali giapponesi che fotografavano qualunque cosa. Guardò l'orologio: le undici e quaratanta. Sgranò gli occhi. Quaranta!!?? QUARANTA!!?? Oddio e se Christian quella mattina ci avesse ripensato e non aveva potuto contattarla perchè lei era già uscita? Magari c'era un messaggio su facebook che le diceva: "Senti fa niente, non venire!". D'istinto tirò fuori il cellulare, ma fissando lo schermo nero in modalità "risparmio energetico", Rachele si sentì morire: non si erano scambiati i numeri di telefono! Ma che idioti che erano stati! Cos'avevano in testa! Forse erano tornati due bambini di sei anni? Possibile, almeno per quanto riguardava lei. Come si faceva a non scambiarsi i numeri di cellulare in occasioni come quella? Guadò di nuovo l'orologio: le undici e cinquanta. Ormai non sarebbe più venuto, Rachele ne era sicura. Con le spalle curve sotto il peso del bidone da una tonnellata che Christian le aveva lanciato addosso come una bomba atomica, cominciò ad incamminarsi triste e avvilita verso l'affollatissima metropolitana di Milano.

********************

Di Christian si potevano dire un sacco di cose, ma di sicuro non che fosse un lavativo. Ok, bisogna anche ammettere che se la mattina dell'appuntamento con R lui andò in ufficio in parte era dovuto al fatto che il giorno prima non era riuscito a finire le sue cose, causa innumerevoli ripetizioni di altre cose resesi necessarie dal suo cervello trasformato in ricotta dal pensiero di R. Tuttavia, secondo il suo programma non avrebbe dovuto trattenersi oltre le dieci e un quarto, ora in cui avrebbe dovuto chiudere baracca e burattini e dirigersi verso il duomo. Purtroppo la-donna-di-silicone era sempre in agguato; mai sottovalutare cosa può fare una-donna-di-silicone innamorata.
Ore nove e un quarto, il telefono dell'ufficio squillò, facendo fare un salto sulla sedia a Christian. Lui rispose senza neanche pensare, tanto era concentrato in quello che stava facendo:
-Pronto...- disse distrattamente
-Oh, Christian meno male che ti ho trovato, senti ho un problema! Non riesco più ad accedere al programma e io ho un assoluto bisogno di farlo ora!-
Christian impallidì e, mentalmente gridò: NOOOOOOO!!!
-Dafne, buongiorno...ehm ha provato ad accendere il server?-
-Certo per chi mi hai preso? Ma non va lo stesso! Senti non puoi venire a dare un'occhiata!?-
Ancora una volta: NOOOOOOO!
-Ehm...veramente ho un sacco di lavoro e un appuntamento...non possiamo fare lunedì?- tentò un po' titubante il giovane programmatore.
-No, assolutamente ho bisogno di te ADESSO!-
Quell'"adesso" fu come un ago incandescente nello stomaco di Christian che si contrasse dolorosamente. Guardò l'orologio sullo schermo del suo computer e fece una botta di conti...avrebbe dovuto correre come un ossesso, ma poteva farcela se si dava una mossa subito.
-Ok, arrivo subito!- e riagganciò, ignorando il saluto pieno di gratitudine della ribattezzata rompiscatole-di-silicone. In due secondi spense computer e luci e si fiondò verso la sua macchina.
Per fortuna, o purtroppo a seconda dei punti di vista, la ditta di Dafne distava solo un quarto d'ora di macchina dall'ufficio di Christian, per cui lui, alle nove e trentacinque già stava suonando il campanello per andare dritto nella tana del lupo.
-Oh grazie Christian! Sei un angelo...-
-Ok allora vediamo cosa c'è che non va!- disse lui sbrigativo gettandosi a pesce sul computer ed ignorando gli occhi dolci e le ciglia chilometriche (finte anche quelle probabilmente) di Dafne, che per inciso quella volta avrebbe pagato in fattura anche due extra: uno per le emergenze e uno per la festività.
Digitò abilmente qualche comando sulla tastiera, poi guardò l'orologio: dieci meno dieci. Accidenti!
-Oh no si è cancellata la cartella intranet! Ma come ha fatto?-
-Oh, beh....io non ho fatto niente di diverso dal solito....senti ma perchè non mi dai del tu Christian...?-
Lui alzò gli occhi al cielo e rimise Dafne al suo posto senza troppo cerimonie:
-Perchè lei mi paga Dafne! E' sconveniente che le dia del tu!-
Poi si alzò e cominciò a frugare nella sua borsa in cerca di un cd con i dati mancanti. Lo prese e tornò al computer. Guardò ancora l'orologio: dieci! E il lavoro che si apprestava a fare non era neanche breve! Accidenti un'altra volta!
-Ehm...hai fretta per caso Christian?- gli chiese Dafne con voce dolce, che però su lui ebbe come unico effetto quello di dargli il voltastomaco.
-Beh, avrei un appuntamento....- decise di mantenersi sul vago.
-Oh!- ribattè lei offesa. Christian rise sotto i baffi che non aveva.
-Di lavoro?- s'informò la donna insistente e lievemente irritata.
-Eh, che vuole che le dica sono uno stacanovista!!- rispose lui felice di aver  messo Dafne in difficoltà.
La mezz'ora successiva passò lentamente come un'era geologica: il computer di Dafne sembrava indolente come non mai, il cd sembrava voler trattenere i dati con i denti e con le unghie e Christian era sull'orlo del collasso. Non avrebbe mai fatto in tempo ad arrivare in pieno centro a Milano per le undici, considerando il traffico del sabato.
Quando finalmente il masterizzatore risputò il cd-rom, il giovane controllò che il programma funzionasse correttamente, quindi cominciò a sistemare le varie cartelle virtuali al loro posto, imprecando sottovoce quando qualcuna non voleva ubbidire ai suoi ordini, che a lui sembravano chiari come il sole. Impiegò altri dieci minuti, nel frattempo si erano fatte le dieci e tre quarti. Ora di rimettere tutto a posto, uscire dall'ufficio di Dafne mormorando a malapena un "Arrivederci, buon week-end!" e fiondarsi nuovamente alla macchina erano le undici meno cinque: un ritardo abominevole.
Mentre partiva, si allacciò la cintura di sicurezza e fece per prendere il cellulare dalla tasca dei jeans, ma:
-Ma che idioti che siamo!!- imprecò.
Cosa voleva fare? Forse avvisare R che era in ritardo chiamandola al cellulare di cui non aveva il numero? Imprecò altre tre volte, poi si concentrò sul traffico, cercando di rispettare quante più norme del codice della strada poteva, ma senza riuscire ad evitare due sorpassi sulla destra...ok, tre. Alle undici e mezza era ancora lontano anni luce dal duomo; possibile che tutti gli "uomini col cappello" decidessero di uscire di casa sempre quando lui aveva una fretta del diavolo? Di quel passo sarebbe arrivato che R probabilmente aveva messo le radici davanti alla chiesa, per la miseria...sempre che non avesse già deciso di andarsene. Prese una drastica decisione: parcheggiare e raggiungere il duomo a piedi, cioè di corsa. Così fece, e corse per mezz'ora di seguito come un forsennato senza fermarsi mai, superando due scolaresche, una dozzina di vecchiette con il loro ingombrante e sovraccarico trolley per la spesa datato 1906 e qualche mendicante che non mancava mai per le strade di Milano.
Raggiunse piazza del duomo che era più morto che vivo. Completamente senza fiato si fermò un secondo in un angolo, solo per cercare R e riprendere a correre per raggiungerla, sempre che lei avesse deciso di aspettarlo o che lui fosse stato in grado di riconoscerla: la foto su facebook non era molto chiara, in effetti.
Dubbio assolutamente inutile: R, identica a come lui se la ricordava, era in cima alle scale davanti al duomo nell'angolo a destra della facciata della chiesa.
Riprese a correre immediatamente dribblando diversi turisti ed un numero impressionante di studenti che avevano deciso di marinare la scuola, poi, quando vide che lei si stava mestamente avviando verso la metropolitana, cominciò anche a chiamarla, trovando il fiato necessario neanche lui seppe bene dove:
-R! R! R! Aspetta...- fu tutto quello che riuscì ad uscire dai suoi polmoni.

********************

Rachele era a metà strada fra la chiesa e le scale che l'avrebbero portata nei tunnel della metropolitana, cioè sottoterra dove il suo umore era già precipitato, quando sentì una voce chiamarla. Beh, quella voce poteva rivolgersi solo a lei:
-R! R! R! Aspetta...-
D'istinto Rachele si voltò cercando la fonte di quella voce che sembrava abbastanza provata e stanca, ma non fece in tempo, fu la voce ad arrivare per prima da lei. O meglio, sopra di lei. Christian, nell'inerzia della corsa, la investì letteralmente, facendola quasi cadere a terra:
-Oh!!- disse solo lei mentre il fiato che aveva nei polmoni veniva energicamente spinto fuori dall'impeto dell'impatto.
-Oh, meno male ho fatto in tempo! Scusa scusa scusa! Lo so sono in ritardo, ma la-donna-di-plastica mi ha bloccato accidenti a lei...- si fermò per prendere fiato, cioè quella cosa che da circa mezz'ora era un lontano ricordo per lui.
Rachele se ne accorse, non che ci volesse l'occhio esperto di Sherlock Holmes, in effetti:
-Oddio, non morire proprio ora! Vieni sediamoci sulle scale!-
Una volta seduti, e una volta che il viso di Christian ebbe riacquistato un colorito umano, Rachele disse:
-E così la tua spasimante ti marca stretto, eh?- lo guardò ed ebbe un brivido. Era possibile essere più in forma a ventisei anni che a diciotto? Beh, Rachele non si era mai posta una domanda simile, ma se l'avesse fatto, in quel momento avrebbe ricevuto una risposta: certo che si poteva, eccome! Di fianco a lei stava seduto un ragazzo...cioè un uomo ormai, che non sembrava assomigliare per niente al ragazzo che lei ricordava. Fisicamente era identico a otto anni prima: non era più alto, ma sotto la maglietta s'intuivano muscoli ben definiti ed atletici; aveva gli stessi capelli scompigliati, la stessa bocca che le richiamava alla mente i pensieri più peccaminosi che la mente umana possa concepire, la stessa pelle scura e sensuale, e gli stessi occhi nerissimi e brillanti; ma contemporaneamente non era lui, la sua espressione era più matura e consapevole, e maturità e consapevolezza gli avevano fatto un gran bene!
-Già...- rispose lui fra un affanno e l'altro.
-Accidenti avevo paura che ci avessi ripensato e stavo per tornare indietro!-
-Scusa...sono scappato prima che ho potuto...non avevo il tuo numero...che bravi a non scambiarcelo, vero?-
-Sì, la prossima volta ti mando un piccione viaggiatore!- rise lei, poi: -comunque ora sei qui ed è questo quello che conta...- ribattè Rachele mentre la sua voce si spegneva nei meandri di quei brillanti occhi neri che le stavano dicendo un sacco di cose.
-No, la prossima volta ti dò il mio numero!- scherzò lui mentre non riusciva a togliere gli occhi di dosso da lei. Seguì un istante di teso silenzio mentre i due ragazzi si fissavano, come a voler recuperare sei lunghissimi anni di lontananza con un solo sguardo.
-Non sei cambiata per niente!- ruppe il silenzio Christian improvvisamente.
Rachele rise: -Occhio, perchè se dici una frase di questo tipo a una ragazza più vicina ai trenta che ai venti, può passare per un complimento, e bello grosso anche!-
-Oh, ma lo voleva essere in effetti!-
Altro istante di teso silenzio, mentre i due si rendevano conto che quegli anni di lontananza erano già stati recuperati abbondantemente con poche parole ed uno sguardo.
-Scusa...- mormorò Rachele abbracciandosi le gambe ed appoggiando il mento sulle ginocchia rannicchiate contro il suo torace. Non era riuscita a resistere; i suoi sensi di colpa assumevano sempre dimensioni spropositate.
-Di che? Non sono io che stavo per darti buca?- chiese Christian cadendo dalle nuvole.
-Beh, io ti ho sempre sommerso con tutti i miei stupidi problemi...senza lasciarti mai spazio! Volevo solo chiederti scusa!-
-Scherzi vero? Primo non mi sono mai accorto di non aver avuto spazio, e secondo tu c'eri ed era quello che contava e che conta anche ora!- rispose lui sciogliendosi di fronte a quegli occhi azzurro-nocciola lucidi e pieni di tristezza. Christian decise di scuotere un po' la situazione:
-E poi tu non eri mica Isabella!!-
Risero entrambi...Isabella non era mai stata simpatica a nessuno.
-Allora cosa c'è di così vitale da richiedere la mia presenza a Milano?- chiese Rachele curiosa.
Christian spostò uno sguardo pensieroso sui turisti che invadevano la piazza e che sembravano una colonia di operose formiche. Rispose, alzando le spalle, come per dare poca importanza alle sue ragioni:
-Niente! Avevo solo voglia di vederti!- concluse con tono fintamente scontroso per camuffare una bugia grande come il Titanic: -Perchè c'è bisogno di una ragione di stato per voler vedere una vecchia amica?-
Il fatto non era che Christian aveva "solo voglia di vedere una vecchia amica"; semplicemente la risposta che stava cercando l'aveva già trovata, quindi il tempo che rimaneva sarebbe stato tutto per loro.
Rachele sorrise ironica:
-Va bene, ti perdono il "vecchia" che si annulla con il complimento di prima!-
-Lo sai cosa volevo dire!-
-Si lo so! Non posso neanche prenderti in giro? Hey mi hai fatto aspettare quasi un'ora, devo pur vendicarmi in qualche modo!- ribattè lei fingendosi offesa, ma senza riuscirci perchè Christian rendeva impossibile far nascere in lei qualunque sentimento di natura negativa, anche se simulato.
Improvvisamente e senza un'apparente ragione lui disse una cosa completamente slegata dal resto della conversazione. Semplicemente lo sentì venire fuori e non riuscì a reprimere l'urgente bisogno di dirlo anche a lei. Ci aveva provato un sacco di volte in passato, ma R o non l'aveva capito o aveva deciso di non reagire, per qualche motivo. Ma in quel momento lui decise di dire tutto chiaramente:
-Lo sai, vero, che eravamo tutti e due innamorati di te?-
Rachele rimase senza fiato per cinque secondi. Ecco fatto! Cosa avrebbe potuto rispondere lei che non sembrasse una frase arrivata direttamente dall'agosto del 1984 quando entrambi avevano sei anni? Si voltò a fissare gli occhi neri di Christian che già stavano fissando lei, ma non disse niente, sorrise e annuì semplicemente con il capo, mentre il suo stomaco si stava sciogliendo come neve al sole.
-Io e Marco...tutti due...cotti come due patate lesse!- ribadì un concetto che non ne aveva nessun bisogno.
E adesso invece? Già, perchè Rachele ormai quello lo sapeva, ma ciò che non sapeva ma che moriva dalla voglia di sapere era: e adesso, invece? Quella domanda però sfortunatamente lei non poteva fargliela con la stessa schiettezza che aveva usato lui pochi secondi prima, per cui si limitò a sorridere ancora e a dargli un'affettuasa spallata mentre erano seduti fianco a fianco sulle scale davanti al duomo di Milano.
Per Christian quella dolce spallata valse mille parole: sì lei sapeva che lui era stato cotto perso di lei. Quello che non sapeva, e difficilmente avrebbe potuto immaginare, era che un solo sguardo gli era servito per capire che lo era ancora in quel momento.
Respirò profondamente, abbandonando gli occhi di R, e si alzò. Poi le tese la mano e disse:
-Dai, ti offro una pizza!-
Quella mano davanti ai suoi occhi, a Rachele sembrò quasi una rivelazione divina. Non se lo fece ripetere due volte: l'afferrò con decisione e ribattè:
-Me lo merito in fondo, no?-


(1) "Gonna See My Friend" - Pearl Jam
  
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