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Autore: Il Cavaliere Nero    01/11/2011    8 recensioni
La dolorosa scelta che il Proiettile D'Argento sarà costretto a prendere per difendere le persone alle quali tiene di più...per proteggere e salvare il suo Angelo.
Estratto dal quarto capitolo:
«Megure abbassò il capo e tornò a scribacchiare qualcosa di illegibile su quei documenti, senza però porgere molta attenzione a quello che faceva. Infatti, aveva ben altri pensieri per la testa: Se prima avevo qualche dubbio, ora ne sono sicuro...- pensò, determinato e serio -Michiyo, ormai, ha preso il posto di Shinichi Kudo...»
Genere: Triste, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Trentatre

Shinichi e Ran

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Grazie per essere intervenuto…” soltanto allora Ran trovò il coraggio di pronunciare questa frase.
Quando, per qualche inspiegabile ragione, Ishimaru aveva voltato loro le spalle allontanandosi dal campo di calcio, i due ragazzi erano rimasti da soli: l’imbarazzo era piombato però tra di loro all’istante, impedendo qualsiasi azione più o meno desiderata. Ran era comunque riuscita a convincere l’ amico ad andare a casa sua, perché potesse medicargli la ferita sul volto: in realtà era un graffio poco profondo, ma necessitava comunque di essere disinfettato. Anche se titubante, Shinichi aveva accettato: il cambiamento repentino del poliziotto non l’aveva convinto, pensava che potesse presentarsi all’agenzia investigativa con qualche strana pretesa. Ignorava l’esame di coscienza cui Ishimaru si era sottoposto e che l’aveva portato alla decisione di lasciarla in pace.
La giovane figlia dell’investigatore, d’altro canto, era stata capace di leggere la resa nel sorriso del suo corteggiatore,e l’aveva salutato con dolcezza: gli augurava davvero ogni bene.
Dopo aver fatto rientro in casa, aveva rassicurato Shinichi dicendogli che suo padre era fuori a giocare a mahjong con degli amici e che probabilmente avrebbe fatto tardi: dopotutto, erano appena le sette di sera!
Aveva quindi estratto dall’armadietto del bagno la cassetta del pronto soccorso e si era improvvisata infermiera per aiutare l’amico, come quando erano piccoli e lui tornava tutto graffiato da una partita di calcio: quello era davvero il giorno dei ricordi.
L’atmosfera che li aveva avvolti allo stadio sembrava essersi dissipata: entrambi imbarazzati, capaci di compiere solamente alcuni movimenti piuttosto impacciati, a disagio e taciturni; mentre poche ore prima non avrebbero mai cessato di guardarsi negli occhi, in quel momento se uno di loro incrociava lo sguardo dell’altro voltava subito il volto nel lato opposto, arrossendo vistosamente.
Ran sospirò leggermente, pentendosi subito dopo dell’azione a cui si era abbandonata e sperando che Shinichi non l’avesse notata; quindi, applicò della garza in corrispondenza del labbro, dove la ferita era più profonda.
“Non ho fatto nulla…” riuscì a sibilare lui, dopo un lungo silenzio, nonostante dovesse tenere la bocca chiusa per permetterle di applicare il cerotto.
“Ha-hai fatto tutto da sola…”
“Non…non volevi che rispondessi così ad Ishimaru?” si allarmò, pensando di essersi comportata troppo amichevolmente con il poliziotto agli occhi di Shinichi, che d’altro canto replicò, ridacchiando in imbarazzo:
“Cosa c’entro io? Tu puoi…fare quello che vuoi…”
Il silenzio, che per tutto il tempo aveva fatto loro da compagno, calò di nuovo nella stanza.
“Ecco…tra un paio d’ore potrai togliere la garza senza che la ferita continui a sanguinare…” gli comunicò, terminando la medicazione. Lui la ringraziò, passandosi una mano tra i capelli, decisamente a disagio.
“Ehm…” fece poi, non sapendo davvero cosa dire: quindi si alzò dal divanetto su cui si era precedentemente appoggiato, tornando ad essere più alto di Ran.
“Ora è meglio che vada…” decretò, sorridendole lievemente. Fece per voltarsi in direzione della porta a vetri, ma la ragazza lo afferrò per un braccio con entrambe le mani:
“No!” si affrettò a replicare “Tu…” ma la suoneria di un cellulare la interruppe.
Entrambi tacquero, ancora più imbarazzati di prima: “Scusami, devo…” iniziò a dire lui, ma lei comprese subito: “Rispondi pure…” gli concesse, lasciandolo andare.
“Ehy, Kudo! Ma che fine hai fatto?” la voce di Mishiama risuonò dal cellulare, facendo avvampare le guance del giovane investigatore:
-Sono andato via con Ran…- rispose mentalmente, guardandosi bene dal rispondere con tale affermazione al caposquadra.
“Io…” esitò per un attimo, ma per sua fortuna non vi fu ragione di inventare una spiegazione; Mishiama era tanto entusiasta per la vittoria da sprizzare energia da ogni poro:
“Oh, non fa niente! Hai fatto bene ad andare a festeggiare! Lo sapevo che saresti stato tu a portarci alla vittoria, grande Kudo!” si complimentò ancora per un po’, prima di rivelargli la vera ragione della telefonata:
“Le ragazze…” si riferiva ovviamente a tutte quelle giovani che, poche ore prima, si trovavano di fronte agli spogliatoi in attesa di incontrare i giocatori “…ci hanno invitato a cena per festeggiare! Visto che sei tu la nostra carta vincente, ho risposto che senza di te non avremmo fatto alcuna cena!” esclamò, pensando di fare al detective cosa gradita.
Al suo fianco c’era però Ran, che poteva sentire ogni parola visto il tono di voce alto con cui Mishiama parlava: e a quella frase la giovane aveva rimpicciolito gli occhi, imbronciandosi.
-Le ragazze….- ripetè mentalmente, tornando nuovamente vittima della gelosia che allo stadio l’aveva rapita. Ma esattamente come allo stadio era accaduto, Shinichi puntò gli occhi su di lei, e questo servì a tranquillizzarla e confonderla allo stesso tempo.
“Ho già avvisato tutti! Mi restano solamente Suzuki e Mori!” proseguì il caposquadra, ilare “Ahah, Suzuki ti aveva promesso un bacio, no? Stasera ti facciamo trovare una bella ragazza!!”
Quei vaneggiamenti durarono ancora per un po’ senza che il detective avesse occasione di replicare: Mishiama era davvero al settimo cielo. “L’appuntamento è tra due ore, di fronte al ristorante. Pensi di fare in tempo?”
“Ah, sì sì, so dov’è…” prese finalmente parola Kudo, aggiungendo repentino “Avviso io le due ragazze…”
“Perfetto, così finisco di prepararmi!” lo ringraziò, prima di salutarlo: “A dopo, campione!”
Shinichi staccò la chiamata, riponendo il cellulare nella tasca dei pantaloni:
“Ci andrai, vero?” propose Ran, avvicinandosi leggermente al suo amico, che annuì.
“Forse però…sarebbe il caso che mi cambiassi…” ridacchiò, abbassando il capo per guardarsi: aveva ancora indosso la tuta da ginnastica.
“Sì, forse dovresti…” convenne, ridendo anche lei.
“Ok, allora…ci vediamo lì?” domandò Shinichi, avviandosi verso la porta. Ran annuì: “Certo. A dopo…non vedo l’ora di stare un po’ con te…”
aggiunse subito dopo, a voce più bassa. Il giovane, seppur arrossito, le mostrò parte del volto affinché lei potesse notare il suo sorriso.
“Ah! Una cosa, Shinichi!” lo richiamò proprio mentre il giovane stava mettendo piede fuori di casa.
“Per caso…per caso hai preso tu la penna argentata? Quella che mi porta fortuna durante i compiti in classe…” all’occhiata incuriosita del ragazzo, si affrettò ad aggiungere: “L’avevo nella borsa quando sono venuta in ospedale…oggi l’ho cercata anche nei cassetti della scrivania, ma non c’era…magari, ho pensato che mi fosse caduta e tu l’avessi raccolta…”
“No, Ran, mi dispiace: non l’ho presa io.” Negò il giovane, prima di salutare di nuovo l’amica e abbandonare l’agenzia investigativa.
Quando rimase sola, la giovane si abbandonò ad un’idea che si era insinuata nella sua testa da quel pomeriggio: -Possibile che…?-
Proprio in quell’istante però il cellulare che aveva poggiato sulla scrivania di suo padre suonò e lei si riscosse dai suoi pensieri per leggere l’sms appena ricevuto:
‘Qualsiasi ora si faccia, non dimenticare di tenermi informata, romanticona!’
Il mittente era ovviamente Sonoko.
“Sarà il caso di avvisarla di stasera…” si disse ad alta voce, premendo il tasto di chiamata rapida che l’avrebbe messa in comunicazione con la sua amica.

§§§

Uno, due, tre pallottole trafissero la testa bianca, a metri di distanza dal poliziotto che aveva sparato.
Ishimaru caricò nuovi proiettili, quindi sollevò l’arma contro il manichino di cartone, pronto a puntare.
Si trovava al poligono: era lì che si rifugiava quando qualcosa gli andava storto ed anche se effettivamente molto tempo era stato assente, si sentiva sempre a suo agio in quel luogo.
Attraverso gli occhiali protettivi assottigliò gli occhi, cercando di prendere la mira: il rumore assordante provocato dallo sparo non lo infastidì, poiché indossava anche un paraorecchie.
Gli restava un solo proiettile: puntò e…
BANG! Una pallottola s’infisse sulla spalla dell’uomo di carta, ma non era stato lui a sparare. Si voltò di scatto, spaventato: chi mai…?
Una bellissima donna, alle sua spalle, teneva ancora la pistola a mezz’aria; il poliziotto impiegò diversi secondi per osservarla attentamente: capelli neri lunghi che le ricadevano dietro le spalle, una frangetta dello stesso colore a celarle in parte gli occhi di un verde brillante ed un corpo asciutto e ben allenato.
“Perdonami, ma ho avuto l’impressione che esitassi un po’ troppo…” gli disse, sorridendogli.
“Può darsi.” Convenne, abbassando l’arma e ricambiando il sorriso.
“Sei Ishimaru Michiyo, vero? Ho sentito molto parlare di te, Raggio di Sole della polizia giapponese…” lo chiamò la donna, citando il soprannome che i giornalisti gli aveva affibbiato.
Lui se ne compiacque.
“Sei una poliziotta?” le domandò, scrutandola ancora con attenzione: gli piaceva molto.
“Esatto. Potremmo…sparare insieme, ogni tanto. Se ti va…” aggiunse repentina, arrossendo leggermente: quella proposta suonava piuttosto stramba.
-Un’ammiratrice, eh?- constatò Ishimaru, sorridendo beffardo.
“Vieni…ti insegno come riuscire a colpirlo in testa.” Le disse e sebbene quell’affermazione apparisse decisamente macabra, la giovane si avvicinò; quindi sollevò la pistola, puntando il bersaglio. Il poliziotto pose le braccia sopra le sue, cercando di indirizzare la sua traiettoria. Poco prima di farle premere il grilletto, però, le chiese:
“Come ti chiami, bellezza?”
“Akane Obe. E’ un piacere conoscerti, Michiyo”.
“Puoi chiamarmi Ishimaru, Akane.”

§§§

Uscì dalla doccia, afferrando l’asciugamano in precedenza poggiato sul lavandino e si avvolse il busto. Poi ne afferrò un altro, iniziando a strofinare energicamente i capelli bagnati. Dopo essersi recato nella sua camera aprì un’anta dell’armadio, estraendone una giacca blu notte dello stesso colore dei pantaloni riposti sopra il letto; quindi si avvicinò allo specchio, fissando il suo riflesso:
“Quanto mi era mancato non apparire un bambino!” esclamò Shinichi, ammirando la figura di un ragazzo che s’avviava a diventare un uomo.
Scrutò il volto, leggermente graffiato e arricciò il naso; in compenso almeno la ferita che Vermouth gli aveva procurato era guarita. Dal petto, tornò di nuovo a scrutarsi il viso: si passò una mano sul labbro, ferito. Eppure non fu lo scontro di poco prima a sovvenirgli in mente…

-E va bene!- si diede coraggio Shinichi. Dapprima spense gli auricolari che gli si arrampicavano addosso, poi afferrò Ran per i fianchi in modo da neutralizzare anche i suoi: nessuno avrebbe dovuto sapere cosa sarebbe successo di lì a poco!
“Cosa sei disposta a fare per rimediare?” le sussurrò.
Lei alzò gli occhi, scorgendo una luce negli occhi di lui. Poi realizzò: Shinichi aveva un piano!
“Tutto!” rispose all’istante, gonfiando il petto per l’imbarazzo. “Tutto…tutto?” si accertò e lei annuì “Certo. Ho combinato io il disastro ed ora è ovvio che voglia rimediare!”
“Insomma!!” pronunciò di nuovo Yuri, percorrendo gli ultimi spazi per raggiungerli e scoprirli.
“Molto bene!” sentenziò il detective e la conversazione terminò; si posizionò davanti a lei, tirandola verso di sé: per la seconda volta in pochissimo tempo, i loro corpi aderivano perfettamente, tanto che ognuno poteva sentire il battito cardiaco dell’altro.
“Cos…” provò ad informarsi la figlia di Kogoro, spingendosi contro il muro freddo della colonna.
“Vedi di recitare bene, Mouri…” le sussurrò, fiondandosi dopo sulle sue labbra: Ran non si mosse, perplessa e anche intimorita.
Presto, comunque, Shinichi diede inizio alla lussuria: dapprima le sfiorò la bocca, poi, aiutandosi con la lingua, fece sì che essa si spalancasse.
-Mi sta…mi sta baciando…- Ran assunse lo stesso colore dei pomodori maturi e sentì che il cuore le era arrivato nella gola.
Kudo riuscì a sentire il battito decisamente accelerato della ragazza e pregò che lei non percepisse il suo, continuando comunque a baciarla con foga e trasporto. Dopo parecchio, la giovane riprese i sensi e, delicatamente, gli cinse la nuca con le mani, carezzando i capelli morbidi con le dita; contemporaneamente, prese a ricambiare con timidezza il bacio, che via via, si faceva sempre più appassionato.*

Sorrise, ripetendosi nella mente le parole della ragazza: “Non vedo l’ora di stare un po’ con te…”
Lasciò cadere a terra l’asciugamano che gli fasciava il bacino, rimanendo così nudo; indossò i pantaloni e fece per afferrare la camicia bianca ma il suono del telefono attirò la sua attenzione. Ancora a petto nudo e con i capelli non completamente asciutti scese le scale che lo avrebbero condotto nel salone per poi portare la cornetta all’orecchio:
“Non c’è problema. Cosa c’è?” rispose al suo interlocutore, sedendosi sul bracciolo del divano.
“D’accordo, ho capito.” Lanciò un’occhiata all’orologio: le otto e un quarto. Se avesse accettato quella richiesta, forse non avrebbe fatto in tempo a…ma sì, avrebbe fatto in fretta! E seppure fosse arrivato al ristorante con qualche minuto di ritardo, sicuramente non sarebbe stato un problema.
“Va bene.” Decretò infine, salutando poi la persona dall’altra parte del telefono e interrompendo la chiamata.
Salì velocemente le scale per finire di vestirsi e uscire di casa.

§§§

“Secondo te, avrei dovuto dire a Shinichi che ho lasciato Ishimaru perché, beh…” si arrischiò a chiedere la giovane Mouri, arrossendo.
“Io non posso credere che tu ti sia vestita ancora come una scolaretta!” rispose però lei, fissando la sua canottiera lilla e la salopette, composta da una gonna che le arrivava sino a metà coscia.
Sonoko aveva indossato, invece, un abito nero piuttosto corto e senza spalline: una cinta nera che raffigurava una rosa laccata d’argento impreziosiva quell’abito.
Le due ragazze si erano incontrate di fronte ad un bar dove spesso, quando erano in anticipo, si fermavano a fare colazione prima di andare a scuola: in quel momento erano dirette al ristorante indicato da Mishiama e camminavano lentamente, giacchè erano in perfetto orario.
“Stiamo andando ad una cena del club di calcio…forse sei tu ad essere un po’ troppo elegante, non credi?” la rimbeccò lei, rinunciando a trattare, per quella sera, un discorso tanto serio con la sua amica.
“Ci saranno un sacco di ragazze in tiro e con la permanente! Bisogna risaltare, Ran!” le rispose, scioccata dal fatto che la giovane non ci avesse pensato. “Vuoi conquistare o no quel maniaco delle deduzioni?” aggiunse subito dopo, impertinente.
“No!” fu la risposta secca, e del tutto menzognera, di Ran. “Tu, piuttosto: attenta a ciò che fai, perché riferirò tutto a Kyogoku!”
Continuarono a chiacchierare e scherzare sino a quando non giunsero in prossimità del locale: l’orologio segnava le nove meno un quarto, dunque erano in ritardo di cinque minuti nonostante l’anticipo con cui erano uscite di casa.
“Dietro quell’angolo, si cela il tuo principe azzurro!” insistette Sonoko, dandole di gomito.
“Piantala!” cercò di farla smettere: tuttavia, lo stomaco si era gradualmente contratto man mano che la meta si avvicinava ed allora percepiva chiaramente una specie di nausea padroneggiare indisturbata nel suo corpo.
-Possibile che io sia tanto agitata? Non è mica il nostro primo appuntamento!- cercò di calmarsi, ma senza risultato.
Prese un lungo respiro e, al fianco della sua migliore amica, svoltò l’angolo: di fronte all’entrata del ristorante un gruppo considerevole di ragazzi faceva confusione, scherzando bonariamente e con allegria. Tutti erano ancora raggianti per la vittoria appena ottenuta.
Subito cercò con gli occhi la figura di Shinichi, ma non riuscì a trovarla: -Forse non è ancora arrivato…- ipotizzò, sospirando delusa.
Alcune loro compagne di classe le salutarono, avvicinandosi: dopo alcuni convenevoli, Ran prese il coraggio a due mani e pose alle ragazze una domanda ovvia: “Siamo arrivati tutti?”
Naturalmente, scossero il capo: “No…manca Takayama, del II C…l’attaccante, per intenderci! Alcune ragazze del I E…e poi Kudo!”
“Che peccato, il nostro caro detective non è ancora qui…” cantilenò Sonoko, assottigliando gli occhi per canzonare Ran.
“Mishiama gli sta telefonando ora! Se è nei dintorni, lo aspettiamo fuori!” tutte le ragazze avevano gli occhi a forma di cuoricini.
-Eheh…- ridacchiò la mora, cercando di non cadere per l’ennesima volta vittima della gelosia; dunque si voltò in direzione del caposquadra, con il telefonino poggiato contro l’orecchio.
“Stavo per chiamarti, Mishiama…” gli stava dicendo in quel momento Shinichi “Scusami davvero, ma…”
Ignare di cosa il ragazzo stesse parlando, Ran e Sonoko si avvicinarono al giocatore di calcio, aspettando notizie. Ma ebbero un cattivo presentimento quando il giovane, dopo aver chiuso la chiamata, disse loro: “Pare che Kudo abbia da risolvere una questione…un caso…non ho ben capito. Non sa ancora se farà in tempo ad essere dei nostri!”
“Oh, che peccato!” si sollevò un coro muliebre di rammarico. Ciò nonostante, alla fine tutti convennero sul da farsi: entrarono, prendendo possesso del tavolo e iniziando la cena.
Tutti, tranne una persona che, a testa bassa, rimase indietro.
“Ran…” cercò di consolarla Sonoko, mettendole una mano sulla spalla “Dai, magari arriva…più tardi, ma arriva!” detto questo le ammiccò, convinta di averle restituito la speranza, ma la giovane scosse la testa:
“Non è questo il punto…”

§§§

L’erede della famiglia Suzuki non si era sbagliata, in effetti: il detective parcheggiò la sua moto davanti al locale allorchè l’allegra compagnia stava per sciogliersi.
“Ah, Kudo!” una ragazza sottolineò il suo arrivo, facendo voltare tutti.
“Perdonatemi! Non credevo di impiegare così tanto tempo…” il ragazzo spense il motore, poggiando le mani sul casco per poi sfilarlo.
“Noi stiamo andando via.” Lo accolse dura Sonoko, le mani sui fianchi.
“Sì, mi dispiace…” Kudo si massaggiò la nuca con una mano, ridendo leggermente; non potè però fare a meno di notare che, vicino alla biondina, mancava qualcuno…
“Ran ha dimenticato il portafoglio…!” sentì poi dire una ragazza, che stava uscendo allora dal ristorante.
“E’ andata già via?” diede allora voce ai suoi dubbi, cercando di attribuire a quella domanda un’intonazione naturale, come se fosse una richiesta come un’altra: in realtà era ansioso di saperlo.
Dopo aver ricevuto la risposta “Sì, quando abbiamo sentito il rumore della tua moto ha detto di essere stanca, ed è tornata a casa.” le prese dalle mani l’oggetto dimenticato, affermando “Glielo riporto io! Buonanotte, ragazzi!” e mise di nuovo in moto, avviandosi in direzione dell’agenzia investigativa.
Mentre percorreva la strada si chiese se solo per coincidenza Ran avesse scelto quel momento per lasciare il locale oppure se avesse in qualche modo voluto evitare di incontrarlo.
-Ma no, è ridicolo…- cercò di tranquillizzarsi, ripensando a quel pomeriggio: la giovane non aveva dato segni per cui fosse lecito ipotizzare che serbasse rancore nei suoi confronti…eppure Shinichi aveva un cattivo presentimento.
Finalmente, la vide: stava camminando velocemente, con le braccia incrociate e la testa china.
“RAN!” la chiamò, accelerando per raggiungerla più in fretta.
“Ehy, Ran!” Ma la ragazza non si voltava.
Riuscì ad arrivarle di fianco, rallentando l’andatura del motociclo perché potesse andare al passo della karateka: cercò di attirare la sua attenzione, ma lei continuò ad ignorarlo, non arrestando la marcia concitata. Allora, seccato, il detective diede rumorosamente gas aumentando all’improvviso la velocità per tagliarle la strada e parcheggiare sul marciapiede, impedendole di proseguire oltre.
“Che ti prende?” le domandò, il tono della voce più acuto per il risentimento; si pentì, tuttavia, di aver reagito così impulsivamente quando l’amica d’infanzia alzò il volto, mostrandogli gli occhi lucidi di lacrime trattenute a fatica.
“Cosa c’è?” cercò di capire, scendendo dalla moto per farsi più vicino al suo corpo. “Che hai?”
Non rispose, poiché ogniqualvolta cercasse di aprire la bocca per articolare dei suoni, le labbra le tremavano: per ancora poco tempo sarebbe riuscita a trattenere il pianto.
Abbassò di nuovo il capo, scuotendolo leggermente come per dirgli che non era successo nulla e di non preoccuparsi; ovviamente, Shinichi non gettò la spugna:
“Dimmi perché stai male, Ran.” Avvicinò una mano sulla guancia, nel tentativo di accarezzarle il volto e allo stesso tempo sollevarlo perché potesse scorgere i suoi occhi.
In un primo momento, lei oppose resistenza; poi, come scossa da un fremito, alzò velocemente la testa e si mosse finchè le sue labbra non si posarono su quelle di Shinichi, che strabuzzò gli occhi, colto di sorpresa:
“Ricordati di questo, quando sarai via.” Gli soffiò sulla bocca, dopo aver interrotto quel contatto.
Si scansò da lui, non riuscendo a trattenere un singhiozzo: “Consideralo pure come un addio!!” disse poi con voce tremante, preludio di chi sta per piangere.
Se fosse rimasta di fronte a lui, probabilmente Shinichi non avrebbe avuto i riflessi tanto pronti dopo quel bacio –che effettivamente non poteva definirsi propriamente un bacio quanto uno contatto tra labbra, che però l’aveva scosso- ma la vista di Ran che, superando la moto, iniziava a correre gli permise di reagire prontamente:
“Perché dovrei andare via?” le domandò, inseguendola a piedi.
“Non hai di nuovo da fare con quel caso che ti tiene occupato da mesi? Inseguire Richard per il mondo? Od indagare su qualsiasi indagine purchè sia distante da me?” gli urlò contro, dando voce ai pensieri che dalla sua scomparsa le affollavano la mente.
“Ma, Ran…” cercò di controbattere, tuttavia lei non gli concesse di terminare: “Se mi vuoi almeno un po’ di bene, stammi lontano, Shinichi! Non voglio più soffrire…”
Colpito da quella frase, il detective arrestò il passo.

§§§

Salì precipitosamente le scale, inciampando un paio di volte sui gradini a causa della fretta con cui pretendeva di risalirli.
Aprì la porta, richiudendola con foga e scagliando poi la borsetta a terra, con uno scatto nervoso.
-Stupida, stupida!- si rimproverò mentalmente Ran, accasciandosi sul pavimento mentre si teneva la testa con le mani: il volto era solcato da un flusso irrefrenabile di lacrime, che non volevano saperne di diminuire. -Come ho potuto pensare di essere più importante delle sue indagini?- pianse convulsamente, abbandonandosi finalmente a gemiti rumorosi e singhiozzi che le scuotevano tutto il corpo. La ragazza tremava, preda degli spasmi:
“Ho anche perso ore per vestirmi! Chissà che cosa volevo ottenere!” gridò, iniziando a togliersi i vestiti di dosso e gettandoli sul pavimento, come se anche gli abiti fossero legati al ragazzo che si proponeva di dimenticare. In quel momento qualcuno bussò alla porta.
“Fantastico, adesso dovrò anche sopportare papà mentre mi dice che mi aveva avvisato…” si piegò su se stessa la ragazza che in quel momento, oltre alla biancheria intima, indossava solamente una canottiera leggera. “Ran, sono io.”
Era la voce di Shinichi.
“Vorrei parlarti…”
“N-non entrare!” fu la sua risposta, rendendosi conto, oltretutto, di essere quasi del tutto nuda.
“No…va bene anche da qui.” Le disse, un tono di voce piuttosto provato.
“Perdonami, Ran. Io non ho mai voluto farti soffrire, non è mai stata mia intenzione.”
La giovane tentò di coprirsi le orecchie con le mani, accovacciandosi ancor di più contro la porta dell’appartamento.
“E’ per questa ragione che avevo deciso di tenerti lontana. Stare al mio fianco…non immagini quanto sia pericoloso: hai visto come quegli uomini…i membri dell’Organizzazione, siano crudeli e privi di compassione. Inoltre, tu meriti sicuramente di meglio, non qualcuno che può soltanto telefonarti ogni tanto…non ho lasciato che Michiyo ti fosse così vicino perché non m’importava nulla di te, ma perché ritenevo che lui potesse davvero renderti felice. Nonostante tutto…credi non mi fossi accorto delle tue lacrime? Ti vedevo, a scuola, in centrale, con gli occhi rossi, il viso tirato, pallido…e non mi davo pace per il dolore che ti procuravo. Quella sera, quando il poliziotto aveva fatto credere a tutti che aveste passato la notte insieme io…io ti ho vista in quello stato…non sono riuscito a lasciarti da sola, non ho potuto evitare di starti accanto, e così ti ho causato ancora più sofferenza, perché il giorno seguente di nuovo non ti parlavo. Ti ho fatto del male quando avevo programmato di farlo, perché tu mi dimenticassi…ti ho fatto del male quando mi comportavo naturalmente…ti ho fatto del male quando cercavo di farti piacere…mi sono reso conto di questo molto tempo fa, Ran: che tu, con me, non saresti mai stata felice. Credi che sia così ingenuo, Ran? Così sciocco da confondere un cuore per una pesca?*
Ran non sapeva che Shinichi aveva poggiato la fronte contro la porta, mentre il suo sguardo era rivolto a terra e il suo corpo si reggeva in piedi grazie allo stipite che la sua mano teneva stretto.
“Ho sempre preferito non vedere, fingere di non capire…cos’avrei potuto dirti, Ran? Accetto il tuo cioccolato, ricambio il regalo…ma non ti starò vicino. Tengo a te, ma non tornerò. Voglio trascorrere la mia vita al tuo fianco, ma possiamo soltanto sentirci per telefono. Vorrei assistere alle tue gare di karate, ma dovrai dirmi se hai vinto o perso con un sms. Avrei potuto costringerti a tutto questo, Ran? Avrei potuto relegarti a quest’inferno? Non sono stato in grado di chiedertelo. Non potevo chiedertelo…non volevo chiedertelo. Non te lo meritavi…non tu, che hai un cuore talmente grande da decidere di aspettarmi anche dopo essere stata abbandonata al tavolo del Beika Center Building *…Nel momento in cui ho scoperto che uscivi con quel poliziotto, non ci ho visto più, ero…ero davvero geloso: continuavo a chiedermi che cosa ti avesse colpito di lui, se fosse più bravo di me, se fosse più affettuoso, se ti trattasse meglio…dopo, ho capito di essere stato egoista: con Michiyo forse avresti ritrovato il meraviglioso sorriso che io ti avevo rubato. Eppure non riuscivo a tollerare tutte…tutte quelle occhiate, quelle smancerie…è per questo che mi allontanavo da voi, non potevo reggere quella vista. La sera in cui Vermouth ti ha fatto ascoltare quella registrazione, quando ti ho visto fissarmi con quegli occhi pieni d’affetto, quando, svegliandomi, in quegli stessi occhi mi sono specchiato…io ho ceduto. Ho creduto che…che non fosse così sbagliato stare al tuo fianco, legarti a me…che forse, nonostante tutto, avrei potuto renderti felice anche io. Per il breve tempo in cui ho avuto questa certezza, sono stato davvero bene, i pochi momenti in cui ti ho vista sorridermi, mi sono illuso di essere degno di…”
Rimase in silenzio, lasciando in sospeso la frase.
“..anche se non mi comporto come dovrei: io non sono capace di corteggiarti come Michiyo, non riesco ad essere romantico, non so quali complimenti rivolgerti…non ti ho mai detto quanto tu sia importante per me…Ho sbagliato: anche quando sono vicino, accanto a te…anche quando non c’è alcuna organizzazione di mezzo, anche quando siamo soltanto io e te…io sono comunque la causa del tuo dolore. Comprendo perfettamente il tuo risentimento per non averti detto nulla e per aver dovuto scoprire tutto soltanto per opera di Vermouth…Richard, come la chiami tu. Credevo che oramai questa faccenda appartenesse al passato ma…è giusto che tu non l’abbia accettato e che sia arrabbiata con me. Non sono venuto qui per convincerti del contrario, perché tu dimentichi tutto. Volevo soltanto che tu sapessi che ogni cosa…io l’ho fatto in buona fede. Non è mai stata mia intenzione ferirti, o… non so, io…io non ti ho tenuto all’oscuro di tutto per mancanza di fiducia, perché temevo che non potessi mantenere il segreto o dominare la situazione…io volevo soltanto proteggerti. E questo mi era sembrato il modo migliore per farlo. Odiami pure, se vuoi…me lo merito. Ma, ti prego, non piangere più.”
Dopo quel lungo discorso, pronunciato con voce bassa, quasi tremante, il ragazzo tacque per qualche secondo:
“Ti lascio il portafoglio che avevi dimenticato al ristorante sotto il primo gradino. Ciao, Ran.” Aggiunse, sollevando la testa dalla porta e issandosi in posizione eretta. Lanciò un ultimo sguardo alle sue spalle, contemplando l’ingresso alla casa dove aveva vissuto per mesi e che probabilmente non avrebbe più rivisto. Quindi iniziò a camminare, avviandosi verso le scale.
Improvvisamente, però, la porta si spalancò: Ran, correndo, lo raggiunse abbracciandolo da dietro e posandogli le mani sul petto. Non disse nulla; semplicemente si strinse a lui, singhiozzando vittima di brividi che la facevano tremare convulsamente.
“Non piangere, ti prego…” ripetè il ragazzo, immobile. Ma lei non riusciva a frenare le lacrime che, anzi, scorrevano sul suo volto bagnando la spalla di Shinichi, dove si era appoggiata. Il ragazzo strinse le mani che Ran teneva ancora sul suo petto, cercando di infonderle un po’ di calore: anche quelle tremavano.
Rimasero per un po’ di tempo così, sul pianerottolo: alle spalle la porta spalancata, di fronte le scale.
“Si può sapere che indagine ti ha tenuto tanto occupato, stasera?” gli domandò dopo essersi calmata.
“Indagine?” ripetè quella parola, come se ne ignorasse il significato.
“Me lo ha detto Mishiama: che avevi un caso da risolvere…” spiegò, allontanandosi da lui: voleva che Shinichi si voltasse e la guardasse negli occhi, poiché non avrebbe accettato altro che la verità come risposta a quella domanda.
Ed, in effetti, il ragazzo si voltò: ma rise, con sua enorme sorpresa.
“Veramente io gli avevo detto ‘questione’…non ho mai parlato di ‘caso’…”
“E’ la stessa cosa!” scoppiò Ran, irritandosi: gli pareva il momento giusto per essere tanto pignolo? “E’ comunque un lavoro che per mesi ti terrà impegnato…e distante. Tanto distante.”
“No, non lo è.” Insistette però lui.
“Shinichi, tu…” fu interrotta:
“Il professor Agasa si è ammalato. Tra due giorni dovrà recarsi a Tottori, nella sede di un edificio piuttosto famoso, dove si terrà un convegno sulle biotecnologie. Pare che abbia costruito un attrezzo con non so quale funzione e che voglia presentarlo agli altri scienziati…”
“Mi dispiace per il dottore, ma…cosa c’entra questo ora? Perché divaghi?” Ran appariva impaziente.
“Vuole andarci assolutamente ma aveva bisogno di prenotare i biglietti del treno…i visitatori o i partecipanti potrebbero essere così tanti da non lasciare alcun posto libero. Miyano si sta occupando di lui, che non fa altro che dormire, non si regge neppure in piedi…ed io sono andato a comprare i biglietti al suo posto. Dopo tutto quello che ha fatto per me non mi sembrava carino negargli questo favore, però non pensavo di impiegarci così tanto tempo: c’era un sacco di traffico! E poi anche la fila per l’acquisto era considerevole…”
Ran, a bocca aperta, aveva gli occhi spalancati.
“Era questa la ‘questione’…” sottolineò con la voce quella parola “…dalla quale non potevo sottrarmi.”
Sorrise e, per dimostrare di essere stato sincero, estrasse dalla tasca due foglietti di carta, porgendoglieli. Ran li afferrò, leggendo la scritta:
“Biglietto di andata e biglietto di ritorno per Tottori…”
Ripetè quelle parole senza sosta sino a che il liceale non le domandò:
“Credevi che sarei partito? Credevi che…fossi partito?”
Ran non rispose, il suo sguardo improvvisamente attratto dal pavimento; come si dice, comunque, chi tace acconsente.
“Aspetta!” Shinichi ebbe un’illuminazione “Eri arrabbiata per questo? Non perché non ti avevo detto niente di Vermouth?”
Gli occhi della giovane si tramutarono in due minuscoli puntini neri:
“Pensavo che mi avresti lasciato di nuovo sola.” Confessò, con un fil di voce “Che…che dopo questo pomeriggio, dopo quegli sguardi, quei sorrisi…dopo che ti avevo detto di non vedere l’ora di stare con te…tu avessi comunque preferito le tue indagini, a me. Ho avuto paura di non essere abbastanza importante.”
Nonostante l’imbarazzo, Shinichi si abbandonò ad un sorriso: “Sei una stupida.” Disse. Scrutandola attentamente, però, notò che il suo corpo continuava a tremare, scosso e il colorito era davvero cadaverico. Quindi, per rasserenarla, la prese in giro:
“Sei andata a cena così?”
Ran seguì la traiettoria del suo sguardo, ricordandosi improvvisamente di essere in biancheria e canottiera; con un gesto repentino cercò di coprirsi aiutandosi con mani e braccia, causando una sonora risata dell’amico:
“Perché ti copri? Guarda che stai molto meglio così rispetto ad oggi pomeriggio! Sei molto…” stava per aggiungere, un sorriso malizioso dipinto sul volto.
“Sei un pervertito! Lo dirò a mio padre!” lo minacciò, arrossendo vistosamente.
“Ah, sì?” domandò, ironico; quindi si avvicinò a lei, sfiorandole le labbra con il pollice:
“Gli dirai anche di avermi baciato?”
Secondo le sue previsioni, Ran si sarebbe infuriata, e probabilmente avrebbe anche sfoderato una temibile e dolorosa mossa di karate.
Ma non fu così.
La ragazza deglutì, poi serrò le palpebre: Shinichi invece aggrottò le sopracciglia, sorpreso. Dunque, inspirando aria, si decise a rispondere a quella muta domanda.
“No, gli dirò che tu hai baciato me.” Spalancò gli occhi Ran quando la bocca di Shinichi distava pochi millimetri dalla sua.
“E per ben due volte…” aggiunse, spavalda, riferendosi a quanto accaduto nell’agriturismo di Sakata*.
“La prima volta non sapevi di cioccolato…” insinuò lui, stampato sulla faccia lo stesso sorriso.
“Se fossi davvero un detective montato, ti direi che è facile capire che hai mangiato un gelato o un budino al cioccolato, perché quando mi hai sfiorato le labbra mi hai lasciato quella fragranza sulla bocca…ma siccome sono un investigatore pacato e a modo, non ti dirò nulla.”
Ran rise, divertita: “Certo, come no…” Ma quella serata era stata decisamente faticosa! I nervi erano stati tesi per tutto il tempo, le lacrime l’avevano sfinita e il discorso di Shinichi le aveva tolto il fiato: troppe emozioni in una sola volta. Le cedettero le gambe e sarebbe sicuramente caduta se il ragazzo non l’avesse prontamente afferrata per le spalle:
“Ehy, che hai?” le domandò, allarmato.
“Mi sento un po’ debole…” confessò lei, portandosi una mano alla testa. “Andiamo in casa, vieni.” Detto questo le passò un braccio sotto le gambe, sollevandola da terra per prenderla tra la braccia.
Ran odiava ammettere di stare male: lei era forte! E poi non aveva bisogno che qualcuno si prendesse cura di lei, semmai il contrario: lei si occupava di suo padre, di Conan…Eppure non resistette al calore emanato dal corpo di Shinichi; si arrese volentieri, ammettendo di avere pochissime forze e permettendo al ragazzo di adagiarla sul divano.
“Bevi.” Le consigliò, porgendole un bicchiere di acqua e zucchero “Penso sia stato solo un abbassamento di pressione.”
La ragazza seguì le sue indicazioni, osservandolo mentre raccoglieva i vestiti da terra e li poggiava sopra la poltroncina di fronte a lei; in quel momento gli fu davvero grata di non averle chiesto per quale motivo i suoi abiti si trovassero lì.
“Va meglio?” le domandò, sedendosi al suo fianco.
“Cosa…accidenti…è…questa…confusione…” sentirono entrambi pronunciare e si voltarono per ritrovarsi faccia a faccia con Kogoro:
-Accidenti! Non ho chiuso la porta!!- si maledisse Shinichi, scattando in piedi non appena il detective baffuto dedicò la sua attenzione alla salopette di jeans sulla poltrona e poi alle gambe nude di sua figlia.
La scena che gli si parava davanti era inaccettabile: Ran distesa, mezza nuda, sul divano e quel giovane perverso al suo fianco, pronto a farle chissà cosa!!!
“Non è come sembra, Kogoro…” si affrettò a giustificarsi, alzando le mani di fronte al petto.
“Ah, infatti, noi stavamo solo…” intervenne anche Ran, sollevandosi in piedi: il ragazzo però le lanciò un’occhiata di fuoco, che voleva equivalere ad un: “Sei nuda! Siediti!!”. Allora la giovane, avvampando, si gettò sul divano, cercando di coprirsi con un cuscino.
BOOM! Un tonfo sordo attirò l’attenzione dei due amici, occupati a rendere l’apparenza il meno compromettente possibile: Kogoro era svenuto.

§§§

I due ragazzi, oltremodo imbarazzati, avevano tirato un sospiro di sollievo nel momento in cui Kogoro era crollato a terra, ma subito dopo Ran si era ovviamente preoccupata.
“Papà?!” gli corse vicino, inginocchiandosi al suo fianco.
“Secondo te ha bevuto oppure gli è preso un collasso?” fu il dubbio che espresse Shinichi mentre muoveva dei passi nella loro direzione.
Nonostante la situazione Ran rise divertita: “In entrambi i casi, sarà meglio farlo distendere su qualcosa di più morbido del pavimento…” quindi fece per issarlo, ma lui la bloccò:
“Sei ancora debole. Lascia, faccio io.” E dopo averle regalato un sorriso, circondò la vita dell’ex poliziotto sollevandolo in piedi, portandolo poi in spalla sino al letto.
Nel frattempo, Ran pensò fosse meglio rivestirsi e dunque indossò nuovamente la salopette che quella sera le aveva causato tanti problemi.
“Sarà meglio che vada.” Esclamò Shinichi dopo essere uscito dalla camera del suo vecchio Ojii-san . “Non vorrei che tuo padre si risvegliasse e mi uccidesse.” Al pensiero dell’uomo che riprendeva i sensi, Shinichi sudò freddo:
“Brutto porco! Cosa stavi facendo alla mia bambina? Io ti tolgo dal mondo!!” lo sentiva già gridare.
Lei convenne: “Forse sì…”
Lo accompagnò sulla soglia della porta, rimasta ancora aperta, visibilmente a disagio:
“Peccato, però…” aggiunse lui con tono malizioso, scoccando un’occhiata alle sue gambe.
“Potrei sempre raccontare tutto a papà, più tardi.” Lo minacciò, spingendolo per le spalle fuori dall’appartamento, sulle scale; lui però le afferrò un polso, trascinandola con sé:
“Cosa? Di avermi sfiorato qui?” e si passò un dito sulle labbra.
“Ha ragione lui: sei un maniaco!” decretò, liberandosi dalla sua presa.
“Dovrei considerarlo il premio che Suzuki mi aveva promesso in cambio della vittoria?” continuò a scherzare, ricordando le parole pronunciate da Sonoko quella mattina.
Ran non seppe come ribattere, quindi continuò a ripetere: “Maniaco, pervertito…”
“Mhm…” il ragazzo non rispose, lasciando però trasparire un sorriso beffardo sulla faccia. Dopo averla fissata per un po’, disse: “Se io fossi davvero un maniaco, tu saresti la mia prossima preda…” prima che potesse replicargli, le voltò le spalle scendendo i gradini della scalinata.
La giovane Mouri fissò le sue spalle per un po’, sentendosi ancora leggermente agitata: eppure, sorrise.
“Se hai tempo, domani passa in palestra! Ti mostro perché non dovrei preoccuparmi qualora decidessi di braccarmi, pervertito!”
Prima di chiudere la porta, per caso, abbassò lo sguardo: si sorprese quando notò che, effettivamente, sotto il primo scalino era appoggiato il suo portafoglio.

§§§

“Mouri! Vuoi concentrarti o no?! “ L’allenatore di karate fischiò due o tre volte, per richiamare l’attenzione della ragazza.
“Mi-mi scusi!” si affrettò a replicare, passandosi una mano sulla nuca; ma quella distrazione le fu fatale e il suo avversario la colpì in pieno volto con un calcio.
“Ahi!” gemette, portandosi una mano sulla guancia.
“Visto?” la rimbeccò l’allenatore, portandosi le mani sui fianchi “Per svegliarti sarà meglio che tu ti trattenga qui anche quando gli altri avranno finito!” Ecco cosa le era costato il pensiero di Shinichi! E probabilmente non si sarebbe neppure presentato!
La giovane avvampò, rivolgendo lo sguardo a terra, sul tatami colorato; quindi annuì, in segno di assenso. Il ragazzo che stava combattendo contro di lei, soddisfatto per essere riuscito a colpire la temibile cintura nera Mouri, prese posizione per ricominciare ad allenarsi.
“Lasciami il posto, Izae. Ora mi batto io contro di lei.” Kazumi, la vincitrice di numerosi tornei regionali e idolo di Ran, bloccò il giovane, costringendolo a ritirarsi.
“Ah, Kazumi-sempai, io…” fece per giustificarsi la giovane, ma la karateka la interruppe:
“Dai tuoi occhi…scommetto che il motivo della tua distrazione è un ragazzo!!” le ammiccò, stringendosi il nodo della cintura attorno alla vita.
“Ehm…veramente…” cercò di negare Ran, completamente rossa in viso.
“Oh, avanti! Se mi dici chi è, prometto che resto io con te dopo gli allenamenti!” le si avvicinò con fare amichevole, aggiungendo mentre le sorrideva complice: “Sarà mica quel Michiyo di cui parlano i giornali? Qualche volta vi ho visti insieme, fuori scuola…”
“No!!” si affrettò a dire “In realtà…”
“Allenatevi, forza! Non perdete tempo!” le richiamò all’ordine l’allenatore, mettendo fine a quell’imbarazzante conversazione.

“Ehy, Ran?” Shinichi varcò la soglia della palestra, calandosi gli occhiali da sole sul naso per vedere nitidamente in un luogo tanto scuro.
Mosse qualche passo verso l’interno della sala, nel tentativo di trovare la sua amica: la vide, vicino al muro, intenta a sferrare un calcio contro la donna mora che anche lui, nei panni di Conan, aveva conosciuto. Così prese da quel combattimento le due ragazze non lo avevano sentito e non notarono neppure la sua presenza.
Non volendo disturbarle, il detective tentò di indietreggiare ma posò un piede su un tatami rovinato, che non impedì al pavimento di legno di scricchiolare sotto il peso del suo corpo.
Entrambe allora si voltarono, interrompendo lo scontro.
“Ah, perdonatemi…” alzò lievemente le spalle, in segno di scusa; poi spostò lo sguardo sulla figura di Ran “E’ che sono usciti tutti e…non ti vedevo…”
“Non sarà mica lui, eh? Il famoso ragazzo con la capacità di distrarti…” sussurrò Kazumi, fissando Kudo.
Ran in tutta risposta arrossì per l’ennesima volta, annuendo.
“E’ davvero bello…” la campionessa non staccava gli occhi da quel ragazzo mai visto prima: Shinichi aveva indosso dei jeans chiari strappati all’altezza delle ginocchia ed una maglietta bianca a righe nere, larga abbastanza da non lasciare intravedere la corporatura; dalle braccia nude, però, per via delle mezze maniche, era possibile intuire che fosse davvero molto muscoloso.
“Non preoccuparti, non sei di alcun disturbo!” proferì con tono amichevole ad alta voce, alzando una mano in aria per salutarlo.
“Ehm…Kazumi, ti presento Shinichi Kudo. E’ un mio amico.” Prese allora il coraggio Ran, schiarendosi la voce “E Shinichi…lei è Kazumi-Sempai, è la campionessa regionale, ha vinto tutti i tornei per tre anni di seguito.”
“E’ un piacere.” Finse il ragazzo, dal momento che la conosceva già molto bene.
“Il piacere è mio…” la karateka gli strinse la mano, sorridendogli.
“Shinichi Kudo…non sarai mica il famoso investigatore?”
Allora l’interpellato si passò una mano tra i capelli, arrossendo leggermente: “Sono io…”
“Ohhh, ma allora arrivi proprio al momento giusto!” disse, dandogli una pacca sulla spalla “Saprai sicuramente combattere, non è vero? Ran-san deve rimanere qui perché oggi era un po’ distratta, le avevo promesso di aiutarla ad allenarsi ma avevo dimenticato di avere già un impegno! La affido a te!” concluse, avviandosi con passi veloci verso gli spogliatoi.
“Mi raccomando!” quando si trovò dietro le spalle del ragazzo ma comunque di fronte alla figlia dell’investigatore, le mimò con le labbra:
“Raccontami, poi…”
Lei sorrise di rimando, aspettando in silenzio di rimanere sola con il suo amico d’infanzia.
“Eri distratta, eh?” la canzonò lui, quando nella palestra non si trovava più nessun’altro. “Come mai?”
“Pensavo a ieri sera!” ammise, chiudendo gli occhi per non essere costretta a ricambiare il suo sguardo.
“Al bacio che mi hai dato?” le ricordò con tono malizioso, irritandola:
“No! Al mancamento di mio padre!”
Il liceale rise: “A proposito, come sta?”
“Bene. Ti ringrazio ancora per avermi aiutato a metterlo a letto… Quando ha ripreso conoscenza ha provato a dire qualcosa, ma l’ ho convinto di aver avuto un soltanto un incubo.” Gli rivelò, alzando medio ed indice in segno di vittoria.
“Allora ti devo la vita!” scherzò il giovane, augurandosi che Kogoro le avesse creduto per davvero: non avrebbe mai voluto trovarselo, infuriato e pronto ad uccidere, di fronte al cancello di casa.
“Beh, in fondo non stavamo facendo nulla di male!” gli ricordò, stringendosi nel kimono.
“Oh, non ancora…”
Quel lato malizioso di Shinichi non le dispiaceva affatto: ogni volta che vedeva le sue labbra incrinarsi in un sorriso provocatorio percepiva un brivido attraversarle la schiena. Sin da quando erano piccoli aveva desiderato stare al suo gioco almeno un po’, per vedere dove sarebbe arrivato: l’imbarazzo però l’aveva sempre bloccata, impedendole di rispondere a tono e portando il ragazzo ad evitare quel tipo di atteggiamento. Forse quella sarebbe stata l’occasione giusta…
“Allora? Mi aiuti ad allenarmi o hai paura?” lo sfidò, mettendosi in posizione d’attacco.
L’investigatore non le rispose, ma adagiò gli occhiali da sole sulla piccola panca attaccata al muro.
Ran aspettò che fosse di nuovo concentrato su di lei per attaccarlo: gli sferrò un pugno, invano. Allora provò con una gomitata, ma Shinichi schivò anche quella.
“Sei migliorato…” constatò, alzando la gamba per calciare.
“O magari sei ancora distratta…” le afferrò la coscia, portandola poi a contatto con il suo fianco destro per tenerla ferma.
Ran deglutì: aveva colto nel segno! Combattere contro Shinichi era stato sempre molto complicato per lei: da una parte non voleva fargli male, dall’altra si imbarazzava enormemente percependo i loro corpi a stretto contatto…Per questa ragione aveva sempre evitato di affrontarlo; d’altronde lui assisteva alle sue gare e non gli dispiaceva affatto poter rifuggire i calci e i pugni con i quali lei stendeva sempre l’avversario, mettendolo al tappeto.
Si mosse per liberarsi, ma il disagio le impedì di infondere energia in quel movimento e la gamba rimase intrappolata: -Ma come mi è venuto in mente di allenarmi con lui?- si rimproverò, iniziando a preoccuparsi.
Kudo, dal canto suo, strinse la presa facendola saltellare sul piede libero per non perdere l’equilibrio:
“No-non fare mosse sleali!” lo ammonì subito, cercando di non perdere il controllo.
“Ma questa mossa è lecita!” replicò a tono mentre indirizzava lo sguardo sulla sua coscia.
La ragazza deglutì per la seconda volta; quindi poggiò entrambe le mani sulle spalle dell’amico per reggersi in equilibrio mentre con il piede tentava di farlo cadere, forzando le caviglie. Quell’azione ebbe successo infatti il detective, colto di sprovvista lasciò la presa, sbilanciandosi all’indietro. Approfittando della situazione, Ran pensò di avere oramai vinto: alzò il braccio per dargli un pugno ma Shinichi si riprese in tempo e le afferrò la mano. Lei ebbe un sussulto, seccata di quella vittoria andata in fumo; allora tentò di portare a termine quella mossa con l’altra mano, ma il risultato fu lo stesso.
Il ragazzo la immobilizzò portandole le mani dietro la schiena e costringendola a voltarsi: quindi la tirò a sé e le cinse la vita con un braccio.
“Non sarò io a distrarti?!” le soffiò all’orecchio, stringendola ancora di più a sé. Lei abbassò gli occhi su quel braccio forte che la teneva stretta e le impediva di muoversi: essere consapevole della forza con cui Shinichi poteva dominarla la rendeva dannatamente debole, eppure la esaltava. Il suo orgoglio da karateka ebbe la meglio: sperando di riuscire a liberarsi scagliò un calcio all’indietro proprio mentre lui rendeva più salda la presa, permettendole di sentire sulla schiena gli addominali scolpiti e la pancia che da tanto tempo desiderava ammirare. Il brivido che le dilaniò l’anima e il corpo indebolì il suo calcio, così da permette al giovane di parare il colpo stringendo la gamba di Ran tra le sue.
Quella posizione era decisamente imbarazzante: i loro corpi erano l’uno addosso all’altro. Nonostante i vestiti, Ran poteva disegnare con la mente ogni singolo centimetro di quella pelle maschile! La schiena a contatto con il suo petto, la gamba intrappolata tra le sue, energiche e bollenti…e i suoi polsi tenuti immobili da una sola sua mano: il pensiero che Shinichi l’avesse immobilizzata e potesse farle qualsiasi cosa desiderasse la elettrizzava.
Calò ancora una volta lo sguardo su quel braccio che la teneva stretta, memorizzando ogni muscolo che lo delineava.
“Se fossi un maniaco, ora sarebbe il momento perfetto per…” riprese il discorso del giorno prima, sussurrandole tali parole all’orecchio. Lei rabbrividì, chiudendo gli occhi; approfittò della posizione –Shinichi, in fin dei conti, non poteva guardarla negli occhi o scorgere il rossore che le colorava il volto- per dargli corda:
“Cosa mi faresti?”
Desiderava ardentemente essere inerme al suo cospetto, come era avvenuto in quell’agriturismo fuori città: le mani a sollevarle il viso e la lingua ad esplorarle la bocca. Le parve quasi di poter ancora assaporare quelle labbra salate che si erano scontrate violentemente con le sue, causandole scariche elettriche e brividi per tutto il corpo.
“Cosa vorresti che io ti facessi?” rigirò la domande, abilissimo oratore quale era. E fu quella sua caratteristica a suggerirle la risposta:
“Sei un detective, perché non lo scopri?”
“In questo caso, non posso che procedere per esclusione…” decretò, sfiorandole il collo con le labbra. L’ennesimo brivido che le attraversò la schiena stavolta ebbe una portata tale da manifestarsi anche sul suo fisico: Ran tremò, sussultando a quel contatto.
Allora sentì, proprio com’era successo pochi giorni prima nell’ascensore dell’ospedale, Shinichi esitare: la presa sulle braccia diminuì e le sue gambe si aprirono liberando la sua. Il tempo di aprire gli occhi ed anche il braccio che le circondava la vita era sparito.
Si voltò, allarmata: “Cos’ho detto?” sbottò, stupita. Pronunciando quelle tre parole aveva puntato gli occhi sul volto dell’amico, scoprendolo imbarazzato e nervoso.
“N-nulla…” mentì, balbettando.
“E allora perché…perché mi hai lasciata?” l’incalzò, sollevando un braccio all’altezza del petto.
“P-per darti la rivincita…” le fu chiara la bugia.
“Ah, sì? Bene.” Stabilì, adirata. Quindi si gettò sul ragazzo, scagliando un numero spropositato di pugni: il quinto, finalmente, lo colpì vicino all’ombelico, costringendolo a piegarsi su se stesso per sopportare meglio il dolore.
Senza dargli il tempo neppure di gemere, Ran sferrò un calcio sulla sua caviglia, facendolo cadere rovinosamente a terra: infine, s’inginocchiò ponendo le gambe ai lati del suo corpo e posizionando le mani vicino alla testa.
Shinichi non era soltanto al tappeto, ma anche immobilizzato: deglutì, capacitandosi della situazione.
“Perché ti sei fermato?” trovò il coraggio di domandargli, sebbene sentisse il volto andarle a fuoco.
Lui non rispose, concentrando l’attenzione sul tatami su cui era disteso:
“Perché, in ospedale…non…non mi stavi per baciare?” chiese conferma, abbassando però il tono della voce come se la domanda, posta in quel modo, fosse meno imbarazzante.
“Le…le tue labbra tremavano…” ammise lui, arrossendo vistosamente.
“Come?”
“Ho percepito le tue labbra tremare, quel giorno in ascensore…” le rivelò “E anche adesso…il tuo corpo tremava…”
Ran scosse la testa, non capendo il significato di quelle affermazioni: qual era il problema?
“Io…io ti ho già fatto male abbastanza…” proseguì, deglutendo “…non voglio fare nulla che tu…non…non gradisca…” cercò di spiegarle con un eufemismo, scaldandole comunque il cuore.
Le mani di Ran si spostarono, allora, dai lati della sua testa ai capelli mori, poi al collo, brandendolo: la ragazza abbracciò Shinichi, poggiando la testa sul suo addome, sorridente.
“Sei uno sciocco…” gli disse, risalendo con il capo il suo corpo finchè non giunse sulla faccia del ragazzo. Quindi gli accarezzò la guancia con la sua, nel tentativo di mostragli tutto l’amore che provava senza l’aiuto della malizia.
A quel punto, Kudo sorrise:
“Te…te l’avevo chiesto, no? Cosa volevi che ti facessi…”
“Puoi farmi tutto quello che vuoi. Perché io…”
“Non so e non voglio sapere cosa state facendo…ma io devo chiudere la palestra.”
I ragazzi sollevarono lo sguardo per trovare, in piedi davanti a loro, una donna piuttosto robusta e bassa con le braccia incrociate sul petto.
“Minowa-san!” la chiamò Ran, sorpresa.
“E chi sarebbe?” le chiese Shinichi all’orecchio, ottenendo come risposta il sussurro: “Pulisce la palestra e la chiude dopo ogni allenamento!”
Entrambi scattarono in piedi, cercando di persuadere quella donna dall’aria divertita:
“Non è come pensa, Minowa-san!”
“Non stavamo facendo nulla!”
“Vatti a cambiare signorina, forza.” Le ordinò con tono perentorio, totalmente in contrasto con l’espressione del viso, dal quale trapelava simpatia.
“E tu aspettala fuori.” Aggiunse subito, volendo intendere che non avrebbe mai permesso di mostrarla nuda al giovane.
“N-non mi sarei permesso!” rispose di scatto, scuotendo energicamente le mani.
La signora afferrò la scopa appoggiata al muro, mentre Ran correva vicino alla panca per recuperare la chiave dello spogliatoio; Shinichi le si avvicinò, bisbigliandole: “Due volte in poche ore…”
Si stava chiaramente riferendo allo stesso equivoco che, la sera prima, si era presentato sotto gli occhi fuori dalle orbite di Kogoro.
“Forse diamo l’idea di essere molto attratti l’uno dall’altra...” gli rispose, allontanandosi contenta per essere finalmente riuscita a sfoderare una battuta maliziosa.

§§§

“Buongiorno. Si pregano i signori di spegnere qualsiasi apparecchio elettronico, l’aereo sta per decollare. I peace-maker sono consentiti. Vi ringraziamo per aver scelto di volare con la nostra compagnia. Good morning…” l’altoparlante trasmise il messaggio in inglese, ma lei non gli presto attenzione: nelle sue mani, giocava con una penna color argento. Argento, come il Silver Bullet, il proiettile d’argento. Il suo Proiettile D’Argento.
-I'm sorry, Angel…- pensò, portandola davanti agli occhi azzurri –But I want to remember these days.*- Fece roteare la penna un paio di volte, poi la ripose nella tasca interna della giacca.
-When I’ll be a sinner, I’ll remember to have been Sin, too.-*

§§§

I suoi capelli, mossi dal vento, gli solleticavano le guance che, per qualche strana ragione, avevano assunto un colore tiepido.
Nonostante il freddo e l’alta velocità, non percepiva altro che le braccia della ragazza intorno alla sua vita , mentre lei si illudeva di poter addirittura percepire il battito cardiaco dell’amico. E aveva l’impressione fosse decisamente accelerato: quell’idea la fece arrossire; così, cullata da quel dolce ritmo, si strinse ancora più forte alla sua schiena, poggiando la testa sulla sua spalla: da quando aveva visto la bella –per i suoi gusti, anche troppo! Si trattava infatti di una bellezza pericolosamente tendente alla sensualità- Shiho reggersi saldamente a Shinichi mentre quel motociclo correva sulla strada, aveva desiderato fare altrettanto.
E finalmente quel sogno era diventato realtà: rispondere alla domanda “Vuoi un passaggio, Ran?” era stato molto difficile, poiché ogni suo muscolo si era irrigidito tanto per la sorpresa mista all’emozione da impedirle di aprire la bocca per articolare un qualsiasi suono.
Non appena la moto aveva cominciato a sfrecciare, veloce, sulla strada completamente libera lei aveva rischiato di perdere l’equilibrio, trovandosi sbalzata indietro dalla forza che ostacolava la marcia: aveva allora mosso convulsamente le mani, aggrappandosi saldamente ai due lati della moto. Allora, era intervenuto Shinichi: il volto illuminato da un sorriso che lasciava trasparire una certa malizia, aveva afferrato entrambe le mani di Ran portandole intorno alla sua vita.
“Tieniti qui!” le aveva detto, e alla risposta “Preferirei di no…” aveva bruscamente accelerato, costringendola a stringersi forte attorno a lui per non volare giù dal motociclo.
In poco tempo aveva realizzato fosse una posizione davvero comoda: così schiacciata contro la sua schiena sentiva il calore emanato dal suo corpo scaldarle l’anima.
Con estremo dispiacere di entrambi, il percorso fu breve e molto presto si ritrovarono di fronte all’agenzia investigativa.
Quasi con riluttanza la giovane lasciò andare il detective, tornando a posare i piedi a terra:
“Grazie mille, Shinichi…”
“Non c’è problema…” le rispose, spegnendo il motore pur rimanendo in sella.
“Allora…” tentennò lei, rivolgendo velocemente lo sguardo ai suoi piedi “Ci vediamo domani…”
La giovane si sentiva un po’ a disagio: nonostante quel giorno fosse trascorso velocemente in sua compagnia, un pensiero era tornato ossessivo ad infestarle la mente quando gli scherzi avevano ceduto il passo alla dolcezza e lei aveva potuto abbracciare il corpo del ragazzo durante il tragitto. Aveva delle remore persino a pensarlo, eppure una piccola parte di sé sapeva che per ben due volte aveva quasi baciato Shinichi…Oppure, che per ben due volte Shinichi aveva quasi baciato lei: quel giorno in ascensore, il pomeriggio durante gli allenamenti…era una sua impressione? Oppure realmente lui…?
Agitò la testa nel vano tentativo di distrarsi, eppure non riusciva in alcun modo a distogliere lo sguardo dalle sue labbra in movimento mentre le parlava:
“Figurati.”
Voleva baciarlo.
“E’ stato un piacere.”
Voleva baciarlo.
“E’ stato un vero piacere, Ran.”
E voleva essere baciata.
Come preda di una sorta di furore si avvicinò al suo viso, facendo per dire qualcosa:
“Io…”
“Certo.” Annuì il ragazzo, sorridendole.
-Allora…allora davvero…- realizzò, il cuore che quasi voleva uscirle dal petto: finalmente avrebbe disteso le sue labbra e avrebbe di nuovo assaporato quella splendida bocca!
Chiuse gli occhi poco prima di avvertire le dita del ragazzo sul suo mento: interpretandola come una carezza rimase in attesa di quel contatto che aspettava da anni.
Il cuore pulsava convulsamente.
Il corpo andava a fuoco.
La mente era vuota.
I muscoli irrigiditi.
Il respiro corto.
Mentre tentava di dominare questo vortice di sensazioni ed emozioni cui era preda, percepì un soffio sussurrarle:
“Ecco fatto.”
Riaprì gli occhi, anche se questi si tramutarono immediatamente in due minuscoli puntini: vedendola avvicinare il ragazzo aveva creduto gli stesse chiedendo di aiutarla a slacciare il casco, che così le aveva sfilato dalla testa.
“Ah, ehmh…ah ah, grazie…” ridacchiò, imbarazzata e tutta rosa in viso.
Lo fissò, beandosi della sua espressione: nella sua mente, piena della figura dell’investigatore rischiarata dal chiarore della luna oramai scesa sulla città, apparve distintamente un solo pensiero, un’unica considerazione: lei lo amava.
Lo amava profondamente.
Amava con tutto il cuore quello stupido che, pur di non metterla in pericolo, aveva accettato di rinunciare a lei; amava con tutto il cuore quello stupido che, pur di tenerla al sicuro, aveva permesso a Michiyo di prendersi gioco di lui; amava con tutto il cuore quello stupido che, pur di vederla felice, aveva lasciato ferirsi nell’orgoglio, ed anche nel corpo; amava con tutto il cuore quello stupido che, in quel momento, la fissava splendido e con un’espressione dolce delle labbra.
Ran amava con tutto il cuore Shinichi.
E voleva dirglielo.
“Ascolta…” iniziò allora, sforzandosi di reggere il suo sguardo: ma non appena si rispecchiò in quel celeste brillante quanto le profondità limpide dell’oceano non fu abbastanza forte e deglutì, costretta ad abbassare gli occhi per non perdere il coraggio di parlare.
Inspirò un paio di volte prima di aprire la bocca, per pronunciare tre semplice parole: “Io ti…”
“RAN!”
Una voce la interruppe, facendola trasalire: si voltò nella direzione di provenienza di quel grido, ritrovandosi faccia a faccia con suo padre, affacciato alla finestra.
“Papà…” constatò, emettendo un lungo sospiro.
L’uomo reggeva in mano, senza vergogna, una bottiglia vuota di birra, muovendola avanti e indietro come per mostrare alla figlia che l’aperitivo era terminato ed era giunto il momento che lei gli preparasse la cena; la camicia slacciata e la cravatta legata intorno alla fronte, il detective adulto non si era neppure preoccupato di radersi, quel giorno, ed una lieve barba simile ad un pizzetto lo rendeva simile al famoso ispettore Zenigata.
“E’ già buio! Ed io ho fam…” stava già rimproverandola, quando si accorse della presenza di Kudo accanto alla sua bambina.
“TU!!” gridò, puntando con ferocia il dito contro di lui “BRUTTO MOCCIOSO, SEI STATO TU A FARLE FARE TARDI!” continuò, sporgendosi tanto dalla finestra da rischiare di precipitare oltre il davanzale. Iniziò a sbracciarsi, squarciando il silenzio romantico di quella bella serata:
“VOGLIO SPERARE CHE TU NON SIA SALITA SU QUELLA CARRETTA!” indicò la moto, gli occhi fuori dalla orbite: i due compagni di classe sospirarono rumorosamente.
Ran comprese che l’atmosfera era rovinata ed il suo discorso avrebbe dovuto aspettare: era necessario rimandare.
“Meglio che vada…” balbettò allora, il tono della voce impercettibilmente udibile ad indicare il suo disagio.
“C-certo…” le rispose lui , temendo uno scontro faccia a faccia con Kogoro: meglio evitare che, tutto un tratto, ricordasse d’averlo visto al fianco della sua bambina, mezza nuda, la sera prima.
-Già va dicendo in giro che voglio sedurla…- ricordò le frasi udite i giorni in cui vestiva i panni di Conan, arrossendo al solo pensiero –Non alimentiamo il fuoco già bollente, rischio davvero di finire bruciato…-
“Ci vediamo domani, Ran.” Si congedò. Ruotò allora la chiave già inserita nel cruscotto della moto, scatenando un rombo; diede gas e partì.
Se il loro incontro fosse realmente terminato in questo modo la serata si sarebbe conclusa: ma Shinichi ebbe la malaugurata idea, mentre si avviava verso casa, di voltarsi per lanciare un ultimo sorriso all’amica; e quella mossa fu letale.
Ran, rapita da quell’espressione, si sentì tremendamente in colpa per aver solo pensato di tenerlo all’oscuro di quanto aveva scoperto quel pomeriggio: lui aveva dimostrato di essere pronto a tutto per lei. Non poteva tirarsi indietro e comportarsi in modo tanto meschino!
“SHINICHI!” lo richiamò, iniziando ad inseguirlo come se volesse raggiungerlo.
“RAN!!” cercò però di bloccarla Kogoro, sporgendosi ulteriormente dalla finestra. “NON OSARE RINCORRERLO!” Notando che, ovviamente, la ragazza non seguiva i suoi ordini, si rivolse al moro:
“E TU NON OSARE FERMARTI!” Neppure Shinichi ubbidì: in un attimo, infatti, arrestò la corsa accostandosi nuovamente al marciapiede.
“NON OSATE METTERVI A CHIACCHIERARE!” li ammonì ancora una volta- ed ancora inutilmente- l’ex agente di polizia: ma entrambi si trovavano troppo distanti perché potesse sentire le loro parole. Vedeva soltanto la sua bambina parlare ed il giovane ascoltarla con le sopracciglia aggrottate:
“GUARDATE CHE SCENDO!” li minacciò: parvero non sentirlo.
“Grr…e va bene! Scendo!” decise, avviandosi con passi rapidi ma poco stabili verso la porta: velocemente, caracollò giù dalle scale, atterrando di testa.
“Ahia!!” gemette rumorosamente.

“SHINICHI!” si era sentito chiamare e aveva scorto la ragazza inseguirlo attraverso lo specchietto: velocemente allora si era accostato al marciapiede, permettendole di raggiungerlo.
“Aspetta un attimo…” lo pregò, ma inutilmente: il giovane si era già fermato e la scrutava serio.
“Dimmi.” Disse non appena fu di nuovo al suo fianco.
“Beh, ecco…in effetti c’è una cosa che devo dirti…”iniziò a balbettare, grattandosi la guancia con l’indice.
Per tutta riposta, lui annuì.
“Quando…quando sono venuta a trovarti, l’altro giorno, in ospedale…mi sono scontrata per sbaglio con una donna bionda. E…”
Ma Shinichi non l’ascoltava più: due parole avevano paurosamente attirato la sua attenzione: -Una donna bionda?- la sua mente abile ed elastica non impiegò più di una manciata di secondi a ricollegare quella descrizione con la fisionomia di una persona ben conosciuta: -Vermouth!!-
“Che ti ha fatto?” le chiese con foga, la voce che lasciava trasparire preoccupazione.
Lei scosse il capo: “Niente! Mi ha solo aiutato a raccogliere la borsa che era caduta a terra…pensavo.” Aggiunse repentinamente.
“Poi però mi sono accorta che…”
“Che?” incalzò. Quando Vermouth si aggirava nei paraggi non c’era da aspettarsi nulla di buono!
“…che mi aveva messo qualcosa, nella borsa.”
“Cosa?” ripetè, agitato. Per incitarla a parlare più rapidamente la prese per le spalle, avvicinandola a sé: “Cosa ti ha messo nella borsa??”
“Ehm…” arrossì, deglutendo. Dopo aver aperto la sacca da ginnastica, frugò al suo interno e ne trasse fuori una piccola audio-cassetta.
“Questa.” Gliela mostrò, porgendogliela.
Kudo non fece altro se non osservarla, il volto scuro:
“L’hai ascoltata?” domandò all’istante, non osando alzare gli occhi nella sua direzione. “No.” Si affrettò a rispondere lei, infastidita: era evidente che ci fosse qualcosa che Shinichi non voleva sapesse. Subito però le risuonarono alla mente le parole pronunciate da lui negli ultimi giorni:

“Credi che sia così ingenuo, Ran? Così sciocco da confondere un cuore per una pesca?”
“Odiami pure, se vuoi…me lo merito. Ma, ti prego, non piangere più.”
“Se io fossi davvero un maniaco, tu saresti la mia prossima preda…”
“Non sarò io a distrarti?”
“Ho percepito le tue labbra tremare, quel giorno in ascensore…E anche adesso…il tuo corpo tremava…”
“Io…io ti ho già fatto male abbastanza…non voglio fare nulla che tu…non…non gradisca…”
“Te…te l’avevo chiesto, no? Cosa volevi che ti facessi…”

E lo accettò.
Se davvero c’era qualcosa che Shinichi non voleva rivelarle…andava bene così. Probabilmente si trattava di una questione che lui riteneva potesse metterla in pericolo, oppure di un’indagine che pensava non le interessasse. Non aveva importanza: qualunque cosa fosse, lui credeva fosse meglio che lei la ignorasse e lei aveva piena in fiducia in lui.
Gli sorrise, afferrandogli la mano per restituirgli quell’audio-cassetta:
“Immagino sia la registrazione che Rich…ehm , quella donna!” si corresse subito “…ti ha fatto ascoltare in centrale e a scuola.” Decretò.
Il ragazzo sollevò lo sguardo, fissandola:e così lesse la sorpresa nei suoi occhi; nemmeno lui si aspettava gliel’avrebbe ceduta così facilmente, senza che vi fosse bisogno di lunghi discorsi, persuasioni o trucchi.
Ran, per meglio suggerirgli che accettava tutto ciò, gli sorrise calorosamente, ritraendo la mano vuota.
Shinichi continuò a scrutarla per un po’ , come se volesse verificare che non cambiasse idea e si rimpossessasse della cassetta. Quindi, spostò gli occhi sull’oggetto in questione, deglutendo.
Un pensiero gli attraversò la mente, e sorrise serrando le palpebre.
Quando le riaprì, allungò la mano libera in direzione della ragazza: comprendendo che voleva ringraziarla, grato, per quell’atto di fiducia, Ran avvampò: eppure non esitò un solo istante e gli prese la mano, pur arrossendo.
Shinichi continuò a sorridere.
Inaspettatamente, adagiò sul suo palmo aperto l’audio-cassetta.
“Cosa?” Ran cadde dalle nuvole, incredula.
“Ascoltala.” Affermò soltanto.
“No…io…” ribattè lei, decisamente sorpresa.
Shinichi sorrise rumorosamente: “Ti ringrazio per avermi…per aver dimostrato di nutrire tanta fiducia in me da essere disposta a rinunciare a questo, ma…”
“No…no!” replicò all’istante, interrompendolo “Io non te l’ho restituita perché volevo ottenere come risultato che tu me la dessi di nuovo! Non è una strategia! Io davvero voglio che la tenga tu, non voglio ascoltarla!! Non sto cercando di ingannarti!”
“Lo so, stupida.” Nel suo volto il sorriso non tremava neppure un momento. “Sono io che voglio che tu lo faccia.”
“Ma…ma io…” balbettò, indecisa. Guardò la cassetta, poi di nuovo Shinichi: la sua espressione era sincera.
“…sei sicuro?” si accertò, esitando. “A me sta bene per davvero darla a te e…”
“Ne sono più che certo. E’ giusto che tu la ascolti…” fece una piccola pausa, quindi riprese la parola: “Perché vedi, Ran, io…”
“Moccioso!” Kogoro, irato, si avvicinava a grandi passi. La sua attenzione era tutta concentrata sulla mano del ragazzo che, nella sua opinione, stringeva quella della sua figliola violentemente, contro la sua volontà e con arroganza.
Shinichi capì subito l’antifona, e la lasciò andare, tornando ad impugnare il manubrio della moto con entrambe le mani: un vero peccato essere stato interrotto in quel momento, ma forse era meglio così. Le avrebbe detto anche quello, ma solo in seguito all’ascolto di quella cassetta.
“Sentila.” Ripetè per l’ennesima volta, ammiccandole per rafforzare il concetto “Buonanotte, Ran.”
E senza attendere che il pugno chiuso di Kogoro lo raggiungesse, mise in moto e sfrecciò via.
-Sì, hai ragione, Ran.- constatò mentre osservava dallo specchietto retrovisore il suo ojii-san, sempre più distante, sbracciarsi e gridare contro di lui - Probabilmente quell’audio-cassetta è la stessa che Vermouth aveva con sé la sera del mercatino di beneficenza…quella su cui sono incise chiaramente le conversazioni che ho avuto con il professor Agasa, con Miyano…e probabilmente anche i discorsi che facevo da solo, a voce alta. Io stesso ho rimosso le ricetrasmittenti da casa mia, dall’abitazione del dottore e anche dal tuo appartamento, ieri sera, dopo la cena con il club di calcio, senza che tu te ne accorgessi. Non voglio che Vermouth possa immischiarsi oltre, o che possa venire a conoscenza di informazioni che potrebbero ledere te, tuo padre o chiunque altro. Non ho idea di cosa abbia registrato: quella cassetta potrebbe essere vuota, potrebbe non contenere nulla ed essere semplicemente un avvertimento per me.
‘Stai attento, Cool Guy, perché ti tengo in pugno!
’ – imitò mentalmente le parole che il temibile membro dell’organizzazione avrebbe potuto rivolgergli.
-Oppure potrebbe contenere la mia dichiarazione…potrebbe aver inciso la mia voce, mentre ammetto di amarti e di essere disposto a cederti a Michiyo, pur di saperti al sicuro.- Aumentò la velocità, lasciando che il vento gli penetrasse nel giacchetto, solleticandogli l’addome. -Oppure…oppure potrebbe contenere anche le parole pronunciate da Conan. Nulla esclude che ascoltando quella registrazione, tu possa venire a conoscenza della vera identità del tuo fratellino, Ran-neechan*…-
La luna brillava nel cielo, rischiarando tutt’intorno la volta celeste e sembrando rendere ancora più luminose le stelle del firmamento. Neppure una nuvola, in cielo, impediva a quei raggi bianchi come la neve di illuminare il sorriso dipinto sul volto del liceale-detective Shinichi Kudo.
-…ma va bene così. Affidiamo al caso questa scelta, io non mi sarei mai deciso: dirti la verità, e dimostrati di essere sincero, mentirti ed avere la certezza che tu saresti stata mia…Non avrei mai preso una decisione e, per sempre, mi sarei pentito d’aver compiuto qualche azione, o avrei rimpianto di non essermi comportato in modo diverso. Non so neppure quanto ancora durerà l’effetto dell’aptx, la mia vita è in balia della sorte. E allora, perché non affidare al destino anche questo? Che decida lui se è giusto o no che tu sappia questo segreto, Ran. Qualora ciò accada, sarò lieto che tu lo abbia scoperto: ti meriti tutta la verità, sei una donna splendida. Ed io, che non posso fare a meno di te, non ho altro modo per dimostrarti i miei sentimenti.-
Il cielo notturno fu testimone di quella dichiarazione:
“Ti amo, Ran.”

^***^ ^***^ ^***^

Il ricordo del bacio e i riferimenti all’agriturismo di Sakata sono estratti o citazioni dal capitolo diciannove, (S)Piacevole Imprevisto.
(...)confondere un cuore con una pesca: E' il caso di San Valentino.
-I'm sorry, Angel…But I want to remember these days: Perdonami, Angelo…Ma desidero avere un ricordo di questi giorni…
-When I’ll be a sinner, I’ll remember to have been Sin, too: Quando sarò una peccatrice, mi ricorderò d’essere stata anche Sin.
O meglio ancora, per comprendere bene il gioco di parole di Vermouth: “Quando commetterò un peccato (= ‘sin’), mi ricorderò d’essere stata anche Sin” (Sin significa, appunto, ‘peccato’ in inglese: ma Sin era anche il cognome di Richard, che appunto per intero si presentava come Richard Sin Vey.)
Ran-neechan: Appellativo che usa Conan nei riguardi della sua sorellina.

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Note dell’autrice: Trick or treat?
Regalino di Halloween! XD
Ecco, come avevo promesso, un capitolo dedicato a Shinichi e Ran! Spero proverete nel leggerlo lo stesso piacere che ho sentito io nello scriverlo! Visto che nell’altro aggiornamento avevo lasciato da parte qualsiasi parte ironica, ho voluto spezzare la narrazione con il siparietto di Kogoro xD Dunque, con il prossimo aggiornamento, che non sarà propriamente un capitolo bensì un epilogo…-Sì, Rob, mi hai convinta: che epilogo sia! ;D-, la fan fiction sarà conclusa: questo mi provoca molta malinconia, perché la scrivo all’incirca dal 2006…XDDD E’ un po’ vergognoso il fatto che io abbia impiegato degli anni per scrivere 33 capitoli, 1 prologo e 1 epilogo ma…purtroppo è andata così ^^”
Ho delle idee che, nel corso del tempo, avevo accantonato per concludere questa fic e che ora andrò a riprendere: alcune riguardano delle situazioni professionali (l’Organizzazione!), altre sentimentali…ma naturalmente continuerò a scrivere in questa sezione, dedicata a Detective Conan! ^-^
Prima di tutto però, dopo aver terminato questa, posterò il secondo e ultimo capitolo dell’altra fic, E A Tokyo, Quando? volendo mettere un punto anche a quell’analisi introspettiva di Shinichi e Ran.
Infine, mi auguro che tutte le fan di Michiyo -…ci sono? Ahah XD- siano rimaste soddisfatte da Akane: ho ritenuto giusto che, un tipo come lui, non potesse rimanere da solo! In fin dei conti non è mai stato ‘troppo’ cattivo e voleva davvero bene a Ran: allora, perché non regalare un lieto fine anche a lui?
Per quanto invece riguarda la questione Vermouth: ho voluto donarle l’umanità della quale io la credo spaventata, ma profondamente affascinata. Spero che il gioco di parole in quel paragrafo sia stato chiaro, non me la cavo troppo bene in questo genere di cose…^^” Per questo ho preferito spiegare quella frase tra le precisazioni, soprastanti.
Infine, le registrazioni che il nostro caro detective ha lasciato ascoltare a Ran, il loro rapporto… : l’epilogo riguarderà queste due questioni, più un piccolo ‘extra’ per onorare e lodare Shin come ottimo investigatore, da tutti riconosciuto come tale.
Passo ora a rispondere ai commenti che mi rendono sempre tanto tanto tanto felice! :D : (perdonate se utilizzo per tutti lo stesso colore, ma purtroppo questa sera sono un po’ di fretta :[ )

@FM107 3 RADIOCAOS: Ehy!! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto :D un bacione!

@_ire_ Ciao! Eh già xD Magari trascorrono mesi, ma stai certa che non ho intenzione di lasciare incompiuta questa fic! Non ora, poi, che non mi resta altro che l’epilogo e poi sono riuscita a portarla a termine! Mi fa piacere che i personaggi siano descritti in modo tale da permetterti di immedesimarti! E’ esattamente quello che accade a me mentre ne scrivo a proposito xP Spero però che anche questo capitolo ti sia piaciuto! ;D Per quanto riguarda la questione Shin vs. polizia, si risolverà nel prossimo aggiornamento…ho in mente una bella cosuccia xDD Penso ti piacerà! Ed in effetti, anche se non proprio ‘non casta’…una scena di Ran che cura Shin c’è stata, esattamente come avevi messo nella tua recensione ahah xD Per quanto riguarda il giuramento…chiedo venia!! : ( Ero certa di riuscire a postare in minor tempo…e invece, come si dice, il lupo perde il pelo ma non il vizio!! ç_ç chiedo davvero scusa! Grazie mille, mille e mille ancora per i complimenti e…alla prossima! Mi fai sempre arrossire ;D Un bacione grandissimo!!

@_Rob_: Rieccomi! ;D E ti annuncio con fierezza (ahah xD) che l’epilogo ci sarà! :D Mi hai convinta, e poi da un tocco di classe alla storia, no? Eheh XD Naturalmente, sarà stupendamente ShinRan ;) Spero che il rapporto descritto tra loro in questo capitolo ti sia piaciuto e che tu abbia gradito anche la ‘fine’ di Michiyo…poverino, non mi andava di lasciarlo da solo XD Ho voluto, in un certo senso, trovare anche per lui una maturazione in fieri, durante lo scorrere di questi capitoli…mi auguro di esserci riuscita xP Mi scuso enormemente per essere sparita, ma sono rimasta lontano da casa per un po’ e non appena tornata ho dovuto rimettermi a studiare…solo ora sono riuscita a connettermi, terminare il capitolo, inserire i tag, e postare! Infine, non posso fare a meno di ringraziarti perché i tuoi complimenti sono sempre gentilissimi! A presto mia carissima ;) Un sacco di baci :***

@_ire95_: Ma brava! XD Effettivamente, Ran aveva trovato un’altra cassetta ;P Questa vicenda troverà un giusto finale nell’epilogo, ma spero che nonostante questo mio lasciare in sospeso questo, il capitolo ti sia piaciuto lo stesso :D Al prossimo aggiornamento e grazie di cuore! Ciau ^O^

@izumi_curtis: Povero Ishimaru! xD Quando l’ho introdotto, nei primi capitoli, l’ho appositamente descritto in modo ‘negativo’ in un certo senso, perché volevo sottolineare il suo ruolo di oppositore e di rivale rispetto a Shin. Ora però che siamo giunti alla sua conclusione, ho voluto sia renderlo comunque più umano (alla fine mi ci sono affezionata, è una mia creatura xDD) e sia mostrare come, nel corso delle vicende che ha vissuto, sia maturato e cresciuto. Che ne dici di Akane, è il suo tipo?XD Su questo punto siamo d’accordo: SHINICHI E’ VERAMENTE FIGO XP Lo descrivo così perché lo vedo così XQ___ Ahah XD Alla prossima, con un epilogo super ShinRan! :D

@SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate: Salve! :P Fammi capire: tu chiedi scusa a me per il ritardo? Ahah, non farmi ridere xD Io sono la campionessa dei ritardi! E infatti mi dispiace infinitamente di aver pubblicato il nuovo capitolo così tardi, ma ho avuto un po’ da fare e non riuscivo a scrivere la parte conclusiva del capitolo, perché non sapevo bene come farlo terminare…alla fine ho optato per lasciare in sospeso la questione cassette, ho voluto creare un po’ di suspance XP Stessa cosa per la questione Shinichi/Polizia: anche questa verrà risolta nell’epilogo. Sono contenta che quella scena, del capitolo precedente, ti sia piaciuta! Volevo sottolineare come Michiyo lo ‘danneggiasse’ da un punto di vista sentimentale ma anche riguardo l’ambito del suo lavoro, al quale sappiamo che Shinichi tiene molto! Poi però ho voluto salvare anche Ishimaru e gli ho trovato una ragazza XD Spero ti sia piaciuta la trovata…e spero anche ti sia piaciuto questo nuovo capitolo, è stata una gioia scriverlo *-* Indovinato!: la donna era Vermouth…e l’oggetto nella borsa non era esattamente un registratore, ma una registrazione…ci sei andata comunque mooolto vicina ;D E la domanda che mi avevi posto penso si sia risolta da sola, ma comunque rispondo xD Sì, ora finalmente Shinichi e Ran possono riprendere da dove avevano lasciato! Ma non hanno ancora finito…:D Grazie ancora di cuore per i complimenti, mi fanno sempre un enorme piacere!! :PP Un bacione gigantesco! :**************

@Miyako 89: Ciao, piacere di conoscerti! :D Sono davvero contentissima che la mia fic ti sia piaciuta così tanto e spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento. Ho letteralmente adorato scriverlo, anche se ci ho messo un bel po’ di tempo XD Grazie di cuore ^-^

@Schinichi Kudo: Ciao, è un piacere! =) ma no, figurati! Anche se avessi commentato un anno dopo la pubblicazione del capitolo mi avrebbe fatto un enorme piacere lo stesso xD Sei molto gentile e ti ringrazio infinitamente per i complimenti, sono davvero contenta che questa fic ti sia piaciuta! Michiyo direi che sì, possiamo definitivamente dire che si è tolto di mezzo eheh XD La tua supposizione era giusta: l’oggetto che Vermouth ha dato è Ran è proprio una cassetta, anzi è QUELLA cassetta! Ma ultimamente sono diventata un po’…come si dice da me, una infamona XD e dunque ho deciso di scrivere nel prossimo aggiornamento cosa c’è registrato sopra. Nel frattempo, spero ti sia piaciuto leggere dello svolgimento del rapporto tra Shinichi e Ran…mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, lo aspettavo con ansia da quando ho cominciato la storia XD Chiedo scusa per il ritardo con cui ho pubblicato, ma purtroppo sono stata parecchio impegnata :[ Spero comunque continuerai a seguire la storia :P Ciao :D

Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e che gli avvenimenti tra Shinichi e Ran siano stati all’altezza delle vostre aspettative! Un enorme bacio, e al prossimo aggiornamento!

XXX Cavy XXX

   
 
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