Ok,
sto conducendo un esperimento.
So già che a causa del mio seguito quasi nullo, nessuno
potrà in qualche modo
partecipare e quindi il mio tentativo di fare scienza
fallirà in
“menchenonsidica”
Cerco di spiegarmi meglio.
Ero al cazzeggio, quello libero e spontaneo che ci prende un
po’ tutti durante
le vacanze … anche se qualcosa da fare ci sarebbe e sarebbe
pure il caso di
farla. Su FB ho visto una foto e non mi ricordo neanche più
relativa a cosa. Mi
ha colpito. Era una statua, una scultura di un leone seduto. Di quelli
che si
vedono a volte negli ingressi delle case e che
“idealmente” fanno la guardia.
Bene ho aperto allora una pagina di word, questa su cui sto scrivendo
anche
ora, e ho digitato il titolo “il leone di pietra”.
Da lì ho iniziato a battere.
Ho sperimentato forse per la prima volta quello che ho sempre
conosciuto come
lo stream of consciousness. Intorno a questo leone comparivano
immagini,
suggestioni, pensieri e idee.
Per la prima volta sono partito veramente dal nulla. Uno spunto e ci ho
costruito sopra … e devo dire che le idee fiorivano man mano
che allungavo il
testo.
Allora per il momento questo è quanto. Ve lo pongo con
l’interrogativo che mi
attanaglia. Dovrei provare a continuare? Diciamo che le idee sembrano
venire
fuori con facilità per cui io stesso mi chiedo come potrebbe
evolversi.
Se fin qui non vi ho annoiato, vi invito nel mio piccolo e personale
esperimento letterario.
Il Leone di Pietra
Per quanto ci si potesse sforzare, quella casa non sarebbe mai parsa
una
casa abitata. Non da gente di quel tempo, non da gente in
assoluto.
La ricchezza delle decorazioni e degli orpelli al suo interno, la
facevano
assomigliare molto di più ad un museo che ad una dimora. I
muri, di un
materiale all’apparenza simile al tufo ma più
stabili, erano molto più alti di
quelli di una abitazione normale. Per concludersi poi, si chiudevano in
volte
stellate, che nel peggiore dei casi avevano otto punte.
Quadri di varie dimensioni, rappresentanti soggetti
completamente diversi
tra loro, stavano appesi alle pareti, lasciando intravedere, in
verità, ben
poco di quello che era il materiale dei muri stessi.
Le cornici che li racchiudevano, non avevano mai meno decori di un
ricco mobile
barocco, e sembravano, ognuna, pezzi unici.
Un qualsiasi osservatore posto nella stanza non avrebbe saputo dove
posare lo
sguardo, qualsiasi cosa in quel luogo, sembrava raccontare la
sua storia
mentre se ne stava avvolto in una mistica aura di antichità.
La differenza rispetto ad un museo però, era proprio
nell’aria. Varcata
la porta ci si sentiva come se si fosse entrati in un ambiente privato,
personale. Era quasi con timore che si faceva il primo passo. Era come
se ogni
oggetto, ogni statua, ogni mobile ed ogni quadro, fossero lì
perché qualcuno li
aveva desiderati, amati e posseduti. La domanda che veniva da se era:
“a chi
appartengono ora?”
Il vecchio signor Abbot era morto senza lasciarsi nessuno dietro. Tutti
ne
parlavano come di una persona gentile e disponibile, ma nessuno aveva
mai speso
parole sul suo essere propenso ad aprirsi agli altri.
Era morto solo.
L’unica compagnia che sembrava concedersi era quella di un
terzetto di gatti,
gatti che amava più di ogni altra cosa lì.
L’uomo che l’agenzia aveva mandato
…
p.s.
è la prima volta che metto giù qualcosa di
così breve, ma l'intenzione era
stimolare la suggestione, non raccontare una storia per intero :)