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Autore: Nadine_Rose    04/08/2011    1 recensioni
Questa è la storia di un amore nato tra la peggiore delle violenze e maturato per il desiderio inconscio d’amare, un amore capace d’intenerire il duro cuore di un soldato e di confondere l’animo di una prigioniera.
“Guardandomi attorno, mi resi conto che ero l’unica senza compagnia e di nuovo m’invase la tristezza. Mi avevano detto che per ogni persona sulla faccia della terra c’era un’anima gemella e la mia in quale parte del mondo si nascondeva? Mi domandavo chi fosse e cosa stesse provando in quel momento l’uomo che dall’alto mi era stato designato” [Rosa De Santis; tratto dal capitolo 5, False speranze].
“Mi voglio arruolare, voglio portare la Germania, la nostra Germania alla vittoria. Fra qualche mese tutta l’Europa saprà chi sono gli Von Hennen” [Karl Von Hennen; tratto dal capitolo 6, Orgoglio patriottico].
Storia scritta insieme a un mio amico.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 3

 

Karl Von Hennen

 

Gennaio 1943

( Seconda parte )

 

La festa

 


“Stringi forte il corsetto, mi raccomando, Annah” disse a gran voce Maddlen, mentre si aggiustava i capelli.
“Saremo le più belle della serata. Sono sicura che non appena i ragazzi ci vedranno rimarranno a bocca aperta” 
“A me interessa il biondino, ha un non so che di misterioso. Mi intriga” ribatté Annah che guardando l’orologio a pendolo quasi svenne. 
“Siamo in ritardo!” esclamò la ragazza tutta allarmata.. Stava già prendendo la borsa quando si accorse che la cugina non curante della sua preoccupazione, si stava ancora specchiando.
“Non hai capito cosa ho detto? Siamo in un ritardo mostruoso! I ragazzi ci uccideranno”
“Si vede che non hai esperienza … bisogna fare sempre aspettare i ragazzi, sennò si fanno una cattiva idea di noi” disse scocciata Maddlen alzandosi dalla toelette.
In effetti, la ragazza aveva molta più esperienza rispetto alla cugina che, nonostante aveva il fisico già di una donna aveva soli diciassette anni.
Le due uscirono dal portone. La serata era fresca ed il cielo era stellato. Era un’ottima serata. La strada come al solito era trafficata. I caffè stavano aprendo e i camerieri erano già sull’orlo di una crisi di nervi per colpa delle tante ordinazioni. C’erano un paio di carrozze in attesa dei clienti ed un gruppetto di adolescenti che faceva battute poco piacevoli sulle ragazze. 

“Ma dove si saranno cacciate” sbottò Ludwig in preda al nervosismo. Stavano infatti aspettando da più di mezz’ora sul luogo dell’appuntamento, e delle ragazze non c’era traccia.
“Stai tranquillo, mi stai facendo innervosire! Vedrai che arriveranno. Il ritardo e le donne è un binomio infallibile” replicò Karl, aggiustandosi la giacca nera. Stavano ancora parlottando, quando un ragazzino sulla quindicina inciampò nei piedi di Karl.
“Stai attento!! Ma dove guardi?” sbottò il tedesco.
“Mi scusi, non volevo disturbarla.” disse prontamente il ragazzino. I suoi occhi erano neri e si leggeva una nota di paura. Ludwig notò che teneva una mano sul cuore, quasi come a nascondere qualcosa.
“Cosa nascondi, ragazzo?” incalzò il giovane paffuto, e così dicendo fece per spostargli la mano. Sul golfino beige spuntò una stella gialla. Era il marchio. Il segno di riconoscimento. Subito Karl mutò il suo carattere e diede uno spintone al ragazzo che per poco non cadde.
“Vattene feccia! Finirete tutti nei camini!” inveì Ludwig.
Il ragazzo, impaurito non se lo fece ripetere due volte, girò sui tacchi e scappò.
I due ragazzi si scambiarono un cinque e si misero a parlare. Ormai era abitudine, anzi qualche volta Karl provava anche piacere a mettere in ridicolo gli ebrei. Per lui, che era abituato a guardare gli altri dall’alto gli ebrei erano paragonabili ai cani.
Dopo circa mezz’ora arrivarono le ragazze. Ludwig, come al solito, riempì di complimenti Maddlen e la ragazza faceva finta di nulla. Karl, invece si limitò solamente a fare qualche battuta spiritosa. I quattro salirono in macchina e partirono.
Arrivarono alla festa. Entrarono nella sala da ballo e per un attimo tutti si fermarono a guardarli. C’era tutta la Dortmund bene. Signore tutte preparate con strani cappelli che spettegolavano su ogni cosa, camerieri che sembravano tanti pinguini imbalsamati. Grassi signori con la faccia rossa ed i baffi attorcigliati, che parlavano di affari, qualche ufficiale dell’esercito nella classica divisa grigia, tempestata di medaglie ed onorificenze, e con la fascia con la svastica sul braccio. I quattro presero qualcosa da bere e si sedettero ad un tavolo. La serata era alquanto noiosa. Ogni tanto le ragazze facevano un cenno di saluto a qualche signore che ricambiava, il più delle volte arrossendo.
“Beh, che ve ne pare, bella festa vero?” fece Ludwig per rompere il silenzio.
Gli altri tre si scambiarono uno sguardo e a stento soppressero una risata.
“Ma dai finiscila Lud! Piuttosto vai a prendere qualcosa da bere” fece con un gesto di stizza Karl.
“Ragazzi, che ne dite di andare un po’ a ballare?” propose Maddlen. I ragazzi, quasi costretti dovettero accettare l’invito. Iniziarono a ballare in mezzo alla sala. Ludwig, con la scusa che non sapeva ballare, toccava i fianchi sinuosi di Maddlen. Di tutta risposta la ragazza faceva finta di niente. Karl, al contrario del suo amico, sapeva ballare e anche molto bene. Prese Annah sotto il braccio destro e iniziarono a ballare. Karl non s’era accorto prima di quanto fosse affascinante quella ragazzina, che fino a cinque minuti prima era solo una scocciatura, un favore fatto ad un amico. I suoi capelli neri si muovevano sinuosamente e il rossetto metteva in risalto la carnosità delle sue labbra. Poteva essere la ragazza giusta. Da tanto, troppo tempo, non provava una sensazione così per una ragazza. Non era solo attrazione fisica. C’era qualcosa in più. Annah, accortasi del cambiamento di carattere del giovane, appoggiò la testa sulle possenti spalle. In quel momento, Karl avvampò e quasi temette di essere scoperto. Passarono tutta la serata a ballare. Verso mezzanotte i giovani salutarono gli invitati e si avviarono fuori.
“Che serata, non mi divertivo così da un sacco di tempo” esordì Ludwig all’apice della felicità.
“Secondo me ti sei divertito a toccare i miei fianchi” rispose sarcasticamente Maddlen. I quattro scoppiarono a ridere.
“Hai freddo, stai tremando, prendi la mia giacca” notò Karl, e così dicendo posò la sua giacca nera sulle spalle rosa di Annah.
“Grazie, Karl” disse timidamente la giovane che diventò più rossa di un pomodoro.
Salirono in macchina, e subito partirono sgommando.
Arrivarono alla villa di Maddlen. Era una casa maestosa, in stile classico. Ludwig e Maddlen scesero e si avviarono al portone. Gli altri due rimasero in macchina.
“Grazie della serata, Karl” disse educatamente la giovane. In quel momento, Karl provò l’impulso irrefrenabile di baciarla ma avrebbe fatto uno sbaglio. Fu Annah che salutandolo, gli diede un bacio sulla guancia. Karl aveva toccato il cielo con un dito. Era l’uomo più felice del mondo. Mentre si lasciava andare a fantasticherie entrò Ludwig e scherzando disse :
Ehy, Romeo, andiamo dai si è fatto tardi.”
“Chi, Romeo?” fece distrattamente Karl, che era sceso dalle nuvole.
“Si hai ragione, andiamo. Si è fatto tardi …” replicò il biondino che si era svegliato da quel bellissimo sogno ad occhi aperti.
“Di un po’, bellino, non è che sotto sotto hai perso la testa per quella bambolina?” lo punzecchiò l’amico, con un ghigno beffardo.
“Quella bambolina ha un nome, si chiama Annah, e comunque no, ma ti pare, è troppo piccola”
Mmm, va bene se lo dici tu …”

Karl entrò nel salotto e stranamente vide che suo padre era vicino al camino acceso.
“Buonasera, padre” disse educatamente il ragazzo.
“Ah ciao Karl, ti stavo aspettando. Tutto bene?” disse quasi sorpreso il padre. Sul suo volto era dipinta un’espressione mista di stupore e paura.
Senza che Karl potesse rispondere il padre riprese: “Stamattina hai avuto uno scontro con una SS per caso?” .
Nella mente di Karl si iniziò a farsi strada una strana idea. Per la prima volta in vita sua provò cosa vuol dire avere paura.
“Sai la gravità del suo gesto? Se non fossi un Von Hennen già staresti in carcere …” era chiaro che il padre, grazie alle sue conoscenze aveva già predisposto tutto, come al solito. Era tipico del suo carattere, freddo e calcolatore. Quasi con aria di sfida Karl fece: “Immagino che ti dovrei anche ringraziare, per qualsiasi cosa tu abbia già fatto”
“Portami rispetto, insolente ragazzo!” sbraitò il padre, che evidentemente non si aspettava una reazione simile dal figlio.
“La settimana prossima ti arruolerai nell’esercito, che ti piaccia o no!” sentenziò l’uomo che riassunse la sua espressione seria e gelida.
“Ma io qui ho la mia vita, i miei amici, la mia ragazza …” provò a dire il ragazzo che trattenne a stento le lacrime.
“Ah si l’amore. Ma non ti rendi conto che non esiste l’amore? Esistono solo gli affari. Prima fanno tutte le dolci per farti cadere ai loro piedi e poi ti usano solamente per farsi una posizione. Gli amici sono peggio delle sanguisughe.” disse sicuro il padre.
“Ma lo vuoi capire che io non sono come te, mi fai schifo!” urlò Karl e così facendo se ne salì in camera sua lasciando il padre ancora che imprecava contro di lui. Salì di corsa le scale e quasi non cadde e sbattendo la porta si buttò sul letto. Finalmente, quasi come una liberazione le lacrime rigarono il suo giovane volto. In un minuto o poco più era crollato il suo mondo. Voleva urlare a quel mondo che gli faceva schifo, fatto solo di guerra ed interessi. Dopo un po’ sopraffatto dalla stanchezza si addormentò. 

 

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Scritto da UgoCINQUE

   
 
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