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Autore: Airi_    02/08/2011    3 recensioni
Fanfiction sulla coppia Hinata/Gaara scritta a quattro mani con ellacowgirl in Madame_Butterfly.
(alle recensioni risponderemo entrambe :D)
"E quella voragine nera che da sempre l'aveva accompagnata, come un'ombra, un custode, sembrava essersi ricucita, per qualche motivo, un giorno che lei non sapeva riconoscere, in un luogo che non ricordava. Hinata sorrise tra sè lanciando di sfuggita un'occhiata a Gaara: forse, dopotutto, non faceva troppo fatica a ricordare il punto in cui la prima parola dell'uomo che le stava accanto aveva saputo afferrare, avvicinare e guarire i lembi della sua ferita.
Si scoprì a riconoscere che non pensava più alla sua vita di prima da così tanto tempo che quasi faticava a ricordarla"
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sabaku no Gaara , Sasuke Uchiha, Temari, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Come la sabbia e il cielo dei deserti roventi,

Sordi entrambi ad ogni voce d’umana sofferenza,

Come il giuoco dell’onda nel viluppo dei venti,

Ella si stende e si snoda con piena inifferenza.

 

I suoi limpidi occhi sono pietre stupende,

E nella sua natura allegorica e strana,

Dove l’antica sfinge un cherubo asseconda,

 

Fra l’acciaio e i diamanti l’oro e la luce splende

D’un eterno splendore come una stella vana..

(“Quando passa” C. Baudelaire)

 

Quando riprendo conoscenza sono ancora legata, bendata, imbavagliata e stesa a terra su un pavimento sudicio. Respiro pian piano, ma la polvere riesce ugualmente a risalirmi attraverso le narici fin nella gola e a farmi tossire. Mi muovo goffamente mugolando fino a quando non sono sdraiata su un fianco e sfrego uno contro l’altro i miei polsi legati e formicolanti a causa del mancato afflusso di sangue; la testa mi pulsa ritmicamente, facendo riecheggiare i suoni soffocati che avverto attorno a me e provocandomi un dolore insistente e penetrante. La guancia, rimasta a lungo a contatto con il pavimento freddo, reca impressi i segni dei miei denti e mi duole orribilmente. Sbuffo via un poco di polvere dal viso e sospiro profondamente: se solo questa mattina non mi fossi alzata dal letto, penso, mi sarei risparmiata un sacco di grane, non ultima quella di essere rapita da un ninja pazzoide che mi ha rinchiusa da qualche parte in una stanza fredda che puzza di umidità e gocciola, gocciola, gocciola …

 

Aprii gli occhi con qualche difficoltà, sfidando un flebile raggio di luce solare che penetrava obliquamente attraverso le tende socchiuse e cascava pendulo sul mio viso e mi voltai per dare le spalle alla finestra. Un’alba nebbiosa e bianchiccia si svegliava sopra gli alberi del villaggio e s’infilava dispettosa attraverso i vetri, disturbando un sonno che avrei voluto poter prolungare per sempre. Affondai la testa nel cuscino, cercando di soffiare via il senso di pesantezza che aveva ricominciato a gravarmi sul petto nel momento in cui avevo aperto gli occhi, ma riuscii solo a mordicchiare la federa bianca, così rinunciai e richiusi gli occhi, sperando di addormentarmi quanto prima. Speranza vana.

Mi rigirai nel letto ancora per una mezz’ora, indecisa se alzarmi o no, ma infine optai per la prima scelta e mi misi lentamente seduta. La stanza diveniva sempre più chiara man mano che il sole si liberava dell’impaccio dell’ombra degli alberi, delle montagne, delle mura del villaggio e riversava la sua luce aranciata sulle mura della mia camera. Peccato che io non riuscissi a vedere che ombre nel mio immediato futuro.

Sospirai sempre oppressa da quella sensazione di pesantezza in tutto il corpo, mi lavai e mi vestii, poi mi diedi un’occhiata nello specchio del bagno. Una sconosciuta con gli occhi scuri e gonfi mi fissò di rimando, senza espressione, e io mentalmente la insultai per la sua inettitudine. Stupida, stupidissima Hinata. Se solo non fossi stata così debole da avere il terrore folle di dichiararti, come se un rifiuto potesse ucciderti!, forse adesso Naruto starebbe baciando te. Bacerebbe te tutto il giorno. Rabbrividii al pensiero e mi allontanai dal bagno e dallo specchio gallegiando in uno stato indefinibile tra l’abbattimento estremo e il sollievo di aver sfogato su quell’immagine riflessa un po’ della mia frustrazione.

Uscii dalla finestra per evitare d’incontrare mio padre e mi diressi lentamente verso la magione dell’Hokage: dovevo incontrare Tsunade-sama per fare rapporto riguardo alla missione, così mi diedi due colpetti sulle guance e mi stampai un sorriso falso e forzato in faccia, senza la minima speranza d’ingannarla. Quella donna sapeva rivoltarti come un calzino con una sola occhiata.

 

Tsunade capì subito che qualcosa non andava e probabilmente, essendo la maestra di Sakura, sapeva esattamente di cosa si trattasse, ma, con molta delicatezza, evitò l’argomento e si limitò a registrare il mio rapporto e a farmi sapere che per il momento non aveva missioni da affidarmi. La pregai di informarmi quanto prima se ci fossero state novità e mi congedai.

Uscivo dall’ufficio camminando rapidamente a testa bassa quando andai a sbattere violentemente contro qualcuno.

Inorridita, riconobbi prima di tutto il suo odore, caldo e attraente, qualcosa a metà tra il profumo del miele e quello di una giornata di pioggia carica di fulmini, poi la sua ombra si proiettò fino in fondo a me, trapassandomi gli occhi e il cuore come una pugnalata, poi il suo sguardo mi attraversò dolorosamente e mi bruciò l’anima. Infine la sua voce, da migliaia di chilometri di distanza, chiamò il mio nome e mi strappò da quella confusa caligine nella quale la sua presenza mi aveva gettata.

“Hinata.” Sì, era quello il nome. Alzai gli occhi cercando di non svenire, forzandomi a sostenere il suo sguardo e sorrisi debolissimamente, tanto che fui certa che lui non se ne fosse accorto. Naruto. Risposi, ma la mia voce non uscì. Naruto Naruto Naruto Naruto Naruto. Nemmeno un suono. Sospirai sconfitta e accennai un altro sorriso smorto, prima di allontanarmi ignorando i suoi richiami. Avrei fatto per sempre così, mi dissi uscendo dalla magione. Avrei ignorato per sempre la loro presenza, schivato i loro sguardi, mi sarei nascosta alla loro vista, rubando il mio dolore ai loro occhi. Alzai lo sguardo per incontrare la vacua luminosità del cielo lucido e caldo di sole e strinsi gli occhi per fermare una solitaria lacrima incandescente. E un giorno sarei guarita e tornata alla luce. La lacrima mi gocciolò sulla guancia e rotolò giù giù giù.

Camminai senza fare caso a dove stessi andando, ciondolando attraverso il villaggio ancora deserto, ma la calma apparente della strada e lo stordimento provocato dal mio dolore mi confusero e annebbiarono il Byakugan, rendendomi del tutto cieca e vulnerabile. Stupida, stupidissima Hinata. Un colpo secco alla nuca e caddi come un sacco vuoto, senza minimamente essere in grado di difendermi o di fermare l’aggressore.

 

Un tocco viscido sul braccio mi sveglia e mi fa trasalire e ritrarre. Striscio sul pavimento scivoloso fino a trovare il muro coperto di una sostanza appicicosa e mi siedo appoggiandovi la schiena. La cosa che mi ha sfiorato il braccio sussurra e sibila e mi si avvinghia alla gamba, muovendosi sinuosamente. È fredda, squamosa e forte. Un serpente. Cerco di allontanarmi, ma ho le caviglie legate insieme e non riesco a muovermi, così scivolo lateralmente e quasi cado di nuovo a terra. Punto i palmi delle mani legate contro la parete sudicia e riesco a rimettermi seduta, ma il serpente continua a stringere le spire attorno alla mia caviglia e sale lentamente fino al ginocchio. Gemendo di disgusto e paura comincio a muovere le mani alla cieca, ma i miei movimenti impacciati provocano come risposta un sibilo d’avvertimento repentino e spaventoso, così rimango immobile più che posso, cercando di controllare il tremito del mio corpo. La bestiaccia striscia e si avvolge, risalendomi lentamente sulla coscia, fredda e inarrestabile. Sta per toccarmi la pancia quando sento sferragliare qualcosa alla mia destra e un soffio d’aria fresca interrompe il continuo esalare dei miasmi putrescenti della fanghiglia sul pavimento. Il sottile alito di vento si smorza e una mano allontana il serpente da me prima che dei passi vellutati e silenziosi si facciano sentire nella stanzetta umida.

“Sono contento che tu ti sia svegliata.” Sussurra piano una voce nota. Sasuke! Esclamo spontaneamente, ma il bavaglio che mi chiude la bocca mi distorce la voce e si mangia vocali e consonanti, così sembra solo che io biascichi mugolii incomprensibili. “Non agitarti.” Dice con lo stesso tono di voce, avvicinandosi. Spaventata, comincio a muovermi arretrando perché non mi tocchi, ma lui ride sommessamente, mi afferra con sicurezza e mi toglie il bavaglio. “Se fai la brava ti scopro anche gli occhi” Ispiro con la bocca cercando di mantenere la calma e Sasuke continua a ridacchiare. “Brava.” E come promesso scioglie il nodo che ferma la benda sui miei occhi.

Mentre cerco di abituarmi alla flebile e verdognola luce della stanza, certamente un sotterraneo a giudicare dalle tubature arrugginite e gocciolanti che coprono il soffitto, lui mi fissa intensamente accucciato davanti a me, la pelle bianchissima quasi brillante nella semioscurità della mia cella. Il suo sorriso luccica come le zanne del serpente acciambellato poco distante da noi ed è altrettanto pericoloso e viscido. Mi ritraggo ancora un poco, spaventata dalla fissità del suo sguardo nel mio e lui sogghigna perfidamente. “Non avere paura. Hai bisogno di qualcosa? Vuoi mangiare? Hai sete?” La fame e il bisogno di bere mi rendono debole e vorrei rispondere di sì, però quando apro la bocca sento la mia voce rispondere. “Slegami.” Sasuke smette di sorridere, si rialza, mi afferra malamente per un braccio e mi appoggia su una vecchia sedia di legno sgangherata, che scricchiola quando mi siedo e dondola dandomi l’impressione di essere sul punto di spaccarsi. “Questo non posso proprio farlo.” Mi spiega passeggiando per la stanza. “Vedi, non ho dubbi riguardo al fatto che i tuoi occhi straordinari sarebbero in grado di trovare il punto debole di queste vecchie mura e le tue abilità ti permetterebbero di uscire con facilità dal mio piccolo nascondiglio.” Mi lancia un’occhiata in tralice, trafiggendomi con il suo sguardo cupo e continua. “Per questo non posso slegarti. Però mi piacerebbe che tu mangiassi qualcosa e che bevessi anche. Vedi, non voglio che tu muoia per errore.” Rimane un momento in silenzio, pensoso. “Credo proprio che manderò qualcuno a farti compagnia.” Conclude infine soddisfatto. Vorrei rimanere chiusa in un dignitoso silenzio, ma prima che lui esca e mi lasci da sola, sibilo. “Non un serpente.” Lui si ferma sulla porta e torna indietro a recuperare quello che mi si era arrampicato sulla gamba. “Non un serpente.” Ripete uscendo. Tendo le orecchie per cercare di sentire il suo passo che si allontana, ma non percepisco altro che il suono ovattato e assordante del silenzio che si gonfia, pulsa e respira attraverso i corridoi di quel lurido scantinato.

Solo pochi minuti dopo che Sasuke mi ha lasciata, la porta si pare di nuovo ed entra un’altra persona, ma io non riesco a vederla fino a quando non si sposta dal fascio di luce accecante di una lampada che pende nel corridoio e si avvicina a me. È magrolina e piuttosto brutta e ha i capelli di un colore acceso, rosso mi sembra. Si china su di me e mi squadra attraverso un paio di occhialini neri e sottili e poi sentenzia acida. “Cosa ci troverà Sasuke di interessante in te rimane un mistero.” Scrolla le spalle e mi afferra per un braccio. “Andiamo, puzzi di muschio da fare schifo.” E con estrema naturalezza mi conduce fuori dalla cella attraverso un corridoio malamente illuminato, cercando di controllarmi senza avvicinarsi troppo ai miei vestiti incrostati di roba verde. Se non fosse che sono stata rapita, che ho fame, sete, il corpo indolenzito e la testa che pulsa e che una strana ragazza con un colore di capelli assurdo mi sta portando chissà dove, credo che potrei anche mettermi a ridere. 

capitolo di: Airi_
  
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