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Autore: TheMaster    03/04/2006    1 recensioni

Il nemico è dentro di noi. Attorno a noi. Nei nostri libri. Nelle nostre case.
Il nemico è invincibile. Inavvicinabile.
Tutti ne parlano. Tutti lo invocano. Tutti lo pregano.
...perchè nessuno conosce la verità.
Genere: Azione, Dark, Fantasy, Guerra, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Allora Mark, com’è?” domandò Vincent guardando negli occhi Timmer.

“Spettacolare Vins, spettacolare!”

Mark Timmer era uno dei pochi militari paciosi trovabili nelle strutture governative del Comando Aerospaziale. Ormai viaggiava verso la cinquantina, basso, tarchiato, abbondantemente sovrappeso; per lui ogni occasione era buona per mettere qualcosa sotto i denti. Questo però non faceva di lui un cattivo soldato, anzi: Vincent aveva scelto di portarselo dietro più volte, non tanto per le sue abilità, ma per la fiducia che nutriva nei suoi confronti.

Vincent si lasciò scappare una breve risata di soddisfazione: “Sapevo che ti sarebbe piaciuto... Ma dimmi: gli altri come stanno?”

I toni si incupirono leggermente e Mark abbassò lo sguardo per qualche istante, prima di tornare a fissare Baker: “John è morto tre anni fa, divorato da un Kripeer su un asteroide... è stato tremendo Vins, io ero lì... sai cosa ti fanno, no? Lo hanno rivoltato come un calzino, c’era pelle dappertutto...”

Nonostante l’argomento Mark non smise di mangiare e anzi, affogò il discorso in un boccone particolarmente imponente.

L’unica cosa che Vincent seppe dire, a bassa voce, fu: “...cazzo...”

“Già, sua moglie è disperata... e ogni tanto me lo sogno ancora lo notte. E poi Corinna, te la ricordi, no? Era nella divisione delle comunicazioni, l’hanno promossa: durante la sua prima missione è rimasta esposta ai raggi solari senza visiera protettiva. Ha perso la vista...”

“Per fare una cosa simile bisogna essere abbastanza stupidi!”

“Era la sua prima missione, Vins! Quell’idiota di Valenti l’ha spedita fuori senza dirle che doveva tornare di corsa! Certe volte penso che l’abbia fatto apposta.”

“Valenti... è ancora là dentro?” Domandò Vincent giocherellando col curry nel suo piatto, la storia di John gli aveva rivoltato come un calzino lo stomaco.

“Valenti? Cazzo se è ancora là dentro!! L’hanno promosso, quel fottuto bastardo! Promosso! Ma ti rendi conto?! Ora è Comandante di Divisione... e se ti va male sarà lui a venire con te!”

Vincent alzò lo sguardo, illuminato ora da interesse: “Verrà con me... Dove?”

Mark si mosse sulla sedia, leggermente a disagio, appoggiando la forchetta sul tovagliolo e grattandosi la pancia: “Beh...” si lasciò scappare una risata tesa “...vecchio mio, ci sarà da divertirsi. Andiamo a caccia della Salieri II, l’ammiraglia scomparsa. Suppongo tu l’abbia sentito al telegiornale, no?”

“Ho sentito qualcosa... cos’è successo, esattamente? E come ha fatto a perdersi una ammiraglia?”

“Sinceramente... boh? Nessuno sa cosa sia successo! Prima c’era e un istante dopo non c’era più. Al Comando hanno pensato che fosse un guasto ai sistemi di comunicazione, ma funzionavano perfettamente. Semplicemente non esiste più. E ci stiamo domandando perchè. Secondo le nostre ultime informazioni avevano appena superato Hyadum I e si stavano muovendo verso le Pleiadi.”

“Fantastico, un giallo spaziale e io dovrò investigare! L’ho sempre sognato!” Ironizzò Vincent.

“Calma bello, non è ancora finita... La Salieri II era partita una settimana prima dalla colonia su Titano, imbarcando materiale ‘Top Secret’: adoro quando il comando dice così! Sarà una delle solite super-armi o qualche altra stronzata simile. Fatto sta che questa robaccia deve essere recuperata. E ha priorità Uno.”

Vincent alzò un sopraciglio: “Uno?”

“Uno.” Confermò.

“Minchia... deve essere qualcosa di grosso. E importante. Potrebbe anche essere una personalità, qualche scienziato figo... no?”

“Le personalità importanti tendono a non far sparire le navi, Vins...”

“Già... Quindi dove andiamo, su Titano o verso Hyadum?”

“Hyadum Vins, e anche di corsa. Partiamo stasera, tra...” si mosse agitando un po’ il tavolo per raggiungere il braccio e scrutare l’orologio “... un’ora e mezza. Corri a prepararti, bello! Tranquillo per l’equip, quello ce lo sganciano al comando!” La voce di Mark si era risollevata e, infatti, aveva addentato un sedano vagante.

Vincent si alzo senza fretta, aggirò il tavolo e si appoggiò sulle spalle di Mark: “Di corsa? Peccato, c’era una Sacher in cucina ad aspettarci...”

Mark sgranò gli occhi.

 

 

Una voce metallica annunciò: “Benvenuto Capitano Baker Vincent.” senza alcuna emozione.

Vincent rispose: “Grazie.” senza alcuna emozione. All’apparenza.

In realtà stava per esplodere, a causa dei sentimenti che gli turbinavano dentro: erano passati otto anni, interminabili, dall’ultima volta che aveva messo piede al Comando.

Pareti di metallo, sempre liscie, sempre pulite. Personale in camice bianco, soldati con nanoarmature o esoscheletri, piccoli robot vaganti e sempre in mezzo intenti a farsi odiare dal personale più che a fare le loro commissioni, Vincent Baker. Anche lui era lì in mezzo.
E non era cambiato nulla. O quasi.

 

Una navetta era passata a prendere Vincent e Mark sul tetto del suo grattacielo e li aveva portati fino a Houston. In passato la Città era stata la madre dei viaggi spaziali ed ora era il più grande astroporto della terra. Da lì avevano preso un trasporto militare fino alla Luna. Essa era ancora l’unico satellite del sistema solare non colonizzato. Civilmente, almeno: conservava sulla sua superficie e al suo interno una quantità incredibile di laboratori, fabbriche, edifici a uso e consumo della U.R.E.W., la United Republic of External Worlds.

E il ‘Comando’. Chiamato così dai soldati, aveva in realtà un nome decisamente più altisonante: si trattava infatti della sede centrale della amministrazione aerospaziale e militare della U.R.E.W.

 

LeHavre si alzò dalla poltrona di pelle che monumentale si ergeva dietro una scrivania altrettanto epica e, dopo avverla aggirata, si precipitò verso Vincent stringendogli la mano: “Capitano Baker, Capitano! Dio mio, quanto tempo! Siete dimagrito? Venite, sedetevi. Anche voi Sergente, sedetevi.”

Baker e Timmer si sedettero lentamente, nel tempo in cui il Generale circumnavigava la sua imponente scrivania.

Poi toccò a LeHavre, che una volta sprofondato nella pelle nera della sua poltrona esordì: “Molto bene Baker, convenevoli a parte... il Sergente ti ha detto tutto?”

“Penso di sì, quello che non mi ha detto non posso saperlo.”

“Brillante ragazzo, sei sempre brillante!”

Il Generale LeHavre era il tipico soldato da telefilm: alto, massiccio, capelli bianchi e corti,  occhi azzurri. L’unica cosa che lo rendeva anomalo era la sua allegria e bonarietà. Praticamente tutti lo adoravano. Nel complesso era un ottimo soldato, ma aveva un solo difetto: era diventato generale e al posto del fucile ora impugnava un telefono, e pochi sapevano quanto lui odiasse quel maledetto arnese. Vincent si era stupito anche di quello, ricevendo la telefonata direttamente da lui.

“Grazie Generale.” Disse Baker abbozzando un sorrisetto.

“Va bene, passiamo alle cose serie.” Disse premendo un pulsante sulla sua scrivania: “Questa è la registrazione di Domenica 2 Aprile 2098. Ore 22:15. Presenti il Capitano Vincent Baker e il Sergente Mark Timmer.”

 

 

Klaus Fassi sbuffò per l’ennesima volta, quando la punta adamantina della sua trivella da profondità si bloccò in uno strato minerale più duro del previsto. Spense la macchina e scese dalla scaletta, per una decina di metri, fino ad arrivare sulla superficie della caverna che aveva scavato quella mattina.

“Il solito lavoretto facile, dicevano! Se anche questa punta s’è spezzata la metto in culo a Smithers!” bofonchiò arrancando tra i detriti. Si sentiva minuscolo, accanto alla trivella da profondità, alta quindici metri e lunga venti.

Sotto i suoi piedi era pieno di minerali di ferro e altri cristalli duri, simili al quarzo, che scricchiolavano mentre lui ci camminava sopra.

Arrivò fino alla testa della punta, che pareva intatta, ma si fermò colpito da qualcosa che non aveva mai visto prima: uno strano minerale cangiante, semitrasparente, bellissimo, delle dimensioni di un pugno.

Si chinò e lo prese nel palmo, ma la pietra scomparve subito all’interno della sua mano. Si guardò incredulo e fece un passo indietro impaurito, cercando dove potesse essere sparita.

Poi si sentì strano. Una voce dentro di lui gli stava parlando.

Klaus credeva in Dio. E ora era sicuro della sua esistenza.
Stava parlando con lui, solo con lui.

Gli stava dicendo che lui era il suo nuovo messia, il suo nuovo figlio.

Che aveva il potere di cambiare le cose.

Di modificare il mondo. E la vita.

Klaus spalancò gli occhi, mentre sentiva il suo corpo bruciare di una luce mai sentita prima, poi si girò e corse verso l’uscita della galleria.

 

 

“Come sapete, su Titano viene prodotto il 70% dell’acqua potabile che viene poi utilizzata sulla Terra, su Mercurio e su Io. Quattro giorni fa un minatore, un certo Klaus Fassi, emigrato terrestre, viene spedito a forare uno strato di roccia particolarmente duro. Il suo caporeparto mi ha detto che era un operaio valido e specializzato, uno di quelli che fanno poche domande e lavorano molto. Quello giusto, insomma.”

Vincent e Mark annuirono alcune volte, in silenzio.

“Durante il suo scavo presumibilmente trova qualcosa. Non sappiamo bene cosa. Fatto sta che impazzisce, esce dalla miniera e si reca a Cossa, l’insediamento più vicino, e inizia a dare fuoco ai passanti.” LeHavre tacque per un istante, calcando lo sguardo sugli occhi dei suoi interlocutori.

“Disarmato.”

“Disarmato?” fece eco Mark.

“Già. Pare che il fuoco sgorgasse dalle sue mani liberamente. L’allarme viene dato praticamente subito e in pochi minuti sono sul posto due unità di Guardie. Gli intimano di fermarsi, e come tutta risposta ne arrostisce un paio. Sparano e lui scioglie i proiettili in volo.”

Sgomento dei due, rumore della mascella di Mark che scricchiola per la tensione.

“Altra raffica, viene colpito ad una gamba da qualche colpo e cade. Subito viene circondato dai soldati che gli iniettano un sedativo. Sapete, uno di quelli forti... se ti va male resti in coma, se ti va bene ti svegli dopo una settimana: dopo tre ore si sveglia, ma per fortuna era già stato sistemato all’interno di una gabbia metallica per Inkubus, che resiste anche a temperature di 7000° gradi.”

Altri assensi.

“Dopo altre tre ore viene imbarcato sulla U.R.E.W. Salieri II, una ammiraglia da guerra. Come modello è di una cinquantina d’anni fa, ma fa molto bene il suo lavoro. Destinazione, comunque, era una stazione orbitante a trenta milioni di chilometri dalle Pleiadi. Si tratta di una stazione spaziale altamente sofisticata, dove le attrezzature avrebbero permesso lo studio dell’esemplare in sicurezza. Naturalmente non c’è mai arrivata.”

“Pensate che sia stato questo minatore?” Chiese Vincent, più scettico che stupito.

“Presumiamo di sì.”

“Molto bene... e qual’è la nostra missione, signore?”

“Accertarvi che la Salieri II sia integra. In caso contrario, recuperare l’esemplare che sarà sicuramente morto nello spazio. Se la Salieri II è integra cercate sopravvissuti e proteggeteli, recuperate l’esemplare, possibilmente vivo.”

“E possibilmente senza schiattare.” Terminò Vincent “Le solite cose, ok.”

“Capitano Baker, un consiglio da amico... Fate molta attenzione, questa storia mi ha turbato e non credo di essere l’unico a pensare che ci sia dietro qualcosa di grosso. Non era mai successa prima una cosa simile. Al Comando pensano che sia un qualche tipo di reazione chimica o fisica a delle tossine liberate nello scavo, ma nessuno sa di cosa si possa trattare. Lo scavo è stato isolato, ma si teme che possano esserci altri casi. Il primo, il Caso 0, è il nome in codice ‘Superior”, che è anche il nome in codice della vostra missione. Penso non ci sia altro da aggiungere.”

LeHavre si alzò lentamente dalla sedia, circumnavigando il tavolo verso gli altri.

“Se non avete altre domande, potete andare a riposare.”

“Sì, una.”

“Ditemi, Vincent...”
”Quando si parte?”

  
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