Hot
Throbbing Suburbanites -
Petunia/Arabella
Petunia non era mai andata
d’accordo con Arabella Figg, una
vecchia zitella noiosa capace di parlare solo di gatti, gatti e ancora
gatti; a
suo parere, l’unico favore da lei reso
all’umanità era occuparsi ogni tanto di
Harry “per puro spirito cristiano”, e forse per la
segreta convinzione di poter
redimere quell’anima traviata.
C’erano momenti,
però, in cui il cuore della signora Dursley
volava dritto verso la finestra merlettata per offrirsi alla vicina
come preda
di guerra, e occasioni del genere accadevano…
«Aaah!»
…non
abbastanza
spesso, a suo parere.
«Maledette bestiacce! Via,
via dai miei cucciolotti!»
La cognata Marge irruppe in cucina
con la forza di una
carica di Ussari a cavallo ed afferrò il primo oggetto
oblungo che le capitò
sottomano, una baguette sfuggita per miracolo alle mascelle di Dudley.
«Scusa,
Petunia cara, ma quei gattacci pulciosi non lasciano in pace i miei
adorati...
Zanna, a cuccia! Ci penso io!»
Petunia, che aveva già
sacrificato metà del curatissimo
giardino alle zampe dei bulldog della cognata, assunse
un’espressione solenne.
«Sono desolata, Marge, ma non c’è modo
di disfarsi di quei gatti. Sbucano fuori
dappertutto, abbiamo provato in ogni modo a tenerli lontani,
ma...»
«Non devi scusarti, cara,
in fondo non sono tuoi... che
impertinenza, però, lasciare quei sacchi di pulci liberi di
infastidire i
vicini! Dovresti scovare i proprietari e mandargli in casa la polizia,
allora
sì che... Squarta! Torna subito qui!»
Sordo ai richiami della padrona, il
bulldog si era precipitato
sulla strada, lanciato all’inseguimento di due vivaci soriani
grigi che Petunia
era sicura di aver visto sulla staccionata di una certa casa poco
lontana;
Marge corse a recuperarlo, sbraitando ordini e sbuffando per lo sforzo,
ma fu
letteralmente travolta dagli altri sei cani che aveva portato con
sé, tutti
decisi ad unirsi alla spedizione. Altri gatti di ogni colore sbucarono
dai
vicoli, dai cespugli e da dietro i bidoni della spazzatura, agitando le
code
con aria indolente, e i bulldog, latrando all’impazzata, si
misero a braccare
ora l’uno, ora l’altro, costringendo la
proprietaria ad un’estenuante caccia
che l’avrebbe condotta – sospettava Petunia
– in giro per l’intero quartiere.
Mentre urla umane e animali svanivano
in lontananza lungo il
viale soleggiato, la signora Dursley rifletté che
probabilmente la cognata
avrebbe deciso di abbreviare il soggiorno in casa sua, per non
sottoporre gli
adorati cuccioli a stress eccessivi. Un vero peccato, soprattutto
perché di solito
nelle strade di Little Whinging non si vedeva nemmeno l’ombra
di un gatto,
randagio o domestico che fosse.
Reprimendo un lieve fremito
all’angolo della bocca, Petunia raccolse
una cesta di panni da stendere e uscì in giardino, dove le
piantine nelle
aiuole cominciavano timidamente a rialzare le corolle calpestate.
Qualche casa
più in là, alla finestra di un salottino
decrepito, una mano scheletrica agitò
uno straccio con un gesto che era quasi un saluto.
Captain
Clearwater -
Oliver/Penelope
Penelope Light si avvicinò
incuriosita alla folla riunita
intorno al tavolo di Grifondoro, alzandosi in punta di piedi per dare
almeno
un’occhiata alla famosa Firebolt. Non si intendeva molto di
scope da corsa, ma
quella di Potter, a giudicare dai commenti ammirati di Cedric Diggory e
Roger
Davies, doveva essere un’autentica fuoriclasse.
«Vieni, Penny,
vieni!» la invitò Percy, facendosi largo tra
la calca. «Che ne dici, non è fantastica? Cominci
a pentirti di quella
scommessa, eh?»
Con l’aiuto del Prefetto,
la ragazza si infilò tra i
giocatori di Grifondoro schierati a semicerchio e riuscì
finalmente ad
avvicinarsi alla celebrità del momento, che troneggiava tra
piatti e scodelle
come un insolito centrotavola (Un
centrotavola parecchio costoso, rifletté
lei: se era vero quello che le avevano riferito, si trattava di una
cifra
sufficiente a comprare una decina di Nimbus). Era davvero bella, in
effetti:
solida e perfetta come appena uscita dal negozio, nonostante Vitious e
Madama
Bumb ne avessero smontato e controllato ogni rametto; conservava
perfino il
profumo impalpabile e attraente delle scope nuove, un misto di legno,
cera d’api,
caffè… no, quello non veniva dalla Firebolt.
«È magnifica!» ammise, passando un
dito sul manico. «Harry, posso...?»
«Ma certo!»
acconsentì il Cercatore, e Baston si affrettò a
sollevare
la scopa con mille precauzioni e consegnarla a lei con la delicatezza
di
un’ostetrica; Penelope poté quindi esaminarla a
suo piacimento, attorniata da ragazzi
entusiasti che le indicavano ora un particolare, ora l’altro:
il numero di
serie, il nome scritto ad eleganti lettere inclinate, la curvatura
ergonomica
per rendere la seduta più comoda, le setole perfettamente
allineate e tutte
dello stesso colore. Naturalmente approvò ogni cosa con un
cortese cenno del
capo, ma il suo sguardo fu subito calamitato dal legno del manico,
talmente
lucido da riflettere il viso traboccante di entusiasmo del capitano di
Grifondoro:
si rigirò la scopa tra le mani, affascinata dalle variazioni
di luce sulle
venature del legno e dal bagliore rosso e oro che scintillava in
superficie,
come se lo spirito dell’intera squadra di Quidditch fosse
stato assorbito
dall’eccezionale mezzo del proprio Cercatore. Era incredibile
come un oggetto
così semplice fosse in grado di incantare, di attirare tanta
meraviglia...
tanta attenzione.
«Allora, non è
uno schianto?» esclamò Baston con un gran
sorriso. «Mi dispiace per te, Light, ma questa volta non
avrete scampo!»
«È troppo presto
per cantare vittoria, Baston» gli rispose
dolcemente lei, con le mani ancora impegnate a sorreggere la Firebolt.
«Non è
la scopa che conta...»
Ma chi ci
sta sopra,
concluse in cuor suo, godendosi un ultimo attimo di gloria riflessa
prima di
restituire l’oggetto al suo legittimo proprietario e tornare
al tavolo di
Corvonero. Si rese conto che l’incontro ravvicinato con
quella bellezza l’aveva
resa stranamente euforica, tanto che le occorse un notevole sforzo per
prestare
attenzione alla voce di Percy, che stava dicendo qualcosa riguardo alla
loro
scommessa.
Non che le importasse molto della
partita, in verità: ciò
che contava davvero era che, per la prima volta in sette anni, Oliver
Baston aveva
guardato lei.
Concludo questo capitolo
in un momento particolare: nel giro di due giorni sono stata azzannata
da un gatto sconosciuto e ho scoperto che il felino di mia zia, al
quale piaceva masticarmi a tradimento, è stato rapito da
ignoti. Ne ho dedotto che le maledizioni dei lettori fossero arrivate a
destinazione per incoraggiarmi ad aggiornare prima delle vacanze... e
chi sono io per ignorare i richiami dei riti voodoo?
Allora: la prima FF non partecipa al
Femslash Day,
perché a me piace fare l'alternativa, e si qualifica invece
per la top ten delle coppie più indicibili. Il legame tra
Figgy e i gatti mi ha suggerito l'unica sua azione che potrebbe
incontrare l'approvazione di Petunia, ovvero levarle di torno gli
orridi cagnacci di Marge.
La seconda fa
invece parte della serie Attaccati al canon,
ovvero: Come tirar fuori una ship dalla minima vaccata. Qui ho
allegramente fatto un
uso improprio di un momento canon (HP e il Prigioniero di
Azkaban, cap. 13) e ho
impostato una scena ambigua tirando in mezzo la Firebolt.
Concludo dicendo che il
cap. 21 si è classificato terzo a un concorso e che i
capitoli 1-46 hanno raggiunto l' 11° posto in un altro. Che
dire... segnalatemi gli errori, disgraziati che non siete altro! Poi io
mi iscrivo ai concorsi e inciampo in queste figuracce.