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Autore: Nena Hyuga    30/07/2011    4 recensioni
L'incubo ricorrente di una notte porterà Yuri Ivanov alla follia, ma chissà se sotto a quello strano e malsano sogno non vi sia un briciolo di verità nascosta che il russo nega a sè stesso...
Vi troverete a non distinguere più la realtà dal sogno, le vostre certezze si trasformeranno in dubbi che, alla fine, potranno anche rimanere insaziati...
Nena Hyuga si è messa alla prova e torna con una nuova One-Shot completamente nuova per il suo stile ^.- Spero sia di vostro gradimento ^-^
Vostra, Nena Hyuga ^-^
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kei Hiwatari, Yuri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Insane



Il nodo Windsor alla cravatta era troppo stretto per il suo esile collo pallido, lo sentiva opprimente ed esageratamente elegante, e ciò gli creava uno strano disagio.

Il completo nero di sartoria gli calzava a pennello e, forse, nella sua perfezione, la sensazione di pressione del serpente di seta attorno al suo collo era ulteriormente amplificata.

Per non parlare delle scarpe laccate, inesorabilmente nere, accompagnate da un paio di calzini bianchi.

Che pugno nell'occhio! Che nota stonata in quel corredo così ricercato!

Eppure Yuri sentiva che gli indumenti non erano la sola cosa a renderlo nervoso ed inappropriato, quanto più il contrasto che i suoi capelli cremisi creavano con l'atmosfera grigia e tetra nella quale era stato inconsciamente inserito.

La zazzera rossa sembrava urlare: “Ehi! Guardatemi tutti! Sono qui!” mentre a lui sarebbe piaciuto passare inosservato.

Voleva solo apparire un anonimo damerino con il vestito della domenica addosso.

Attenuare l'appariscenza della focosa chioma, era compito dei suoi occhi cristallini che spiccavano ugualmente sul suo viso diafano, ciononostante ottenevano l'effetto contrario.

Infatti, invece di far sentire Yuri a disagio, lo proteggevano dalle occhiate di sdegno dei passanti, lo difendevano poiché nessuno vi scorgeva altro che malinconia e tristezza.

Le sue perle azzurre lo schermavano da quegli sguardi curiosi e giudici di ogni suo movimento, riflettendo all'esterno l'immagine di un ragazzo solo e schivo.

Aveva sempre dato l'impressione di un giovane emarginato, solitario per scelta e non per destino.

La doveva ai suoi occhi, la desolazione che lo circondava e lo abbracciava da quando ne aveva memoria.

In un certo senso erano la sua arma naturale, il suo unico mezzo per sopravvivere alle carogne che avevano il coraggio di sputare sentenze sul suo conto.

Yuri si sistemò le maniche della camicia con i gemelli d'oro giallo, eleganti e raffinati come su nessun altro potevano risultare.

Accompagnò quella serie di lenti gesti con fugaci sguardi nei dintorni per cercare il motivo della sua presenza in mezzo a centinaia di lapidi bianche di pregiato marmo smerigliato. Su di esse troneggiavano ipocrite epigrafi commemorative che recitavano frasi più simili a delle maledizioni che a parole affrante d'addio.

Qui giace il rinnegato...”

Che... riposi all'Inferno condannato ad atroci torture per mano di Satana.”

Erano solo un paio delle varie scritte presenti sulle lapidi, marchiate a fuoco, nero su bianco, scavate a forza nel marmo scintillante.

Il cimitero dei Dannati.” si ritrovò a pensare Ivanov, sentendo un fievole brivido lungo la colonna vertebrale.

Camminò attraverso i cadaveri condannati alle Fiamme per raggiungere un drappello di persone radunate attorno ad un prete dalla mantellina viola cupo.

Curioso, notò Yuri, che quella fosse l'unica bara nera presente nel raggio di vari metri.

Inquietante, continuò a pensare, che la gente iniziò a bisbigliare fittamente al suo lento avvicinarsi, mentre cercava di evitare lo scontro fisico con i passanti venuti a maledire i defunti.

E' morto!” captò finalmente tra quelle parole senza senso e mormorate con timore reverenziale.

E' morto! Il Tiranno è morto!” udì ancora quando una signora dalle occhiaie nere e dai denti marci gli si era avvicinata pericolosamente e l'aveva guardato sollevata, congiungendo le mani a quelle del rosso in una muta preghiera.

Il Tiranno?” chiese più a sé stesso che alla vecchia donna malconcia, la quale gli indicò con un certo fervore la bara nera.

Non indugiò oltre e avanzò verso l'eterogenea calca di persone radunata attorno all'oggetto che stava suscitando grande curiosità e attirava l'attenzione generale.

Vi erano vecchi e bambini, uomini e donne di mezza età che piangevano gioiosi e, solo in quel momento, presero a gridare a squarciagola: “Il Tiranno è crepato!”.

Con sua sorpresa Yuri scorse tra i presenti dei volti familiari.

Aveva faticato a riconoscerli a causa del completo scuro e dell'inquietante espressione sollevata sul volto che ad ogni occhiata rivolta all'interno della bara, diventava sempre più marcata.

Boris, Sergey ed Ivan erano in prima fila ed ognuno reggeva un fiore in mano che lanciarono dentro la tomba ancora aperta.

Si insinuò in lui il dubbio che il famoso Tiranno non fosse altro che Vladimir Vorkov, il loro aguzzino il quale per anni li aveva torturati a suon di frustate pur di raggiungere i suoi loschi obiettivi.

Oh, quanto avrebbe pagato, Yuri Ivanov, per vedere il freddo volto raggrinzito in una smorfia trasudante morte del monaco russo.

Si sarebbe addirittura offerto di incidere la lapide di persona: già immaginava l'epigrafe perfetta.

Qui giace tra i tormenti dell'Inferno, Vladimir Vorkov. Seviziatore e boia rinnegato dal Purgatorio per non aver avuto la possibilità di espiare le proprie colpe.” .

Troppo lungo? Beh, sarebbe servita una grande lapide per un grande bastardo del suo calibro.

Ivanov non diede peso al fatto che i suoi compagni di squadra l'avevano ignorato, ma si limitò ad affiancare Boris e scrutarlo di sottecchi.

Sul volto squadrato del platinato spuntava l'abbozzo di una smorfia che ben presto si tramutò in un ghigno terrificante, assetato di una giustizia malsana.

Si affacciò sulla bara, sorprendendosi che i fiori atterrati al centro dello spazioso anfratto fossero niente meno che tre rose bianche avvizzite le quali donavano un aspetto lugubre alla cassa.

Ma colui che vide disteso su un letto di fiori, le mani congiunte all'altezza dello stomaco, circondato dal lussuoso rivestimento di raso nero, non era affatto il famigerato Vladimir Vorkov.

Si sorprese a fissare quegli occhi serrati un tempo portatori di splendide e vivide ametiste, ormai chiusi per sempre, incapaci di incutere ancora soggezione.

Soffermò la sua attenzione sui lineamenti marcati e virili, gli zigomi ancora marchiati dai tatuaggi blu notte che lo contraddistinguevano.

I capelli bicolore erano scialbi, ammosciati sulla fronte del giovane nippo-russo che, nonostante la morte, preservava ancora il suo inconfondibile portamento nobile e fiero.

Il Tiranno è...Kei Hiwatari?” mormorò il rosso, sconcertato.

Sbarrò gli occhi incredulo, non tanto per aver trovato il corpo esanime del suo ex compagno di squadra all'interno della bara, quanto più per il singolare appellativo affibbiatogli dai presenti.

Sì, non ricordi? Ci hai liberati dal Tiranno! Hai salvato tutti noi dalla disperazione!” esclamò Ivan senza l'ombra di entusiasmo nella voce. Sembrava lo stesse prendendo in giro, anche se Yuri riteneva impossibile uno scherzo in circostanze simili.

Liberati?” chiese ancora.

Il rosso sembrava non saper fare altro che ripetere spezzoni di frasi pronunciate dalla gente in un timido tentativo di far luce sull'astrusa situazione.

Incapace di sillabare una domanda coerente, iniziando a non tollerare più quelle risposte incomplete ed inutili, si affacciò nuovamente alla bara nera dal bordo luccicante.

Ciò che vi vide all'interno lo terrorizzò a tal punto da ammutolirlo; sentì il sangue defluire verso il piedi, il viso perse colore e la vista iniziò a farsi annebbiata.

Kei, colui che aveva visto morto pochi secondi prima, era sveglio e pimpante, disteso supino nella scomoda bara di legno laccato.

I suoi occhi era come se li ricordava: spietati, agghiaccianti. Vivi.

Le sue difese cedettero alla visione del ragazzo ancora in vita, nonostante la gente avesse acclamato il suo trapasso nel regno degli Inferi.

Yuri era sempre affacciato all'imponente tomba, incapace di muovere un muscolo per il terrore che gli aveva paralizzato gambe e braccia.

L'argenteo aprì la bocca, facendo saltare i punti di sutura che il medico legale gli aveva dato per chiudergli le labbra per sempre. Una pratica barbarica e fuori luogo, ma Yuri non diede peso all'importanza delle varie tradizioni di sepoltura quando vide il liquido rosso sgorgare dalla cavità orale dell'ex compagno di squadra, provocandogli un conato.

Dovresti esserci tu al mio posto!” sbottò Kei additando con cattiveria il rosso.

Hiwatari si alzò in piedi con uno scatto, afferrò Yuri per la collottola e lo trascinò all'interno della bara con uno strattone, capovolgendo le posizioni.

Il cuore di Ivanov cominciò a battere all'impazzata, il suo sangue freddo gli impediva di mettere in atto un piano preciso per salvarsi la pelle dall'inevitabile e atroce fine che lo attendeva.

Essere seppellito vivo non era la sua più grande aspettativa di morte.

Si ritrovò paradossalmente da fissare il cadavere dentro la bara, ad essere squadrato a sua volta: i volti di Kei, Boris, Sergey ed Ivan in prima fila a compiangerlo con una finta preghiera appena sussurrata.

No! Tiratemi fuori!” tentò di urlare, di gridare in un disperato bisogno di aiuto, ma dovette rinunciarvi non appena si rese conto di avere la bocca cucita da un grosso spago che gli trapassava le labbra da parte a parte.

Kei si avvicinò alla tomba scoperta, il viso ancora intriso di sangue, gli sorrise compiaciuto mentre afferrava saldamente il coperchio della bara.

Qui riposa la tormentata anima di Yuri Ivanov, seguace della Follia.” riuscì ad udire prima che l'argenteo chiudesse con un colpo secco la tomba, condannandolo alla sepoltura forzata.



Yuri! Yuri, tutto bene?” domandò una voce lontana.

Nonostante il suono fosse distante chilometri, poteva percepire uno sgradevole senso di repulsione verso il possessore di quel timbro vagamente familiare.

La luce lo tormentava ad intermittenza, come se gliela puntassero addosso di proposito per ferirgli gli occhi.

Si rese conto solo in un secondo momento che qualcosa, o qualcuno, lo costringeva a tenere aperte le palpebre, mentre aspettava pazientemente che riprendesse conoscenza.

Ti sei svegliato, finalmente!” disse l'uomo dinnanzi a sé con una punta di sollievo.

Aveva ancora la vista offuscata, la bocca impastata di saliva che ne fuoriusciva disgustosamente dagli angoli e sentiva che la testa gli sarebbe esplosa entro pochi secondi.
“Hai fatto di nuovo quell'incubo, non è così?” fu la seconda domanda che gli venne posta dalla medesima persona, la quale non si aspettava di certo che Yuri fosse abbastanza cosciente da formulare una risposta comprensibile.

Scosse la testa febbrilmente come a ricacciare indietro dei brutti pensieri, ma i suoi movimenti erano limitati a causa delle corde che lo tenevano saldamente ancorato al materasso.

Finalmente, quando le sue pupille riacquistarono le dimensioni normali ed iniziarono a dosare l'entrata della luce all'interno dell'occhio, mise a fuoco la figura davanti a sé verso la quale aveva istintivamente provato disgusto.

Era girato di spalle e avvolto da un candido camice bianco, ma poteva perfettamente riconoscerlo.

Gli unticci capelli scuri tirati all'indietro, gli anfibi neri con le stringhe di cuoio e le possenti spalle da far invidia ad un militare.

Non appena si voltò e lo poté scrutare in faccia, i suoi dubbi sfumarono in certezze, confermando la presenza di Vladimir Vorkov davanti ai suoi occhi.

Il bulboso naso aquilino e le cavità orbitali infossate erano orribili particolari che avrebbe voluto evitare di rimembrare; avrebbe fatto volentieri a meno di vederlo in viso.

Dove sono?” domandò subito il rosso, sentendo le mani incollate ai fianchi con robuste cinghie che gli segavano i polsi.

Dove sono Boris e gli altri? Dov'è Kei?” chiese senza accorgersi di aver alzato il tono.

Vorkov assunse un'espressione affranta che gli fece venire la nausea, gli provocò un conato di vomito che riuscì a frenare solo grazie al suo infallibile autocontrollo.

Ma le domande del rosso non si erano ancora esaurite.

Cosa ci fai qui, lurido monaco schiavista?” sibilò il giovane dagli occhi cristallini.

Fu così che il viso afflitto dell'uomo mutò, sbaragliando ogni pensiero che Yuri associava ad una certezza.

Vide la compassione, negli occhi del medico, un tipo di pietà che avrebbe fatto infuriare Yuri Ivanov in qualsiasi situazione. Ma non allora. Non quando il rosso capì che quello sguardo celava una dubbia ma inquietante sincerità.

Ancora con questa fantasia, Yuri?” disse sconsolato.

Il modo in cui pronunciava il suo nome gli dava sui nervi.

Dov'è Kei?” chiese per la seconda volta, ignorando l'enfasi con cui l'aveva chiamato.

Per quanto andrà avanti questa storia? Sei nell'ospedale psichiatrico Vladimir Vorkov a Mosca, in Russia. Io sono il dottor Vladimir Vorkov per l'appunto, primario di psichiatria e il tuo medico curante.”

Bugiardo! Schifoso bastardo seviziatore! Con che coraggio mi guardi con quegli occhi traboccanti pietà, eh? Tu, spregevole monaco da strapazzo!” sbottò adirato, agitandosi più del previsto.

Al che, Vorkov scattò verso il vassoio su cui era poggiata una siringa con del tranquillante, pronto per essere iniettato nel povero sventurato di turno.

Hai associato inconsciamente l'idea di un monastero dove torturano i ragazzi a questo ospedale di cui sono il direttore, affibbiandomi il ruolo di 'cattivo da distruggere'.”

E Kei? Dov'è? Dove sono Boris, Sergey ed Ivan?” chiese sempre più incredulo, confuso da quelle assurde ed immonde verità.

Era semplice e pura follia. Blasfemia pronunciata dalla bocca di un uomo abominevole.

Sergey e gli altri stanno bene, sono i tuoi compagni di dormitorio. Per quanto riguarda Hiwatari, è deceduto.”

Quando?”

Due anni fa.” pronunciò in un sussurro, come a non voler rivelare altre informazioni importanti. O, forse, si era semplicemente stufato di ripeterle per tante volte...

Come è successo? Ha avuto un incidente?” domandò trepidante, rilassando i muscoli, ormai rassegnato al fatto che quelle dannate cinghie erano a dir poco tenaci.

Vorkov si sedette sullo sgabello di fianco al letto sulla quale giaceva il corpo cosciente ed inerme del povero Yuri Ivanov.

Avvicinò quella trappola di legno e chiodi al bordo del materasso, togliendosi gli occhiali da sopra il naso e sospirando per l'ennesima volta, dando l'impressione a Yuri di trovarsi in una candid-camera.

Si stropicciò gli occhi con fare stanco e spossato, l'espressione compassionevole sul suo volto svanì per far spazio ad una facciata lugubre e severa.

L'hanno ammazzato con otto proiettili in altrettanti punti vitali, un lavoro di precisione che solo un cecchino ben addestrato avrebbe saputo eguagliare.” lo informò, dando libero sfogo ai ricordi confusi e sovraffollati del giovane russo dalle gemme cristalline.

C'era sangue, litri di sangue che gli appannavano la vista e le immagini nitide dei sui ricordi, ormai sporchi e imbrattati di rosso cupo. Non più quel grigio tetro che l'aveva soffocato nel cimitero del suo sogno, né tanto meno l'abbagliante bianco della candida stanza dell'ospedale che l'aveva accolto al suo risveglio.

L'hai ucciso tu.” sentenziò infine, facendo sgorgare altro fluido vitale dagli anfratti dei suoi pensieri.

La reazione del rosso stupì perfino il ragazzo stesso, il quale rimase composto al suo posto intento in una profonda analisi del soffitto intonacato di un nauseante bianco crema.

Respirò, sentendo l'odore dei disinfettanti invadergli le narici, mentre un rumore metallico attirò la sua attenzione, facendo scattare in lui un meccanismo di autodifesa inconscio.

Il medico stava sapientemente preparando una siringa, aspirando da una piccola boccettina del liquido trasparente che poi mescolò assieme ad un secondo farmaco, sicuramente più potente, che colorò la soluzione di un rosso tenue.

Lo chiamavi il “Tiranno” poiché lui aveva assunto il comando del gruppo che tu e gli altri avevate fondato. Eravate i comandanti indiscussi dell'ospedale, prepotenti ed irascibili, avvezzi nel compiere atti di bullismo contro gli altri pazienti del centro riabilitativo.”

Ah, ora si chiama così un manicomio? Centro riabilitativo?” sbuffò iracondo il giovane Ivanov, iniziando a fare forza sulle braccia nel vano tentativo di liberarsi di quelle costrizioni.

Continuò nella sua ardua impresa di liberarsi, divincolandosi da quelle tenaglie di cuoio e ferro che lo inchiodavano al materasso, mentre vedeva l'inesorabile avvicinarsi della siringa al suo braccio.

Eri invidioso di Hiwatari, così un giorno decidesti di ucciderlo per riappropriarti del ruolo di capitano della banda. Un vero successo se si pensa che Boris e gli altri, da quell'incidente, non vollero più averti come compagno di stanza, timorosi che avresti riservato loro lo stesso trattamento.” spiegò senza l'ombra di esitazione che aveva invece mostrato al suo risveglio.

Vorkov serrò la mano sull'avambraccio del rosso, immobilizzandolo quel tempo necessario che gli bastò per individuare una vena utile ai suoi scopi.

Yuri gridò più che poté fino a sentirsi soffocare dalla sua stessa voce. Un disperato urlo che implorava soccorsi. Eppure era in un ospedale, chi poteva aiutarlo più di uno psichiatra come Vorkov?

La sua sensazione di disagio si intensificò, i suoi recettori sensibili al pericolo si innescarono e si obbligò ad un ultimo tentativo di fuga.

Sentì l'ago conficcarsi nella cute, pesante sotto la mano esperta dell'uomo, ma fu ugualmente doloroso come poteva esserlo la puntura di un'ape.

Accolse con un rantolo soffocato il lento fluire del liquido rossastro nelle sue vene, digrignò i denti a causa del bruciore che sentiva ribollirgli dentro.

I muscoli si irrigidirono e si rilassarono in un lasso di tempo che parve infinito, obbligandolo a sottomettersi alla forza di quei lacci che lo trattenevano al letto in un abbraccio mortale.

Mentre le sue palpebre si serravano, quando i suoni iniziarono a farsi ovattati e distanti, Yuri Ivanov giurò di vedere un sorriso sghembo solcare le labbra del medico dai profondi occhi neri.

Un ghigno di scherno, certamente, che avrebbe dovuto prendere come un feroce avvertimento.

Un flebile: “Sogni d'oro, sciocco di un Ivanov. Ci rincontreremo nei tuoi sogni più bui.” accompagnò il debole sbattere delle ciglia del giovane russo mentre l'oblio lo risucchiava prepotente.

Si concesse di alimentare il vorace dubbio di dove albergasse la verità.

E tutto venne inghiottito nel nero delle sue pupille dilatate per trascinarlo nuovamente in quel sogno che, per quanto malsano e folle fosse, era l'unica via di fuga da quel manicomio.










Angolo dell'autrice


Se vi state chiedendo cos'è questo sgorbio è la stessa domanda che mi sto ponendo io stessa, non vi preoccupate.

Non credo di aver mai scritto una one-shot così, con questo tipo di tematica abbastanza delicata come lo è la psiche umana.

Sarà che ultimamente ho visto un sacco di film a sfondo psicologico (“Shutter Island” e “Inception” sono due esempi tra i tanti), alcuni ambientati in ospedali psichiatrici che mi hanno sempre messo un certo timore.

Il tutto è mescolato con uno strano sogno che ho fatto la scorsa notte ed ecco cosa ne è risultato: una one-shot Nosense e Missing Moment che testimonia un mio momento di pura follia.

Più che genere “Introspettivo” avrei scelto “Psicologico” oppure “Idiozia allo stato puro”, purtroppo tali opzioni non esistono V.V”

Dunque, un viaggio nella psiche di Yuri Ivanov che si ritrova catapultato in un suo incubo ricorrente per poi svegliarsi ed essere sempre nel medesimo posto, un ospedale psichiatrico che lui associa al “Monastero Vladimir Vorkov”, dove il monaco appunto ne è il primario.

Kei Hiwatari è il ragazzo che ha ucciso e gli si ripresenta in sogno. Mmh...complicato, nevvero? O.o

Spero di avervi scombussolato un po', di aver insinuato in voi il dubbio di quale sia la verità di questa shot. Cosa è realmente successo? Yuri è pazzo o è semplicemente stato giocato un'altra volta da Vorkov?

Insane” significa letteralmente “folle” o “malsano”. Credo che sia l'essenza stessa di questa fanfiction, per una volta penso di aver azzeccato in pieno il titolo di qualcosa ç.ç sono una frana con i titoli, abbiate pietà di me.

L'ho scritta per sfogarmi, ma anche per mettermi alla prova, sperimentare qualcosa di nuovo. Ultimamente sono in fase sperimentazione e sto cercando di variare le tematiche, i personaggi, le ambientazioni. Infatti ho un'altra one-shot in serbo che devo trovare il coraggio di pubblicare O.o”

Dunque, chiacchiere a parte, spero non sia stata così orrenda come penso io e che nel finale sia riuscita a sorprendervi almeno in parte ^.-

Commenti con critiche costruttive sono sempre ben accette, ormai sono stufa di dirlo XD

Mi auguro mi vogliate far sapere cosa ne pensate del mio nuovo attacco di pazzia >.<

Con questo chiudo e vi do appuntamento alla prossima fanfic ^.-


Vostra, Nena Hyuga ^-^


PS: scusate la lunghezza dell'”Angolo dell'autrice”, ma la shot aveva bisogno di un po' di spiegazioni. Per ulteriori informazioni potete tranquillamente domandare ^.- Se volete consigliarmi uno psichiatra bravo, beh, potete lasciarmi il suo numero per messaggio XD

   
 
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