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Autore: Jericho XVIII    03/08/2011    1 recensioni
Mi chiamo Chase Gearhart. Ho sedici anni e frequento il quinto anno di Hogwarts. Casata: Serpeverde. Mi piacciono le ragazze, le cioccorane, i mesi caldi, le partite a Gobbiglie con i cristalli del lampadario dei miei. E sono un Metamorfomago.
Il mio migliore amico si chiama Jamie. E' un Tassorosso, un nato babbano, e col caldo diventa più pirla di uno Schiopodo in calore.
Questo è quello che succede quando e caldo e ci si annoia nei pressi del Lago...
Genere: Avventura, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Serpeverde, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Faceva un caldo fottuto. Era una cosa insopportabile.
Gli studenti dentro il castello si agitavano sulle loro pergamene, scrivendo col sudore al posto dell'inchiostro.
C'era chi girava con i pantaloni della divisa arrotolati fino alla coscia, a petto nudo, uno stemma scarabocchiato sui pettorali - chi aveva pettorali. Gli altri si ingegnavano: un tipo da un quintale e mezzo aveva fatto di un capezzolo l'occhio del corvo della sua casata, ad esempio, e l'ombelico di Dawson, un ragazzo di quinta, era diventato l'orifizio sacro di un tasso avvenente. Ci si sfogava con la fantasia, una volta tanto.
Le ragazze avevano girato per qualche giorno con solo gonna e costume addosso, poi chi di dovere le aveva fatte coprire. Si era innescata una manifestazione di protesta che aveva animato tutta la scuola, dagli spavaldi tassorosso ai serpeverde più frigidi: lo slogan era “petto libero”, trasformato dai più, e a gran voce, in “tetta libera”. Inutile dire che la cosa si era spenta in un turbinio di indignazioni femminili.
Poi il colpo di scena. Senza dire nulla a nessuno, Menzies aveva stregato le aule per portare le lezioni ad una temperatura da orgasmo; ci erano rimasti tutti di merda, ma aveva funzionato. C'era molta meno gente a snobbare le lezioni. Chi lo faceva rischiava la liquefazione nei corridoi.
Tutti, tranne me e Jamie.
Eravamo immersi nel lago con l'acqua scura fino al collo. Dalle ginocchia in giù le nostre gambe sprofondavano nel fango, e lui, accanto a me, giurava che un Avvincino gli stava masticando le caviglie.
Mi girava la testa, ma stavo così fresco che avrei condito con olio e sale i miei talloni per quelle bestiole pur di rimanere un altro po' là sotto.
« CHAZ, CAZZO! TI DICO CHE MI FA MALE! »
Sbattei le palpebre e lo guardai faticosamente. Il sole mi accecava. « Allontanali, no? » dissi sventolando la bacchetta davanti alla sua faccia.
Arricciò il naso come se stesse per sputarmi. « La mia bacchetta, » mi spiegò fra i denti, « è a riva. »
Mi battei la mano sulla fronte e scossi la testa. « Relascio » mormorai mirando ai suoi polpacci invisibili tra le alghe. Jamie si guardò soffocando un gemito.
« Non ha funzionato » disse torcendo il busto per divincolarsi.
Ripetei l'incantesimo e finalmente qualcosa di rosso e terribilmente incazzato si allontanò da noi sparendo sott'acqua. Jamie ridacchiò, massaggiandosi le gambe. « Potessi affogare nella merda della piovra, stronzo. »
Mi abbandonai all'indietro, fingendo di non averlo sentito, e mossi piano le braccia per tenermi a galla; lui davanti a me stava facendo la stessa cosa. La calma innaturale dell'udito, accarezzato dalla natura che ci ronzava attorno - gli insetti in superficie, gli uccelli a cinguettare a riva, lo sciacquio delle onde erano un sottofondo da film babbano idilliaco che non mi sarei mai sognato.
E puntualmente, dopo quindici secondi scarsi, mi arrivò l'immancabile, fottuto, inevitabile schizzo. E visto che non reagivo, dopo altri dieci mi sentii spingere sotto, con due mani ben piazzate sulle spalle con tutta la loro forza.
Al rallentatore, vidi le alghe subire il mio impatto con l'acqua, attorcigliarsi, sciogliersi, un pesce colorato fuggire via, un braccio di Jamie agitarsi scuotendo bollicine davanti al mio viso. Sentii l'aria che uscire dai miei polmoni e il pulsare del sangue rallentare, mentre il mio corpo cambiava, la mia pelle si induriva, e dolcemente mi lasciavo scivolare verso il basso, sul fondale scuro.
I piedi del mio amico, sconfitti, si agitavano mezzo metro più in su. Si guardava attorno, tirava calci a vuoto, innervosito. Era il genere di scherzetti che Jamie odiava, più o meno come quando gli sparivo accanto prendendo la faccia di McFly.
Adagiato a gambe incrociate sulla sabbia e sui sassi, me la risi silenziosamente e dalle mie branchie esplodosero scie di piccole bolle bianche.
Jamie si immerse e mi vide aguzzando gli occhi. Con un solo movimento abituale, alzò il dito medio verso di me, con quanta più convinzione sapesse metterci, poi tornò a galla.
Rimasi immobile per quasi un minuto, lasciando che i piccoli pesci di lago, color fango, si avvicinino ai miei piedi. Sentivo i capelli ondeggiarmi delicatamente attorno alla testa, mossi dai piccoli spostamenti d'acqua che provocavo respirando, con l'aria nei polmoni che mi tirava verso l'alto.
Osservai un pesciolino giallo attraversare la mia visuale. Sbirciai da sotto gli occhi socchiusi le mosse delle sue pinne, e ammirai i disegni che aveva sul dorso. Ne arrivarono altri, e un piccolo circo psichedelico mi sbocciò intorno; in alto, Jamie continuava a scuotere le gambe, unica macchia rosa in quelle tonalità felici: giallo, un po' di blu, verde acceso, e poi un viola scuro con piccoli puntini chiari che arrivava dalle mie spalle, di un pesce lungo e grosso, come di un'anguilla, che mi girava attorno... Aprii di più gli occhi, cercando di vedere la fine di quel pesce, o quantomeno di trovarne la testa per assicurarmi che non avesse i denti; ma li sbarrai quando mi accorsi che la testa non c'era.
Il grosso tentacolo si strinse addosso a me prima che la bolla dell'imprecazione che stavo urlando raggiungesse un metro sopra la mia testa. Lo sentii, viscido, appiccicarsi al mio ventre e sollevarmi dal fondale, mentre impugnando la bacchetta mandavo un raggio rosso verso il mio amico a galla; mi sentii strattonare all'indietro, e la stretta mi tolse il respiro per un secondo, facendo entrare acqua nei fori che avevo sotto il collo, e la mia bocca si aprì d'istinto peggiorando soltanto la situazione, mentre la bacchetta mi scivolava di mano; poi il tentacolo si mosse verso l'alto, con un movimento come di frusta, e prima di potermene accorgere mi trovai fuori dall'acqua, a mezz'aria, arpionato da quella cosa là sotto che stava per schiantarmi di nuovo giù - da così in alto mi accorsi quanto a largo ci eravamo spinti, e maledissi boccheggiando la voglia di nuotare, il caldo, il lago, Menzies, e poi, più verso il delirio per mancanza d'aria, i croccantini di pollo di mia zia Rosie che facevano venire la dissenteria.
Con uno schiocco il tentacolo si aprì e caddi in acqua con un tonfo, di schiena. Jamie era vicino a me con le guance in fiamme e si dimenava scalciando a vuoto intorno a sé, con la mia bacchetta in mano. Sconvolto, alzai lo sguardo fino alla sua faccia e ci guardammo per un secondo, impietriti. Poi spiccicai parola. « TU! Mio fido e prode scudier...» prima che potessi finire una cosa si levò da dietro di lui, e al grido di un sonoro « CAZZO! » il mio migliore amico si alzò a due metri dalla superficie dell'acqua, stretto da un altro tentacolo viola, mentre la stessa cosa succedeva di nuovo a me.
Annaspando, finimmo alla stessa altezza e mi trovai di fronte l'imbarazzante visione di lui che infilata la bacchetta tra sé e il tentacolo faceva leva sulle sue costole per allontanarsi il mostro.
Persi tutta la serietà che avevo. « JAMIE MC GUINNESS, CHE CAZZO STAI FACENDO! » sbraitai senza ritegno, e picchiai forte sul mio tentacolo, « SEI UN FOTTUTO MAGO O NO?! »
Lui si fermò a guardarmi e scuotendo velocemente la testa puntò la sua bacchetta contro la pelle viscida e violacea di quella cosa, producendo una combustione immediata che lo fece irrigidire.
Occupato a staccarmi una ventosa dalla clavicola, non notai la reazione che aveva scatenato, e mi ritrovai sott'acqua schiena a schiena con Jamie mentre il mostro nuotava ferito alla cieca, tenendo i tentacoli a fascio. Muovendo le braccia dietro alle mie spalle, in quel caos di pelle viscida e sinuosa, afferrai la mia bacchetta e la puntai alla testa di Jamie, affogandomi nell'urlare un Testabolla rosicato che però lo immerse subito in una riserva d'aria decente.
Il tentacolo che lo teneva, con una grossa abrasione ben visibile sulla punta, lo lasciò di colpo, e io lo afferrai per il braccio. Guardai la sua faccia investita dall'acqua e mi misi davanti a lui affinché riuscisse a vedermi. « Dove cazzo siamo? » sillabai pungolando il mio tentacolo con la bacchetta. Per quanto poteva muoversi, scosse la testa. Attorno a noi si susseguivano in una giostra troppo veloce alghe altissime e rocce che quella cosa evitava abilmente, seguendo una corrente che solo lei sentiva.
Poi, improvvisamente, il mio tentacolo si sciolse dalla mia vita, e con un numero impossibile di capriole fummo catapultati fuori pista.
Ci guardammo, io prendendo aria dalle branchie fino a farle sembrare delle pinne, lui indicando freneticamente la sua bolla chiedendomi di rifare l'incantesimo. Dopo aver provveduto, nuotando con circospezione sopra macchie scure di vegetazione sottomarina, appoggiai l'orecchio sulla sua bolla, e la pressione mi fece singhiozzare il timpano.
« ... perché è gigantesco. »
Feci segno a Jamie di ripetere.
« Ho detto » ricominciò, cercando di parlare il meno possibile in panico per la quantità d'aria « che quello è il Kraken e non la nostra piovra, perché è gigantesco. »
« Jamie, che cazzo è il Kraken? » sillabai con gli occhi a fessura.
Fece per spiegarmelo, ma alla mia occhiata ci ripensò. Guardai sopra di noi, ma era troppo scuro per capire dove fosse la superficie.
« È impossibile che siamo tanto in basso da non vedere la luce » mormorai vicino al suo orecchio « ci sarebbe già esplosa la testa per la pressione. Dobbiamo essere sotto qualcosa ».
Jamie si strinse nelle spalle, continuando a muovere la testa a scatti per controllare ogni ombra che ci si muoveva attorno. Decisi che dovevo prendere il controllo della situazione.
« Ok, calma. Qua c'è una strada. È quella che ha fatto quella cosa per portarci qui. Se la prendiamo al contrario, forse... » dissi tirando con me Jamie mentre rientravo in quella specie di via tra le alghe.
Come investito da un invisibile uragano sottomarino, mi sentii scagliare all'indietro con una forza inaudita. Jamie mi sbatté contro, e lo vidi urlare nella sua bolla « È UNA CORRENTE, CAZZO! ». Vorticavamo inermi facendo curve e dislivelli, gestiti da quella massa di acqua impetuosa che non ci permetteva neanche di girarci come volevamo; la bacchetta? Ero troppo impegnato a cercare di non farmela sgusciare dalle mani per pensare di usare un incantesimo. Le rocce ci sfioravano e attraversavamo tratti dove le alghe erano talmente vicine da frustarci i piedi; dei pesci finiti nella stessa corrente ci accompagnarono, loro tanto tranquilli con quelle fottute pinne caudali, per un breve pezzo, poi scomparvero, forse usciti, forse perché non riuscivamo a tenere aperti gli occhi o forse spalmati contro una roccia, come stava sperando Jamie che malediceva loro e le branchie con tutta la sua forza.
Finì tanto bruscamente come era iniziato: ci trovammo al buio, in una zona dove il fondale era costituito di sassi talmente fini da sembrare sabbia, a mezzo metro da una parete di roccia bucherellata che ci avrebbe grattugiato come formaggio sugli spaghetti italiani.
« Cazzo » ripeté Jamie, e non ebbi bisogno di entrare nella bolla per capire cosa stava dicendo.
Sgranchendo dolorosamente le dita, alzai la bacchetta. « Lumos »
Attorno a noi c'era quella che sembrava una grotta di roccia scura, dalle pareti ruvide e con grossi fori sia ai lati che in alto, che facevano entrare una luce proveniente da chissà quanto in su. Prati di alghe marroncine e verde scuro si protendevano all'esterno sopra le nostre teste, impedendoci ancora una volta di vedere la superficie.
Afferrai con una mano Jamie, che stava salendo per l'aria della bolla verso l'alto, e lo trattenni alla mia altezza. Muovevamo le braccia per non essere trasportati dalla corrente, ancora debole, che ci circondava.
« Che si fa, Jamie? » domandai accarezzandomi le branchie con un po' di schifo.
Mi guardò con aria diffidente. Ragionò per neanche dieci secondi. Scosse le spalle ancora.
Gli feci una smorfia e finsi di bucargli la bolla, mandandolo in panico e beccandomi un cazzotto sulla nuca per vendetta. Lasciai le mie branchie pulendomi le mani sui boxer e ripetei l'incantesimo su di lui, poi entrai nella bolla per parlargli.
« Andiamo avanti. C'è un'uscita. Il nord, » dissi, controllando con la bacchetta, « è davanti a noi. Il lago è a sud del castello, quindi se andiamo di là dovremmo tornare a scuola ».
Jamie si asciugò una immaginaria lacrimetta commossa. « Mio Cristoforo Colombo » commentò.
Non capii. « Anche se non so esattamente in che punto arriveremmo » aggiunsi. Lui si lasciò andare in un lungo respiro. « Lo sapevo che c'era la fregatura. »
Gli mollai una gomitata sullo stomaco e lo spinsi verso il nulla assoluto e oscuro che avevamo davanti. « Dai cazzo! Non ti senti un pirata? Pensa ai lati positivi... »
Si voltò verso di me e mi inchiodò con odio, scuotendo la testa.
« I... lati... positivi... » ripetei mordendomi un labbro. « Ok, chi se ne frega. Continua. Niente. »
Facemmo sì e no venti metri prima che le alghe non ci avvolgessero di nuovo. Ci stavamo alzando, ma la luce diminuiva, anche se una zona come quella da cui eravamo partiti si intravedeva abbastanza lontano da noi, là avanti. Proseguivo davanti io, ovviamente, con lui dietro che borbottava di Nautilus e capitani Nessuno sotto il mare.
Era incredibile il silenzio che c'era sott'acqua. Era avvolgente, pulsava dalla punta delle orecchie a dentro il timpano, lo chiudeva e lo stappava, inebetiva con i suoi boati inudibili e rendeva la memoria di ogni altro suono confusa e irreale, tanto che quando parlavamo ci sembrava di appartenere ad un altro mondo. Di tanto in tanto, un pesce minuscolo o un'anguilla - un'anguilla vera - sbucava dalle rocce, per poi nascondersi subito. Non c'era nessun altro. Ed era quella la cosa che più mi inquietava, più del buio, della grotta, delle mie branchie e delle bolle sospettose che si alzavano dai boxer di Jamie: l'assenza di ogni creatura che abitualmente infestava il lago, come Avvincini o sirene. Da qualche parte dovevano essere, ma perché non lì? Ma non lo dissi a Jamie, perché sarebbe stato capace di svenirmi lì su due... pinne per affidarmi il compito di riportarlo sano e salvo a galla o in alternativa morire.
Svoltammo in un grosso spazio alto e privo di alghe dopo essere saliti in una grotta più piccola e aver attraversato una giungla di alghe piccole e rossicce. Rinnovavo in continuazione il Testabolla di Jamie, cercando di farne un incantesimo più elaborato, sfruttando lo stesso principio delle branchie che convertivano l'acqua in ossigeno: prendendo cioè l'aria direttamente dall'acqua. Lo tranquillizzava, e tranquillizzava anche me. L'ultima cosa che volevo era vedermelo diventare blu e tirare le cuoia a trenta metri sotto terra.
« Sembra una sala da ballo » osservò Jamie mentre ci guardavamo attorno. Era alta più o meno dodici metri, ampia, con il soffitto che si abbassava fino ai lati che erano i punti più scuri; in fondo, un grande foro lasciava penetrare una luce intensa dall'alto. C'erano pochissime alghe, perché il suolo era di roccia; in mezzo alla roccia, là dove faceva una specie di conca, si erano raccolti un po' di sabbia e sassolini. Ci dirigemmo in quel punto rassicurante come d'istinto, puntando al fascio di luce.
Lo guardavo come una speranza discesa dall'olimpo quando Jamie mi chiamò da dietro. « Chase? »
Mi girai. Mi dava le spalle ed era curvo in avanti, con le braccia allungate verso qualcosa. « Cos'è questo? »
Davanti a lui nuotava a saltelli un piccolo coso rosa con dei minuscoli occhi neri sulla cima. Non aveva pinne in fila come i pesci, ma solo un gruppo in fondo che muoveva come una rana per muoversi.
« Un... cavalluccio? » tentai.
Jamie mi squadrò incredulo. « Ma ci vedi? È tondo. Sembra più una polpetta. »
Lo sfiorò con le dita senza che quello si ritraesse. « O un involtino. Cosa sei? Un involtino? Una polpetta? »
Lo fissai attonito chiedendomi se stessimo nuotando in un lago di acqua stagna o di grappa.
« Chi è un bel polpettino? Ciao bel polpettino! Ciao! »
Feci un passo indietro e uno di quei cosi mi si avvicinò al viso passandomi da sopra la spalla. Ce n'erano tanti, nuotavano all'altezza delle nostre ginocchia, fino a più o meno le spalle, piccoli, di dimensioni diverse, dello stesso colorito roseo o semitrasparente.
Mentre Jamie a un passo da me impazziva, cercai di prenderne uno in mano. Si avvicinavano un poco, ma mi fuggivano. Li seguii agitando le mani nel tentativo di imprigionarli nel mio pugno, visto che erano tutti piccoli come un dito. Quando fui vicino alla parete della grotta ne riuscii a catturare uno, e tenendolo con due dita tastai con circospezione le pinne che aveva ad un'estremità.
Mi sfuggì una bolla mentre alzavo lo sguardo alla parete davanti a me.
« Jamie »
Silenzio. Un gorgoglio appena distinguibile. « Polpettine... Vi dirò, siete quasi carine! »
« Jamie! »
Sentii lo spostamento dell'acqua mentre si avvicinava, con quei cosi sulle braccia come piccoli mostruosi antistress.
Gli schiaffai in faccia le estremità piene di tentacoli delle sue polpette e poi gli indicai la parete.
Uova.
Eravamo davanti ad una distesa infinita di uova, ammassate là come se fossero castelli di uova rovesciate là da un sacco gigantesco e incastonate lungo la parete, e contro di essa, fino a superare la nostra altezza; erano infilate dentro i piccoli fori della roccia, trasparenti, perlacee, con un piccolo nucleo rosa e tentacoluto all'interno. Uova. Centinaia e centinaia di uova.
« Cazzo » mormorò Jamie deglutendo, sparando via il piccolo cucciolo di piovra dalla sua spalla con una manata di quelle che si danno per spiaccicare le zanzare.
« Sei ripetitivo » dissi atono.
Mi oltrepassò, senza osare toccare quella distesa ondeggiante come un budino. « Non è possibile. Chase » si voltò e mi prese per una spalla. « Non è possibile, ascolta: che fine fanno? Non ci possono essere centomila piovre di quelle dimensioni in questo lago, materialmente non c'è spazio »
Non gli risposi, ancora stordito da quella vista. « E non mi dire che se li mangia il Kraken perché non è possibile. Nessuna madre animale in natura mangia i suoi piccoli ».
Lo guardai chiedendomi come facesse a saperlo. Schioccò la lingua. « So che non sai cos'è una tv, ma avere fratellini piccoli in casa che guardano il National Geographic cazzo se serve a qualcosa. »
Lo agguantai e lo feci girare verso il foro della grotta. « So cos'è la tv... » bofonchiai « e adesso io e te ce ne andiamo da qui... E non dirmi che... »
Davanti a noi, i piccoli mostri che Jamie si era scrollato di dosso dopo aver visto le uova avevano formato piccole file compatte e si interponevano tra noi e l'uscita. Ma sotto il fascio di luce c'era qualcosa di più grosso e molto, molto, molto più preoccupante. E terribilmente infuriato.
« Chaz... » piagnucolò Jamie mentre un tentacolo rosolato alla brace dalla mia bacchetta ci sibilava davanti, « ti ho voluto bene. Ho dato io fuoco alla maglia che ti ha regalato Helena. »
« Tu COSA? » ringhiai.
Mi rispose con un filo di voce che mosse appena la bolla che gli circondava la testa. « Addio.»
Con una frustata di tentacoli, la piovra si gettò su di noi, mentre il mare dei suoi piccoli si scansava e andava a rifugiarsi contro le pareti. Tirai Jamie per un braccio e nuotai con tutta la forza che mi era rimasta dalla parte opposta, ma un grosso coso viola e pieno di ventose ci si parò davanti; una grossa gabbia di altri viscidi arti simili si stava snodando attorno a noi, e di fronte ci si apriva una voragine nera e rosa, brutta come poche cose che in tutta la mia vita avevo visto; testa a testa con Jamie, lo sentii gridare « Ma è la bocca o il c... » un attimo prima che con un grosso colpo trasversale un tentacolo ci lanciasse verso le pareti.
« Chase, tienimi il braccio! » urlò Jamie afferrando la mia bacchetta, e fece esplodere qualcosa davanti a noi; l'onda d'urto ci gettò ancora di più verso la roccia, e ci saremmo sfracellati se lui non si fosse spinto con un braccio verso appena più in basso, dove finimmo contro un qualcosa di molle che esplodeva come una specie di schiuma...
« Le uova! Jamie ma che cazzo fai, si imbestialirà! » gridai.
« Più di così? » mi replicò in quel casino « non vuole attaccare le uova! Sta lontano! Guarda! »
Oltre le uova in cui stavamo sprofondando vidi quella bestia agitarsi facendo saettare i tentacoli, ora meno fuori controllo, lontana dalle pareti. Aveva ragione.
Mi impossessai di nuovo della mia bacchetta e guardai la bolla di Jamie che stava finendo. Imprecando sottovoce, con le branchie che bruciavano come fuoco, gli urlai direttamente in faccia: « Jamie, ascoltami! C'è un modo di andare lassù, ma abbiamo una sola possibilità, ok? » Agitai la bacchetta. « Ora io faccio un'esplosione e gli mando tutte le uova addosso, va bene? Noi dobbiamo sfruttare quell'onda che crea in modo da uscire! » Guardai la sua faccia disperata e continuai ad urlare. « E cazzo, dovresti incoraggiarmi! Considera che starà fermo per un po' perché avrà le uova addosso, okay? Ci sei? Vado? »
Feci schioccare la bacchetta in un sortilegio muto e alle nostre spalle esplose qualcosa di molto più grosso di quello che aveva fatto Jamie prima. Le uova schizzarono ovunque come minuscoli missili, simili a bolle colorate, una metà contro la parete e l'altra verso la piovra e nell'acqua della grande grotta; in tutto quel caos, i piccoli polpi vorticavano o nuotavano come razzi intorno a noi, attaccandosi dolorosamente alle nostre gambe. Cercai di vedere la piovra, liberando la mia visuale dalle uova; e la vidi venire verso di noi con uno scatto, infuriata e completamente incurante delle uova.
« O merda, merda, merda... » dissi senza rendermene conto, ingoiando aria e confondendomi ancora di più. Sbattemmo contro la parete del foro, tre metri sopra la piovra, investiti da quella luce troppo forte, mentre un tentacolo dei più grossi veniva lanciato contro di noi e poi ci sbatteva contro, con l'unico risultato di mandarci ancora più fuori; raschiai la schiena contro la roccia, tagliandomi, ma l'acqua nella ferita era la cosa minore che sentivo in quel momento. Jamie era artigliato al mio braccio e così io ero al suo; con una seconda esplosione ci spostammo ancora più lontano, ma quella cosa stava uscendo dalla nostra stessa strada, e prendeva lo slancio con tutti i tentacoli per gettarsi contro di noi; iniziammo a nuotare come ossessi, e io tenevo in mano la bacchetta come un impedimento, impegnato a usare le mani per nuotare; Jamie gorgogliò e vidi quella massa enorme avvicinarsi alla velocità della luce, mentre noi nuotavamo faccia verso l'alto in quel fascio accecante di superficie che si apriva contro di noi...
Un enorme rimbombo investì l'acqua facendoci vorticare, quando la piovra sbatté contro l'incantesimo che la confinava a dieci metri dalle rive del castello. Mi lasciai cadere all'indietro, stordito dal dolore ai polmoni imbottiti d'acqua come due bocce da pesce rosso; Jamie sgranò gli occhi, con una bolla grande come un'ampolla attaccata alle narici, e alla vista di quel mostro che agitava i tentacoli contro uno scudo invisibile prese un grosso respiro e si calò le braghe mostrando alla furia del lago il suo lago migliore. Peccato che con il suo sospiro avesse esaurito tutto l'aria; fui costretto a riportarlo a galla che quasi diventava viola, ma con la faccia scossa da sorrisi.
Ci tirammo a riva disorientati, scarpinando sui sassi senza curarci del dolore ai piedi, con gli arti atrofizzati e la pelle raggrinzita dal troppo stare in acqua. Mi guardai attorno.
« Siamo alla casetta delle barche! » esclamò Jamie con il fiato corto.
Girai lo sguardo e mi imbattei in due ragazzi del primo anno uno in braccio all'altro che ci fissavano sconvolti a due centimetri l'uno dall'altro, a metà di una evidente pomiciata.
Ci guardai, fradici, sconvolti, io con un rivolo di sangue che mi scendeva dalle scapole alle caviglie.
Guardai loro terrorizzati.
« NON fate domande » dissi con la voce roca ed esausta. Quelli schizzarono via.
Ci lasciammo andare con le ginocchia sulla pietra della rimessa delle barche. Mi issai a sedere e tirai un grosso cazzotto alla sua nuca, facendo esplodere le sue proteste. « Questo » borbottai « è per la maglia di Helena ».
Non contestò più nulla. Ci asciugammo salendo quelle fottute scale tortuose, torturando i muscoli delle nostre gambe già spossate. Io cercavo di convincere Jamie a non curarmi la ferita con la magia, non con la sua, almeno, lui a riconoscere che mi aveva salvato. Continuavamo ad interrogarci sul come quelle cose potessero vivere nel lago, che fine facessero, insomma. Forse Menzies le esportava. Forse aveva un mercato nero di animali giganti. Eravamo spossati, sollevati, incredibilmente felici di essere vivi, tanto da darci eloquenti pacche rassicuranti sulle spalle come due vecchi coglioni ad una cena di rimpatriata.
Quando arrivammo in cima guardai la posizione del sole e cercai di asciugarmi le ciglia. « È ora di cena » osservai.
« Dio mio, sì » ululò Jamie tenendosi lo stomaco.

La Sala Grande era gremita di gente che non aveva saltato le lezioni e noi puzzavamo di pesce in una maniera assurda. Incuranti di tutto ciò, ci lasciammo cadere ad un tavolo misto di gente che arrivava all'ultimo minuto, uno di fronte all'altro. Diedi una botta sulla spalla ad una ragazza accanto a me mentre mi sedevo. « Che si mangia? »
« Polpette! » rispose sorridendomi.
Abbassai lo sguardo al mio piatto colmo. Guardai Jamie davanti a me.
Nei nostri piatti, tra qualche carota e un po' di patate, c'erano piccoli tentacoli rosa, dorati dalla frittura, che si tendevano rigidi e croccanti verso il soffitto della sala grande.
« Polpette », ripetei sbattendo le palpebre e cercando di deglutire.
Jamie si afflosciò sul posto con un mugolio che fece girare mezza casata, e scomparve sbiancando oltre il livello del tavolo.

  
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