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Autore: Il Cavaliere Nero    30/07/2011    8 recensioni
La dolorosa scelta che il Proiettile D'Argento sarà costretto a prendere per difendere le persone alle quali tiene di più...per proteggere e salvare il suo Angelo.
Estratto dal quarto capitolo:
«Megure abbassò il capo e tornò a scribacchiare qualcosa di illegibile su quei documenti, senza però porgere molta attenzione a quello che faceva. Infatti, aveva ben altri pensieri per la testa: Se prima avevo qualche dubbio, ora ne sono sicuro...- pensò, determinato e serio -Michiyo, ormai, ha preso il posto di Shinichi Kudo...»
Genere: Triste, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Trentadue

Shinichi Kudo contro Ishimaru Michiyo

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Il corpo muscoloso di Kudo che sovrastava quello di Ran, più minuto e delicato. Il suo petto nudo e sudato che si alzava e abbassava freneticamente, ansante per l’eccitazione. Le sue braccia che la imprigionavano, impedendole qualsiasi movimento. Le loro pance, a stretto contatto, li facevano gemere rumorosamente, colmando di sospiri la stanza buia. Le mani di lui scorrevano, avide, sui fianchi di lei, mentre la sua bocca le sfiorava il collo:
“Shinichi…” sospirò, passandogli le mani tra i capelli.
“Ran…” le soffiò di rimando all’orecchio, facendola rabbrividire.
“Giù le mani…” sussurrò invece Michiyo, spiazzato.
“Da quanto tempo desideravo farlo, Ran…” proseguì però Kudo, la voce roca.
“Giù le mani da lei…” ripetè allora il poliziotto, stavolta a voce più alta.
Il moccioso-detective afferrò i fianchi di Ran, avvicinando il corpo al suo.
“Voglio che tu sia mia.” Decretò, con un tono autoritario.
“TI HO DETTO DI TOGLIERE QUELLE LURIDE MANI!” gridò Ishimaru, spalancando gli occhi. Ansante, si rizzò a sedere sul letto, guardandosi intorno: non c’era nessuno.
“Era un sogno.” Constatò ad alta voce, sfregandosi gli occhi con la mano.
“Sono davvero così ossessionato da quel tipo da sognarlo mentre…mentre..." gettò le coperte al suo fianco con un colpo secco, irato, non riuscendo a proseguire oltre "...con Ran!”
“Non permetto di rubare la mia roba…la mia roba!” ovviamente si riferiva a Ran.
“Kudo non si divertirà con i giochi che avevo già adocchiato io!” Dunque scattò in piedi, afferrando i vestiti precedentemente riposti sullo schienale di una sedia.
“E sarà meglio che mi sbrighi, prima che il mio incubo s’avveri…”

§§§

Delle voci continuavano a tormentarlo da un tempo incalcolabile, anche se assolutamente indefinito: all’inizio non era riuscito a distinguerle, poi pian piano aveva capito a chi ciascuna appartenesse e desiderava rispondere, ma la voce non poteva uscirgli dalla gola poiché i suoi muscoli erano talmente deboli – o meglio, anestetizzati!- da non permettergli nemmeno di dischiudere le labbra.
Così fu per ventiquattro ore: il sonnifero che Vermouth gli aveva sparato addosso era davvero potente. Il secondo giorno non udì nulla e quindi non ricevette alcuno stimolo di aprire gli occhi. Continuò a dormire, sin quando un urlo lo svegliò di soprassalto:
“KUDO!”
Spalancò le palpebre con uno scatto, percependo una fitta lancinante pervadergli la fronte. Meccanicamente si portò una mano alla testa, chiudendo un occhio per tollerare meglio il dolore. Fece anche per sollevare il busto, ma qualcosa lo ostacolava; abbassando gli occhi vide Ran a braccia conserte sulla sua pancia, seduta su una sedia attaccata alla sponda del letto.
Non appena i loro sguardi s’incontrarono gli sorrise, ma l’espressione era preoccupata.
“R-Ran…” constatò più tra sé e sé che rivolto alla ragazza, avvampando. Cercò nella sua mente una bella frase da dirle, ma non ebbe il tempo, giacchè due mani si posarono ai lati del bacino:
“Ben svegliato, signorino.” Gli disse aggressivo Michiyo: era stato lui a gridare il suo nome in quel modo, pochi istanti prima.
Shinichi assottigliò gli occhi, all’inizio dimentico di ogni cosa: “Dove…” fece per chiedere, ma Ran lo prevenne:
“Sei in ospedale. Il sonnifero presente in quel proiettile era molto potente e i medici non sono stati in grado di prevedere quando esattamente ti saresti svegliato. Ma la ferita sulla schiena non è affatto profonda, si rimarginerà in poco tempo.” Gli sorrise nuovamente.
“Ah…” metabolizzò lui, concentrandosi per ricordare di che proiettile stesse parlando la ragazza, che gli teneva stretta una mano nella sua.

“Shinichi…” lo chiamò Ran, con voce tremante. Eppure, da quella voce trapelava gioia. “He’s sweet, isn’t he?” Vermouth interruppe il nastro, soddisfatta del suo lavoro. “Te l’avevo detto, Angel. Nelle sembianze di Richard, te l’avevo ripetuto in continuazione.”

Tutt’a un tratto ricordò ogni cosa: la sera del mercatino, Vermouth, la sparatoria, la registrazione…La registrazione?! Sentendosi accaldato ritirò immediatamente la mano dalla stretta della sua amica d’infanzia, come scottato. Quel gesto però gli costò caro poiché una seconda fitta lo costrinse a chiudere gli occhi, gemente.
“Shinichi!” lo chiamò Ran, scattando in piedi. “E’ colpa tua!” aggiunse poi, rivolgendosi ad Ishimaru “Ti avevo detto di parlare piano, il medico si era raccomandato di non svegliarlo di botto e tu gli hai gridato contro!”
“Ci sono troppe cose strane che deve chiarire perché io abbia tempo e voglia di svegliarlo dolcemente! Non sono una donna e non ho trascorso la notte con lui…” Il poliziotto tornò nuovamente su quell’argomento, sperando che la tecnica con la quale aveva in passato instillato dubbi in Ran potesse ancora funzionare.
Tuttavia quel dialogo concitato e soprattutto il nome del detective più volte ripetuto preoccupò il professor Agasa, che attendeva all’esterno della stanza.
“Ci sono problemi?” chiese, entrando nella piccola sala ma subito il suo timore si tramutò in entusiasmo: “Ah, Shinichi! Ti sei svegliato!”.
Finalmente il detective ebbe voglia di sorridere: “Professore.” Lo salutò, gentile.
“Quanto mi hai fatto preoccupare, Shinichi-kun…” disse, avvicinandosi al letto. E il detective sapeva che quando il vicino di casa faceva seguire quell’appellativo al suo nome, era in ansia per lui.
“Mi dispiace, professore…” gli rispose, continuando a sorridere. Quindi, desideroso di tranquillizzarlo tentò di alzarsi, per dimostrargli di star bene. Fece faticosamente leva sulle braccia, issando il busto.
“Non stancarti!” lo ammonì Agasa, mentre Ran lo sosteneva per i gomiti.
“No-non c’è bisogno…” balbettò, rosso in volto e gli occhi ridotti a due miseri puntini, alla giovane perché lo lasciasse.
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
Il ragazzo, incuriosito, si voltò verso il professore, come a chiedergli l’identità della persona nel corridoio ma Agasa ovviamente l’ignorava.
“Avanti…” acconsentì allora, dopo essere riuscito a trovare equilibrio e quindi tranquillamente seduto sul letto.
L’ispettore Megure, l’agente Shiratori e Takagi fecero la loro entrata. Quest’ultimo gli sorrise, palesemente rassicurato: “Ti sei svegliato! Come ti senti?”
“Bene.” Mentì, ricambiando il sorriso: anche nelle sembianze di Conan, Takagi era sempre stato molto gentile e comprensivo con lui.
“Ne siamo lieti, Kudo.” Aggiunse l’ispettore, ma il suo tono di voce era molto serio e Shinichi lo notò subito.
Quando poi vide Michiyo guardare tronfio Megure, che aveva lasciato trasparire un’espressione preoccupata sul volto, capì subito il motivo della loro presenza:
“Non credo sia una visita di cortesia.” Disse subito.
“Ovvio che non lo è!” lo rimbeccò Ishimaru, ma l’ispettore lo zittì, poi spiegò:
“Perdonaci Kudo, sappiamo che sei stanco. Ma i medici ci avevano detto che avremmo potuto parlare con te non appena ti fossi svegliato, poiché quel proiettile conteneva solamente una sostanza narcotizzante…”
Il liceale non rispose, fissando serio l’uomo.
Agasa provò a dire: “Shinichi ha appena ripreso conoscenza. Forse è meglio se…”
“Non appena si fosse risvegliato…” Michiyo ripetè le parole appena pronunciate dall’ispettore, scandendo bene ogni singola sillaba.
“Però…” fece per intervenire anche Ran, ma con lei il poliziotto fu ancora più brusco: “Tu non potresti nemmeno ascoltare. Se le cose così non ti stanno bene, vattene fuori.” Era evidente che Ishimaru, la notte precedente, era stato colpito in pieno nel suo orgoglio di corteggiatore: era quindi stata la gelosia a parlare; inoltre, il sogno avuto la notte precedente proiettava ancora immagini nitide nella sua testa.
“Da quello che Michiyo e Kogoro ci hanno raccontato, tu conoscevi quella…donna?”
Kudo assottigliò gli occhi, voltando leggermente il capo.
“La chiamavi Vermouth." Gli ricordò, con meno tatto, l’agente castano “Quella tua amichetta è stata chiamata Sherry…e Sakata aveva il nome in codice di Brandy.”
Agasa fissava Shinichi, preoccupato.
“Ci devi delle spiegazioni.” Concluse Michiyo.
Il detective allora aprì la bocca, ma non fece in tempo ad emettere alcun suono:
“E non ritirare fuori la scusa del ‘Vi avevo detto di avere a che fare con un caso top-secret’ e tutte quelle stronzate che ci hai rifilato dopo la morte di Brandy!” lo aggredì Ishimaru, soffermandosi sull’ultima parola “…perché non ci basta. Io, Kogoro, Ran, Sonoko: tutti noi siamo stati coinvolti in questa storia e ci siamo andati di mezzo. Quella donna ci ha puntato una pistola contro. Io esigo che tu ci dica tutto, ora.”
“Po-potresti…” aggiunse Takagi, più titubante, quando vide che Kudo continuava a non rispondere “…insomma, potresti ricevere…se, se Michiyo intende procedere…”
“Falsa testimonianza nell’interrogatorio sulla morte di Sakata e favoreggiamento in questo.” Prese la parola Megure, più deciso eppure con lo sguardo sinceramente dispiaciuto.
“Ma stiamo scherzando?! Shinichi ha solo…” sbottò Agasa, ma con un grido perentorio Michiyo gli ordinò di tacere.
“Tu frequenti brutta gente” decretò il poliziotto, guardandolo torvo. “E, secondo me, hai rivelato più cose a questo vecchio…” indicò Agasa con un cenno del capo “…che a noi. E per fortuna che collaboravi con la polizia!”
Ran era ammutolita: ma come stavano trattando il suo Shinichi? Fece per comportarsi come il dottor Agasa, e quindi parlare a difesa del giovane, che però rise.
Tutti se ne sorpresero.
“Collaborare con la polizia.” Ripetè, con tono tagliente. “Prima…prima di andar via l’ho fatto, nonostante tutto credo che l’ispettore Megure si ricordi dei tempi in cui mi telefonava perché lo aiutassi nelle indagini. Qualsiasi caso mi sia stato proposto, io l’ho risolto.”
“Qui non è in gioco la tua comunque dubbia bravura, noi vogliamo…” lo interruppe Michiyo ma Kudo alzò il tono della voce, riprendendo la parola:
“…e quando, sebbene io non vi avessi chiesto nulla, mi avete proposto di aiutarvi nell’inchiesta sul serial-killer io ho accettato. Sebbene tu non tolleri le stronzate” ripetè con ironia i termini utilizzati da quello che, in quel frangente, era il suo primo avversario “che io vi ho rifilato dopo la morte di Sakata e non voglia accettare che io stia lavorando ad un caso riservato, è questa la verità: ed io vi avevo avvisati. Vi avevo detto chiaramente la mia occupazione, vi avevo detto chiaramente che non vi avrei rivelato nulla e ve l’ho ripetuto quando, ignorando ogni procedura, avete convocato per la seconda volta Miyano in centrale. E sapevo, ero certo…” si affrettò ad aggiungere prima che qualcuno lo interrompesse: ma, prima di proseguire con il suo discorso, abbassò il capo cosicchè la frangetta potesse celargli parte del volto “…che vi sareste insospettiti. Era chiaro che avreste avuto dei dubbi, che vi sareste chiesti di quale indagine potesse trattarsi. Ma mai…mai avrei potuto immaginare che mi avreste trattato come un sospettato: voi mi avete pedinato…” sputò, con risentimento “…mi avete messo dietro un’autovettura…, mi avete tenuto nascosto le ultime scoperte sul serial killer, mi avete accolto con gelo quando avevo appena salvato Ran e Kogoro da quel pazzo, tu addirittura mi volevi sparare addosso, Michiyo…” mai quel nome fu pronunciato con più stizza “Avete costretto Miyano a venire a testimoniare, per la seconda volta, senza avvisarmi e quando sono arrivato in centrale quasi non mi avete lasciato andare…Ed ora, piombate qui. ‘Non appena si fosse svegliato’ ” furono ripetute, per la terza volta, le parole dell’ispettore Megure “…è giusto, avete ragione: è questo che recita il regolamento. Perché qui voi non venite come collaboratori, come colleghi. Voi venite qui come poliziotti, a elencarmi le accuse in cui posso incorrere… ”
S’infiammò, perdendo il controllo: infatti il suo tono di voce divenne più alto e le mani quasi tremavano: “E mi sottoponete ad un interrogatorio in piena regola!!” sbottò, infine, con un eccessivo sforzo: non solo la fronte, infatti, ma anche le tempie furono percorse da un dolore lancinante, che lo costrinse ad afferrarsi la testa con le mani e poi ripiegarsi su se stesso.
“Shinichi…” si preoccupò Agasa, correndo al suo fianco per poggiare una mano sul capo.
Senza pensarci due volte Ran, dal canto suo, afferrò il piccolo telecomando posto sul comodino, schiacciando ripetutamente il tasto che avrebbe allertato il dottore.
“Mi trattate come un criminale.” Scandì Shinichi con amarezza, mentre ancora si reggeva la testa.
Allora entrò nella stanza il medico, senza bussare: “Che succede qui?” domandò, scorgendo tutti quegli uomini attorno al letto e il paziente dolorante.
“Gli fa male la testa...” rispose Agasa per Shinichi, mentre Ran accorreva anche lei al bordo del letto, posandogli una mano sulla spalla. Ma lui non si voltò neppure a guardarla: con l’aiuto delle mani teneva il capo basso, e nessuno poteva più vederlo.
“Da quanto si è svegliato?” domandò il medico ad Agasa.
“Da pochi minuti.”
“Lei è il padre?” incalzò.
“N-no…io sono…” rispose incerto Agasa, ma l’uomo non gli diede tregua:
“E’ un suo parente?”
“N-no, sono…” fece di nuovo per dire, ma di nuovo il dottore parlò:
“C’ è qualche suo parente in questa stanza?”
Tutti abbassarono gli occhi.
“Bene, allora potete accomodarvi fuori, a meno che il paziente non richieda specificamente la presenza di qualcuno…”
Shinichi tacque, mantenendo la stessa posizione.
Michiyo iniziò: “Noi siam…”
“Siete poliziotti, lo so.” Lo interruppe il dottore “Ho visto le vostre divise, ma come vedete il paziente è ancora stanco e non si sente bene. Accomodatevi fuori.” Ripetè, autoritario.
Il poliziotto allora fece per intervenire di nuovo, ma Megure lo richiamò: “Andiamo.” Disse. Prima di uscire dalla porta, lanciò uno sguardo al figlio del suo vecchio amico scrittore, nella speranza che avesse alzato gli occhi e potesse leggere nel suo sguardo le sue scuse. Ma questo non avvenne.
Agasa, allora, seguì a ruota gli uomini, ma non prima di aver salutato il ragazzo che considerava davvero come un nipote – se non come un figlio- con una carezza.
“Mi scusi…” richiamò l’attenzione del primario Ran “E’ possibile tornare nel prossimo turno di visite?” pose quella domanda, però, a bassa voce, come se non volesse farsi sentire da nessuno.
“Certo, signorina.” Le sorrise il dottore “Lei che ha vegliato ininterrottamente questo ragazzo fino a che non si è svegliato, può tornare. Ma prima le consiglio di riposarsi: dev’essere stanca.” La ragazza, un po’ rossa in viso, annuì; quindi afferrò la giacca che aveva poggiato precedentemente sulla sedia accanto al letto.
“Ciao, Shinichi…” disse a bassa voce, temendo che i suoni alti potessero procurargli di nuovo quei terribili dolori alla testa.
Tuttavia, lui non rispose: provava ancora molto imbarazzo per quanto era accaduto…non era nei piani che Ran venisse a sapere la verità circa il suo silenzio!
Alzò la testa e parlò quando nella stanza si trovava soltanto il dottore: “E’ rimasta per tutta la notte?” domandò.
Il chirurgo annuì: “E per tutto il giorno. Sono le sei del pomeriggio.”
-Ran…- pensò, arrossendo.
“Quand’è il prossimo turno di visite?” s’informò allora.
“Domani mattina, alle nove.” Gli rispose il dottore. “Se tornerà a trovarla, le consiglio di riceverla.” Gli suggerì, poi aggiunse anche che per lui sarebbe stato molto meglio distendersi. In tutta risposta il ragazzo disse: “Desidero uscire, dottore. Dove devo firmare?”

§§§

Aveva atteso che tutti gli agenti di polizia, Ishimaru compreso, e il dottor Agasa se ne fossero andati, per tornare indietro. Non aveva riflettuto neppure un attimo, quando li aveva visti salire in macchina, per fare dietro front e varcare nuovamente la soglia dell’ospedale. Shinichi si era svegliato, maledizione! Doveva assolutamente parlargli!! Doveva dirgli che era stato uno sciocco, che non avrebbe mai dovuto cercare di proteggerla in quel modo, che…che era stato maledettamente dolce, e romantico. Shinichi Kudo romantico? In diciassette anni di vita mai avrebbe pensato di poter attribuire quell’aggettivo al suo amico. Shinichi era pieno di qualità…ma non era romantico! Non come Ishimaru, almeno: non le aveva mai baciato le mani di fronte a tutti, non aveva mai paragonato la sua bellezza ad un cielo stellato, non l’aveva mai squadrata tanto insistentemente da farla sentire in imbarazzo…non l’aveva mai corteggiata. Le sarebbe piaciuto e molto: ma come avrebbe reagito? Quella sera, di fronte a Richard, era bastato fissare il detective negli occhi per un solo istante, prima che lui stesso divagasse lo sguardo, perché il suo cuore battesse all’impazzata privo di controllo e il suo corpo fosse avvolto da uno strano calore. In passato, era sufficiente che il giovane le sfiorasse una mano, perché lei si emozionasse.

“E adesso domande a tappeto di biologia…evviva!” disse ironica Ran, voltando la testa in direzione di Sonoko. Era il cambio d’ora al liceo Teitan e le due ragazze sedevano l’una di fronte all’altra.
“Io non ho ripassato nulla ieri…non credo andrà bene!” le rispose l’amica, battendo la testa contro il banco.
“Cos’è un vacuolo? *” fece finta di interrogarla Ran, ma la ricca ereditiera emise solo un lamento.
“E’ una vescicola di trasporto nelle cellule vegetali.” Rispose al suo posto Shinichi, sedendosi sul banco di Ran.
“Tu sai sempre tutto, eh?” lo apostrofò Sonoko, acida.
“Sei tu l’unica a non saperlo.” rispose lui con lo stesso tono di voce “Questa è una cosa che tutti conoscono.”
“Ah sì, eh?” fu l’unica replica della ragazza, che parve troncare lì il discorso: “Ran! Che bell’anello che hai! Dove l’hai preso?”
“Io non ho nessun anello, Sonoko!” rispose basita la giovane, porgendole le mani per mostrarle la veridicità di quanto aveva detto.
“Oh, davvero…?” Suzuki afferrò prontamente la mano di Ran, gettandola su quella di Shinichi, poggiata sulla sua stessa coscia.
“E-ehy!” si lamentarono entrambi, interrompendo all’istante quel contatto.
“E tu sei l’unico a non sapere che i fidanzatini devono sempre tenersi per mano!!” si vendicò l’ereditaria sghignazzando di fronte all’imbarazzo dei suoi due amici.

A quel ricordo, sorrise. Era trascorso un anno da allora, eppure lo ricordava dettagliatamente: le prese in giro di Sonoko le erano mancate davvero tanto! Sentirsi apostrofare come ‘fidanzatina di Ishimaru’ in quei giorni non aveva di certo avuto lo stesso effetto!...avrebbe detto a Shinichi anche questo. Gli avrebbe detto tutto.
Totalmente persa in queste riflessioni, neppure si accorse di aver già percorso il corridoio dell’ospedale ed essere giunta davanti all’ascensore. Quarto piano, stanza 621. Stava preparando mentalmente un discorso che sicuramente di fronte a lui avrebbe dimenticato, quando le porte si aprirono: eppure era il secondo piano!
-Forse qualcuno ha chiamato l’ascensore…- comprese, facendo qualche passo indietro per permettere al ragazzo di entrare.
Al ragazzo?
“Sh…Shinichi?” lo riconobbe, gli occhi spalancati dalla sorpresa.
Il giovane, vestito degli stessi panni che aveva indossato la fatidica sera del mercatino al Teitan, sollevò lo sguardo, incontrando il suo.
“R-Ran?”
Le porte dell’ascensore si chiusero: erano intrappolati lì dentro, da soli.
“Che…che stavi facendo?” le domandò, tenendosi a debita distanza da lei.
“Io…io volevo tornare indietro per dirti…alcune cose…” cercò di evitare il suo sguardo “…in privato…”
Sollevò per un istante gli occhi, ma così facendo incontrò i suoi; entrambi allora si voltarono verso la direzione opposta, arrossendo.
“E tu, invece? Perché ti sei vestito?”
“Sto uscendo.” Rispose, secco.
“Oh…fai una passeggiata in giardino? Io…io posso accompagnarti, sempre…sempre se tu vuoi…” propose all’istante Ran, cogliendo la palla al balzo.
“No.” Fu la sua risposta, e la giovane non nascose il suo risentimento “La vuoi smettere con questa farsa? Oramai so tutto e puoi smetterla di tenermi lontana…”
“Io…” la interruppe il detective “Io intendevo dire che non sto andando in giardino…io esco dall’ospedale, torno a casa.”
Ran avvampò: “Oh…ma…ma certo! Ovvio!” quindi si lasciò andare ad una risata nervosa. Si stava dando mentalmente della stupida, quando di nuovo provò a spostare il suo sguardo su Shinichi: il giovane teneva le mani in tasca, gli occhi rivolti verso il basso e soprattutto si stava schiacciando contro un angolo dell’ascensore, come se avesse paura di lei.
-E’ lo stesso atteggiamento che avevo io non appena l’ho rivisto!- constatò, un’idea che le invadeva la mente –Quando…quando mi scoprivo per la prima volta attratta da lui e mi sentivo a disagio a stargli vicino…Possibile, possibile che anche lui…?- scosse freneticamente la testa, come per cancellare quella folgorazione.
-Ma no, cosa vado a pensare? Shinichi…lui è così …- avvampò, per l’ennesima volta -non può essere attratto da me! Ma se fosse così…perché voleva proteggermi da quei criminali?-
L’ansia, il disagio e l’imbarazzo giocano brutti scherzi; senza capacitarsi di quanto stava dicendo, Ran pensò a voce alta:
“Perché hai voluto tenermi fuori dalla faccenda?”
Il ragazzo spalancò gli occhi, voltandosi a fissarla.
“Nel senso…perché hai fatto tutto questo per me?” Anche lei lo fissò.
Finalmente i due ragazzi si guardarono negli occhi, ignorando la sensazione d’imbarazzo che li avrebbe portati, per l’ennesima volta, a scrutare con attenzione il pavimento.
In quell’istante, l’ascensore si fermò ma le porte non si aprirono. L’illuminazione si spense, facendo calare il buio in quell’esiguo spazio: fortunatamente però le lampadine si riaccesero subito.
“C-che succede?” si allarmò Ran, sobbalzando.
“Dev’essersi bloccato.” Dedusse Shinichi, avvicinandosi ai diversi tasti e premendo quello della campana d’emergenza. In quel modo, si ritrovò piuttosto vicino a lei, che non potè fare a meno di pensare:
-Sono chiusa in uno spazio di un metro per un metro con Shinichi, da sola…-
All’idea, avvampò…poi sorrise, beffeggiando se stessa: certo, se si fosse trattato di Ishimaru probabilmente quella situazione avrebbe portato a frasi romantiche e pericolosi avvicinamenti, ma lì con lei c’era Shinichi! Spesso era rimasta da sola con lui…avevano addirittura viaggiato in aereo!* E non era mai successo nulla…
“Davvero non capisci il perché io l’abbia fatto?” la voce del ragazzo attirò la sua attenzione e, alzato il volto, Ran si ritrovò immersa nei suoi occhi.
I loro corpi erano talmente vicini che alla ragazza era possibile percepire una sensazione di elettricità che l’allontanava, poi immediatamente la riavvicinava al giovane, desiderando abbracciarlo e poi…
Deglutì spaventata quando si rese conto d’essere di nuovo vittima di quell’incontrollabile attrazione.
-Adesso capisco perché le sue ammiratrici gli stavano sempre così attorno…- pensò, appoggiandosi alla parete come per allontanarsi da lui.
“Ran…” la chiamò per nome.
Chiuse gli occhi, inebriata dal tono della sua voce.
“Dillo ancora, chiamami per nome…” sussurrò per poi ascoltare di nuovo il giovane: “Ran…”
Le mancò il fiato quando percepì le mani di Shinichi posarsi sulle sue spalle. Aprì gli occhi, vedendo le sue labbra muoversi per articolare di nuovo quella parola.
“Ran…”
Eppure quelle labbra erano sempre più vicine: poteva addirittura sentire il respiro caldo di Shinichi sul suo volto. Aprì leggermente la bocca, per prendere aria: aveva l’impressione di soffocare!
La stava forse per baciare? Era talmente emozionata da non riuscire neppure a pensare! Eppure, tenne gli occhi fissi sul viso dell’amico d’infanzia che si avvicinava sempre di più, finchè non sentì chiaramente le labbra del giovane sfiorare le sue.
E poi…il ragazzo si allontanò da lei.
Sorpresa, batté le palpebre per un paio di volte, congiungendo e poi allargando le labbra, sentendo improvvisamente la bocca secca. Ma cosa…?
Il detective le sorrise, rosso in volto e impacciato: con le spalle alzate ma contratte, aveva portato entrambe le mani nelle tasche.
Le porte si aprirono: tanto era presa dalla situazione da non essersi accorta che l’ascensore era ripartito.
“Ciao, Ran.” La salutò per poi darle le spalle e allontanarsi velocemente da lei.
Lei non si era mai sentita più confusa di allora.
“SHINICHI! ASPETTA!!” gridò, inseguendolo. Era rimasta a fissarlo così a lungo da aver mosso dei passi verso di lui soltanto quando aveva oltrepassato la soglia dell’ospedale. Percorse in fretta, correndo, l’intero corridoio per uscire anche lei dall’edificio. Nella corsa, tuttavia, urtò una donna; la sua borsa cadde a terra, ai loro piedi.
“Ah…mi scusi.” Si affrettò a dire, al che la signora replicò: “Non preoccuparti.”
-Che bella donna!- pensò subito Ran, nonostante non potesse vedere i suoi occhi perché celati da occhiali da sole scuri. Quindi afferrò la borsetta che la bionda aveva raccolto da terra per lei.
“La ringrazio!” s’inchinò leggermente e udì quella probabile paziente rispondere “Vai pure, mia cara.” prima d’incamminarsi verso l’uscita.
Non diede subito peso a quell’incontro.

§§§

“E quindi te lo sei lasciato sfuggire!” Sonoko parlò senza mezzi termini, tenendo le braccia distese lungo i fianchi.
“Quando sono uscita dall’ospedale era già andato via. Non ho idea di come abbia fatto, non aveva la moto parcheggiata lì fuori…” Ran aveva raccontato l’accaduto alla sua migliore amica, ovviamente. Ignorava che il professor Agasa, non appena ricevuto l’sms di Shinichi, si era precipitato lì per portarlo a casa.
Entrambe le ragazze indossavano l’uniforme scolastica ed erano dirette verso il liceo Teitan: la karateka, perse le tracce di Shinichi, aveva deciso di tornare a casa visto anche che si erano fatte le sette di sera; doveva cucinare la cena a suo padre e cercare di parlare con Ishimaru…naturalmente, il secondo proposito non si era realizzato. Il poliziotto non aveva risposto a nessuna delle sue quattro chiamate, e non si era fatto vivo neppure dopo l’sms che gli aveva inviato.
‘Ho bisogno di parlarti…puoi chiamarmi? Oppure, se preferisci, possiamo vederci’ recitava il testo di quel messaggino.
“Spero di incontrare Shinichi a scuola! Forse stamattina tornerà…” si confidò con la ragazza, che prontamente le disse: “E cosa gli dirai? ‘Sei stato così dolce, amore mio! Non avresti dovuto farlo! E’ per questo che ti amo alla follia, ti amo, ti amo, ti amo ’!” Sonoko le fece così il verso, causando in Ran un profondo imbarazzo.
“Ma cosa vai dicendo…” stava replicando, paonazza, ma una voce alle loro spalle fece trasalire entrambe:
“Se davvero le cose stanno così, tu non metti più piede fuori casa, Ran.”
“P-papà!” la giovane Mouri si sentì sprofondare per la vergogna.
“Cosa ci fa, qui? E’ geloso di sua figlia?” Sonoko aveva sempre una parola buona per ogni circostanza.
“Immaginavo un’eventualità del genere…” rispose l’uomo con gli occhi ridotti a due fessure.
“Ma…ma guarda che Sonoko stava scherzando…!” cercò di convincerlo la figlia, ancora rossa in viso.
“Non si sa mai.” Tagliò corto l’investigatore “Ti accompagno a scuola, oggi.”

§§§

Il giardino dell’istituto pullulava di studenti, come se quella sera non fosse successo nulla: nessuno si era accorto dello scontro tra Shinichi e Vermouth.
Per di più, l'attenzione dei ragazzi era completamente rivolta ad una questione ai loro occhi più importante di qualsiasi altra: la grande finale di calcio. Da quando il detective Kudo aveva abbandonato la squadra, il team del Teitan non era più riuscito a sconfiggere i calciatori avversari, appartenenti alla scuola superiore Ruizu. Come poteva un solo giocatore decidere le sorti una partita? Shinichi poteva. Per questa ragione il caposquadra, Takeshi Mishiama, quella mattina si trovava in piedi, ritto di fronte al cancello: aspettava l’arrivo dell’asso nella manica.
“Kudo!” lo salutò con entusiasmo quando lo vide , facendo voltare anche Ran, suo padre e Sonoko, che erano giunti da poco tempo.
Il ragazzo che, avendoli notati, sperava di passare inosservato e silenziosamente oltrepassare la soglia del cortile, gemette mentalmente:
“Buongiorno Mishiama…” disse tentando di fingersi indifferente: ma sentiva lo sguardo di quei tre addosso.
“La farò breve, Kudo. Gioca con noi.” Gli propose il ragazzo, sorridente.
“Prego?” Il calcio era, in quel momento, l’ultimo pensiero di Shinichi.
“Oh, andiamo! Gioca nella nostra squadra per la finale…sono sicuro che sei ancora fortissimo!” gli spiegò poco accuratamente, infervorato dall’idea di aver il miglior giocatore del liceo al suo fianco.
“Ti ringrazio, ma…” A Kudo non interessava affatto: sin quando aveva potuto, era stato membro del team di calcio scolastico per allenare i muscoli, essenziali per catturare i criminali…il calcio non gli piaceva poi così tanto.
“Se non sei sicuro, puoi allenarti prima della finale! Ti lascio il campo aperto!”
“Beh…” Frottole! Il calcio gli piaceva eccome!.. gli sarebbe piaciuto giocare, ma non era il caso di mostrare così tanto la sua faccia.
“Vinceremo! Vinceremo la coppa, Kudo!” D’altronde, Vermouth l’aveva scoperto anche se non aveva messo in mostra il suo vero volto, dunque…no! Aveva già rischiato troppo.
“Per favore! Abbiamo provato a far giocare Michiyo…è bravissimo, certo! Ma non quanto te!”
“Come?” Quella frase ebbe l’effetto di un eccitante nelle orecchie del giovane investigatore.
“Michiyo ha giocato con noi una partita…ma Turuzu, l’attaccante del Ruizu…è imbattibile! Scendi in campo, Kudo-kun!”
“Sta bene.” In fin dei conti, quanto avrebbe mai potuto rischiare con una semplice partita di calcio?
“Giocherò.” Il suo volto era di nuovo illuminato dal sorriso che piaceva a tutte le donne…anche a Ran:
“Verrò a fare il tifo!” gli disse infatti, avvicinandosi ai due giovani.
Shinichi, che per quel breve momento aveva dimenticato la presenza della ragazza, avvampò.
“Oh, Mouri!” la salutò al settimo cielo - avevano Kudo, finalmente avevano Kudo!- il caposquadra “Sì sì, mi raccomando: voglio un tifo da Koshien!”
“Entra a scuola, altrimenti farai tardi, Ran.” La voce di Kogoro risuonò sopra quella di tutti.
“Ma papà, io…” fece per controbattere la giovane, ma il detective dormiente non volle sentire ragioni: “Entra.”
La karateka fu costretta ad ubbidire, seguita a ruota dalla sua amica Sonoko; ma non prima di aver lanciato un fugace sorriso al suo amico d’infanzia.
“Vado a prendere subito i moduli dell’iscrizione…prima che ci ripensi!” detto questo, Mishiama scomparve mischiandosi tra la folla di studenti in attesa del suono della campanella.
Shinichi sospirò.
“Smettila di metterti in mostra, maledizione!” gli risuonarono nella testa le parole di Miyano.
-Eheh…- rise tra sé sé –Il calcio, dopotutto, è calcio!-
Stava per tuffarsi nella mischia, varcando il cancello dell’istituto, quando Kogoro aprì di nuovo la bocca per affermare:
“Puoi parlarle, se vuoi.”
Il ragazzo non comprese subito: si voltò, ritrovandosi però faccia a faccia con le spalle dell’uomo.
“Non ti proibisco di parlarle, ecco.” Sputò, con enorme fatica.
Quello era il modo migliore con cui Mouri avrebbe potuto accordare a Shinichi il suo perdono per l’accaduto e concedergli il suo benestare. O meglio…non proprio il suo benestare. Infatti, ancor prima che Shinichi potesse rispondergli, si affrettò ad aggiungere:
“Ma senza esagerare. E guai da te se provi a…a fare qualcosa di diverso, dal parlare. Potete solo parlare.”
Nonostante il tono minaccioso che il padre di Ran aveva cercato d’assumere, Shinichi ridacchiò: “Ti ringrazio, Kogoro.”
Poi gli porse la mano.
Con la coda degli occhi, il detective più grande la squadrò per un po’. Infine, decise di accettare quella muta offerta di pace.
I due si strinsero la mano…ma, dopo pochi istanti, l’ex poliziotto tirò a sé il liceale, avvisandolo:
“Se esageri con la confidenza…te lo taglio, chiaro?”

§§§

“Ran, muoviti! Non vorrai mica far aspettare il tuo principe azzurro?” Sonoko era davvero tornata l’amica di prima, sembrava aver totalmente rimosso Ishimaru! Per la giovane figlia dell’investigatore era impossibile, invece: nonostante tutto, le aveva dedicato tempo ed attenzione, e dunque non poteva smettere di frequentarlo senza dargli spiegazioni; se le meritava! Dopotutto, era un bel ragazzo e un abile poliziotto…sicuramente avrebbe trovato la donna giusta per lui...ma quella, non era lei. Si sarebbe comportata in modo maturo e sarebbe stata sincera.
Mentre frugava nei cassetti della scrivania, Ran sorrise tra sé e sé: -Se Richard fosse al mio fianco, mi avrebbe dato questo consiglio…- Poi però si riprese subito, pensando che la donna, sotto le mentite spoglie di uno studente d’oltreoceano, era un criminale! Eppure…
“Ma cosa fai? Che cerchi?” Sonoko interruppe i suoi pensieri entrando nella sua camera, totalmente sottosopra. La ragazza era passata a prenderla perché potessero andare insieme alla finale calcistica del Teitan, alla quale Shinichi aveva accettato di prendere parte. Tuttavia, la ragazza non sembrava essere pronta per uscire.
“Non…” balbettò, in imbarazzo: persa nei suoi pensieri, aveva sprecato tempo e a quel punto non sapeva ancora cosa indossare. “Non so come vestirmi…” spiegò.
“L’avevo capito, sai? Sei in accappatoio” la prese in giro Sonoko, poggiando sul letto della sua amica la borsetta.
“Non dirmi che sei tornata ai tempi in cui perdevi ore ed ore davanti allo specchio a farti bella per far colpo sul tuo Shin-chan?”
“Cosa? Ma che dici, Sonoko, no! Ho solo…non avevo visto fosse così tardi, tutto qui…” mentì. In realtà la biondina aveva quasi indovinato: quel pomeriggio Ran desiderava essere bella, o meglio, attraente…per così tanto tempo si era sentita attratta dal corpo di Shinichi, e per un attimo il giorno prima, in ascensore, aveva pensato che anche il ragazzo provasse lo stesso, che quel pomeriggio voleva davvero lasciarlo senza fiato. Desiderava esercitare sul corpo dell’amico la stessa scarica elettrica che provava lei, ogniqualvolta lo vedesse…voleva che, scorgendola, tornasse con la mente al bacio che le aveva dato, passionale, all’agriturismo e che fosse assalito dal desiderio di farlo ancora, terminando quello che, aveva l’impressione, aveva lasciato sospeso all’ospedale, quando erano rimasti intrappolati nell’ascensore. Voleva dimostrare di sentirsi una donna, di essere una donna.
Ma non voleva esagerare: indossare uno di quei vestitini scollati e attillati che Sonoko le regalava ogni Natale sarebbe stato davvero imbarazzante: non era il caso che Shinichi capisse che la ragazza si stava dando tanto da fare per lui, doveva sembrare una cosa del tutto naturale…senza contare poi che, alla partita, non ci sarebbero stati solo loro due! Non si trattava di un appuntamento romantico, ma di un incontro al quale avrebbero assistito quasi tutti gli studenti del liceo e numerosi esterni. Era stata una fortuna, però, che suo padre avesse appuntamento per giocare a mahjong con dei suoi vecchi amici proprio quel pomeriggio…forse, dopo la finale, lei e Shinichi avrebbero potuto…
“ A cosa stai pensando, Ran? Perché sei arrossita?” le diede di gomito l’amica, facendola avvampare ancora di più.
“Qu-quanto tempo abbiamo?” cercò allora di cambiare discorso, stringendosi nell’accappatoio.
“Beh, dovremmo essere già in marcia…visto che è così tardi, perché non vieni così?” Sonoko diventava sempre più indiscreta “Sono sicura che Kudo amerebbe il tuo abbigliamento: all’occorrenza, gli basterebbe tirare un po’ la cinta e…”
“SONOKO!” la interruppe, completamente viola in viso. “Smettila di dire sciocchezze.”
“Ok ok.” Convenne, non riuscendo però a trattenersi dal ridacchiare “Ti aiuto a scegliere qualcosa.”

§§§

“Michiyo, firma il rapporto.” Gli ordinò Megure, porgendogli un fascicolo.
“Michiyo!” lo richiamò, vedendolo distratto. Il poliziotto alzò gli occhi, ardenti di rabbia: “E’ una sciocchezza. Quel moccioso, perché di moccioso si tratta, non ci mente una volta, ci mente due volte…! E invece di …di…di fargliela pagare, di incastrarlo!...Lei archivia il caso? Ma è folle?”
Takagi trasalì, convinto che l’ispettore non avrebbe ignorato tale mancanza di rispetto del suo ruolo gerarchico.
“La signorina Miyano ci ha telefonato, dicendoci che nel liceo Teitan si stava svolgendo qualcosa di pericoloso. Ci siamo recati lì, il criminale è riuscito a scapparci. Non ci sono morti, soltanto un ferito: Kudo, che sostiene di non conoscere l’identità dell’aggressore. In questo consiste il caso.” Parlò lentamente Megure, porgendo di nuovo il fascicolo all’agente di polizia.
“Frottole! Lei lo sa, io lo so…tu lo sai!” sbottò, additando un Takagi intimorito “…tutti lo sanno! Kudo non ci ha detto la verità! Lui…” fece per denigrarlo per l’ennesima volta, ma l’ispettore glielo impedì:
“Lui collabora con noi da quando ha sedici anni. Lo conosco da quando ne ha sette, suo padre mi aiutava in alcune indagini e sulle scene del delitto lo portava con sé. Conosco persino sua madre. Sono bravissime persone, ed anche lui lo è.”
“Davvero? E’ una brava persona un detective che con il massimo della probabilità se la fa con una criminale capace di travestirsi da…” Michiyo era un fiume in piena: dalla sera del mercatino non faceva altro che pensare a Kudo…e a Ran. Se le parole registrate su quella cassetta erano state davvero pronunciate dal detective da quattro soldi, lei lo avrebbe perdonato per come l’aveva trattata! E sicuramente il perdono consisteva in…il sogno avuto la notte precedente gli pervase la mente, facendogli ribollire il sangue nelle vene! Kudo l’aveva sconfitto sul campo professionale; per ben due volte si era dimostrato più bravo di lui: non solo, infatti, aveva salvato la vita all’intera famiglia Mouri capendo che il vero serial killer era Kaetsu, ma addirittura era implicato in un’indagine tanto importante da richiedere che i suoi avversari avessero dei nomi in codice! Non si sarebbe lasciato sconfiggere anche in amore: Ran doveva essere sua! A qualsiasi costo!!
“BASTA!”gridò Megure, facendo scattare Takagi sull’attenti. “KUDO E’ TRA I MIGLIORI INVESTIGATORI CHE IO CONOSCA ED UN OTTIMO COLLABORATORE.” Si schiarì la voce, cercando di calmarsi:
“E anche tu lo sei. Ma devi riuscire ad imitarlo, in questo: lasciare le questioni personali fuori dal lavoro. Kudo è stato capace di darti ragione, quando necessario…e di riconoscere quando avevi torto. E’ stato obiettivo…ed anche tu devi esserlo. La questione che vi riguarda nella vita privata non mi riguarda, non voglio saperne nulla. Ma non sopporterò più di sentirlo denigrare, professionalmente. Ho sbagliato a farlo pedinare, non capiterà più. Discorso chiuso.”
Nessuno osò replicare, neanche Ishimaru: tuttavia, i pugni stretti tremavano dalla rabbia.
Megure si avviò verso la sua scrivania, gettando il rapporto sulla scrivania del sottoposto:
“Firmalo.”

§§§

“Ok, possiamo andare.” Esclamò Ran, alzandosi dal letto su cui si era seduta per allacciarsi i sandali dorati “Lasciami solo prendere la borsa…”
“No, no, no!” cercò di bloccarla Sonoko, contrariata “Perché ti sei vestita così? Non stai uscendo a fare shopping! Dai, mettiti almeno questa…!” La pregò, porgendole una canottiera bianca, trasparente.
“Ti ho già detto di no, Sonoko! Così va benissimo!”
Ran aveva indossato un abito leggero, quasi estivo: la fantasia floreale rosa, blu e verde, su sfondo dorato, richiamava il colore dei sandali.
“Uffa, fai come ti pare! Ma non lamentarti poi se Shinichi non ti salta addosso, eh!” gemette Sonoko, incrociando le braccia dietro la testa.
Ran ridacchiò, divertita dal coinvolgimento dell’amica. Quelle parole, però, le fecero ricordare per l’ennesima volta l’accaduto del giorno prima: Shinichi aveva cercato di baciarla? E se davvero era quello il suo intento…perché all’improvviso si era bloccato?
“Muoviti, dai!” la richiamò per la centesima volta.
“Sì, svuoto solo un po’ la borsa e ho fatto…” le rispose, pensando però dubbiosa:
-Strano, è la stessa che ho utilizzato per andare in ospedale. Non mi ricordavo che fosse così pesante, non mi sembrava di averci messo nulla di…-
All’improvviso le sue mani vennero a contatto con una superficie fredda, come se fosse metallica.
“Che succede?” le domandò Sonoko, notando la sua esitazione.
“…nulla.” Mentì Ran, cercando di dissimulare la sorpresa “Credo…credo che sia meglio lo zaino però, si intona di più!” affermò sorridente, aprendo l’armadio.

§§§

Nonostante l’enorme ritardo accumulato, le due giovani non solo erano arrivate in tempo, ma addirittura in anticipo: com’era sempre stata tradizione, infatti, Ran riuscì anche ad assistere ai riscaldamenti precedenti alla partita. I ragazzi, a coppie di due o tre, correvano intorno al campo; ci impiegò pochi secondi prima di scorgere, tra tutti i giocatori, il suo Shinichi: la maglia della squadra, bianca a righe verdi, gli donava davvero molto. E mentre lo osservava sdraiarsi a terra per fare gli addominali, ebbe l’impressione di tornare indietro nel tempo, quando assisteva ad interi pomeriggi di allenamenti perché poi il detective fosse presente alle sue gare di karate.
No, quella era una scusa per replicare a testa alta alle prese in giro di Sonoko: in realtà lei assisteva alle sue partite perché ne aveva voglia.
Presa dai ricordi, continuava a tenere gli occhi puntati su di lui; tutt’un tratto, i loro sguardi s’incontrarono: Ran sorrise, cordiale anche se un po’ imbarazzata, mentre Shinichi, probabilmente gaudente di quel tuffo nel passato, le ammiccò.
“VEDETE DI VINCERE! IN CAMBIO METTIAMO IN PALIO UN BEL BACIO!!” urlò Sonoko, interrompendo quel sensuale scambio di occhiate tra i due. La ragazza aveva parlato al plurale, ma ovviamente si riferiva a Kudo.
“Dacci un taglio, Sonoko!” l’ammonì la figlia di Kogoro, mentre molti giocatori invece le davano corda:
“Uhuh, dici davvero?” “Se il bacio ce lo dai tu, allora perdiamo!” “Non ti avvicinare, per carità!”
Sin quando, però, ancora entusiasta per la presenza in squadra del giovane detective, che ai suoi occhi sarebbe stato la causa della loro vittoria, Mishiama arrivò a gridare:
“Guardate che in campo c’è il miglior giocatore di tutta Tokyo! Per Kudo-san dovete trovare una ragazza stra-bella da baciare!”
Il liceale tirato in causa strabuzzò gli occhi, puntandoli poi sulla buffa espressione della sua amica; ridacchiò, immaginando i suoi pensieri:
-Ricominciamo con tutte ragazze che gli girano intorno, adesso?!- si stava infatti lamentando mentalmente lei, dimentica che al suo fianco c’era la temibile Sonoko:
“Ran gli sta bene?” propose, attraverso la rete che divideva il campo da calcio dagli spalti.
L’intera squadra scoppiò a ridere, mentre la ragazza avvampava: stava già per maledire Suzuki, quando il suono di un fischietto richiamò tutti all’ordine; la squadra avversaria era arrivata.
Le giovani presero posto, rendendosi conto solo allora che pian piano molti tifosi stavano facendo il loro ingresso. In pochi minuti tutti i posti furono occupati e la partita ebbe inizio.
> Come il caposquadra aveva pensato, Shinichi fu davvero il perno attorno cui ruotò la sorte della finale: nella prima mezz’ora segnò due goal alla temibile Ruizu, la squadra che da mesi scippava il primo premio al Teitan.
Anche i timori di Ran, d’altro canto, s’erano avverati:
“KUDO! FORZA!” “BRAVISSIMO KUDO!” “COME SEI BELLO, DETECTIVE!!” queste e mille ancora erano le frasi che le studentesse del liceo gridavano dopo un goal o durante un’azione particolarmente audace del ragazzo. All’inizio le avevano dato davvero fastidio, poiché ad ogni singolo urlo sentiva la gelosia montare, ricordandosi molto bene della vanagloria del suo amico d’infanzia.
“Guarda quante lettere, le vedi?!” le aveva detto in passato, mostrandole decine e decine di buste colorate “Le donne amano i detective!”* aveva dunque affermato con il tono di voce vicino al falsetto a causa dell’entusiasmo che quella lunga lista di fans gli procurava.
-Lui e il suo stupido ego!- stava già pensando, quando si accorse che ogni volta che sentiva un complimento urlato da qualche ragazza, Shinichi si voltava a guardarla: quell’occhiata durava un istante, visto che la sua concentrazione doveva essere tutta rivolta al pallone, eppure era sufficiente a confondere Ran:
-Perché guarda me? Perché non si fissa sulle ammiratrici che gli urlano addosso?- si chiedeva ed anche una risposta si faceva largo nella sua mente: agitava la testa, furiosamente, per cacciare quell’idea assurda che pure la lusingava.
Ed ogni volta che il detective si voltava nella sua direzione, il suo cuore perdeva un battito; era come se ci fossero soltanto loro due, da soli, nel raggio di chilometri.
A pochi secondi dalla fine della partita, la squadra del Teitan era ovviamente in vantaggio: tre goal contro un solo punto segnato dagli avversari. Eppure nella mente di Shinichi risuonavano ancora le parole del caposquadra:
“Per favore! Abbiamo provato a far giocare Michiyo…è bravissimo, certo! Ma non quanto te!”
Sorrise, sicuro di sé e decise di infierire: dall’altra parte del campo tirò un calcio tanto potente alla palla da, nonostante la distanza, riuscire a segnare il quarto goal.
Un enorme boato coprì il fischio che segnava la fine della partita: il Teitan vinceva.
Tutti i giocatori della squadra si lanciarono addosso a Kudo, festeggiandolo: un paio di ragazzi lo sollevarono per le gambe, portandolo in trionfo per tutto il campo mentre lui rideva agitando il pugno in segno di vittoria.
A quella vista Ran non seppe più trattenersi:
“BRAVO, SHINICHI!!!” gridò, scattando in piedi con enorme sorpresa di Sonoko.
Nonostante la sua voce fosse stata sovrastata da numerose altre grida, Shinichi si voltò a guardarla: Ran non seppe mai se il giovane l’avesse fissata perché l’aveva sentita o semplicemente perché continuava a lanciarle occhiate dall’inizio della partita, eppure percepì il cuore allargarsi dalla gioia.
Agitò il pugno in aria, festosa. Come tutta risposta Kudo, ancora sollevato dai compagni di squadra, mimò un inchino e le ammiccò di nuovo.
Sulla scia degli avvenimenti, la ragazza gli fece segno che l’avrebbe aspettato fuori dagli spogliatoi e lui annuì. Quando anche ebbero finito di scambiarsi messaggi a distanza, continuarono a fissarsi finchè l’intera squadra non si ritirò dal campo.
Ran si voltò in direzione di Sonoko, che però la precedette: “Appuntamento romantico, eh?”
“Ma no! Voglio solo fargli i complimenti per…” ma, per l’ennesima volta, non ebbe il tempo di finire la frase:
“Gli avevamo promesso un bacio, ricordi? Devi essere di parola! Ti auguro solo che, nonostante il testosterone alle stelle, si prenda almeno il tempo di farsi una doccia, era tutto sudato! Non vorrei mai dovessi avvinghiarti ad un moccioso puzzolente!!” scherzò, passandole un braccio intorno alle spalle.
Anche Ran allora rise, avviandosi con l’amica verso l’uscita degli spogliatoi; ma lì, la folla era davvero numerosa ed era, perlopiù, composta da ragazze.
“Ma cos’avete tutte da sbavargli così tanto dietro?” piagnucolò l’erede Suzuki, passandosi una mano tra i capelli.
“Lo aspetterò all’altra uscita.” Decretò la giovane, frugando nella borsa alla ricerca del cellulare.
“C’è un’altra uscita?” le fece eco l’amica “Non lo sapevo…Quindi voi vi incontravate sempre di nascosto , eludendo tutte queste ragazzine?” insinuò, maliziosa.
Ran ridacchiò: “Mai successo. In realtà, questa seconda porta è recente. Me l’ha mostrata Ishimaru l’ultima volta che ha preso parte ad una partita, mi ha detto che sarebbe stato più facile incontrarci lì perché è un posto molto tranquillo, quasi nessuno la conosce, per il momento…”
“Forse neppure Kudo sa che esiste, allora…” le suggerì, ma lei le fece l’occhiolino: “Gli mando un sms!”
“In questo caso, non ho certo intenzione di fare il terzo incomodo!” esclamò, dando di gomito alla ragazza, di nuovo rossa in volto.
“Ma guarda che non…” cercò di replicare, ma Sonoko già si era allontanata da lei salutandola con la mano.
“Voglio sapere tutti i dettagli, stasera!” si raccomandò, prima di perdersi tra la folla.
Ran sorrise, ringraziando mentalmente l’amica: -Dovrò ricambiare il favore con Kyogoku, un giorno…- si disse, mentre digitava il messaggino da inviare a Shinichi.
Dunque, raggiunto il luogo dell’appuntamento, si appoggiò ad una colonnina di cemento: Ishimaru le aveva detto la verità, quel posto era veramente deserto.
-Meglio…- constatò, arrossendo subito dopo per la malizia che l’aveva pervasa –Speriamo solo che Shinichi controlli il cellulare…-
Alzò gli occhi al cielo, sorridendo felice. Nulla avrebbe potuto rovinarle quella splendida giornata, nulla!
“Che carini…”
O quasi.
“Siete davvero molto carini.” recitò ironicamente una voce, proveniente dalle sue spalle.
Lei si voltò, stupita.
“I-Ishimaru…” balbettò, sentendosi improvvisamente a disagio.
Il poliziotto era vestito in borghese, jeans e maglietta attillata; il suo solito stile, insomma. Sul viso aveva però dipinta un’espressione piuttosto singolare, quasi sinistra, che portò Ran a deglutire.
“Come…come mai sei qui?” gli chiese, allontanandosi leggermente dalla colonna scura.
“Per vedere la partita.” Le rispose, avvicinandosi “Anche io ho giocato in questa squadra, ricordi?”
La giovane annuì, cercando di sorridergli: nel suo atteggiamento c’era qualcosa di davvero strano.
“Però io non ho vinto.” Terminò il discorso, fermandosi a pochi passi di distanza da lei.
“Beh…Shinichi gioca a calcio da quando eravamo alle medie, è molto bravo!” gli rivelò con l’intento di consolarlo, ma alle orecchie del castano questa frase suonò più come una sfida:
“Quindi è ovvio che sia più bravo di me?” scattò.
“N-no!” cercò di riprendersi Ran, portando le mani all’altezza del petto “I-intendevo solo dire che…”
Ma il poliziotto non la fece finire: “Cosa c’è? L’hai visto giocare e ti sei emozionata?”
Lei battè le palpebre un paio di volte, sorpresa.
“Vuoi andarci a letto, Ran?” incalzò, ardente di rabbia e gelosia miste insieme.
“Ma…ma che stai dicendo?” replicò, spaventata: Ishimaru era decisamente aggressivo.
“Ti ho vista, sai? Come lo guardi... E a quell’imbecille non pare vero di gettare nel suo letto una donna!” alzò il tono della voce, riprendendo la marcia inesorabile che l’avrebbe portato a pochi centimetri di distanza dalla ragazza.
“Mi…mi spaventi, Ishimaru…” ammise Ran, indietreggiando quando lo vide avanzare.
“Accetteresti di intrattenerlo anche subito, qui! Te lo leggo negli occhi…” insistette, privo di controllo “Per settimane ti sono stato dietro, settimane! Non sai la fatica che ho fatto a non toccarti…e tu non mi hai mai neppure dato un bacio!!” sibilò, continuando a camminare nella sua direzione, davvero minaccioso.
Seriamente preoccupata dalla piega che stava prendendo quella situazione, Ran continuò a camminare all’indietro. La sua fuga, però, fu arrestata dalla colonna che le impediva di andar via; infatti, battè le spalle contro il cemento e il poliziotto si fece tanto vicino da spaventarla sul serio:
“Non ti sei comportata bene con me, Ran.” Decretò, fissandola negli occhi.
Dal canto suo la ragazza cercò di tranquillizzarsi pensando di poter ricorrere al karate: sarebbe bastato un colpo per liberarsi di Michiyo, nel caso avesse cercato di afferrarla, ma capì di non volerlo fare…nonostante tutto, Ishimaru aveva ragione: Ran avrebbe dovuto dirgli subito la verità, vale a dire che lei era innamorata di Shinichi e che il suo cuore poteva appartenere a lui soltanto. L’aveva preso in giro e se ne rammaricava: non era questa la sua intenzione, non lo era mai stata.
Quindi non reagì, cercando semplicemente di farlo ragionare:
“Per favore, Ishimaru…”
“Mi devi qualcosa, Ran.” Ignorò la sua richiesta, interrompendola: troneggiava su di lei, scrutandola intensamente dall’alto in basso.
“I-Ishimaru…” balbettò di nuovo: la situazione non le piaceva affatto, aveva l’impressione che l’agente di polizia potesse perdere il controllo.
“Stai solo cedendo agli istinti…” le sussurrò, cercando di convincere più se stesso che lei “Lui ti attrae, ma tu…tu ami me, Ran-chan…”
La ragazza deglutì, vedendo che il castano si avvicinava pericolosamente alle sue labbra.
“La lezione dell’agriturismo non ti è bastata?” la voce autoritaria e minacciosa di Shinichi lo fermò, facendo voltare entrambi nella sua direzione.
Lei inconsciamente sorrise, vedendolo: aveva indosso una tuta da ginnastica grigia e portava a tracolla il borsone da palestra.
Dopo essersi lavato a cambiato aveva avuto infatti l’impressione che il suo cellulare vibrasse, quindi aveva consultato il display trovando così l’sms di Ran; sebbene ignorasse la presenza di quell’uscita si fidò dell’amica, lieto di poter rimanere da solo con lei ed anche di non ritrovarsi nel mezzo di una folla numerosa tanto quanto la ragazza gli aveva descritto nel messaggio: dopotutto, doveva evitare di attirare esageratamente l’attenzione! Aveva riposto la divisa nel borsone che Ran stessa gli aveva regalato, anni prima, quando aveva ottenuto il ruolo nella squadra, poi aveva cercato di passare inosservato tra i suoi compagni di gioco, dirigendosi verso la seconda porta. Ma quando era giunto di fronte all’uscita, si era bloccato: aveva chiuso gli occhi per qualche secondo, deglutendo rumorosamente; nonostante tutto, era ancora imbarazzato per quanto era successo con Vermouth, senza contare l’avvenimento dell’ascensore dell’ospedale. Dopo aver riaperto gli occhi aveva pigiato la maniglia, ritrovandosi in una piazzola deserta, circondata da colonnine. Non appena aveva aperto la porta però, aveva anche notato Ishimaru troneggiare, pericolosamente vicino, sulla ragazza, con le spalle attaccate al muro: ricordando i discorsi che gli aveva sentito pronunciare, fu assalito dalla gelosia che per troppo tempo, nei panni di Conan, aveva dovuto celare e non si era nemmeno reso conto di essere intervenuto in modo tanto aggressivo.
“Ne vuoi ancora?” insistette dunque, scrutando torvo il poliziotto: ovviamente si riferiva a quanto era accaduto pochi giorni prima.*

“Se non altro, perché ci tengo a sapere se mi sono innamorato di una poco di buono!” ancor preso dalla rabbia, non si rese conto di aver parlato troppo: a quelle parole, infatti, una forte ginocchiata gli affondò nello stomaco, piegandolo in due.
Michiyo cadde sulle ginocchia, reggendosi il petto con entrambi le mani; alzò lo sguardo, scrutando furente il detective con il ginocchio ancora alto.
“Brutto…” lo insultò, ma il dolore era così forte da togliergli il fiato.
“Ora che ti sei calmato.” Esordì Shinichi, portandosi le mani in tasca. “Ti spiego cos’è successo.”
La risposta di Michiyo fu solo un rantolio addolorato.
“Ho visto Sakata recarsi furtivamente verso i magazzini dietro l’edificio e l’ho seguito. Nascosto dietro una colonna per osservarlo, mi sono accorto che anche Mouri aveva fatto lo stesso: siamo rimasti lì fin quando lui non se n’è andato. Nessun tradimento, nessuna azione illecita.” Cambiò leggermente i fatti, trascurando volutamente il piccolo dettaglio circa il loro bacio.
In tutta risposta, Michiyo strabuzzò gli occhi e poi tentò di rialzarsi, barcollando.
“Tu…Sakata…” balbettò.
“I dettagli li avrai da Mouri.” Tagliò corto il liceale, voltandogli le spalle.
“Sempre se deciderà di perdonarti.” Precisò tagliente.

A quel ricordo, Michiyo assottigliò gli occhi, rabbioso:
“Non credere di poterla avere sempre vinta!” ruggì, allontanandosi da Ran per scagliarsi contro di lui.
“SHINICHI!” gridò la ragazza, preoccupata. Fece per correre anche lei nella direzione dei due, ma non ne ebbe tempo: Ishimaru scagliò un pugno al detective, che però riuscì a schivare il colpo.
Totalmente rapito dall’ira, Michiyo tirò indietro il braccio, nel tentativo di colpirlo nuovamente; la sua mano, però, fu bloccata a mezz’aria dal ragazzo, che si preparò a contrattaccare: aver visto quel poliziotto incombere così minacciosamente su Ran gli aveva mandato davvero il sangue alla testa, non capiva più nulla! E la sua rinomata pacatezza l’aveva abbandonato, lasciando il posto all’impulsività. Tuttavia, le sue orecchie riuscirono comunque ad udire il grido dell’amica: “SHINICHI, NO!”ed il suo braccio non potè che fermarsi a mezz’aria cosicchè Ishimaru lo colpisse in pieno volto, facendogli cadere la borsa da palestra a terra con un tonfo sordo.
Il detective si portò una mano alla bocca per sentire il sangue colargli tra le dita; alzò lo sguardo verso l’agente di polizia, ancora col pugno sollevato, che alzava e riabbassava energicamente le spalle. Michiyo ansimava.
“Smettetela, basta!” li pregò Ran, frapponendosi tra loro.
“Io…io ti chiedo scusa, Ishimaru, hai ragione: non mi sono comportata bene con te. No…non avrei dovuto accettare di uscire insieme, io…non sono la persona giusta per te.” Nonostante il comportamento assunto dal poliziotto, lei non sembrava arrabbiata, tutt’altro: si sentiva profondamente in colpa per averlo illuso. Lei sapeva cosa volesse dire soffrire per amore: non voleva essere la causa del suo dolore.
“Sono sicuro che troverai presto una donna capace di…di farti innamorare. Ma quella non sono io…perdonami, Ishimaru.”
Shinichi ascoltò con attenzione le parole della sua amica: sebbene gli desse le spalle, non potè che apprezzare il buon cuore che da anni aveva capito appartenerle. Tuttavia, i suoi muscoli erano tirati: era pronto a difendere la ragazza, qualora il poliziotto si fosse nuovamente lasciato trasportare dalla rabbia.
Dal canto suo, Michiyo la scrutò attentamente; poi spostò lo sguardo sul liceale, pochi passi dietro di lei. Infine, tornò di nuovo a rivolgere la sua attenzione a Ran, sorridendole.
Ishimaru non aveva mai provato amore vero per una ragazza: aveva avuto delle storie, ma non si era mai fermato a riflettere sulla profondità dei suoi sentimenti. Animato dalla stima per se stesso, gioiva nell’avere intorno belle donne che gli ricordassero continuamente le sue qualità, e di rimando lui elencava le loro doti: gli occhi profondi come gli oceani, le labbra rosse come le rose appena sbocciate, il sorriso luminoso come la luna piena.
Non appena aveva visto Ran era rimasto colpito dalla bellezza della giovane, che però appariva molto pudica: era completamente diversa dalle donne che era solito frequentare e forse proprio per quella ragione aveva attirato particolarmente la sua attenzione. La sua gentilezza l’aveva lasciato senza fiato: una persona tanto giovane eppure tanto buona! Molto presto aveva capito che quella ragazza sarebbe stata in grado di vivere al fianco di un poliziotto, capace di fronteggiare i compiti che quel legame comportava: Ran sarebbe stata una fidanzata perfetta. Dunque, aveva subito iniziato a corteggiarla: aveva visto il suo volto arrossire ai suoi complimenti, i suoi occhi abbassarsi rifiutando il suo sguardo; aveva creduto che queste reazioni fossero indice di un grande imbarazzo, proprio di una ragazza tanto pura. Mai gli aveva sfiorato la mente l’idea che il cuore della giovane potesse appartenere a qualcun altro, anzi: tutto gli sembrava andare per il meglio, quando Shinichi Kudo era apparso. E lui aveva notato subito che Ran si agitasse, nervosa, quando quel detective era nelle vicinanze: arrossiva, esattamente come accadeva quando la corteggiava, però non evitava il suo sguardo, tutt’altro: lo cercava, insistente e allo stesso tempo speranzosa, come se volesse lasciar trasparire attraverso i suoi occhi i sentimenti che provava. Ishimaru era un poliziotto, e un uomo: aveva capito che Ran non si sentiva soltanto un’amica di Shinichi, che quel ragazzo le piaceva: anche Sonoko qualche volta aveva fatto riferimento a una presunta cotta della karateka per lui. Nella sua testa, però, la vanagloria aveva avuto la meglio sul buon senso e sulla ragionevolezza: poteva semplicemente trattarsi di una storia infantile, legata al passato! Lui le avrebbe mostrato com’era un amore da adulti, da persone mature, non un sentimento fatto solo di telefonate e qualche sms. Quel piano era parso al poliziotto tanto più realizzabile quando aveva notato Kudo trattarla male, tenerla lontano: infine, la comparsa di Miyano era stata davvero la ciliegina sulla torta. Nonostante tutto, però, nei momenti in cui metteva da parte l’amor proprio, Ishimaru sapeva che molto presto quella bolla di sapone sarebbe scoppiata: Ran gli avrebbe detto di amare Shinichi, e la loro storia sarebbe finita ancor prima di cominciare. Ne aveva avuto la certezza quando, in quella vecchia scuola, la ragazza aveva fatto da scudo ai proiettili che Sakata sparava contro il detective. Se il punto fosse stato solo quello, probabilmente Ishimaru si sarebbe arreso: “Va’ pure da quel mocciosetto! Ma non sai cosa ti perdi!! Le avrebbe detto, beffandosi di lei e del suo orribile gusto. Però c’era dell’altro: Kudo Shinichi era un investigatore abile, che giocava lealmente e lealmente lo aveva sconfitto. Le parole che gli aveva rivolto all’agriturismo lo avevano turbato:

“Io non sono come te.”
“Cosa? Mi prendi in giro, ragazzino?” Il poliziotto era accecato dalla gelosia.
“No. Semplicemente, io non sono come te.” Disse di nuovo Shinichi, il tono della voce per niente spaventato. “Tu lavori perché un delinquente venga arrestato, incolpato della morte di chissà quanti innocenti. Io lavoro perché lo stesso delinquente non ferisca o peggio, uccida, un altro innocente.”
Ishimaru strabuzzò gli occhi.
“Tu pensi che il nostro compito sia solo quello di arrestare i criminali…io credo invece che il primario obbligo a cui dobbiamo rispondere sia quello di proteggere coloro che chiedono il nostro aiuto. Per questo, non faccio differenza tra la vita di un assassino o quella di un assassinato…nel corso della mia vita, ho salvato un killer, un ladro…perché non avrei dovuto salvare una ragazza? I sentimenti che nutro per lei non contano…odio o rancore che sia, io quando lavoro li metto da parte. Tu, a quanto vedo, no.” *

Aveva ragione! Aveva maledettamente ragione! Shinichi aveva chiaro nella sua mente i canoni da seguire, il comportamento da tenere: nonostante la professionalità, non perdeva la sua umanità. Inoltre, anche l’opinione di Megure circa il suo conto era sensata: Kudo era oggettivo, riusciva bene a distinguere la vita privata dal lavoro. All’inizio Ishimaru non aveva accettato la superiorità del ragazzo, il suo orgoglio gliel’aveva impedito: per questo aveva convinto l’ispettore a farlo pedinare, per questo faceva tanto leva sul caso top-secret che andava dicendo di seguire, per questo cercava in tutti i modi di ostacolarlo! Voleva dimostrare di essere più bravo. E prima che agli altri, voleva dimostrarlo a se stesso. Ogni suo piano aveva però fallito: con Sakata, con quel Richard…Kudo aveva sempre vinto, e davanti agli occhi di tutti. E lui, anche per questo, lo detestava: conscio di aver perso la sfida sul campo professionale, dunque, aveva agito d’istinto per ottenere la vittoria almeno negli affari personali, nella questione che riguardava Ran…lei doveva essere sua! Doveva riuscire a conquistarla, a mostrarle che, nonostante tutto, lui era dieci volte meglio di quel ragazzino!
Era stato uno sciocco: preso da questo proposito non aveva avuto occhi per nient’altro, non volendo vedere la verità: e quando ci si era imbattuto, gli aveva fatto male. Male davvero. Non aveva capito più nulla, era corso lì, sperando di poter ancora avere qualche possibilità, di poter conquistare la ragazza…ma ovviamente si sbagliava. Ciò che però lo lasciava davvero perplesso, era la reazione della giovane: di fronte al suo comportamento, lei non si era arrabbiata, anzi! Lei gli stava chiedendo scusa!
-Saresti stata davvero un’ottima donna da avere a fianco!- constatò per l’ennesima volta, amaramente.
Le si era affezionato; probabilmente non l’amava, tutta quell’ossessione, quell’insistenza…era solo smania di vincere contro Kudo. Ma a Ran voleva davvero bene e c’era un unico modo per dimostrarlo: doveva permetterle di vivere l’amore che provava nei confronti del detective. Michiyo ignorava se effettivamente lui ricambiasse o meno i suoi sentimenti, ma Ran meritava almeno di tentare: molto meglio soffrire per un rifiuto che per il rimpianto di non essersi mai fatta avanti.
“No, scusami tu, Ran.”
Fu l’unica cosa che riuscì a dire, guardandola negli occhi e donandole il suo ultimo sorriso: quello fu il loro addio.

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
Vacuolo: Se mai deciderai di leggere questa fic, Gin, questo è un omaggio a te e alla tua follia! XD
Viaggiato insieme in aereo…: Passato alla storia come Il Primo Caso di Shinichi, episodio 162.
(…) le donne amano i detective!: Episodio 1, volume 1, file 1.
(…)ricordo: Dal capitolo 20.
Il discorso di Shinichi è un estratto dal capitolo 18.

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Note dell’autrice: Ed ecco qui, signore e signori, il trentaduesimo capitolo! Non è passato tanto tempo, no? xD Ho preferito mettere da parte il giallo –cos’avrà trovato Ran nella sua borsa?- per dare risalto alla parte sentimentale XD Spero sia stata di vostro gradimento! Inutile ripetere che la mia più grande paura è quella di risultare OOC: ultimamente sono abbastanza tranquilla mentre caratterizzo alcuni personaggi e quindi penso subito: “Oh, no! Non è che sto scrivendo in modo troppo superficiale?” E quindi hanno inizio le paranoie! ^^”
Alcuni pezzi sono stati scritti cinque o sei volte, prima che mi andassero bene! Ad esempio, lo scontro tra Shin e Ishi…nonché la scena dell’ascensore! Uh, cielo, la scena dell’ascensore non potete pensare quanto mi ha fatto penare!!XD Però ho adorato scriverla…*-*
In questo capitolo mi rendo conto di aver utilizzato, talvolta, espressioni un tantino ‘colorite’…erano necessarie, mi auguro di non aver turbato la sensibilità di nessuno e di non essere risultata troppo pesante! :-(
Nel prossimo capitolo, ovviamente Ishi si è tolto di mezzo, dunque…diciamo con un eufemismo che Shin avrà campo libero! =D
I numerosi commenti ricevuti per il capitolo trentuno mi hanno davvero lusingata! Siete davvero troppo troppo gentili ^///////^ Con enorme piacere, quindi, vado ora a rispondere ;D

@Misaki: Le tue battute anti-ShinRan iniziano a seccarmi, mia cara Neechan (6) Arrenditi alla realtà del Love Isn’t Zero e basta §§
Copio ed incollo questa frase, perché possa poi mostrartela quando mi accusi ingiustamente di non parlare o scrivere a dovere in italiano (6):

La scena finale è mozzafiato, e per averlo scritto in poche ore (XA ti prego dimmi come accidenti hai fatto), ti sei sicuramente guadagnata (come al solito d'altronde) il mio plauso.

E te la riproporrò forever and ever (vedi come miglioro, pure in inglese? Che, come vedi, non scrivo neppure in maiuscolo…:-) )
Se gradisci, potrei scriverti un’intera storia in francese…magari di analisi e retrospettiva del Love Isn’t Zero, visto che in questo campo sei eretica (a)…
XDD !!
Grazie mille dei complimenti, Neech! Lo sai che mi lusingano sempre ;D Quando vai avanti con Departure?
Un bacione one one one one :***
Ps. Hai fatto bene a scusarti, rischiavi le botte!! XDDDDDDD

@_Rob_ : Ciao, carissima! ;D Sono contenta di questa…’telepatia’ XD E ripeto che tutti questi complimenti mi fanno davvero piacere…finirò col montarmi la testa, sai? Sei davvero TROPPO gentile ^/////////^ Oserei dire che sei gentile in modo…sublime ;D Stavolta, nonostante i vari impegni privati non sono stata troppo lenta, visto? xD Mi sono intestardita a voler andare avanti perché, anche se mi dispiace dirlo, voglio portare a conclusione questa fic (non so come organizzare ancora gli ultimi eventi, ma siamo vicini alla fine!) perché, visto il nostro fantastico episodio 621, rischia di diventare una What if…? E poi sono diversi anni che la porto avanti, non vorrei fare come il papà di Shinichi, il buon vecchio Yusaku…xD E poi, se devo essere sincera, ho alcune altre idee nella mia testa, come ti accennavo…e mi piacerebbe metterle nero su bianco! Inoltre, devo analizzare bene- ancora meglio della mia venerazione nei suoi riguardi *-*- il personaggio di Shinichi per poter scrivere bene il secondo capitolo di E a Tokyo, quando? a cui tengo parecchio, vista la dichiarazione che ci ruota attorno xD Alla domanda riguardo Harry Potter…ahah, ne abbiamo già discusso! ^^ Sono contenta che ti sia piaciuta quella similitudine, è stata un po’ una folgorazione…! Spero di aver mantenuto la promessa e di aver postato non troppo tardi XD E scusa il ritardo nella risposta! XD
Un bacione grandissimo!!
Ps. Ovviamente, ShinRan FOREVER! XD Mi trovi perfettamente d’accordo, ovvio ;DDD

@Shiho93: Ma grazie! E’ un piacere leggere quello che mi hai scritto =P
Noiosa? Ma scherzi?! Mi fai semplicemente arrossire…! Sono molto contenta che il capitolo scorso ti sia piaciuto…e spero sia stato lo stesso anche per questo ;D Anche se Shiho non è comparsa :-( Però abbiamo punito Ishimaru! xD
Al prossimo capitolo (lo prometto, ancor più in fretta!)
Ciau! =)

@_ire_95_: Grazie! Sei molto gentile =D Mi auguro che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento…sei anche tu ShinRan, no?
A prestissimo! ^-^

@SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate: Meno male! Il tempo trascorso tra il capitolo 30 e 31 effettivamente è stato allucinante XD Mi scuso ancora per l’enorme ritardo ma purtroppo quando ho da fare, anche se riesco a ritagliarmi un’oretta non sono capace di scrivere bene…perché con l’ansia del “Devo sbrigarmi, devo sbrigarmi!” vengono fuori certe sciocchezze…XD Ecco perché ci ho messo tanto tempo a postarlo! Per questo capitolo invece ho fatto prima perché ho adorato scrivere le parti ShinRan e dunque sono andata abbastanza spedita, sebbene alcuni momenti siano stati scritti e riscritti cento volte prima di andarmi bene XD
Spero che siano stati di tuo gradimento ;D Il prossimo capitolo sarà quasi interamente dedicato al rapporto Shinichi/Ran e…ho già alcune ideuzze in mente, eheheh *risata malefica* Ma tranquilla, i problemi oramai sono finiti per loro! xD
A presto –promesso!-
Bye bye :**************

@_ire_: Davvero? Ma che onore, grazie! Spero che la tua reazione sia stata tanto entusiasta anche stavolta! Mi fa sempre piacere sapere che l’impegno che metto nello scrivere questa fic da i suoi frutti :D
Già, arrivo a dire che forse trenta capitoli sono troppi! xD All’inizio non pensavo di farne così tanti, solo che una parola tira l’altra e…XD Non credo, però, che manchi molto alla fine di questa storia: innanzitutto sono anni che la scrivo ed è giusto che le doni un finale! Poi, la situazione tra Shin e Ran è quasi risolta, perché non lasciarli vivere la loro storia d’amore in pace adesso?XD E infine, ho qualche altra idea per la testa che mi piacerebbe sviluppare…:D Ed alcune di esse riguardano anche Shiho! Apprezzo molto il fatto che tu abbia deciso di continuare a seguire la storia nonostante sia ShinRan…e non so quanto alcune scene di questo capitolo possano esserti piaciute XD Spero di sì, però! Mi dispiacerebbe molto averti delusa :-(
Grazie di cuore per tutti i complimenti che mi hai fatto, davvero! Sono super, stra, iper contenta! …visto? Non ci ho messo poi così tanto tempo a pubblicare questo nuovo capitolo, no? Niente fucile, stavolta, ahah!
Un bacione grandissimo e, lo giuro, a molto molto presto!! ;D

@Portos: Ciao! Sono felice che ti sia piaciuta e spero che continuerai a seguirla!! Al prossimo capitolo :-)

@_nikole_: Mi fa davvero piacere ;D Ho impiegato molto tempo perché avevo paura di non essere riuscita ad inquadrare bene Vermouth, ma sono contenta che ti sia piaciuta! Spero che sia stato di tuo gradimento anche questo capitolo!
Stavolta niente parte ironica XD Non ho dato sfogo alla mia ironia, lo scontro tra Ishimaru e Shinichi mi ha presa parecchio XDD
Al prossimo capitolo ^__^

@Daminga: Ahah, la verità è che mi sta molto simpatico Makoto, quindi mi dispiacerebbe farlo tradire da Sonoko per colpa di Michiyo! Ma nel prossimo capitolo inserirò un lieto fine anche per lui, poveretto…in fin dei conti ha perso perché si è voluto mettere contro Shin e nessuno può sconfiggere Shin (assomiglio un po’ alle ammiratrici descritte in questo capitolo eh?XDD) !!! Però non è poi così malaccio, povero poliziotto…merita un po’ di felicità ;D
Beh, direi che il riappacificamento tra Shin e Ran ci sia stato…ma non è tutto! Ho voluto prima mettere da parte Michiyo, così da lasciare campo libero a Shinichi…sia lui che Ran saranno i protagonisti del prossimo capitolo, perché la questione dell’ascensore va chiarita! ;)
Grazie mille per i complimenti, sei sempre gentilissima! Al prossimo capitolo che assicuro non ci metterà tantissimo ad arrivare! XD
Baci! :**

@holmes88: Grazie a te, piuttosto! Mi fa molto piacere che tu pensi questo della mia storia!! Io odio lasciare le cose in sospeso, quindi stai pur certa che, anche se non dovessi aggiornare per anni (cosa che è quasi successa, ahimè!) prima o poi posterò il nuovo capitolo! Non credo che passerà più così tanto tempo però perché io vada avanti, visto che questa fanfic si avvia alla conclusione…ho altre idee in testa che voglio sviluppare, sempre su Detective Conan ovviamente!
A presto, è una promessa ;P
Ciau!! =D

@izumi93: Non sai quanto piacere mi faccia il fatto che tu abbia letto tutti i capitoli di questa fic! Sono davvero onorata di questa tua decisione ;D Mi fa molto piacere che la storia ti piaccia e spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gusto.
Beh, su questo sono d’accordo con te: Shin è un vero figo! XQ_ Lo descrivo così perché lo vedo così! Eheh :D Ti è piaciuto lo scontro tra lui e Ishi? Nel prossimo capitolo Ran dovrà medicargli la ferita…XDD
Ed è una fortuna anche non essere caduta nell’OOC. Spero valga lo stesso anche stavolta ;D Grazie mille per tutte le recensioni che mi hai lasciato, mi hanno provocato una gioia indescrivibile!
A prestissimo!! Ciao ^^

Ovviamente ringrazio anche tutti coloro che hanno letto, e mando un enorme bacione a coloro che hanno anche recensito la fic E a Tokyo, quando? , dal momento che ci ho davvero lasciato un pezzo del cuore, in quell’analisi d’amore! Non credo però che posterò il secondo e ultimo capitolo di quella fanfic prima di aver finito questa!
Detto questo, la smetto di annoiarvi! Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento al prossimo capitolo, il trentatre!
A presto, non mancherò di scriverlo in fretta!
Un enorme bacione e un abbraccio fortissimo!
La vostra

XXX Cavy XXX

   
 
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