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Autore: nainai    02/08/2011    4 recensioni
“You Belong to Me I Believe”
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Honey, this mirror isn’t big enough for the two of us

And I get a little shaken, because I live my life like this
And well I find it hard to stay, with the words you say
Oh baby let me in
Oh baby let me in

And you can cry all you want to, I don't care how much
You'll invest yourself in me, we're not working out,
We're not working out
And you can't keep my brother, and you won't fuck my friends
and we're not working out, we're not working out
This time I mean it, never mind the times I've seen it

Never again, never, never again
 
“Honey, this mirror isn’t big enough for the two of us”
My Chemical Romance
“I brought you my bullets, you brought me your love”
 
Non aveva dormito affatto. Soltanto chiudere gli occhi lo aveva reso dolorosamente consapevole di due cose: l’indomani mattina si sarebbe decisa la sorte della band – quella che lui aveva voluto e lui stava distruggendo – e Frank dormiva nella stanza sotto la sua, ubriaco e dopo avergli ribadito per l’ennesima volta qualcosa che Gerard non voleva sentirsi ripetere. Si era rigirato nel letto inquieto, maledicendosi mentalmente per non aver, una volta tanto, riportato a galla vecchie e pessime abitudini ed essersi sbronzato anche lui con l’amico. Frank era comunque troppo ubriaco per poterglielo impedire, magari il giorno dopo Gerard si sarebbe preso una ramanzina con i fiocchi ma sul momento non avrebbe dovuto pensare a niente. Si era alzato praticamente all’alba; l’altro continuava a russare rumorosamente arrotolato sul suo divano, lui si era lavato e vestito ed era uscito.
Andare a casa di Frank e reincontrare Jamia a tu per tu era stata una bella prova di coraggio, di cui Gerard, in realtà, avrebbe fatto a meno più che volentieri. Lei, chiaramente, gli aveva sorriso e si era informata gentilmente di come stesse, lui aveva risposto in modo così freddo e formale che ne era venuto fuori un momento di silenzio imbarazzatissimo. Gerard aveva sentito disperatamente il bisogno di voltarsi e scappare, partiva dalla pancia e gli faceva pensare che poteva tranquillamente andare direttamente alla riunione, a piedi e senza tornare indietro a prendere il chitarrista. Che si fottesse e si arrangiasse un po’ da solo! Lei glielo aveva letto in faccia; nell’osservare il sorriso di Jamia addolcirsi e farsi più vero, Gerard si era ricordato il motivo per cui Frank aveva scelto lei, dopotutto.
-Vieni dentro. Ti preparo un caffè.
Non era semplicemente un invito. Era una vera e propria offerta di tregua e lui si sentiva tanto stanco da avvertire la necessità di una tregua, da una qualsiasi delle cose che gli stavano dando l’assedio in quei giorni. Sentì che potevano fingere tutti e due, lei e lui, che le cose fossero ancora come all’inizio, quando Jamia era un po’ la sorella del gruppo, quella che preparava le torte e curava le ferite con cerotti e sorrisi.
-Grazie.- aveva accettato in tono spento.
Lei non gli aveva chiesto niente. In cucina aveva messo su il caffè come promesso, il discorso lo avevano portato di tacito accordo direttamente su Frank e su un argomento neutrale, l’uscita del giorno prima. Gerard aveva raccontato a Jamia di come l’altro avesse esagerato a bere, delle chiacchiere idiote che si erano scambiati – e tacerle la verità non era stato nemmeno tanto difficile – lei gli aveva detto che era felice che le cose tra loro si stessero sistemando, perché Frank l’aveva presa proprio male di perdere la loro amicizia. Parlava al plurale, Frank aveva preso male di perdere l’amicizia di tutti loro, tutti e quattro. Gerard sapeva che stava facendo un favore a se stessa ed a lui a non dire la verità che entrambi conoscevano.
Nel tornare a casa, la borsa con i vestiti del più piccolo sulla spalla, si era reso conto del retrogusto amaro che aveva in bocca e del dolore sordo che gli chiudeva lo stomaco.
Frank era sveglio quando lui era arrivato…beh…più o meno, almeno. Gerard aveva provato vivo e presente il senso di fastidio che l’averlo dentro casa gli dava. Lì per lì non si era fornito una spiegazione, ma questa gli arrivò lampante nel momento in cui, seduto nella sala riunioni della Reprise, si sentì soffocare dal bisogno fisico di uscire di lì.
Brian aveva ribadito loro di non parlare, con una categoricità che non era per niente da lui e che, generalmente, loro cinque ignoravano con superficialità. Quel giorno si sentiva nell’aria che non sarebbe stato così. Bob se ne stava in un angolo con una faccia così rossa da rendere palese il suo dispiacere e la vergogna per essere la causa di tutto quello, Gerard si sentì tentato di battergli una pacca sulla spalle e fargli notare, gentilmente, che era lui l’unico responsabile ed al diavolo il senso di colpa del batterista! Mikey e Ray erano tranquilli, si associavano silenziosamente al proprio manager e gli offrivano sostegno in quel momento come non avevano mai fatto prima. Frank era, incredibilmente, spaesato, ma quel genere di cose non faceva per lui e Gee pensò che in quel momento era fin troppo chiaro quanto ancora il chitarrista ci tenesse ai MyChem.
Avrebbe voluto poter condividere il loro stato d’animo, sentirsi anche lui teso perché stavano rischiando tutto. Man mano che il tempo passava, però, e che la tensione nella stanza diventava una presenza opprimente, Gerard si rendeva conto che no, a lui non interessava sapere se sarebbero sopravvissuti a quella “bravata”. Tutto ciò che lui voleva era che quei due della Reprise – Tony e Dave – si decidessero a smetterla di sorridergli e manifestargli il proprio rincrescimento per l’incidente increscioso del concerto. Voleva che la piantassero tutti di guardarlo come se da un momento all’altro dovesse esplodere o andare in frantumi – e chiedendosi quale delle due prospettive fosse la peggiore. Degli sguardi ansiosi di Mikey, di quelli di riprovazione di Brian, dell’interrogatorio silenzioso di Ray e, peggio di ogni cosa, dell’aria affamata con cui Frank lo teneva d’occhio ne aveva piene le palle. E quella che avvertiva non era davvero paura, ma solo senso di pericolo, perché sul punto di esplodere – o andare in frantumi, e nemmeno lui sapeva dirsi cosa potesse essere peggio – ci si sentiva davvero. E non voleva che fosse lì, con loro, con nessuno di loro.
Prese a giocare nervosamente con l’accendino già un istante dopo aver risposto a monosillabi alle domande educate dei due della Reprise, fuori il cielo di New York era pesante quanto il suo stato d’animo ed andava bene così. Non poteva durare per sempre, no? Bastava resistesse per un po’ ancora…
Avesse potuto almeno fumare lì dentro, cazzo!
-E’ chiaro che un’eventuale cattiva riuscita del disco porrebbe la band in una situazione difficile agli occhi della direzione…
-E’ chiaro.- convenne Brian spiccio.
-Quindi, non ti sarà difficile capire, Brian, che per…allettare la direzione ci voglia qualcosa che faccia presumere la buona volontà della band ad uscire da questa…empasse?
-Oh sì, Dave, assolutamente. Tutta la buona volontà.
Frank dondolò sulla sedia. Mikey se ne accorse e gli tirò un’occhiataccia tale che lui si lasciò immediatamente ricadere composto e si mise dritto, mani sul tavolo e sguardo fintamente attento agli uomini della Reprise.
A quanto pareva erano arrivati al punto. Brian era stato molto chiaro con lui, Gerard sapeva che in realtà la Warner si trincerava dietro quella storia solo per non dover manifestare il disagio di una prospettiva di vendita del disco decisamente in calo rispetto alle stime fatte al momento della produzione. Sospirò pesantemente e Frank gli scoccò uno sguardo preoccupato che lui evitò, storcendo la bocca in una smorfia per impedirsi di commentare acidamente l’agitazione del più piccolo.
-Immagino, in ogni caso, che anche la direzione capirà se dovessimo ritenerci liberi di guardarci attorno.
No, la direzione non capiva. Il sorriso sui volti di Dave e Tony diventò così rigido che Ray sbuffò in un accenno di risata – che soffocò sul nascere – Mikey sorrise discretamente e perfino lui sentì gli angoli delle labbra tendersi in un sorrisetto cattivo e soddisfatto.
-Facciamo così!- esclamò vivacemente Brian facendosi avanti lungo il tavolo, un colpo di piatto di fianco a sé che fece sobbalzare i due uomini.- Vediamo che ne viene fuori da questo cd e poi ne parliamo dati alla mano, eh?- liquidò il manager.
Quando si alzò, gli altri cinque lo imitarono con una prontezza ed un accordo invidiabili, tanto che Gerard si sentì orgoglioso di loro, ed allo stesso modo si esibirono ad un coro cantilenante ed ironico che intonò un “ciao Dave e Tony” cattivissimo. In strada, poi, Ray, Bob, Mikey e Frank scoppiarono a ridere all’unisono e Brian non se la sentì nemmeno di riprenderli e si unì a loro.
Gerard si accese una sigaretta.
-Andiamo a mangiare qualcosa tutti assieme?- stava chiedendo Brian.
Il cantante si concentrò sul sapore della nicotina, anche se non era possibile la sentiva già in circolo e rimpiangeva ben altre sostanze, sicuramente più efficaci. No, aveva bisogno di andare via, realizzò fissando gli altri riuniti in circolo.
-Io vado a casa.- annunciò piatto.
Suo fratello annuì per tutti, più che altro – immaginò Gerard – stava cercando di tenergli lontano domande che non avrebbe apprezzato. Peccato non riuscisse a tenergli lontano anche premure che apprezzava ancor meno, pensò quando Frank si intromise repentinamente.
-Ti accompagno.- si offrì imitandolo nell’accendersi una sigaretta.
Gerard ingoiò la risposta velenosa che gli salì alle labbra. Frank non lo stava nemmeno guardando, solo suo fratello si accorse dello sguardo malevolo e disperato che rivolse al chitarrista più giovane. Non disse nulla comunque e camminò in direzione dei taxi parcheggiati lì vicino.
 
***
Arrivarono davanti alla palazzina di Gerard in un silenzio teso che Frank non capiva. L’altro non aveva spiccicato una parola che fosse una da quando erano usciti dall’incontro con quelli della Reprise, si era seduto nel primo taxi che erano riusciti a trovare ed aveva dato l’indirizzo di casa propria in tono così basso e svogliato che lui, per sicurezza, lo aveva ripetuto ad un autista spaesato. Quando l’auto si fermò a pochi metri dal cancelletto, il bruno si tirò fuori a velocità razzo, praticamente gettando in faccia al conducente i soldi della corsa e puntando a passi lunghissimi verso l’ingresso. Frank ci mise qualche secondo di più ad andargli dietro, stava ancora aprendo la portiera quando Gerard era già al portoncino e litigava con le chiavi per aprire.
-Grazie e buona giornata.- si affrettò a salutare il tassista, che annuì soltanto e rispose con un cenno della mano, presumibilmente chiedendosi chi fossero quei due pazzi.
Frank sospirò pesantemente e seguì l’altro.
-Hai intenzione di venirmi dietro fino a casa?!- si sentì aggredire ancora prima di entrare nel portone.
Si bloccò sulla soglia, un gradino più in sotto rispetto al pianerottolo di ingresso, guardando in su, stupito, il viso alterato di Gerard.
-Gee…
-Gee tua madre, Iero!- infierì l’altro interrompendolo con una ferocia che Frank non capì affatto, ma che bastò a fargli perdere quel po’ di tranquillità che ancora conservava.
-…che cazzo ti prende, Way?- domandò in tono basso e controllato, stringendo i pugni fino a sentire le nocche fargli male.
-Mi prende che non ne posso più di averti attorno.- sussurrò Gerard allo stesso modo, facendo evidente fatica a tenere a bada quello che gli ronzava nella testa.- Non tollero la tua presenza, sei asfissiante più di Mikey, sei invadente quanto Brian o Bob e sei pedante peggio di Ray. Questo, se ti consola, ti fa capire che non voglio tra le palle te più di quanto voglia uno qualsiasi di quegli altri quattro.- spiegò lento.- Quindi fai un favore a tutti e due, vattene da tua moglie e restaci!- sputò rabbiosamente.
Frank aveva voglia di prenderlo a pugni. Soprattutto quel dannato colpo basso di tirare in mezzo Jamia – fottutissima jamia! – non glielo perdonava facilmente! Cazzo! non riusciva proprio a regolarsi quando dava fiato a quella dannata fogna! Poteva stare zitto per secoli e poi tirare fuori in una volta sola tanta di quella merda che Frank aveva dei seri problemi a tollerarla… e ad essere onesti non è che non sentisse anche lui la dannata tensione di quei giorni del cazzo, se quel coglione credeva di essere autorizzato a comportarsi come se esistesse solo lui…beh, si sbagliava di grosso!
-Gerard, io non ho idea di cosa cazzo ti sia preso, ma se vuoi che sia sincero, non me ne frega un fottuto niente.- si sentì rispondere il cantante. Quando Gerard fece per intervenire, Frank lo zittì con un’occhiata talmente arrabbiata che l’altro si ritrovò a fare un passo indietro all’interno della palazzina.- Sai qual è il tuo problema?- gli chiese il più piccolo.- Che tutti noi, ma soprattutto quei quattro idioti, ti abbiamo convinto che tutto ti sia dovuto. Beh, la novità è che no, non è così, e sì, è un favore quello che ti ho fatto in questi giorni a starti dietro e darti retta.
-Potevi risparmiartelo!- s’intromise Gerard velenosamente.
-Ah, questo è sicuro!- rintuzzò Frank in un ringhio basso.- Visto che la riconoscenza non fa proprio per te, stronzo!
-Dovrei esserti riconoscente per avermi invaso la vita, Frankie?!
-Dovresti essermi riconoscente perché nonostante tutto…- si fermò.
La forza di quello che non diceva era tanta che li obbligò tutti e due, per un momento, a trattenere il fiato mentre si guardavano e stabilivano di rispettare un tacito accordo di silenzio.
Anche se li stava uccidendo entrambi.
-…dovresti essermi riconoscente, perché sono ancora qui a sbattermi per te anche se non sono tenuto e, a dirla tutta, nemmeno mi va più di tanto.- riprese Frank sottilmente, respirando male.
-Bene.- mormorò Gerard.- Quella è la strada.- aggiunse indicando la via alle spalle di Frank.- Grazie tante per il tuo aiuto non richiesto, Iero.
Frank rimase un momento di troppo fermo dov’era. Non poteva credere che stesse andando davvero a quel modo. Per un po’ – si rese conto – si era illuso che tutto potesse ripartire da dove si era interrotto. Magari su basi diverse – c’era Jamia adesso, c’era in un modo in cui lui non poteva e voleva ignorarla – magari sarebbe stato anche difficile, però per un momento doveva essersi illuso che si potesse fare comunque. Mentre realizzava di stare perdendo Gerard un’altra volta, si accorse anche di quanto gli mancava la sua presenza.
Ferirsi era diventato l’unico modo che conoscevano, ormai, per restarsi attaccati alla pelle ed alle ossa.
-…avresti dovuto mandarmi un biglietto per il tuo funerale, Way, mi spiace davvero un sacco essermelo perso.- sussurrò cattivo Frank. Proprio per quello. Per restargli addosso con una cicatrice di più.
Sentì il portone chiudersi quando uscì dal cancelletto esterno, Gerard era rimasto a guardarlo andare via e Frank si chiese se gli fosse venuta la tentazione, almeno una volta, di allungare una mano a riprenderselo. Inghiottì la saliva e la rabbia, infilò le mani in tasca e camminò dritto per la propria strada.
Sul marciapiede opposto una figura in felpa, jeans e maglietta nera con il logo stampigliato in rosso gli ricambiò lo sguardo quando Frank si voltò distrattamente e si accorse di lei.
…doveva…avvisare Gerard…? Perché gli riusciva difficile anche solo pensare di dovergli parlare di nuovo?
Respirò a fondo, non era una cosa buona che tutto riprendesse come quando non si parlavano nemmeno…non lo era… per…la band…
***
Il quantitativo assurdo di cazzate che si era detto, Frank lo realizzò nell’aprire la porta di casa. Quando fu investito dal profumo invitante del pranzo e dalla voce di Jamia che cantava in cucina, la radio accesa, ed il suo primo – unico – pensiero coerente fu che aveva voglia di vomitare. Per un istante perfetto – quello in cui rimase immobile, le chiavi ancora nella toppa della porta e gli occhi chiusi strettamente – si disse che forse poteva voltarsi ed uscire di nuovo. Camminare a piedi, per dove non aveva importanza…magari casa di Mikey…magari nessun posto in particolare, ma camminare fino ad avere i piedi che gli facevano male e nessuna forza per mettere un altro passo in fila. In quell’istante perfetto, Jamia spariva, Gerard non era ancora diventato un problema, lui viveva per la musica e la band era il centro dell’Universo. Peccato che quest’ultimo coincidesse tragicamente con la dimensione esatta di una cuccetta troppo stretta in cui il respiro di Gerard ed il suo si confondevano fino a non sapere più a chi appartenesse l’aria che stava respirando.
-…merda.- sussurrò a voce bassissima Frank, credendo che il corridoio fosse ancora vuoto.
Quando aprì gli occhi vide che non era così. Lei stava ferma davanti la soglia della cucina, un sorriso enorme sul viso ed un mucchio di dubbi così chiari da essere stampati negli occhi.
-Ciao, Jam.- sorrise di rimando, falso quanto lei.
-Ciao!- esclamò Jamia prontamente.- Com’è andata?- s’informò.
-Ah…da Dio!- ricambiò lui con entusiasmo. Sfilò le chiavi e chiuse la porta dietro di sé.- Brian è stato grande e, come vedi, la mia maglietta porta fortuna!- la prese in giro affettuosamente, indicando orgogliosamente l’indumento rosso sotto il giubbotto di pelle.
Lei rise e gli andò dietro mentre Frank iniziava stancamente a spogliarsi.
-Faccio una doccia.- annunciò in camera da letto, sfilando la maglia.- Stamattina mi sono svegliato talmente tardi che non c’è stato modo nemmeno di darsi una lavata decente.
-Sì, Gee mi ha detto che eri ubriaco fradicio!- lo riprese lei con aria talmente “materna” che a Frank scappò un sorriso più sincero e si piegò a baciarla a stampo sulle labbra imbronciate.- Frank Anthony Iero!- lo bacchettò comunque Jamia.
-Oooh! Non ero così ubriaco!- protestò lui, infilandosi in bagno con solo i boxer addosso.
Jamia non gli diede tregua. Rise divertita – ed era un suono bellissimo - inseguendolo prima che potesse chiuderle la porta davanti, si appoggiò al battente con tutte e due le mani spingendo per riaprirlo e, quando lui lo lasciò di scatto, lei quasi gli inciampò addosso, finendo tra le sue braccia con uno gridolino soffocato.
-…ciao, amore.- la salutò lui trattenendola contro di sè per impedirle di cadere a terra.
Jamia si rigirò nel suo abbraccio. Non sembrava intenzionata ad allontanarsi. Anzi. Appena lui le lasciò margine per farlo, lei sollevò le braccia e gliele fece passare attorno al collo, avvicinando il viso al suo per baciarlo.
-Mi sei mancato un po’ in questi giorni.- ammise, poi, a mezza voce Jamia, occhi chiusi e fronte contro quella di lui. Frank respirò il suo profumo, Jamia aveva sempre avuto l’odore di qualcosa di pulito; affondò il viso nei capelli di lei per sentire se quella sensazione di innocenza era ancora dove la ricordava. Immutata.- In realtà, mi manchi sempre quando sei via…
-Mi sei mancata anche tu.- sussurrò Frank, rendendosi conto mentre lo diceva che era vero.
Nel baciarla, spingerla verso la doccia, spogliarla lentamente, Frank pensò di essere una persona molto stupida.
Perché a buttare via le fortune che la vita ti da, significa che sei stupido.
E quando poi quella fortuna ti si attacca addosso come aveva fatto con lui e, nonostante questo, tu continui a non volerla vedere – non vedere Jamia era così assurdamente facile, lei c’era e le “cose che ci sono” sono proprio quelle che non vedi più...
-…ti amo, Jam.
 
 
  
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