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Autore: LokiSoldier    02/08/2011    1 recensioni
Severus Piton, insegnante di Pozioni ad Hogwarts, vive una vita tormentata dal senso di colpa per aver lasciato che la sua amata Lily venisse uccisa dal Signore Oscuro. Fra ricordi felici e dolorosi la sua vita deve andare avanti...
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter | Coppie: Lily/Severus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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Il ragazzo raggiunse l’infermeria in poco tempo. Non era nulla di grave, ovviamente, tuttavia era sempre il caso di disinfettare quei tagli, non sia mai che gli venisse qualcosa di brutto. Non che al professor Piton importasse particolarmente se quel ragazzino stesse male oppure no, però non aveva affatto voglia di dover avere grane per il comportamento stupido e inutile di quei tre ragazzini. Solitamente non sgridava né alzava mai la voce coi studenti della sua Casa, tuttavia quella volta si erano comportati come degli stupidi. Almeno, potevano affrontarlo in un luogo in cui nessuno li avesse visti! Se Piton non se ne fosse accorto loro avrebbero avuto la loro vendetta e trovare il colpevole avrebbe richiesto anche diversi giorni. Ad ogni modo, arrivò in Infermeria con lui e il giovane si sedette silenziosamente ad un lettino e Piton andò a chiamare Madama Chips. La donna era seduta ad un tavolo e faceva l’inventario di tutte le pozioni e pomate che aveva. L’infermiera appena lo vide s’illuminò appena, aveva proprio bisogno di lui.
«Oh, Severus, avevo proprio bisogno di te! Senti avrei bisogno…» iniziò lei, ma Piton la interruppe senza troppi preamboli.
«Un ragazzo è di là. Vorrei che lo controllassi.»
La donna lo ascoltò e aggrottò un sopracciglio. Non aveva sentito nessun ragazzo lamentarsi, né muoversi. Non aveva udito alcun rumore. Solitamente ogni volta che qualche studente entrava lì dentro gridava o piangeva o si lamentava. Le uniche volte in cui entravano in silenzio erano svenuti, o come accadde una volta… morti. L’infermiera stava per spaventarsi ma poi vide che il suo collega era tranquillo, per quanto poteva sembrarlo uno come Severus Piton, e si rilassò appena. Annuì e si alzò. Andò nell’altra stanza, seguita dal professore di Pozioni e vide un ragazzino seduto ad un lettino con la schiena curva e il viso triste. Era tutto sporco di terra e aveva diverse macchie di sangue sul viso e sulle mani. Nel complesso faceva proprio impressione! La donna gli si fece vicina e lo guardò a occhi spalancati.
«Santo cielo ragazzo, cosa ti è accaduto?» domandò mentre iniziava a controllare le ferite e a tastare strani lividi violacei. Il ragazzino non disse una parola ma sobbalzò quando si sentì toccare uno zigomo. Gli faceva un male inimmaginabile. La donna storse le labbra.
«Non ti sei fatto nulla di grave, sono solo graffi, però ti sei rotto uno zigomo. Insomma, mi spiegate che è successo?» disse poi con voce severa mentre andava a prendere da un mobile in legno di mogano un barattolo colmo di una strana pozione frizzante dal colore violaceo. Mike guardò il barattolo con poca fiducia, ma rimase in silenzio. Piton dunque gli voltò le spalle e spiegò brevemente alla donna l’accaduto. L’infermiera iniziò a borbottare qualcosa circa quegli sciocchi scavezzacollo e diede da bere al ragazzo un mezzo bicchiere di quella pozione. Il Tassorosso bevve d’un sorso e sentì le bollicine solleticargli la gola. La prima pozione dal sapore piacevole. Dopo pochi istanti si sentì sempre più stanco, sempre più leggero. Si addormentò. La donna lo fece stendere sul lettino.
«Ci vorranno solo un paio d’ore per aggiustare quello zigomo.» disse e con un colpo di bacchetta fece richiudere tutti i vari graffi e lo ripulì dal sangue che era uscito da essi. Poi si voltò verso il professor Piton, che una volta accertatosi che fosse tutto a posto stava per uscire, e lo fermò.
«Severus aspetta, ho bisogno di altri due flaconi della Pozione Soporifera, ho quasi finito le mie scorte. Col Quidditch iniziato arriva sempre più gente con ossa da riparare e con la voglia di dormire pari a quella di una bacchetta arzilla!»
L’uomo annuì.
«Domani avrai la tua Pozione.» disse solamente e senza un saluto, uscì dall’Infermeria. L’insegnante non voleva più assistere a incidenti o ad altri fastidi, non gli era mai importato nulla degli altri, nulla della gente. A lui era sempre importato di Lily, e basta. Oltre lei aveva pensato a se stesso,a ciò che di lui era rimasto e al suo Signore. Il Signore che aveva venerato e servito e che ora stava tradendo rischiando la vita ogni istante. Severus percorse i corridoi e le scale della scuola col suo passo svelto, quasi trascinato e arrivò ai Sotterranei. Lì, ignorò dei Serpeverde che lo stavano richiamando e andò nel suo Ufficio, il luogo in cui si sentiva sicuro, si sentiva libero. Lì poteva pensare, ricordare, piangere e pregare. Lì nessuno avrebbe mai saputo ciò che gli passava per la testa e nel cuore e lui era libero di crogiolarsi nel suo dolore nel suo animo logorato e distrutto. Si sedette sul suo letto e prese la testa con le mani. Lì, sulla Torre, poco fa, aveva ripescato forse il ricordo sbagliato, quello più duro, quello più brutto. Il più doloroso.

Piton sbiancò. Fissava quel segno e non riuscì più a dire nulla, più a pensare, a muoversi. Quella ferita era come se gliel’avesse inferta lei, come l’avesse ferita con la sua stessa bacchetta. Quella bruciatura non sarebbe andata mai via, neppure con la pozione più potente. Avrebbe continuato ad essere calda per sempre. Il bruciore nel momento in cui era stata colpita doveva essere stato insopportabile. Una volta colpiti da quella fattura, la bruciatura continuava a far male e a restare incandescente per ore. E più qualcuno provava a buttarci acqua sopra più bruciava. Doveva esser stato un tormento davvero atroce. Ed era stata colpa sua. Lui l’abbracciò stretta a sé e all’orecchio le sussurrò qualcosa.
«Perdonami, ti prego, perdonami» disse con voce intrisa di dolore. Lily che non sospettava minimamente ciò che era accaduto, pensò che si stesse scusando per il comportamento avuto poco prima quando l’aveva quasi cacciata dopo due anni in cui non s’erano visti. L’abbracciò di rimandò e gli carezzò i capelli scuri con la sua mano bianca.
«Sev, non devi preoccuparti affatto per questo. Anche io sarei stata arrabbiata al tuo posto. Ma ora siamo qui, quindi dobbiamo essere contenti!» disse per poi sorridergli. Vide allora il suo viso bianco, più bianco, gli occhi impauriti, tinti di un’ombra spaventata e sincera. Lei gli prese le mani e lo guardò ansiosa. No, c’era qualcosa di più in quella sua espressione, non era solo quello il motivo per cui si stava scusando… La ragazza lo guardò dritto negli occhi, con i suoi due smeraldi vivi e lucenti.
«Di cosa hai così paura, Sev? Perché mi guardi così?» domandò. Gli stringeva la mano, la sinistra, e con l’altra gli stava carezzando lo stesso braccio. Arrivata all’avambraccio sentì l’amico irrigidirsi e stringere i denti, imprigionare fra le sue labbra un gemito di dolore. Gli aveva fatto male? No, impossibile, gli aveva solo sfiorato… La ragazza impallidì. Notò in quell’attimo che Severus, nonostante il caldo, vestiva con una camicia a maniche lunghe. Lei aveva portato una felpa, ma solo per coprirsi e non dar troppo a vedere. Lily iniziò a tremare leggermente. No, non poteva essere ciò che credeva, era impossibile. Severus era cattivo con gli altri, era vero, ma non poteva averlo fatto…
«Sev…» sussurrò lei mentre le sue mani andavano a tentare di alzare la manica della sua camicia. Piton dal canto suo s’irrigidì ancor di più e tolse il braccio. Guardò a terra e si tenne il braccio vicino al petto. Non voleva che vedesse, anche se aveva già capito. Sì, perché quell’espressione pallida e terrorizzata poteva voler dire solamente una cosa. Lei aveva capito. Lily spalancò le labbra e gli occhi le si fecero lucidi. Severus, il suo Severus…
«Dopo il… dopo il diploma è questo che hai fatto? Sei… sei diventato… un..un m-mangiamorte?» sussurrò incapace di parlare a voce più alta. Lui non disse nulla, non la guardò. Annuì solamente. Lasciò che il braccio gli cadesse sulle gambe. La sentì spostarsi un po’ più in là, forse schifata da quello che lui era diventato. Lei non riusciva a crederci. Il suo Severus si era alleato con quel mostro, con il male. Lei era alleata del lato opposto, forse dei suoi amici l’avevano colpita qualche giorno prima a quella spalla. Lei strinse le labbra e portò una mano a quel segno. Severus se ne accorse e mosse una mano come a volerla sfiorare.
«Non sono stato io!» disse d’un fiato. Ebbe timore per un attimo che lei potesse credere d’essere stata ferita dal suo migliore amico. O almeno quello che aveva considerato tale fino a pochi istanti prima. Lily lo guardò persa, spaesata, con le lacrime a pungerle gli occhi. No, non credeva fosse stato lui, affatto…
«Non… non credevo fossi s-stato t-tu… t-tranquillo…» disse con voce spenta. Il silenzio cadde di nuovo fra i due. Il vento muoveva i loro capelli, i suoi, quelli di Lily sapevano di lavanda e rose. Un profumo che lei amava e che Piton aveva iniziato ad amare con lei. La sua pelle invece odorava di frutta, di frutta ed erbe ed era un sapore così buono da sentire. E lui in quel momento sentì le ultime tracce che gli erano rimaste addosso svanire, dopo quell’abbraccio che un po’ l’aveva tradito. Ed ebbe paura, ebbe timore che quell’abbraccio non avrebbe potuto sentirlo più, e quel profumo, e quel calore. E quella voce così bella che sembrava cullarti dolcemente quando ti parlava. E lui amava essere cullato da lei, da lei avrebbe voluto subire tutto, anche la morte. Piton la temeva, la morte. Ma pensava che ogni cosa fatta da Lily sarebbe stata bellissima, anche morire. Anche quello sarebbe parso magnifico, se fosse avvenuto per mano sua. Il silenzio era sempre più duro.
«Hai paura di me?» sussurrò lui, guardandola di nuovo. Lei si riscosse e lo guardò con un’espressione assai impaurita. Sì, sì ne aveva molta. Ma non temeva per sé. Aveva paura per il male che lui con i suoi nuovi compagni avrebbe potuto generare, di questo aveva timore. Per lei Severus era sempre il bambino spaurito con gli abiti troppo grandi e la faccia piena di ematomi. Era qualcuno che aveva bisogno di protezione e dolcezza, e lei l’aveva protetto, oh sì. L’aveva tenuto stretto, l’aveva adorato. Solo quello? Era solo adorazione la sua?
Un volto strafottente, contornato da ricci castani e con occhiali tondi e scuri le si stampò in viso.
Sì, era solo quello.
«Non ho paura per me. Ho paura per il resto del mondo, Sev. Abbiamo preso strade diametralmente opposte…» disse lei sfiorandogli il viso. Forse, sarebbe stata l’ultima volta, quella. E Severus si beò di quella carezza, di quelle ultime parole dette con affetto. Abbandonò il viso contro quel palmo e si lasciò andare. Pianse. Le strinse la mano, la baciò. Una due, tre volte. Lily lo guardò quasi con pietà. Come poteva quella creatura buona, sofferente, creare a sua volta dolore? Ritrasse la mano e lo abbracciò un’ultima volta.
«Addio, Sev.» gli sussurrò all’orecchio, prima di alzarsi e fuggire via, anche lei in lacrime, anche lei distrutta un po’ da quell’addio.
  
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