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Autore: Kat Logan    05/08/2011    12 recensioni
Caro padre, come mi guarderesti se lo sapessi? Avresti ancora occhi per me? Mi riserveresti una delle tue carezze gentili se fossi a conoscenza del fatto che amo uno scarto della società, come lo chiameresti tu?
Eppure è così. La tua bambina è perdutamente innamorata del suo rapitore.
“E ci ameremo e spereremo e moriremo senza secondi fini.”
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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“Un altro squillo e uccido qualcuno…” Il trillo incessante dei telefoni della centrale di polizia aveva messo a dura prova il sistema nervoso dell’ ispettore Setsuna Meiō, che stava facendo il possibile per non lasciarsi andare ad una crisi di nervi.
La donna dai lunghi capelli scuri si portò le dita sottili alle tempie, cercando di alleviare il mal di testa causato dalla mancanza di sonno dovuto alle numerose ed impegnative ore di lavoro.
Com’è fatto un letto? Fatico a ricordarlo ormai.
Socchiuse le palpebre sospirando leggermente cercando, invano, di eliminare il fastidioso rumore di sottofondo.
“Ancora un’ora, poi potrò andare a casa. Coraggio, Setsuna…” sibilò a se stessa a voce bassa.
Un silenzio irreale sembrò piombare anche al di fuori della sua stanza. Qualcuno evidentemente aveva avuto l’accortezza di rispondere alle telefonate e i colleghi dovevano essere impegnati in qualcosa di poco rumoroso.
La lampada al neon lampeggiò a intermittenza per qualche istante minacciando di spegnersi, riuscendo a catturare l’attenzione della donna nell’ufficio.
Due tocchi decisi ma leggeri alla porta, anticiparono l’entrata di una ragazza alta e i capelli mori lisci che le ricadevano sulle spalle.
“Hino!” esclamò Setsuna girandosi completamente con la sedia verso la ragazza che con una nota titubante nella voce cominciò a parlare “mi scusi ispettore…”
“Non ti scusare, Rei…” la donna fece una breve pausa scrutando la giovane in cerca di un segno di assenso per rivolgersi a lei chiamandola per nome.
Rei annuì col capo senza staccare i suoi grandi occhi dall’altra che concluse con un “A meno che tu non abbia qualche notizia che m’impedirà di tornare a casa e dormire, il mio cervello ha bisogno di spegnersi per qualche ora.”
Il silenzio che seguì fece intendere a Setsuna che le sue speranze di riposare dovevano essere accantonate.
Sgranò gli occhi e indurì i lineamenti del volto “non mi dire che…”
“Temo che la faccenda le richiederà tempo.” La interruppe Rei, senza lasciare la presa dalla maniglia della porta.
“Di cosa si tratta?” domandò sbrigativa la donna alzandosi dalla sedia.
Doveva stare in piedi o si sarebbe addormentata a quella scrivania.
“E’ stata rapita una persona…la sorella è al telefono, sull’altra linea, è molto agitata e non mi fa capire nulla…”
“Passamela, vediamo che si può fare.” Disse sbuffando Setsuna, arrendendosi all’idea che non avrebbe lasciato presto quel posto.
 
 
 
*
 
 
“Allora Ami che hanno detto?” la voce di Yoshio era tremante e i suoi grandi occhi azzurri si fecero improvvisamente spenti e velati, come se avessero perso la scintilla vitale che li aveva sempre resi splendenti e particolari.
Ami deglutì nervosa. Non voleva che la sua voce fosse incrinata perché avrebbe causato in suo padre una maggiore preoccupazione e vederlo in quello stato lo faceva apparire troppo fragile per qualsiasi notizia. Aspettò qualche minuto, respirando a fondo per poi avvicinarsi a lui e appoggiargli delicatamente la mano alla spalla.
“Papà devo andare alla centrale, devo parlare di persona con l’ispettore.” Fece una pausa cercando lo sguardo del padre “Così, al momento, non possono fare nulla.”
Abbassò il capo e prese la borsa con le chiavi di casa, lo sguardo le scivolò sulle buste piene di abiti comprati con Michiru e nel vederle non poté non sentirsi colpevole.
L’avevano portata via sotto il suo naso.
Avevano rapito sua sorella e lei non era stata in grado di fare nulla, non aveva avuto nemmeno il tempo di fermarli.
 
Era come rimasta immobile a guardare la scena sotto i suoi occhi, senza muovere un muscolo.
Sono un incapace. E’ sempre stata Michiru a prendersi cura di me…ed io…non ho mai ricambiato.
Prese in mano l’ombrello e fece per aprire la porta ed uscire, quando i singhiozzi di suo padre catturarono la sua attenzione rendendola incapace di attraversare la soglia.
Ancora una volta rimango ferma. Pensò arrabbiandosi con sé stessa e voltandosi lentamente.
Non aveva mai visto Yoshio piangere in tutta la sua vita.
Per un attimo la sua angoscia e il senso di colpa vennero soffocate dalla sorpresa, quasi come se avesse sempre pensato che quell’uomo non sapesse piangere o non potesse farlo.
A passi veloci si diresse verso il padre per poi andare ad abbracciarlo.
“Scusami Ami…” disse mentre le parole venivano soffocate dalle lacrime.
La ragazza gli accarezzò le spalle “non devi scusarti papà…è umano piangere.”
Forse se avessero preso me, avrebbe sofferto meno…Quell’ultimo pensiero le fu inevitabile vedendolo in quello stato.
Sapeva bene che Yoshio non era il suo vero padre e sapeva che per quanto le avesse voluto bene, il suo gioiello, il suo orgoglio assoluto, sarebbe stata sempre Michiru.
“Ora devo andare…” le sussurrò all’orecchio sciogliendo l’abbraccio.
“Vengo con te.”
“Papà credo sia meglio che tu…”
“No, Ami!” la interruppe brusco lui “Non aspetterò qui, non aspetterò che quei bastardi mi portino via un’altra figlia. Vengo con te alla centrale, voglio assicurarmi che facciano tutto il possibile per ritrovare tua sorella!”
I suoi occhi si spalancarono e il suo viso assunse una smorfia di dolore.
“Papà va tutto bene?”
“Io…” Yoshio cercò di finire la frase, ma non riusciva a mettere insieme le parole.
Ami lo vide impallidire e portarsi una mano al petto barcollante.
“Io…ho…”
“Papà siediti, rimani calmo!” la ragazza lo sorresse, portandolo verso il divano, dove lo vide sudare e contorcersi stringendo compulsivamente la camicia tra le dita.
Respira Ami, il cellulare.
“Rimani calmo. Fallo per me!”
La vista dell’uomo si fece offuscata, la stanza girò per un momento su se stessa, un dolore lancinante al petto lo fece gridare e l’ultima cosa che riuscì ad udire fu la voce di Ami al telefono, che gridava all’ambulanza di fare in fretta perché suo padre stava avendo un infarto.
 
 
*
 
 
Le iridi azzurre di Michiru fecero capolino da sotto le palpebre leggermente truccate che si aprirono con fare lento. Gli occhi vagarono a vuoto per un primo momento, per poi prestare attenzione a ciò che c’era attorno a lei.
Era sdraiata su un tappetto rosso con ricami dorati, molto lavorato e pregiato, provò a mettersi sui gomiti ma la testa le pulsò fastidiosamente costringendola a tornare alla posizione precedente.
Il leggero mugolio che si fece scappare attirò l’attenzione di qualcuno poco lontano da lei.
“Oh ti sei svegliata…”
Michiru girò la testa in direzione della voce. Nella sua visuale entrò prima una grande finestra sulla quale la pioggia torrenziale batteva ancora, poi le due tende rosse e pesanti che coprivano in parte il vetro ed infine il ragazzo dai capelli mori, seduto su di una poltrona che lucidava quella che doveva essere la sua pistola.
“Che bastardo…” mugugnò la ragazza tirando un lungo respiro.
Con quella parola il moro interruppe la propria attività e posò nuovamente i suoi occhi scuri su di lei, inarcando il sopracciglio e assumendo una smorfia leggermente confusa.
“Mi ha fatto respirare del cloroformio…il bastardo.” Puntualizzò lei suscitando una risata nell’altro e  portandosi una mano alla fronte dolorante.
“Se continui così…la farai arrabbiare…” disse Akira scuotendo la testa di lunghi capelli e col sorriso ancora stampato in faccia.
Michiru pensò di non aver le idee chiare a causa del cloroformio che aveva inalato, ma i suoi dubbi vennero chiariti non appena il ragazzo aprì nuovamente bocca.
“Haruka…non ama essere scambiata troppo per un uomo.” Alzò il viso e portò un dito sotto al mento con fare pensieroso “Si comporta da maschio più di me alle volte…però…”
Haruka dev’essere il biondo. No, la bionda. E’ una donna?!
“Un momento. Non sono certa di capire signor…”
“Niente signor! Ti prego!” lo interruppe Akira decidendosi a guardarla “Avrò la tua età! Mi chiamo Akira!”
Michiru sgranò gli occhi, quel ragazzo si stava comportando come un amico, non come un rapitore, la cosa la lasciò spiazzata, tanto che per un momento si domandò se il rapimento era accaduto realmente.
Si fermò a guardarlo, sembrava una persona gentile e amichevole nonostante la professione, che svolgeva e i numerosi tatuaggi che incutevano un’aria da duro.
Prima che potesse aprire bocca una porta presente nella stanza si spalancò e fece la sua comparsa quello che aveva definito “il bastardo” qualche istante prima.
“Ecco, lei è Haruka!” disse Akira indicandola con una mano e sottolineando il lei.
“Hai finito di fare le presentazioni?” domandò Haruka massaggiandosi la mascella.
“Non ti hanno insegnato l’educazione?!” la riprese lui in tono scherzoso.
La ragazza rispose con un ghigno per poi guardare Michiru sul pavimento.
“Oh guarda chi si è svegliato! La tirapugni!”
“Come?” domandò Michiru, riuscendo finalmente a mettersi seduta sul tappeto.
“Oh non te lo ricordi? Beh io si! Mi hai fatto male!” si lamentò la bionda spintonando Akira per rubargli il posto sulla poltrona.
“Ehy stai attenta con questi modi! E’ carica!” la rimproverò a bassa voce l’amico riferendosi all’arma che teneva in mano. “Le hai mollato un bel pugno mentre cercava di addormentarti! E’ stata esilarante la sua faccia! Dovevi vederla!” aggiunse rivolgendosi all’altra.
“Hai finito di sfottere e fare amicizia?” chiese Haruka infastidita mentre si accendeva una sigaretta.
“Cerco di essere gentile e di spiegare come stanno le cose alla nostra ospite!” si giustificò il moro.
“E’ qui che sbagli.” Lo freddò la bionda interrompendosi un momento dando un tiro alla sigaretta “Non è un ospite, lei è un ostaggio, hai presente?”
“Lo so”.
“Allora smetti di fare il coglione, chi è sopra di noi non scherza, lo sai”. Concluse dura, sputando fuori dalle labbra il fumo che aveva trattenuto.
Michiru in silenzio studiava i due soggetti presenti nella stanza e il luogo dove si trovava.
Sarà il suo capo? Si domandò osservando Haruka che dava istruzioni al ragazzo. Terranno sempre qui la gente che rapiscono? Non ha l’aria di essere una sottospecie di prigione, c’è una via di uscita oltre alla finestra? A che piano siamo? Le domande cominciavano ad affollarle la mente e cessarono solo con lo sbattere della porta che fu provocato dall’uscita di Akira.
Il silenzio calò nella stanza.
A Michiru sembrò di rimanere immobile per un’eternità mentre guardava Haruka e prestava attenzione ad ogni suo particolare.
Ora che la guardava bene, i lineamenti del volto erano molto fini. Il naso sottile e il taglio degli occhi era molto femminile.
“Hai finito di fissarmi come se fossi un alieno?” la domanda arrivò inaspettata dall’altra che stava guardando altrove, provocandole un leggero sussulto e abbassò lo sguardo.
“Senti…” cominciò Haruka alzandosi e spegnendo la sigaretta in un posacenere “io non sarò carina come Akira, quindi abituatici. Per te sarà una seccatura stare chiusa qui dentro, ma per me lo è di più, credimi.”
“Puoi comandarmi a bacchetta anche senza fare troppo la stronza.” Disse di getto Michiru, rimproverandosi poi subito per il tono che aveva usato e la frase che le era uscita di bocca.
Sarà pure una donna quella, ma è una da cui stare alla larga, andiamo. Me le vado proprio a cercare!
“Non ti si addicono le parolacce in bocca a te lo sai?” la bionda aveva messo le mani in tasca e la guardava con aria divertita.
“Di solito non sono una sboccata e certe parole non sono nel mio vocabolario quotidiano, ma la tua vicinanza credo abbia un influsso negativo sulla mia persona…” Michiru deglutì mordendosi un’altra volta la lingua.
Haruka soffocò una risata.
“Mi è piaciuta di più la battuta sul fatto che posso comandarti a bacchetta…”
“Beh non è così? Tu sei avvantaggiata, hai una pistola ed io sono disarmata!” Disse Michiru quasi piccata e alzando leggermente la voce.
“Ehy, ehy che ti ho detto sta mattina, bellezza?” domandò la bionda rispondendo poco dopo lei stessa alla domanda “che sei più carina se non urli. Quindi, abbassa il tono di voce!”
“Non funziona.”
“Come prego?” chiese incuriosita Haruka guardandola ancora con sguardo divertito.
“Non funziona più ora che sei una ragazza questo tuo modo di fare…” le spiegò l’altra “e comunque…mi hai sbattuta per terra, dopo avermi rapita e drogata! Che modi!” Michiru si alzò con quell’ultima frase e incrociò le braccia al petto.
Mancava solo battesse ritmicamente un piede e sarebbe apparsa come una fidanzata offesa che rimprovera il proprio ragazzo per essere poco galante.
“Quel mi hai sbattuta per terra, era un tentativo goffo e vagamente malizioso per abbordarmi?”
Michiru sbuffò negando con il capo e aspettando la scusa con la quale si sarebbe discolpata l’altra per il suo comportamento.
“Non sei un peso piuma e mi hai dato un cazzotto.”
“Era legittima difesa!”
Un peperino, punta anche i piedi, magari l’altra sorella era più facile da gestire! Però non ci sarebbe stato gusto!
“Ho da fare. Devo andare ora…” disse con tono serio Haruka togliendosi dal viso il sorrisetto che aveva accompagnato il battibecco fino a quel momento e assumendo un comportamento a dir poco glaciale.
Lo sguardo verde brillante rabbuiato e il tono di nuovo freddo e distaccato riuscirono ad incutere timore in Michiru.
Chissà che deve fare, magari uccide la gente.
“Te ne starai qui buona, chiusa a chiave. Non provare a buttarti dalla finestra, siamo in un grattacielo e comunque è pieno di persone cattive qui che non esiterebbero a farti fuori. Niente catene o manette, sei libera, ma in questa stanza. Vedi di non fare casino, qui ci dormo. Li, c’è il bagno.” Indicò con la mano la porta dalla quale era uscita concludendo il suo discorso.
Quando si voltò e fece per girare il pomello della porta si bloccò alla domanda di Michiru “Che ne sarà di mio padre? E di mia sorella?”
Si preoccupa non per se stessa ma per i suoi cari…
Haruka sospirò.
“Non lo decido io, mi limito ad eseguire gli ordini.” Estrasse una chiave dai pantaloni che le sarebbe servita per chiudere Michiru nella stanza.
“Ma se ti può consolare…” cominciò “al momento credo non verrà fatto loro del male, quando chiederemo il riscatto, tuo padre se è un uomo intelligente, darà i soldi a chi di dovere e sarà tutto finito. Per te, per tua sorella e lui.” Fece una pausa sospirando e si voltò a guardarla negli occhi.
Michiru puntò i suoi azzurri come il mare in quel verde scintillante che l’avrebbe quasi potuta accecare se avesse cercato di sostenere a lungo quello sguardo.
“Ma se mi verrà ordinato di ucciderli…”
Michiru s’irrigidì a quelle parole aspettando il resto della frase, che non prometteva nulla di buono.
“Io non mi tirerò indietro. Lo farò. Come non puoi scappare tu da qui, non posso farlo io.”
Haruka uscì dalla porta senza dire altro, senza guardarla ulteriormente e la chiuse a chiave dentro alla sua stanza.
Michiru rimase in piedi immobile per un lasso di tempo indefinito. Le mani serrate in due pugni lungo i fianchi, gli occhi fissi sulla porta che la divideva dal resto del mondo.
Nelle sue orecchie faceva eco il rumore della serratura che veniva girata e nella testa le ultime parole della donna che l’aveva rapita rimbombavano come un’esplosione.
Aveva visto il viso di Haruka trasformarsi in una maschera senza emozioni affermando che avrebbe ucciso i suoi cari.
Era stata impassibile, senza un cedimento.
Come fa a convivere con cose del genere?
Un momento prima rideva e l’attimo dopo parlava di omicidi, era come se avesse una doppia personalità, come se fosse due persone differenti.
Ma questo doveva essere l’ultimo dei suoi problemi.
La pioggia sembrò rallentare e battere meno insistentemente sul vetro, Michiru si avvicinò alla finestra e guardò fuori.
Poteva vedere l’intera Tokyo dall’alto e per un attimo si sentì più vicina al cielo cupo che al suolo.
Appoggiò una mano al vetro, avvicinandoci poi la fronte, lasciandosi andare ad un pianto liberatorio e decidendo che per quella giornata era già stata forte abbastanza.
 
 
 
Note dell’autrice:
Eccomi qui con il nuovo capitolo, questo è l’ultimo che posto prima di partire per le vacanze, al mio ritorno m’impegnerò per scriverne uno più lungo, promesso!
Spero che la lunghezza comunque non influisca sulla “qualità” dell’insieme.
Rientrerò il 18 di questo mese, quindi mi scuso in anticipo se non sarò tempestiva nel rispondere ai vostri commenti come al solito, ad ogni modo lo farò con piacere se ce ne saranno :D
Un bacione
Kat
   
 
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